Statistiche web
Anteprime

Chianti Classico Collection: con l’annata 2006 si conferma il ritrovato carattere chiantigiano preannunciato l’anno passato


La sala degustazione alla Stazione LeopoldaSe Benvenuto Brunello ha dovuto fare i conti con un’annata difficile come la 2003, che lascia anche molte perplessità sulla direzione che questo grande vino sta prendendo, tutt’altra musica è suonata alla Stazione Leopolda di Firenze nei giorni 19 e 20 febbraio dedicati ai Chianti Classico. Quest’anno è stata presentata in anteprima ai banchi d’assaggio l’annata 2007, come ogni anno campioni appositamente imbottigliati solo per dare un’idea dello stato di salute del nuovo millesimo, mentre in altra sala era possibile degustare alla cieca in una delle numerose postazioni messe a disposizione dal Consorzio, le annate 2006 (circa 90 campioni), 2005 (una settantina), 2004 (20), le riserve 2006 (4), 2005 (34), 2004 (71) e 2003 (18). Oltre 300 vini, che in due giorni, con tutta la buona volontà, non potevano essere tutti degustati. Ma era indubbiamente utile metterli a disposizione anche di coloro che, magari, l’anno precedente non hanno avuto modo di partecipare alla manifestazione.
Bene, le mie impressioni sono state davvero positive, sia per quanto riguarda l’annata 2006 sia per i riassaggi effettuati della 2005. Qualcosa si sta muovendo finalmente nella giusta direzione, vini che tornano a sapere di Chianti, di quello vero, tutto da godere, sensazione che mi ha messo decisamente di buon umore, tanto da non farmi sentire quasi per nulla la fatica di aver assaggiato quasi 100 vini al giorno. La mano appare più leggera e meditata, il bouquet è pulito e varietale, il colore realistico, il contributo del piccolo legno, ove presente, assai più calibrato, l’apporto di vitigni internazionali meno invasivo. C’è ancora molto da fare però, soprattutto deve cambiare l’atteggiamento di troppi produttori che considerano ancora il Chianti Classico vino di serie b, preferendo utilizzare le uve migliori per gli IGT, nonostante i famosi supertuscan non stiano più godendo i successi di qualche anno fa, anzi, sta avvenendo finalmente il contrario, una vera e propria rimonta di questa Docg storica, oggi assolutamente meritata.

Quest’anno il vino che forse meglio rappresenta la mia visione del Chianti Classico è quello prodotto dall’azienda Castellinuzza e Piuca di Giuliano Coccia, di cui vi avevo già segnalato la bella prestazione con l’annata 2005 (oggi ritrovata in perfetta forma). Una piccola azienda di dieci ettari, di cui poco più di 2 vitati, situata a Lamole, una frazione di Greve in Chianti, che propone questo eccellente 2006 ad una cifra da premio Oscar: 7 euro. Un vino che non vede legno, I giornalisti Giampaolo Giacomelli e Carlo Macchifatto in modo tradizionale con uve sangiovese e canaiolo, situate ad un’altezza di 500 metri slm; profuma di viole, ciliegie e lamponi, al palato sprigiona tutta quella freschezza che ci si aspetta da un Chianti di Greve, si beve che è un piacere, un esempio per tutti. Ma ci sono tanti vini che meritano di essere apprezzati e acquistati, merito anche di un millesimo davvero eccellente: se la giocano in eleganza e forza espressiva Isole e Olena, l’azienda di Paolo De Marchi, e San Giusto a Rentennano, ambedue ancora in affinamento ma già ben definiti e straordinariamente setosi, il primo è un trionfo di fiori, il secondo fruttato con ricordi di macchia mediterranea. Altrettanto coinvolgente il Chianti Classico della Tenuta di Lilliano, ampio nella sua gamma espressiva, succoso, persistente, sapido. Ottima prestazione dell’azienda Monteraponi, che propone un vino intenso, speziato, solo un po’ fuori misura nel prezzo. Sempre su livelli elevati un’azienda storica, Fontodi, che propone note di liquirizia e ciliegia nera, tannino vellutato e lunghissima persistenza. A seguire numerosi vini validissimi dalle aziende Bibbiano (con il Montornello), Castelli del Grevepesa (Clemente VII), Castello di San Donato a Perano, Querciabella, Castello di Volpaia, I Fabbri (con il Terra di Lamole), Spadaio e Piecorto, San Felice, Mannucci Droandi (con il Ceppeto), Massanera, Setriolo, Concadoro, Castello Vicchiomaggio, Badia a Coltibuono, Fèlsina e Casa Emma. Tutti vini che hanno in comune un’ottima espressione del sangiovese, senza sovramaturazioni né accenti legnosi, ma grande florealità (non solo viole e rose, ma anche ciclamini, lilium), frutto croccante (ciliegia rossa e nera, lampone, ribes, a volte mirtillo), spesso note di sottobosco e macchia mediterranea, tannini sempre misurati, insomma Chianti Classico da mettere in tavola e godere. Anche i riassaggi dell’annata 2005 hanno testimoniato la qualità di questi vini, il riposo in bottiglia ha giovato alla stragrande maggioranza dei campioni, oggi ancora più apprezzabili. Fra questi voglio ricordare ancora Castellinuzza e Piuca, Bibbiano, Rocca di Montegrossi, Ormanni, Monteraponi, Pieve di Campoli, Il Molino di Grace, Castello di Tornano, Massanera, Mannucci Droandi, Castello della Paneretta, Castello d’Albola, Il Borghetto (con il Bilaccio).

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio