Blind Tiger: il craftbeer pub di New York e il Village
Come mi scriveva di recente Pierluigi, un mio amico beergeek di Roma, il Blind Tiger a New York non è un pub, ma è IL PUB.
Come dargli torto? La sua fama va oltre i confini della città, già al centro del mondo, e si inserisce in ogni itinerario dei beerlover mondiali. Non solo per le sue 28 spine di nomi tutti eccezionali, provenienti in parte da Est Coast e in parte praticamente da ogni altro Stato, non solo perché situato in uno dei quartieri simbolo di Manhattan, il Greenwich Village, ma soprattutto per l’atmosfera che si respira.
In questo possiede qualcosa di tradizionalmente europeo: l’accoglienza del legno e delle luci calde, il camino al centro della sala, in inverno sempre acceso, e le grandi finestre aperte sui vicoli esterni, mescolati al respiro internazionale tipico dei luoghi di aggregazione qui a NYC, lo rendono senza dubbio unico. Dal 1996.
La visita per chi passa per NY è d’obbligo: il Village, culla di una vivace scena artistica con la presenza di diversi teatri off-Broadway, è il quartiere bohemien simbolo della Beat Generation, qua ha mosso i primi passi il movimento di liberazione omosessuale (allo Stonewall Inn, tutt’ora molto attivo) Bob Dylan è stato uno dei suoi più celebri abitanti, come anche Kerouac e Ginsberg, gente come Woody Allen, Frank Zappa, Lou Reed e Jimy Hendrix ha iniziato qui, insomma, è IL Village, proprio come il Blind Tiger è IL Pub.
Anche le persone che lo gestiscono sono deliziose. Ho chiacchierato un po’ con Katherine Kyle, manager del locale, che mi ha raccontato delle birre locali, degli stili più amati, del quartiere e di come è cambiato, e anche del covid, alla luce della recentissima, e ancora prudente, riapertura al pubblico di bar e ristoranti.
Considerata l’impressionante varietà della vostra taplist, come avviene la scelta dei birrifici da distribuire?
L’elemento più importante è la qualità, poi la diversità di stili. Abbiamo una clientela diversificata e voglio che tutti siano felici. Alcuni dei nostri clienti bevono birra artigianale da oltre 20 anni e apprezzano molto gli stili tradizionali. Sfortunatamente, la richiesta di queste birre è inferiore a quella degli stili più attuali, ma mi piace offrire loro una selezione sia alla spina che in bottiglia. E poi c’è una marea di neofiti e giovani che adorano le hazy IPA e le sour IPA, infatti ne proponiamo parecchie. È interessante inoltre notare che in entrambi i casi, tutti adorano sour e acide, quindi mi assicuro di avere anche quelle.
Siamo fortunati ad avere così tanti ottimi birrifici locali, fattore che influisce molto nella scelta. Detto questo, se una birra è di qualità pur non essendo locale, entra a fa parte della taplist, come nel caso di alcune acide, realizzate in maniera perfetta, dalla California. Inoltre, qua le persone spesso non hanno modo di arrivare ai birrifici lontani, quindi mi piace molto proporre nomi interessanti da tutti gli States.
Secondo te esiste qualche “supremazia” delle NEIPA?
Le mode degli stili vanno e vengono, ma nel caso delle NEIPA sembrerebbe che intendano restare. Ovunque vada, le persone cercano “hazies”. Al momento al Tiger sono lo stile che va per la maggiore. Anche se inizio a sentire sempre più richieste per le West Coast o per IPA piu’ “tradizionali”. È interessante notare che ci sono molti nuovi bevitori di birra artigianale che hanno iniziato proprio con le NEIPA e penso che sarà ancora più interessante vedere come i loro gusti cambieranno sviluppandosi nel tempo.
Dimmi alcuni nomi dei migliori birrifici locali
Ce ne sono troppi per sceglierne qualcuno senza lasciare fuori altri davvero eccellenti. Other Half e Brooklyn sono probabilmente quelli più conosciuti, ma Grimm, Threes, Interboro, Finback, SingleCut e Transmitter sono molto validi e affermati sulla scena. Altri grandi locali sono Strong Rope (focalizzato sull’utilizzo di ingredienti coltivati a New York), Fifth Hammer, KCBC, Folksbier e altri che serviamo regolarmente.
Cosa piace bere alla gente del posto e ai turisti?
Qualunque cosa! La gente del posto ama la propria birra locale. A volte le persone pianificano le visite ai birrifici in base a ciò che hanno assaggiato qui al pub. A volte poi amano prendere la birra anche da altri posti, capita che ci siano cose molto difficili da trovare e la nostra gente è molto curiosa. I turisti cercano principalmente nomi locali, ma se sono grandi appassionati di craftbeer, amano anche provare tutto quello che abbiamo dal resto degli States. Non è possibile generalizzare in questo. Anche i nostri clienti storici spesso cercano l’ultima IPA magari insieme ad un’ottima Doppelbock. Tra l’altro ultimamente girano molte più lager di qualità e sono molto apprezzate.
Com’era il Village prima del Covid? E com’è adesso?
Il villaggio è tradizionalmente una comunità piena di vita: le strade sempre piene di giovani, vecchi, artisti e musicisti, studenti e ricchi proprietari di case a schiera. Prima trovavi sempre qualche gruppo di turisti impegnati nei più svariati tour: il tour della pizza, il tour delle case infestate, quello dedicato all’architettura, quello del West Village e tanti altri. Le strade erano sempre vive e piene.
Ora è tutto più tranquillo. Ci sono posti a sedere all’aperto un po’ ovunque, ma tutti devono obbligatoriamente chiudere alle 11, come indicato dalle direttive. Invece prima era proprio durante le serate del fine settimana che iniziava tutto. Adesso, a parte qualche folla in alcuni momenti, sembra tutto più assonnato. Ci sono alcune persone per strada, ma è solo una piccola parte di quello che era prima.
Ritieni che l’e-commerce e il delivery durante il lockdown possano aver avuto un impatto anche sui consumi nei pub di queste fasi e le seguenti?
Penso che sia impossibile prevedere quale sarà il comportamento futuro, penso che il delivery e le opzioni online siano una comodità e spero continueranno. Ma tutto questo non sostituisce il pub. Le persone vengono al Tiger (come nella maggior parte dei pub) per stare a contatto altre persone. Vogliono vedersi e vederci. Aiutiamo a creare comunità. Questo è uno dei nostri valori fondamentali. Sarà interessante ora, vedere come potremo farlo nel new normal del distanziamento fisico. Continueremo a sottolineare l’importanza della sicurezza come uno dei principali modi per costruire una comunità, la sfida è trovare il modo rimanendo al sicuro.
In base alle nuove direttive, come stai organizzando il pub?
Anzitutto è davvero bello poter servire di nuovo le persone ai tavoli. In questo momento possiamo accogliere tra le 24 e le 27 persone ai tavoli esterni, rispettando il social distancing. Speriamo di far crescere il nostro business all’aperto in modo da riempire la maggior parte dei posti. Fino a quando non ci sarà permesso utilizzare l’interno, questo è il meglio che possiamo fare, non sono certa che basterà per sostenerci ma sono fiduciosa. Una volta consentiti i pasti al coperto, offriremo ovviamente meno posti, essendo ancora più importante la distanza, al chiuso. Sto cercando dei modi per migliorare la ventilazione per un ambiente sicuro, la sicurezza del personale e dei clienti è la mia priorità numero uno.
E io non posso che confermare quanto detto da Katherine, avendo avuto la fortuna, pochi giorni fa, di brindare proprio qua, con la mia prima birra “esterna” post quarantena. Taplist ancora una volta estrema nonostante le limitazioni, certo, non è ancora il bancone vociante e pieno di vita a cui ci ha abituato, ma ammetto che rilassarsi ai tavoli nei vicoli alberati del Village non è stato affatto male.
One more cup of coffee before I go…or maybe one more beer.
Hilary Antonelli