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Barbara Ferruzzi, una benvenuta mano femminile nel Chianti Classico

Azienda agricola Le Regge

Un vino si osserva, si annusa, si degusta, si discute, si digerisce e si minge, altrimenti, se manca anche soltanto una sola di queste fasi, è soltanto una bevanda alcolica come tante altre. Quando poi si sogna pure e si parte per la tangente allora è eccellente. Fa rima, è facile ricordarlo. A mio zio Renzo Farioli negli anni ’50 capitava perfino d’innamorarsene, soprattutto di certi Chianti Classico. Ricordo che andava almeno una volta l’anno in Toscana con la sua Lancia a sceglierli sfusi per farli arrivare a Busto Arsizio, imbottigliarli e rivenderli. Io ero bambino e giocavo con i cestelli di metallo e gli scatoloni di cartone nel suo cortile sopra la cantina interrata, ma quando arrivava il camion dalla Val di Pesa e dalla Val di Greve ero incaricato di mettere mezza pastiglia di paraffina nel collo delle damigiane piene da 50 litri che dovevano aspettare anche un paio di settimane affinché il vino si riprendesse dal viaggio e decantasse e poi attendere la luna giusta per essere versato nei fiaschi e posto in vendita.
A nonno Pino però quel Chianti Classico non piaceva, diceva che era troppo secco e nei fiaschi da 1,750 litri che comprava lui aggiungeva un cucchiaino, a volte due, di Rossissimo, per renderlo amabile e berlo comunque solo lui, perché a tutti gli altri in famiglia veniva la nausea già soltanto ad annusarlo. È così che per cominciare a bere il vino buono ho dovuto uscire di casa e andarmene a studiare a Novara, quando alla domenica ci si fiondava con gli amici nei circoli dove ci attendevano scorpacciate di salam d’la duja, gorgonzola cremoso, tomini in salsa verde e ortaggi sott’olio che senza vino è difficile apprezzare come si deve. E così sono cresciuto facendomi la bocca con i Nebbiolo e i Barbera invece che con i Chianti, anche perché negli anni ’60 e ’70 in Toscana c’era gran fermento, in quanto cominciavano a diffondersi sul mercato dei vini che non erano più così buoni, tranne quelli dei produttori più famosi, le cui bottiglie però costavano un occhio della testa e si potevano praticamente bere soltanto in sogno.

Azienda agricola Le Regge

Ricordo ancora le prime ribellioni a un disciplinare che permetteva purtroppo tutto e il contrario di tutto. Alcuni produttori avevano deciso di togliere le uve bianche da quei tagli, anche se era obbligatorio metterle e perciò nei registri di cantina se ne doveva registrare l’ingresso, tanto poi attraversavano la sala e uscivano dall’altra parte o andavano a fare altri bianchi toscani che già allora erano gustosi. Il disciplinare venne finalmente cambiato, ma la realtà peggiore arrivò subito dopo, con alcuni DOCG di dubbio valore immessi sul mercato a prezzi stracciati che inorridivano perfino gli osservatori stranieri. E come se non bastasse, anche qualche casa vinicola tra le più osannate cominciava a inseguire nuove mode enologiche lanciate dai guru per gli allocchi e a giocare così male con legni inadatti che un enologo d’oltralpe mi aveva scritto scandalizzato dopo avere versato nel lavandino una bottiglia da 50 euro, brontolando ”come se da qualche parte a Firenze esistesse un enorme tino dove si mescolano tutti i vini del circondario per imbottigliarli ed etichettarli come vino DOCG per diversi produttori. Un miscuglio ovviamente privo di tutto ciò che è importante nel vino, cioè la personalità, il carattere, l’anima. Ma che sicuramente si vende bene”.

vigneti Azienda agricola Le Regge

Immaginatevi perciò quanto hanno sofferto allora i validi produttori di quel territorio benedetto dalla vitivinicoltura che si trova nell’originale zona di produzione del Chianti, delimitata già nel 1716 da Cosimo de’ Medici, circoscritta tra Gaiole, Castellina, Radda e Greve in Chianti, uno dei principali centri della vitivinicoltura italiana di alta qualità in un ambiente meraviglioso, dove si può godere la simbiosi tra paesaggio, agricoltura, architettura e cultura in uno splendido soggiorno fra le ville, i cipressi, gli ulivi, le vigne e i boschi che compongono un quadro di rara bellezza.
Quando torno da Montalcino alla mia Polonia non percorro mai l’autostrada del sole da Chiusi a Firenze né la superstrada Grosseto-Firenze perché mi voglio godere il passaggio sull’antica strada del Chianti, la SR222 Chiantigiana, la strada che attraversa la grande bellezza, da sempre una delle più belle ”strade del vino” del mondo intero. È un percorso tra borghi, colline e paesaggi stupendi, anche di notte sotto la luna piena, da fare a velocità contenuta per goderselo tutto, dove l’appassionato di enogastronomia può fermarsi in ciascuno dei vari terroir nei quali è suddiviso, dal punto di vista geologico, pedoclimatico e quindi gustativo, il territorio del Gallo Nero. Se si passa di sabato mattina si può approfittare di una sosta proprio nel cuore del Chianti, a Greve, dove c’è un incantevole mercato nella piazza quasi triangolare circondata da botteghe alimentari che suscitano invidia in tutto il mondo.

La vigna Baldini
La vigna Baldini

Qui la combinazione unica dei terreni galestrosi, la grande luminosità, il microclima caldo e asciutto ma con elevate escursioni termiche rendono queste terre naturalmente vocate alle produzioni di vino e olio, oltre che famose per le carni squisite degli allevamenti biologici locali. L’azienda agricola Le Regge gode di una eccellente posizione panoramica sulla sommità di una collina che domina il centro della cittadina a meno di 1 km di distanza. I suoi vigneti si distendono a ventaglio sui fianchi della collina dominata dall’antica casa colonica in cui vivono i proprietari. La superficie dell’azienda Agricola le Regge si estende per poco più di 18 ettari di cui 8,5 vitati, 3,7 coltivati a oliveto e la restante parte a bosco. L’altitudine è compresa fra 250 e 310 metri s.l.m. dove si trova una sorprendente varietà di tipologie dei terreni, a partire da quelli argillosi di medio impasto della parte più bassa fino a quelli franco sabbiosi più in alto. L’olografia dei vigneti è caratterizzata da esposizioni principalmente rivolte verso sud e da pendenze molto dolci che completano la loro ottimale giacitura e dove l’orientamento dei filari è stato prescelto da nord a sud per favorire la circolazione dell’aria che contribuisce in modo determinante alla corretta maturazione delle uve.
C’è la storica vigna Baldini con le terrazze sostenute da antichi muri a secco risalenti al 1700, di cui la supervisione dell’Accademia delle Belle Arti contribuisce a mantenere inalterato l’aspetto. Il nome Le Regge si riferisce appunto alla parola toscana che indica le terrazze elevate per reggere il terreno agricolo affinché la gravità non lo faccia cadere, una tecnica che una volta era molto in voga in questo territorio. La maggior parte dei ceppi di questo vigneto risale ai primi anni ’60, ma se ne trovano anche alcuni precedenti di Sangiovese e di Malvasia che hanno una produzione di grappoli limitata, ma dalle caratteristiche organolettiche molto particolari.

vigneti Azienda agricola Le Regge

La maggior parte degli impianti della tenuta, però, è stata realizzata dopo il 2000, con una densità di circa 5.000 ceppi per ettaro allevati a cordone speronato. I vigneti meno giovani sono invece potati con il tradizionale archetto toscano. Pur non essendo certificati come biologici, producono nel rispetto della natura e dell’ambiente utilizzando al minimo i prodotti chimici e sistemici contro l’insorgere delle malattie della vite.
L’Azienda è di proprietà della Famiglia Ferruzzi dal 1989, ma in realtà vi è legata da molto più tempo. Giovanni Ferruzzi, il nonno dell’attuale proprietaria Barbara, lavorava queste terre e viveva in questo casale già negli anni ’60 quando erano patrimonio del castello di Uzzano per cui lavorava a mezzadria. Nel 1989 suo figlio Gino (il padre di Barbara), che da piccolo artigiano della pelle aveva iniziato la sua attività imprenditoriale nella produzione di borse a Greve in Chianti, ha acquistato questo podere permettendo a suo padre di continuare a coltivare la vite come negli anni passati, ma stavolta da proprietario. La nipote Barbara nel corso degli anni si era avvicinata gradualmente, ma sempre di più, al mondo del vino e dal 2011 ha preso decisamente in mano le redini dell’azienda, avvalendosi della collaborazione dell’omonima enologa Barbara Tamburini. Quattro mani femminili per dare un’impostazione allo stesso tempo tipica e moderna ai vini dell’azienda.
Non è facile, però, soprattutto con i ceppi più antichi, perché da una parte le loro uve vanno accompagnate a diventare vino senza mai forzarle con le tecniche moderne per non perdere il carattere austero di questo particolare nettare di Bacco, ma dall’altra parte si deve riuscire anche ad assicurare quella piacevolezza che non è proprio favorita dalla genuina esuberanza naturale, perché il gusto dei consumatori e le pietanze della cucina quotidiana sono cambiati molto nella società contemporanea. Una sfida immane, questa, ed è davvero encomiabile che, per soddisfare pure i numerosi Bartali locali a cui siamo tutti affezionati e per non sentirli sempre brontolare che ”è tutto sbajato, è tutto da rifare”, le due nuove colonne aziendali Barbara & Barbara siano riuscite a fare perfino il vino più difficile che ci sia proprio dalla vigna più antica: il Cŏrῐum, un vero ”toscanaccio”!

Cŏrium 2013 Le Regge

Cŏrium 2013
È un Toscana Rosso fatto da uve di sangiovese in purezza provenienti dalla vigna più vecchia con viti almeno sessantenni (e qualche ”monumento vegetale” ancora più vecchio) allevate a cordone speronato con una densità di 5.000 ceppi per ettaro su suolo argilloso con presenza di galestro che danno una resa di soli 40 quintali d’uva per ettaro. In questa vigna vengono effettuate due raccolte. Durante il primo passaggio le uve raccolte mature sono destinate ad altri rossi aziendali e vengono lasciati sulla pianta i grappoli centrali più spargoli per ottenere una maggiore concentrazione degli zuccheri e dei polifenoli negli acini e che verranno poi raccolti dopo 7-10 giorni per essere vinificati separatamente e dar vita a questo cru. La fermentazione avviene in vasche di acciaio inox a temperatura controllata con svuotamenti e rimontaggi. Il vino matura poi in botti di rovere. Tenore alcolico del 14%.
Come ho già accennato, è un vino difficile da fare, perché le uve delle viti vecchie non devono perdere quel carattere austero che piace tanto agli abituati ai gusti tradizionali della buona tavola tipica toscana e personalmente lo servirei proprio alla temperatura di anticantina, di vinsantaia, dai 14 ai 16 °C. Di colore rosso rubino molto intenso, all’attacco si sente il tamarindo fresco, estivo, intrigante, che apre un bouquet di piccoli frutti maturi rossi (visciola e amarena e neri (sambuco nero, prugna, mora) tra sfumature speziate di noce moscata e cannella e un ricordo di ortiche bagnate e malva selvatica. In bocca è austero, amaricante, ben strutturato, ma con i tannini fitti e morbidi e nel finale di lunga la persistenza aromatica silvestre si godono anche piacevoli note di amarene sotto spirito.

Toscana Rosso 2017 Le Regge

Toscana Rosso 2017
Deriva da uve merlot, cabernet sauvignon e sangiovese in percentuali variabili a seconda delle annate e che provengono da viti allevate a cordone speronato con una densità di 4.800 ceppi per ettaro su suoli prevalentemente argillosi che danno una resa di 70 quintali d’uva per ettaro. La raccolta di tutte le uve avviene manualmente a partire da quelle di merlot, poi di  sangiovese per finire con cabernet sauvignon. La fermentazione avviene in vasche di acciaio inox a temperatura controllata con svuotamenti e rimontaggi. Il vino matura poi in botti di rovere. Tenore alcolico del 14%. Di colore rosso rubino intenso, all’attacco una nota di viole introduce un bouquet di piccoli frutti rossi e neri (amarena, mora, ribes nero, rosa canina, prugna) tra sfumature di tabacco e cuoio. In bocca è molto asciutto, i tannini sono fitti, maturi e non aggressivi, la struttura è anche fin troppo addomesticata proprio perché non manca il legno, uno stile supertuscan per gli affezionati di questo genere. Consiglierei una temperatura di servizio sui 18 °C, ma non oltre.

Chianti Classico 2018 Le Regge

Chianti Classico 2018
Deriva da uve sangiovese all’85% con merlot al 10% e canaiolo al 5% che provengono da viti allevate a cordone speronato con una densità di 5.000 ceppi per ettaro su suoli argillosi con presenza di galestro che danno una resa di 75 quintali d’uva per ettaro. La raccolta delle diverse varietà di uve avviene esclusivamente a mano in diversi momenti e passaggi in funzione del differente grado di maturazione. La fermentazione avviene in vasche di acciaio inox a temperatura controllata con svuotamenti e rimontaggi. Il vino matura poi in botti di rovere. Tenore alcolico del 14%. Di colore rosso rubino luminoso di buona intensità con riflessi porpora, mi ha stregato all’attacco per quella sfumatura di goudron tra note floreali di giaggiolo che contraddistingue i Chianti Classico che piacciono a me, vellutati, freschi e pimpanti. Proprio come devono essere nel rispetto delle loro ritrovate origini e non sono, né vogliono essere, dei supertuscan impenetrabili, ma eccellenti vini conviviali. Il bouquet si apre con aromi di visciola, corniola, mirtillo e ribes nero e chiude con una sensazione di spezie, pietra focaia e fuoco di falò all’aperto. In bocca è piacevole, equilibrato, armonioso, di buon corpo. Nel finale permane la visciola, compare la marasca e si affaccia un’interessante nota erbacea. Consiglierei una temperatura di servizio dai 18 ai 20 °C in calici ampi.

Chianti Classico Riserva 2016 Le Regge

Chianti Classico Riserva 2016
È vero che l’annata 2016 in Chianti Classico è una delle annate in cui le caratteristiche del Sangiovese si sono esaltate in pieno con quei valori importanti in estratto secco, antociani e polifenoli e quella meravigliosa acidità che sostiene il vino ed è tipica delle grandi annate. È vero. Partita con un inverno mite, ma più piovoso del solito, ha goduto di una primavera con temperature calde e costanti e di un’estate calda e leggermente siccitosa solo nel periodo di fine luglio durante l’invaiatura sul Sangiovese, mitigata alla grande dalle forti escursioni termiche tra il giorno e la notte e le piogge di fine agosto che hanno permesso di conservare un’acidità maggiore nelle uve fino al periodo della vendemmia. Grande merito quindi alle uve perfette dell’annata. Ma il vino non si fa da solo. Quando ho scritto di quattro mani femminili per dare un’impostazione allo stesso tempo tipica e moderna ai vini dell’azienda avevo proprio in mente questo vino. Questa Riserva è eccellente già adesso, ma promette un’evoluzione ulteriore che la renderà in grado di essere ricordata come una pietra miliare fra i grandi vini del sangiovese, Brunello di Montalcino e Nobile di Montepulciano compresi, ad alcuni dei quali bagna anche il naso.
Deriva da uve sangiovese all’85% con cabernet sauvignon al 10% e canaiolo al 5% che provengono da viti allevate a cordone speronato e a guyot con una densità di 5.000 ceppi per ettaro su suoli argillosi con presenza di galestro che danno una resa di 65 quintali d’uva per ettaro. Per l’ottenimento di questo vino vengono scelti i migliori grappoli delle vigne più vecchie. La raccolta avviene rigorosamente a mano in cassette. La fermentazione avviene in vasche di acciaio inox a temperatura controllata con svuotamenti e rimontaggi. Il vino matura poi in botti di rovere. Tenore alcolico del 14,5%.
Di colore rosso rubino profondo e sanguigno con riflessi porpora e tendente al granato, per essendo nello stesso stile del Chianti Classico più giovane è evoluto maggiormente, acquistando una complessità affascinante. Agli aromi di visciola, corniola, mirtillo e ribes nero si aggiungono note di viola mammola, ciliegia nera, tartufo marzuolo, carruba e buona pelle conciata. In bocca mostra una struttura solida e aggraziata, con tannini maturi, finissimi, morbidi in perfetto equilibrio con l’eccezionale acidità e chiude con un finale persistente e piacevole di mandorla dolce e goudron. Consiglierei una temperatura di servizio dai 18 ai 20 °C in calici molto ampi.

Mario Crosta

Azienda agricola Le Regge di Barbara Ferruzzi
Via Antica Figlinese 47, 50022 Greve in Chianti (FI)
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Mario Crosta

Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del settore gomma-plastica in Italia e in alcuni cantieri di costruzione d’impianti nel settore energetico in Polonia, dove ha promosso la cultura del vino attraverso alcune riviste specialistiche polacche come Rynki Alkoholowe e alcuni portali specializzati come collegiumvini.pl, vinisfera.pl, winnica.golesz.pl, podkarpackiewinnice.pl e altri. Ha collaborato ad alcune riviste web enogastronomiche come enotime.it, winereport.com, acquabuona.it, nonché per alcuni blog. Un fico d'India dal caratteraccio spinoso e dal cuore dolce, ma enostrippato come pochi.

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