Albugnano 549, un Nebbiolo che vive e punta in alto
L’incontro con Andrea Pirollo, Presidente dell’Associazione Albugnano 549, è stato illuminante sotto diversi aspetti: in primis mi ha permesso di approfondire un territorio che entro pochi anni conquisterà sempre più l’attenzione del grande pubblico enoico, ne sono convinto; inoltre, la (ri)scoperta di queste colline, avvalora per l’ennesima volta la tesi secondo il quale il Piemonte vitivinicolo, allo stato attuale, è sfruttato solo per il 70% del suo enorme potenziale. La suddetta associazione è nata nel 2017 ad Albugnano (AT), borgo antico quanto incantevole posto ai confini dello storico Marchesato del Monferrato, di cui faceva parte, in un’area collinare in cui la provincia di Asti e quella di Torino si incontrano. Per dovere di cronaca e per meglio circoscrivere nella mente del lettore il territorio, basti pensare che il comune di Albugnano dista appena 33 km dal capoluogo piemontese.
Come cita il nome stesso dell’Associazione le altitudini da queste parti non sono uno scherzo, con punte attorno ai 549 metri sul livello de mare; suddividendo il Piemonte vitivinicolo in una sorta di quadrante geografico l’area dell’Albugnano è situata esattamente al centro. Passeggiare tra i sentieri di queste colline, spesso impervi e alquanto scoscesi, è una cura contro lo stress, contro le mille nevrosi metropolitane; mi permetto di consigliarlo caldamente a tutti coloro che vogliono riappropriarsi, almeno per una giornata, di quella pace e serenità che sono il fulcro del benessere. Un tipo di paesaggio per certi versi ancora incontaminato dove le biodiversità regna sovrana: noccioleti, boschi e una miriade di campi dove si coltivano svariate tipologie di frutta e soprattutto verdure che ho avuto il piacere di assaggiare.
Da queste parti regna sovrano anche uno tra i prodotti più pregiati e ambiti al mondo, il tartufo bianco; quest’area è meta ambita di tutti coloro che dedicano la propria vita alla ricerca del noto fungo, i cosiddetti trifulau. Il Nebbiolo negli ultimi anni si sta lentamente riappropriando di uno tra i suoi luoghi d’elezione, molto lo si deve all’impegno di tutti coloro che hanno reso possibile il fenomeno; inoltre il gusto medio globale degli enoappassionati, ormai da oltre una decade, è orientato verso vini più ariosi, eleganti, austeri.
Sono finiti, o quasi, i tempi in cui concentrazione, estratto e profumi che rimandano al troppo legno – caratteristiche che poco di addicono al re dei vitigni piemontesi – rappresentavano l’orientamento e la richiesta dei mercati; dunque territori come Alto Piemonte, Carema, Valtellina, Ossola e Albugnano stanno guadagnando sempre maggiori consensi perché protagonisti in luogo alle prime peculiarità citate. Dopo un pranzo a base di piatti tipici piemontesi con materie prime di alto livello e a km. zero, consumato all’Osteria dell’Asilo di Cerreto d’Asti che consiglio vivamente, assieme ad Andre Pirollo ci siamo recati in uno dei luoghi simbolo di questa denominazione: il Belvedere di Albugnano. Trattasi del punto più elevato dell’intero territorio monferrino, da quassù è piuttosto facile ammirare in lungo e in largo le colline del Monferrato Astigiano, in lontananza la Basilica di Superga e all’orizzonte gran parte dell’arco alpino occidentale. Un luogo di struggente bellezza dov’è possibile udire un “suono celestiale”, ovvero quello del silenzio autentico. La storia di Albugnano 549 nasce propri qui, a quest’altitudine, tra le alte colline del comprensorio; una sorta di metafora se vogliamo che invita a riflettere, a considerare quanto il nebbiolo da queste parti sia inevitabilmente portato a puntare in alto.
I terreni sono caratterizzati da marne mioceniche (langhiano-burdigaliano) e sono di colore chiaro, di medio impasto; tuttavia troviamo talvolta sulla superfice affioramenti tufacei frammisti a strati di sabbia ben più evidenti. La complessità che caratterizza questo mosaico di terreni, unita all’altitudine che non scende mai sotto i 400 metri s.l.m., sono l’arma vincente di queste colline e di conseguenza dei vini prodotti. I versanti più vocati sono due: il primo confina con Castelnuovo Don Bosco, tra i più vitati e ampi; il secondo si trova nei pressi di Berzano San Pietro, dove la parte boschiva è più evidente, anche le pendenze risultano più elevate e le vigne occupano i versanti esposti in maniera ancor più adeguata.
Il bosco a queste altitudini ha una funzione termoregolatrice, contribuisce attivamente a rinfrescare le uve, in questo caso nebbiolo, che da queste parti rispetto ad altre aree vitivinicole piemontesi matura qualche giorno prima.
Cinque aprile 2017: grazie alla caparbietà di nove viticoltori locali vede gli albori la suddetta Associazione che oggi riunisce 14 produttori (10 di questi imbottigliano già con la propria etichetta) dei quattro Comuni facenti parte della Doc: Albugnano, Pino d’Asti, Castelnuovo Don Bosco e Passerano Marmorito, tutti in provincia di Asti. Coadiuvati dall’instancabile lavoro dell’enologo Gianpiero Gerbi, che segue gran parte delle Cantine, questi uomini volenterosi sono impegnati a tramandare le tradizioni antiche del luogo, consolidare e promuovere l’identità enologica, storica, culturale e ambientale del territorio di produzione dell’Albugnano Doc, denominazione nata il 17 maggio 1997. Colline dal fascino rurale antico, a tratti selvaggio, indubbiamente incontaminato, hanno origini che si perdono “nella notte dei templi”. I primi documenti che citano i vini di Albugnano risalgono al 1148, lo dimostra una bolla pontificia dell’epoca relativa ai possedimenti agricoli dell’Abbazia di Vezzolano.
Il legame indissolubile fra quest’ultima e l’attività vitivinicola del luogo sono intrecciate come viticci; il successo all’epoca fu crescente e progressivo tanto da catturare l’attenzione dell’aristocrazia sabauda. Si narra inoltre che durante le invasioni barbariche del Medioevo il ruolo svolto dai canonici di Vezzolano fu estremamente prezioso, i loro possedimenti furono risparmiati dalle classiche devastazioni belliche; proprio per questo decisero di fornire tralci alla popolazione locale per reimpiantare i vigneti distrutti dagli invasori. Fu proprio con la ripresa, e ristabilita la normalità, che la viticoltura da queste parti subì una vera e propria svolta: minor quantità a vantaggio di maggior qualità; basti pensare che nel 1868 il Nebbiolo spumante di Albugnano, prodotto dall’allora sindaco Teofilo Curbis, fu premiato durante una nota esposizione enologica tenutasi ad Asti. In tempi più recenti, con l’istituzione della Doc, il Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato (organismo che oggi riunisce 3 Docg e 10 Doc del territorio), decide di occuparsi della neoeletta denominazione curandone gli aspetti di promozione e di vigilanza.
Per quanto concerne l’Associazione Albugnano 549, ho avuto modo di constatare di persona quanti e quali obiettivi la stessa si prefigge, piccoli traguardi necessari per il sano sviluppo di un’idea, di un progetto; obiettivi condivisi, chiari e ambiziosi; solo la determinazione, lo spirito di sacrifico e la passione potranno realmente fare la differenza, gli stessi elementi necessari in vigna e in cantina per produrre un grande Nebbiolo. Diversi gli esempi pratici: valorizzare l’immagine del vino Albugnano DOC presso gli operatori del settore HoReCa o più in generale verso gli addetti ai lavori, nazionali ed internazionali, ma anche i consumatori; strutturare una strategia che contribuisca allo sviluppo locale facendo leva sulla vocazione agricola ed enologica di queste colline; tutelare la cultura locale e sensibilizzare al rispetto dell’ambiente circostante con attività agricole il meno invasive possibile. Ultima non in termini d’importanza: migliorare l’attrattività del territorio e la conoscenza della cultura vitivinicola dell’Alto Monferrato.
È il 2020 l’anno della vera e propria (ri)nascita: viene presentato il primo Albugnano Doc (millesimo 2017) prodotto con uve Nebbiolo in purezza, affinato in legno e in bottiglia. Per quanto concerne la forma di quest’ultima, per dare un segno inequivocabile di coesione d’intenti e imprenditoriale, è stata scelta una tipologia condivisa da tutte le Aziende; la particolarità risiede nella scritta serigrafata, sopra l’etichetta, che cita “Albugnano 549”. Il protocollo della suddetta Associazione è piuttosto severo, impone l’utilizzo dell’uva nebbiolo in purezza e un affinamento minimo di 18 mesi in legno e 6 in bottiglia prima della vendita.
Da non sottovalutare l’instancabile attività di promozione svolta costantemente dalla quindicesima Enoteca Regionale del Piemonte, quella di Albugnano, dov’è ubicato l’Ufficio di Informazione e Accoglienza Turistica dedicato al Romanico del Monferrato, oltre a svariate proposte in termini di attività eno-gastronomiche. Ciò che rapisce letteralmente da queste parti sono gli spazi indubbiamente vasti, le altitudini, il colore bianco della terra e il verde-marrone dei boschi, tonalità che variano a seconda della stagione. Dopo aver percorso in lungo e in largo la strada provinciale che unisce i vari comuni della denominazione, ho avuto il piacere di visitare un vero e proprio simbolo di queste colline, l’abbazia di Santa Maria di Vezzolano.
L’edificio religioso in stile romanico e gotico, da molti esperti considerato tra i più importanti monumenti medievali situati in Piemonte, risiede in Località Vezzolano in Albugnano, ed è inserita nell’Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa Transromanica. Nelle prossime pubblicazioni avrò il piacere di raccontare, per filo e per segno, le sfumature intriganti delle dieci etichette di Albugnano Doc presenti oggi sul mercato e facenti parte dell’Associazione Albugnano 549; ringrazio quest’ultima per l’ospitalità, l’approfondimento e per l’instancabile lavoro di promozione nei confronti di un’area vitivinicola pregiata che indubbiamente nei prossimi anni farà parlare di sé.
Andrea Li Calzi