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Il Nero d’Avola sotto analisi a Vinitaly con il professor Scienza e la Regione Sicilia

Poco meno di un mese fa si sono spenti i riflettori su Vinitaly 2007 e si è appreso che i risultati sull’apprezzamento del vino italiano e non solo, sono stati particolarmente interessanti. Lo conferma anche la crescita degli operatori esteri, pari al 15% e quella globale delle presenze, maggiore del 4% rispetto all’anno precedente.
Da curiosa appassionata, ho approfittato del Salone per partecipare al convegno sul Nero d’Avola, tenuto domenica 1 aprile, dal prof. Attilio Scienza, Professore Ordinario di Viticoltura presso il Dipartimento di Produzione Vegetale della Facoltà di Agraria di Milano, dal titolo “il Nero d’Avola, l’analisi molecolare per conoscerlo meglio”.

Riassumiamo ciò che è emerso:
La Regione Sicilia è impegnata da 4 anni in un progetto di valorizzazione dei suoi vini, in particolare quelli da uve autoctone, di cui, nell’isola ne sono censite circa 20 varietà, che si uniscono a parecchi vitigni ancora da studiare e per cui è prevista un’opportuna operazione di conservazione. Un chiaro segnale che va contro il fenomeno di globalizzazione, che, nel peggiore dei casi, porta ad un appiattimento delle sensazioni offerte dal vino. Partners della Regione Sicilia in questo studio sono le Università di Palermo e di Milano e l’Istituto Sperimentale per la Patologia Vegetale di Roma.
Lo studio sul Nero d’Avola, ha visto impegnata, in un saldo lavoro di squadra con la gente del posto, anche l’equipe del prof. Attilio Scienza, che nel corso dell’incontro a Vinitaly ha posto l’accento sul fatto che la Sicilia è una delle poche, se non l’unica regione italiana, che sta investendo sulla selezione clonale in viticoltura. Elemento reso ancora più efficace dal fatto che la messa a dimora di barbatelle già innestate sta sempre più crescendo in questi ultimi anni. In Sicilia la differenza tra i singoli vitigni è, tra l’altro, assolutamente considerevole, determinante risulta quindi la loro variabilità, fatto salvo le differenti espressioni offerte dalle uve a seconda dell’habitat in cui sono allevate. Una volta identificata la varietà ne è stata fatta un’indagine patologica, che ha permesso anche di curare i fenomeni di virosi. Le analisi sul DNA sono state poi di enorme interesse.
Benché la valutazione del “valore” genetico del Nero d’Avola non sia ancora del tutto conclusa, è già stata istituita una cantina di vinificazione che permetterà l’assaggio dei vini frutto di questa differenziazione genetica.

Ricordiamo che le prime citazioni del Nero d’Avola sono molto antiche ed è stata verificata una sinonimia tra questo vitigno, che rientra in molte DOC siciliane, e il Calabrese. Infatti il nome sembrerebbe derivare da cala, che in dialetto siciliano significa uva, ed aulisi, ovvero la località di Avola in provincia di Siracusa. E’ un’uva, che si esprime dando vini ricchi di antociani e di polifenoli ma che richiede che il suo allevamento rimanga legato a climi meridionali ma soprattutto alla Sicilia, dove, a seconda delle aree, si sono trovati un numero minore o maggiore di biotipi. In ultima analisi sono stati definiti 4 fondamentali biotipi di questo vitigno che presenta sempre una buona capacità di sintesi degli zuccheri e degli acidi e che offre antociani in grado di polimerizzare in modo ottimale.
Questi biotipi, tuttavia, per via delle loro doti di produttività e di qualità, si differenziano molto dai valori medi rilevati nella popolazione dello stesso vitigno. Una sorta, per dirla alla Darwin, di emersione delle specie migliori. Da questo studio, che ha visto l’emergere di 4 Nero d’Avola, nasce l’esigenza di tipicizzare i singoli prodotti delle differenti zone così da poter proporre al consumatore quei vini, che una volta realizzati, meglio soddisfano il suo gusto.

Ma come può fare il consumatore a sapere da quale biotipo di Nero d’Avola è il vino, che sta accingendosi a degustare? Magari dando dei nomi identificativi ai vari prodotti. Pensare che anche le uve possano avere una loro connotazione genetica, che come, partendo dalla figura uomo, porta a distinguerne le razze e successivamente le caratteristiche all’interno delle stesse è avvincente. Sicuramente è bene investire in approfonditi studi genetici sui vitigni nostrani, sarebbe poi opportuno mettere in grado tutta la filiera di assorbire gli effetti di queste ricerche, offrendo, in primis ai produttori, i dati ed anche l’assistenza per mettere a frutto gli studi, così da essere testimoni dell’unicità di un patrimonio. Non da sottovalutare la comunicazione chiara e comprensibile al vasto pubblico di consumatori, che soprattutto in questi ultimi anni si avvicina con sempre maggior interesse ai vini del Sud, al Nero d’Avola in particolare. Consumatore, che spesso assaggia con spontaneità senza porsi più di tante domande sulle origini e talvolta anche sulle peculiarità dei vari vini. Unire, quindi, teoria e pratica facendo tesoro delle nozioni che non devono però rimanere fini a se stesse.

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