A Parma la buona birra è questione di Vecchie Maniere
A Parma, dove sono spesso per lavoro, ho ormai sviluppato i miei riti: il ristorante preferito, il quartiere del cuore, il posto del panino con la tartare di cavallo, la sala da tè letteraria in cui passo le ore…ma fino a poco tempo fa mi mancava proprio quello che ogni volta cerco: la buona birra. Poi sono passata per Le Vecchie Maniere.
Come è andata? L’ultima volta, su 5 sere in città, 4 le ho terminate alle Vecchie, e 1 ho anche chiuso il locale. Defilata 10 min a piedi dal centrissimo di Parma (abituata a Roma, per me Parma è tutto centro, molto carino peraltro) quel tanto che basta a togliersi la patina più glam e turistica, è una birreria come il metodo classico comanda: niente fronzoli, facce non affettate, lavagna in bella vista e una botte di legno accanto al bancone.
La botte di legno è anche il mio posto in quei giorni (un po’ come Diogene di Sinope, ma lui era cinico…probabilmente astemio). Conquistato subito, riesco a mantenerlo anche successivamente, merito degli affezionati del posto che in modo molto ospitale mi fanno sentire come in uno dei miei pub. Ancora di più i ragazzi che la birreria la gestiscono: quelle facce affatto affettate (evitando battute nella città dei salumi), si riveleranno persone estremamente accoglienti, appassionate del proprio lavoro e prodotti, insomma…forti davvero.
E in tanta mentalità, punto di riferimento è proprio la birra, in grandissima parte locale, sempre e solo italiana (anche se al momento di chiudere il locale avremo all’attivo una tanto classica quanto sempre fantastica Gueuze Cantillon, ma sono proprio le eccezioni che confermano le regole, anche qui).
L’offerta ovviamente non può prescindere dal parmigiano (parmense?) Giovanni Campari, e dal suo Ducato, che con le Vecchie ha uno stretto e costante rapporto, a loro ha dedicato una special edition (ormai fissa alle spine): la 40/A nel caso qualcuno dimenticasse il civico di Borgo Bernabei. Una west coast ipa prodotta in esclusiva per il pub che la lavagna mi anticipa come “ambrata, fruttata, pattonale”. Come non provarla…la scelgo, la bevo, mi piace, il suo unico problema è un non problema: va via fin troppo velocemente. Poi però ripenso a pattonale, che significa…è forse termine da degustazione? …dovrei conoscerlo??
Ancora sulla botte chiedo a Google, dialetto parmense (o parmigiano?): il termine “pattona”, sberla, si usa per indicare qualcosa di speciale, eccezionale, meraviglioso. Beh allora, concordo, è quella dei ragazzi delle Vecchie.
Loro sono 4: Luca, Manuel, Nicola e Agostino che si alternano nella gestione del posto. Ogni sera ce ne sono due, e ogni sera animano (in modo molto diverso) un luogo che a mio giudizio non potrebbe esistere senza di loro. E con loro 10 spine + 1 handpump, tra cui molti nomi di zona: Argo (tra cui Fresh Out, fresca e avvolgente harvest ale prodotta con cascade del modenese Italian Hops, Kaori, session ipa fruttata ed equilibrata, Milva, imperial red ale, dalle note tostate e caramellate come da stile, morbida e piacevole), Farnese, La Buttiga (di Piacenza), Birrificio Italiano (eh. I classici vanno onorati), Lariano (Madiba, una stout, stile che in lavagna non dovrebbe mai mancare al pari della pils), Ducato (ça va sans dire), che tra l’altro in questi giorni bissa la 40. Infatti proprio durante il mio soggiorno in città, ricorre il compleanno del pub (lo stesso giorno del mio scopro sul momento, e se non sono segni questi…) evento in cui viene attaccata anche la 80, double ipa, versione rafforzata della precedente. In una città che mi appare fin troppo sopita relativamente a luoghi dall’offerta craft, finalmente un posto con un’anima, oltre che della sostanza.
Sono infatti diverse le iniziative organizzate nel corso del tempo.
Tra più classici tap takeover e presentazioni di nuove birre, molto influente è l’elemento territoriale: tour regionali per staffette golose come il November Pork, itinerante tra borghi locali, full immersion in culatelli di Zibello (qui intorno anche il Principe Carlo ha sottochiave la sua cantina dedicata), ciccioli e cicciolate, spalle crude e cotte (queste ultime, calde, a Parma sono la mia perversione), vanto mondiale della Regione, fino ad appuntamenti fissi come il Sabato Panino con cavallo. Lasciando poi spazio anche alla musica, tra dj set soul, ska e dintorni, e presentazioni di album, come per i torinesi Statuto, presenti giusto qualche tempo fa.
Credo sia proprio il forte legame con il territorio, quello dei distretti produttivi intorno Parma, in cui tra l’altro si registra la maggiore concentrazione di dop e igp dell’agroalimentare italiano (lo dice anche il Rapporto Qualivita 2016), e l’autenticità dei quattro ragazzi delle Vecchie (dop e igp anche loro anche se Qualivita tace in merito) a rendere questo luogo meritevole di visita.
C’è la serie di nuove aperture a volte incontrollate, spesso un po’ artificiose, molte volte affrettate, e poi ci sono i locali gestiti con passione e senza troppi fronzoli, che vanno per la loro strada.
Ci penso lasciando la mia botte, si è fatto tardi, ben oltre mezzanotte, adesso è anche il mio compleanno. Siamo rimasti in pochissimi, zoccolo duro del posto, io mi sento ormai di casa, parmense e parmigiana d’adozione. Devo solo contenere la mia genetica inflessione dell’Urbe. Non mi sta aiutando la bottiglia di Cantillon che i publican hanno aperto per brindare.
Ma non erano solo italiane? Beh, per Cantillon facciamo un’eccezione. E poi l’evento era speciale. Beh sì, quando ricapita trovarmi per caso a festeggiare contemporaneamente il mio compleanno e quello del mio local pub giusto a qualche km da casa?
Mai più. Perchè la prossima volta non sarà affatto un caso e perché non aspetterò fino al mio prossimo compleanno. Alle Vecchie si sa, è bene rivolgersi con costanza e attenzione.
Soprattutto se il sabato ti preparano i panini col cavallo.