Alla scoperta dei vini vulcanici del Gambellara DOC: una terra da ricordare

Se qualcuno mi chiedesse quale tipologia di evento trovo più coinvolgente e utile nell’ambito enogastronomico, non avrei alcun dubbio a rispondere: il tour di un territorio. La classica anteprima di un’annata è fondamentale per avere un quadro dei vini di una denominazione o di una zona, ma nella maggior parte dei casi la possibilità di approfondire culturalmente il mondo che li circonda è molto ridotta. Diverso è quando viene organizzato uno specifico evento mirato a far conoscere l’eccellenza di un territorio: un viaggio itinerante alla scoperta dei diversi aspetti che lo caratterizzano.
Per questa ragione quando ho ricevuto da Federica e Luca dell’agenzia Tasting Wine, l’invito a un press tour da parte del Consorzio Tutela Vini Gambellara e della Strada del Recioto e dei vini Gambellara, l’ho accolto con entusiasmo. Devo dire che sono stato ampiamente ripagato, l’organizzazione ha funzionato benissimo, tre giorni intensi in cui ho potuto conoscere i diversi aspetti di questa zona del vicentino ricca di storia e capace di sfornare vini di assoluto interesse, grazie anche al territorio, in gran parte di origine vulcanica, che la circonda.
Basta guardarsi intorno, girare per vigne e boschi per accorgersi che la terra è scura, molto scura, ciò è dovuto alla forte presenza di basalto, una roccia nerastra originata circa 45 milioni di anni fa da una forte attività vulcanica, la fuoriuscita del magma avveniva in un periodo in cui tutta l’area del Gambellara era sommersa dalle acque. Il basalto, una volta a contatto con l’acqua o con l’aria, tende velocemente a solidificarsi, assumendo la caratteristica forma colonnare a sezione esagonale irregolare che ancora oggi, seppure in quantità molto ridotta a causa dell’apertura di cave per l’estrazione della roccia, si trova nella sua forma originaria.
In milioni di anni, nonostante la sua straordinaria durezza, la roccia, composta principalmente di plagioclasio calcico e pirosseni, si è andata via via sgretolandosi e ha contribuito fortemente a dare l’attuale colorazione molto scura dei terreni. Una passeggiata nel parco naturale San Marco, ci ha permesso di osservare il catino del vulcano dove affiora ancora oggi da una parete il basalto colonnare.

Tutto questo potrebbe essere di semplice interesse culturale, se non fosse che in molti di questi appezzamenti distribuiti da fondo valle fino a circa 300 metri di altitudine, dimorano vigneti. Stiamo parlando del territorio che coinvolge i quattro comuni della DOC Gambellara: Montebello Vicentino, Montorso, Zermeghedo e il comune omonimo. Le escursioni all’interno della denominazione hanno messo in risalto le colorazioni scure dei vigneti, come abbiamo potuto apprezzare negli appezzamenti nuovi dell’azienda Menti, località Rivalonga in comune di Montebello Vicentino, colorazioni che sono andate via via diminuendo man mano che siamo saliti verso la chiesa di San Nicola ad Agugliana. È interessante notare come la maggiore concentrazione di vigneti si sviluppi nella parte orientale, nei comuni di Montebello, Montorso e Zermeghedo, mentre l’area vitata di Gambellara è concentrata a sud del comune. La parte occidentale è ricca di boschi e aree non asservite alle esigenze dell’uomo, fattori che hanno consentito un ecosistema quasi perfetto. Qui non si incontrano vigneti a perdita d’occhio ma distribuiti a macchia di leopardo, tutta l’area produttiva è composta da circa 500 ettari vitati, una cifra che testimonia quanto la DOC Gambellara sia molto più piccola rispetto a quella del Soave (1.700 ettari) o a quella della Valpolicella (circa 7.500 ettari).
In parte è rimasta un po’ emarginata dalla fama delle vicine di casa, ma negli ultimi anni il Consorzio di tutela sta lavorando molto bene nella promozione del vino e di tutto ciò che con esso esprime le grandi potenzialità del territorio.
La presenza di sostanze minerali portate dalle eruzioni vulcaniche non può non condizionare le caratteristiche dei vini che vengono prodotti nei quattro comuni del Gambellara. Il vitigno principe è la garganega, una varietà che vanta una buccia particolarmente spessa e consistente, viene allevata tradizionalmente con la pergola veronese, anche se molti vigneti recenti sono stati impostati a guyot, cosa che tutt’ora produce dibattiti e fazioni a favore dell’uno o dell’altro sistema.

La Doc Gambellara prevede una presenza minima di garganega dell’80%, sono ammessi vitigni complementari come chardonnay, pinot bianco e trebbiano nostrano (di Soave) nelle versioni annata, superiore, classico e classico vin santo, mentre nella tipologia spumante è previsto l’utilizzo anche della durella, sempre per la restante parte.

Personalmente preferisco la garganega in purezza o con una piccola presenza di trebbiano che non ne altera le principali caratteristiche ma al contrario le completa. Ma a Gambellara si produce anche il Recioto, per il quale è stata ottenuta la DOCG, scelta che onestamente non mi convince molto, sia perché quando si parla di recioto, commercialmente la spunta alla grande quello della Valpolicella, che fra l’altro è da uve rosse, sia perché il vino più tradizionale della zona è il Vin Santo, di cui ho avuto modo di assaggiare negli anni alcune versioni davvero eccellenti. Indietro non si torna, quindi la mia speranza è che con il tempo anche il Vin Santo riesca ad ottenere la DOCG, che farebbe da sprone anche per le aziende a mantenere una tradizione importante, di cui nel nord Italia abbiamo traccia solo in Trentino con il Vino Santo, che però si differenzia per il fatto che le uve nosiola devono essere attaccate dalla muffa nobile, caratteristica che ritroviamo nei vini passiti, non nei vin santi.
A proposito della garganega, il 9 giugno è stata organizzata a Vicenza una interessante verticale di Gambellara, condotta dal sommelier FIS Pasquale Riga, alla quale ho avuto il piacere di partecipare. Sei vini di annate diverse, dal 2007 al 2015. Queste sono state le mie impressioni:

Gambellara Classico 2015 – Natalina Grandi
Paglierino luminoso tendente al dorato, trama olfattiva caratterizzata da note di ginestra, mandorla e frutta esotica, pesca, mango, venature agrumate, si sente ancora qualche nota che ricorda il passaggio in botti di rovere. Al palato ha una buona vena acida, anche qui il legno si sente ma in modo decisamente delicato, la materia è ottima e denota una buona struttura, fra qualche anno sarà sicuramente equilibrato.
Gambellara Classico Corte dei Mèi 2013 – Marchetto
paglierino luminoso, al naso appare un po’ contratto, ricordi floreali, agrumi maturi, mentre la mineralità appare evidente. Al palato è più teso, ha buona vena acida, il dialogo verte sulla scia agrumata a testimoniare la gioventù del vino.
Gambellara Classico 2012 – Sordato
Qui si sale su tonalità dorate con sfumature verdoline, all’olfatto emergono note di confetto, zucchero filato e frutta matura, poi miele di acacia. Bocca di buona struttura, fresco, meno sapido ma molto vivo, gradevole, di buona profondità. Non manca di lunghezza nel finale.
Gambellara Classico 2009 – Sordato
Anche qui il colore è intenso, dorato, mentre il linguaggio olfattivo concede meno spazio alla dolcezza, lo trovo più fine e coinvolgente, il frutto maturo è una corretta espressione di questo vitigno dopo ben nove anni dalla vendemmia. Al palato è sapido, ancora con una discreta freschezza e un frutto davvero piacevole, c’è un ottimo equilibrio; un bell’esempio di un vino da garganega che ha visto solo acciaio e non sembra soffrirne nell’evoluzione.
Gambellara Classico Riva del Molino 2007 – Dal Maso
Oro pieno e lucente, naso che richiama note di miele, pesca in confettura, agrumi maturi, susina disidratata, mango. All’assaggio è un altro esempio di sapidità spiccata, ancora molto fresco nonostante gli 11 anni dalla vendemmia, il frutto è ben fuso con il legno. Unica pecca, a mio parere, rimane un po’ imbrigliato nella tecnica enologica, che sottrae qualcosa alla sua natura.
Gambellara Classico Togo 2007 – Cantina di Gambellara
Tanto di cappello a questo vino ottenuto dalla cantina sociale di Gambellara nata nel 1947 e indispensabile supporto per i tanti vignaioli che hanno potuto sopravvivere in tempi difficili conferendo le uve. Dal 2015 la Cantina di Gambellara fa parte di un gruppo più grande, ViteVis, che riunisce le tre cantine sociali del territorio vicentino. Il vino presenta un colore ambrato, cenni ossidativi ma appena iniziali, piacevoli note di fichi bianchi, pietra focaia e frutti maturi lo caratterizzano. Al gusto non concede alcuna smanceria, privo di facili dolcezze, essenziale, tiene bene, anche se appare un po’ corto, ma ce ne fossero di vini così!
Roberto Giuliani