Crisi e recessione sono parole che in questo periodo angosciano e sono sulla bocca di tutti. Ma nel Nord-Est dello stivale italico, c’è un fenomeno commerciale che va in controtendenza, registrando grandi numeri di vendita e bilanci ampiamente positivi. Dai 150 milioni di bottiglie commercializzate nel 2010, si pensa di arrivare a 400 milioni di bottiglie nel 2013. Avrete probabilmente già intuito che sto parlando delle gioiose, e in questo periodo remunerative, bollicine di Prosecco. Valdobbiadene e le sue colline rappresentano l’eccellenza se si parla di Prosecco ma un notevole e fondamentale impulso commerciale lo si è avuto dalla nascita della nuova Doc interregionale Veneto-Friuli Venezia Giulia, figlia di un accordo fra la politica e il territorio del Carso triestino che ha permesso di blindare e tutelare un marchio che altrimenti rischiava di fare la fine del Tocai Friulano. Fu un attivissimo Luca Zaia, allora Ministro per le politiche agricole e forestali, a impegnarsi in prima persona nel progetto di salvaguardia del Prosecco. Per fermare le possibili imitazioni e impedire che altri nel mondo piantassero Prosecco e usassero il nome del vitigno per denominare il vino, si decise di sfruttare come appiglio territoriale quella zona che risulta essere la madre di questo vino, la piccola località di Prosecco. Questo piccolo paese è situato sul ciglione carsico in provincia di Trieste, ed è da queste zone che il vitigno prese le strade del trevigiano, per iniziare da lì la scalata a un successo inarrestabile. Nacque da queste basi l’intuizione del ministro Zaia e dei suoi collaboratori di far diventare il Prosecco patrimonio solo del territorio del Nord Est, tutelabile a livello mondiale grazie a quest’appiglio territoriale che avrebbe permesso a tutti di piantare la Glera, ma riservato ai soli produttori del disciplinare la possibilità di chiamare il vino da loro prodotto con l’antica e famosa denominazione di Prosecco. Si creava quindi un marchio di elite, importante rappresentante del made in Italy, un privilegio a uso esclusivo dei produttori veneti e friulani. Per i produttori carsolini la costituzione della nuova Doc portò a qualche sacrificio non trascurabile, primo fra tutti l’impossibilità di sviluppare il marchio della Glera, che a Trieste veniva già imbottigliata come vino autoctono e per la quale si potevano prevedere sviluppi al pari della Vitovska e del Terrano. Il ministro Zaia e l’assessore regionale all’agricoltura Violino, riconoscendo il ruolo fondamentale del Carso per la buona riuscita dell’operazione di tutela del marchio Prosecco, s’impegnarono con un protocollo d’intesa a rispettare una serie di punti che avevano come obiettivo principale lo sviluppo e il rilancio delle attività del territorio. La sistemazione del costone carsico; la predisposizione nella località di Prosecco di un centro per la promozione del vino e delle attività del Consorzio del Carso; un piano per il rilancio delle attività e delle produzioni agricole tipiche; la semplificazione delle norme territoriali e dei vincoli urbanistici che limitavano le potenzialità di sviluppo dell’agricoltura: questi i punti che rappresentavano il succo delle promesse fatte dal Ministero dell’Agricoltura e dalle istituzioni politiche regionali. A distanza di due anni e a fronte dell’enorme business che si è creato attorno al Prosecco, sono andato a vedere com’è la situazione nel Carso per verificare se le promesse che la politica aveva generosamente elargito sono state mantenute. Ad illuminarmi sulla situazione attuale, Sandi Skerk, Presidente del Consorzio Carso, e bravo viticoltore di Prepotto.
Nel 2010, la produzione di Prosecco toccava circa 150 milioni di bottiglie. La previsione sullo sviluppo commerciale di queste bollicine era ottimistica, ma non si pensava di arrivare a cifre che per il 2013 parlano di 400 milioni di bottiglie che usciranno dalle cantine del Friuli Venezia Giulia e del Veneto. Insomma un grande successo commerciale del quale avrà sicuramente tratto beneficio anche il Carso, visto che è stato il tassello decisivo per la creazione della DOC Interregionale del Prosecco. Skerk: La realtà attuale del Carso è distante anni luce dalla situazione di sviluppo e crescita economica che si è creata in Veneto e in alcune zone del Friuli. I dati sono chiari e inequivocabili. L’accordo raggiunto ha permesso a veneti e friulani di piantare qualche migliaio d’ettari di nuove viti, mentre sul Carso non è possibile ricavare nemmeno un nuovo ettaro. Vincoli e limitazioni che frenano la nostra attività, erano uno dei punti cardine che il Protocollo d’intesa si era ripromesso di affrontare, ma ad oggi nulla è stato fatto.
Il 23 aprile 2010, l’assessore Violino venne a Rupingrande, in quella che definì scherzosamente “la tana del lupo”, per presentare il protocollo d’intesa alla stampa, alle associazioni e alle cariche politiche presenti. In cambio dei servizi e delle concessioni offerte alla causa del Prosecco, il Carso avrebbe ricevuto nuovi mezzi e possibilità per rilanciare l’agricoltura e il territorio intero. Che cosa è stato fatto a oggi di quanto era stato promesso nei quattro punti principali dell’accordo? 1. sistemazione del costone carsico (da Barcola/Contovello a Santa Croce/Aurisina); Skerk: La regione ha stanziato 800.000 euro per l’ammodernamento di una strada di accesso ai fondi vitati siti nei pressi del paese di Prosecco. Questo intervento è sicuramente in linea con gli impegni assunti ma non rappresentava una priorità per le reali e immediate esigenze del territorio, poiché questa zona era già accessibile dai mezzi agricoli. Era meglio pensare di realizzarne una nuova. Non è nemmeno sicuro che il progetto venga approvato, ma a questo punto speriamo che i lavori abbiano inizio. Almeno qualcosa di realizzato ci sarebbe, anche se resterebbe comunque la classica goccia nell’oceano di cose che ci sono da fare. A mio modesto parere, questi 800.000 euro, sarebbero stati più utili se utilizzati per recuperare e realizzare una decina di nuovi ettari vitati. Questo sì che sarebbe stato un fondamentale passo in avanti per la crescita della nostra terra. 2. Predisposizione nella località di Prosecco di un centro per la promozione del vino e delle attività del consorzio del Carso; Skerk: Il progetto avrebbe un senso se avessimo vigne e quindi vino da promuovere. Sicuramente questa non è una delle priorità. La Casa del Prosecco è finanziata dalla regione con 200.000 euro che vanno a coprire poco più di un quinto del costo totale necessario per l’acquisto dell’immobile e la sua completa ristrutturazione. Stando alla situazione attuale, sarebbero soldi pubblici gettati al vento. 3. Piano per il rilancio delle attività e delle produzioni agricole tipiche sul Carso; Skerk: Il Piano di Sviluppo Territoriale denominato “Masterplan” che doveva essere avviato per favorire le semplificazioni legislative e la rimozione di parte dei vincoli esistenti, rischia di essere un progetto senza futuro. Gli 80.000 euro stanziati dalla regione sono serviti per finanziare il lavoro di una società veneta incaricata dello studio e della stesura del Masterplan. Progetto realizzato ma che resterà inattuato in un cassetto poiché non ci sono risorse per dar inizio ai lavori. 4. Semplificazioni delle norme territoriali e dei vincoli urbanistici che limitavano le potenzialità di sviluppo dell’agricoltura; Skerk: Sono passati quasi due anni e nulla è cambiato. Anzi, per assurdo, la situazione si è ulteriormente complicata. Nelle sedi opportune si sarebbero potute trovare, con un po’ di buona volontà, delle soluzioni a costo zero che avrebbero portato notevoli benefici a tutto il territorio. A oggi non è stato fatto quasi nulla.
Dai dati che mi hai appena enunciato, si evidenzia chiaramente che le promesse fatte e i principali punti del protocollo d’intesa non sono stati rispettati sebbene voi del Carso abbiate fatto ampiamente la vostra parte. A posteriori, pentito di aver ritirato il ricorso al Tar del Lazio che avrebbe bloccato la nascita della Doc interregionale del Prosecco? Skerk: Noi abbiamo fatto ampiamente la nostra parte. Grazie alla piena disponibilità del Consorzio di Tutela dei vini del Carso e di tutte le altre organizzazioni, è stata possibile la creazione della nuova Doc Prosecco. Anche il ritiro del ricorso presentato al TAR del Lazio seguiva la direzione della massima disponibilità e fiducia nelle promesse fatte dalla politica. Ma gli impegni sottoscritti dalla Regione Friuli Venezia Giulia e dal Ministero delle Politiche Agricole sono rimasti, fino ad ora, quasi del tutto inevasi. Più che di pentimento, possiamo parla di grande delusione.
Come intendete agire nell’immediato futuro? Pensate di porgere l’altra guancia nonostante le promesse della politica non mantenute o avete intenzione di muovervi per far valere le vostre ragioni? Skerk: Siamo convinti e decisi a far valere le nostre ragioni. Cercheremo in ogni modo di far sì che gli accordi vengano rispettati, altrimenti potremo arrivare alla decisione estrema di rinunciare a far parte della Doc Prosecco, che potrebbe fermarsi a Monfalcone e non interessare più il territorio carsico. Per noi non cambierebbe nulla, giacché questa operazione non ci ha portato nessun beneficio e nessuna possibilità di sviluppo.
Il mercato del Prosecco è molto importante soprattutto per il Veneto e in parte minore anche per la nostra regione. In tempi di crisi, ben venga un settore in salute che crea posti di lavoro ed economia. Visto però che la nostra politica regionale non ha fatto seguire i fatti al fiume di buoni propositi enunciati nel protocollo d’intensa, qual è il messaggio pasquale che vorresti lanciare alle istituzioni e agli amici produttori del Veneto? Skerk: Una cosa è certa e indiscutibile. Non eravamo e non siamo contrari alla Doc Interregionale del Prosecco. Felici che abbia portato sviluppo nel Veneto e in alcune zone del Friuli. Rilancio dell’economia e nuovi posti di lavoro sono argomenti che vanno sostenuti e tutelati. Ma visto che questo è stato possibile anche grazie al nostro contributo, è giusto che le promesse fatte al momento di stipulare il protocollo d’intensa vadano rispettate. Non vogliamo godere a fondo perduto dei successi del Prosecco. Vogliamo solo poter lavorare nel nostro territorio, promuovendo i nostri prodotti e la nostra cultura. Ricordo anche che è interesse di tutti che ci sia qualche ettaro di vigneto in più nel Carso, e qualche coltivazione, seppur piccola e quasi simbolica di Prosecco. Questo è importante per garantire una tutela incondizionata del marchio da parte della Comunità Europea. A due anni dalla firma del Protocollo d’Intesa e visti i documentabili grandi successi del “fenomeno Prosecco”, non mi aspettavo di certo di ritrovare nel Carso una situazione ingessata e anestetizzata come lo era nel 2010. Passi che siamo il paese delle facili promesse e del milione di posti di lavoro portati dalla cicogna. In questo caso però gli accordi sono stati chiari e sottoscritti dalle varie parti che hanno messo sul piatto la propria faccia e la propria credibilità. Senza fare distinzioni di colore o bandiera, mi preme ricordare che la politica non è altro che uno strumento di rappresentanza di tutti i cittadini e che deve operare per il bene comune e non magari solo per quello di una parte “elettoralmente più appetibile”. Per questo, in cuor mio, spero che alla fine tutte le promesse fatte e gli accordi presi siano rispettati, permettendo così al Carso di lavorare meglio garantendo nuove possibilità di sviluppo a tutto il territorio e un futuro roseo alle generazioni future. P.S. Doverosa premessa a difesa della categoria. Da ex marinaio di leva mi dissocio dal luogo comune sulle promesse che i marinai sarebbero portati a non mantenere. Non vorrei ritrovarmi prossimamente a lucidare il ponte di una nave con lo spazzolino da denti.
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