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Barone von Vogel, Tenuta Dornach. Elogio al Pinot nero

Patrick UccelliSembra il titolo di una favola scritta a cavallo di metà Ottocento, e in effetti la strada per Salorno è un panorama che merita una poesia e forse avrei dovuto cominciare questo pezzo con “Era una notte buia e tempestosa…“. Invece è notte, e sto scrivendo di ritorno da questa serata, sul tavolo della cucina, proprio per evitare di credere, domani, che mi sia sognato tutto stanotte.
Questa luce del crepuscolo, lungo la valle dell’Adige, appena in terra altoatesina, rende magica (qualora ve ne fosse stato bisogno; pure la data: 06-09-2012) la casa ottocentesca, o forse ancor più vecchia, dove abita il ►Barone von Vogel Patrick Uccelli, che mi aspetta dopo una giornata di vendemmia: la pergola lascia il segno, risparmiandoti la doccia! Non erano le sue uve, però, oggetto del lavoro: i bianchi sono in botte da alcuni giorni, e ci regaleranno più di una sorpresa. E nemmeno il Pinot nero, che verrà portato in cantina domani; le vigne erano di amici.
Passato (oddio, si avvicinano sì i quaranta, ma è ancora giovane ed esuberante!) da enologo (tra gli altri: Foradori, Lageder, ed alcuni progetti con l’IASMA, dove si è diplomato e laureato), gestisce dal 2009 i terreni che la madre, i cui discendenti erano baroni a Salorno, ha ereditato negli anni ‘80 ed ora costituiscono il corpo della piccola azienda: solo 3 bellissimi ettari, terrazzati ancora dagli avi lungimiranti ad inizio Novecento.
La luce sta per abbandonarci, così, dopo qualche attimo di ammirazione del panorama – gli appezzamenti sono disposti a sud-ovest, giusto sotto la casa – osservando la frenesia valligiana sul far della sera, le luci veloci dell’autostrada, e l’eco lontano del treno, scappiamo in vigneto.
Tenuta DornachI filari di Pinot bianco mostrano quel fascino nostalgico post-vendemmia, e i segni dell’annata complessa. Osserviamo le potature, l’equilibrio produttivo, i regalini lasciati dal “nuovo” minatore fogliare arrivato (A. oinophylla) e la bellezza delle uve. È una bellezza complessa, quella di cui parlo, e non si limita all’estetica.
Infatti si passa presto all’assaggio.

L’estate siccitosa e la primavera (ma anche l’inverno) bizzarra si avvertono toccando il grappolo, vedendo la pianta, assaggiando alcuni acini: quest’anno le piante hanno sofferto molto, e lo si nota in certi soggetti, disarmonici.
Ma le recenti piogge e i giorni di caldo settembrino sembrano aver risvegliato le vigne, e forse anche la maturazione ha ripreso il cammino dopo lo smarrimento agostano. A volte rimango stupito dalla ricchezza celata in certi frutti, una ricchezza che ogni viticoltore sogna ed insegue, in preda ad una spannung… ehm, pardon: mi sono lasciato prendere la mano nel trascrivere i complessi e articolati discorsi che intraprendiamo e molliamo, riprendiamo e non terminiamo, in un fermento di idee che persone come Patrick ispirano.
FermentazioneDicevo della spannung, la tensione, un’ansia che vedi crescere nell’assaggiare ogni giorno l’uva, in attesa del momento adatto per portare dentro quei grappoli compatti. La stessa tensione che vedi sciogliersi quando assieme scopriamo che nelle quattro botti di bianco, le fermentazioni spontanee sono iniziate, e i tappi appoggiati per dare una pulita alla schiuma gorgogliante, saltano per la cantina, incontenibili.
Processo affascinante: la fermentazione libera quel tesoro racchiuso nel frutto e lo svela. Solo i sognatori e i grandi maestri dell’enologia possono intuire quale sarà, a partire dal frutto.
Ma la tensione è quella che ti porta a non ritenerti mai soddisfatto del tuo lavoro e che, se presa nella giusta dose, è la ricetta migliore per avere sempre stimoli nuovi. Ma in questi vini, quelli della Tenuta Dornach, i risultati già ci sono. E Patrick dovrebbe essere meno esigente con sé!
Li assaggiamo in cantina, lasciando il portone aperto sulla valle, come la porta che dà sulla piccola bottaia, così ogni tanto ascoltiamo il rumore dei lieviti, e temiamo cominci a piovere, invece – con un discreto sollievo – è solo il fruscio delle foglie.
Pinot NeroIl Pinot Bianco 2010 (poche migliaia di bottiglie) è il primo assaggio. Un vino essenziale, scarno, penetrante. L’acidità e la mineralità di questo bianco nato su terreni porfidici, colpiscono sin dal primo assaggio, e continuano, mentre lentamente il legno – entro cui fermentano e affinano tutti i vini – lascia emergere un carattere floreale maturo. La sapidità tiene lungo il vino. Teso.
Dice di voler tornare su maturazioni più avanzate, per riprendere dopo questo tentativo di maggiore freschezza, a dare maggiore complessità, e un po’ di grassezza maggiore. Concordo, in attesa dei risultati. Passiamo ai rossi.

Pinot Nero 2008. Ultime sette bottiglie (erano sette) di circa 700. Quest’annata segna lo stabilizzarsi a Salorno del Barone von Vogel. Deve programmare la campagna viticola in poco tempo, e trovare un modo per vinificare a settembre. Le uve verranno ammostate grazie all’aiuto di alcuni amici e colleghi, e fortunatamente ad inizio 2009 il vino potrà fare il suo ritorno alla Tenuta.
Quell’anno condusse sia la campagna, sia la cantina in maniera convenzionale. L’annata è ricordata da tutti come molto difficile, e quindi aiutò i lieviti (selezionati) con la nutrizione azotata, e il vino con l’aggiunta dell’acido tartarico, tanto quanto quello perso in vinificazione.
Il risultato? Beh, non c’è che dire: il colore ogni volta mi fa brillare gli occhi (ogni volta che è da Pinot!), il profumo serrato sulla ciliegia matura, con una sottile vena balsamica sullo sfondo, matura e scura. In bocca elegante, con il tannino levigato e l’acidità integra. Però probabilmente siamo all’apice della sua vita: non avrà molto spazio di miglioramento futuro.
Passiamo all’annata successiva, al Pinot Nero 2009. Cambia il metodo, e piano entra la biodinamica nella conduzione del vigneto. L’applicazione del metodo, l’uso dei preparati, e il tentativo di dare sempre meno, in cantina. Il vino è più crudo, veramente molto, non solo lo scarto che dovrebbe distanziare una vendemmia dall’altra, nonostante l’annata fosse più calda.
SnoopyE allora eccoci a ipotizzarne il destino, a pensare alle evoluzioni, mentre si riprende a parlare di vinificazioni e biodinamica, metodi e approcci. Eppure è già godibile, quel pinot nero, ma se ne avverte l’incompiutezza: il frutto che sembra ad un passo dalla maturazione, voluminoso in bocca, imbrigliato quel guizzo odoroso che ti fa perdere tra i ricordi. Ci vuole pazienza.
È tardi, decidiamo di andare a mangiare, sperando non sia già tutto chiuso, in paese. Alla fine ci salutiamo, e lo ringrazio.
Me ne torno lungo la Statale 12, serpeggiante tra i vigneti, dopo aver rubato uno spicchio di luna dalla luce calda e forte, sorta proprio sopra la Tenuta, e il profumo della terra annusata mentre assaggiavamo il Pinot nero che domani scenderà in cantina: buona vendemmia!
Postilla: non so se sia tutto vero quello che ho scritto. Fermatevi a Salorno, e chiedete del Barone von Vogel!

Andrea Fasolo

Aspirante agronomo, laurea in Scienze e tecnologie viticole ed enologiche e poi in Scienze agrarie, innamorato tanto della vite che del frumento, e tanto delle colture quanto della cultura che vi affonda le radici. Lo appassionano tutte le forme di agricoltura a basso impatto e ad alta fertilità, che mettono la terra al centro dell'agricoltura e del mondo che ruota attorno al più antico e nobile dei mestieri.

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