La seconda edizione dell’Anteprima Chianti Rufina, che prevedeva oltre alla presentazione delle nuove annate, una interessante retrospettiva dal 1999 al 1981 (leggete qui), è stata un’ottima occasione di approfondimento e riflessione su una delle zone vinicole toscane più interessanti, per la particolare disposizione di questo piccolo territorio. Il primo appuntamento era per il 14 novembre 2008 nella bellissima Villa La Massa, in località Candeli appena fuori Firenze, un incontro riservato alla stampa e organizzato dal Consorzio Chianti Rufina in collaborazione con la delegazione fiorentina dell’Associazione Italiana Sommeliers; un’ampia sala è stata predisposta con lunghe file di tavolini allineati, per accogliere i giornalisti e presentare otto annate tra gli anni ’90 e ’80. Questa volta erano presenti anche i vini di Selvapiana, azienda storica che l’anno passato si era astenuta dal partecipare. Il giorno successivo ci siamo spostati a Villa Poggio Reale, sede del Consorzio, nel comune che dà origine alla denominazione, dove sono state messe a nostra disposizione le nuove annate di Chianti Rufina 2007 e Chianti Rufina Riserva 2006. Della retrospettiva vi ha già parlato abbondantemente il collega Alessandro Franceschini, posso solo aggiungere che mi ha lasciato perplesso la scelta di presentarle, come l’anno passato, in una forma più adatta ad un pubblico di appassionati che a dei professionisti abituati a degustare di tutto di più. Una vera e propria degustazione guidata, con tanto di analisi sensoriale e riconoscimenti organolettici, senz’altro divertente ma forse non necessaria in questo contesto.
Parliamo invece delle nuove annate degustate, 2007 e 2006, ambedue di notevole livello sulla carta: poco meno di quaranta campioni fra Chianti base e Riserva, una panoramica più che sufficiente per poter avere un quadro della situazione, per comprendere stili e differenze, per capire la direzione che i produttori stanno seguendo. Come avevo già scritto nell’articolo relativo alla scorsa edizione, tra il 1999 e il 2005 sono stati effettuati forti investimenti per rilanciare l’area del Chianti Rufina, si è lavorato sulla zonazione, si è cercato di operare per ottenere la massima qualità. Intento lodevole che, per certi aspetti ha dato indubbi risultati, difficile dire che ci siano vini deludenti, la qualità media è ottima, anche se qualche perplessità rimane sul risultato complessivo, sul quadro che questi vini offrono, ancora disomogeneo, non del tutto delineato. Ad esempio la finezza dei profumi, l’eleganza e la bevibilità, l’impronta minerale che dovrebbero essere il biglietto di presentazione del “Chianti più alto”, come viene ripetutamente enunciato dal Consorzio, non sono elementi costanti, ma si manifestano qua e là, in contrasto con alcuni vini dal carattere volutamente più esuberante, dal colore molto concentrato e dai toni espressivi che ricalcano uno stile moderno ma lontano, che poco gli si addice. La mia impressione è che la zonazione non ha ancora trovato pieno riscontro nel bicchiere, d’altronde è stata fatta da poco e, inoltre, ci sono realtà produttive consolidate e altre più recenti e ancora in fase evolutiva, alla ricerca di una propria caratterizzazione. Ma il fascino di questo piccolo territorio con circa 12.500 ettari vitati, è dato anche da questo. Si tratta certamente di un’area che può offrire grandi cose, l’importante è non correre o strafare, lavorare per esprimere al meglio ciò che questi terreni composti prevalentemente di pietre calcaree, galestro e alberese, sono in grado di dare nel connubio col principale vitigno, il sangiovese; una varietà difficile, che ha bisogno di condizioni ottimali per esprimere tutta la sua classe, certamente a livelli differenti, non si può pensare che tutte le vigne abbiano le stesse identiche esposizioni, età, composizioni, ma indubbiamente nella maggior parte dei casi questo vitigno trova la sua collocazione ideale. Qualche perplessità, invece, l’ho avuta sia con il Chianti Rufina che con il Chianti Classico (alla recente manifestazione Chianti Classico Collection, di cui vi parlerò presto), per quanto riguarda gli assaggi delle Riserve: ha davvero un senso, una motivazione concreta, una giustificazione derivata dalle caratteristiche peculiari dei diversi territori, la produzione della riserva? Mi chiedo questo perché da questa tipologia, che fra l’altro dovrebbe uscire esclusivamente nelle grandi annate, ci si aspetterebbe una marcia in più, una struttura e una complessità superiori, un carattere più deciso, ricco, pieno, convincente, tutti tratti che garantirebbero una notevole longevità. Onestamente ne ho trovati davvero pochi di vini così, il più delle volte sembrano Riserve “tirate per i capelli”, prodotti che bisogna fare perché dànno lustro all’azienda, soprattutto quando non c’è un “supertuscan” che, almeno in passato, avrebbe fatto da traino per tutta la produzione. Mi sono sembrate piuttosto rare le Riserve con queste caratteristiche, ripeto, non solo a Rufina ma anche in molte zone del Chianti Classico.
La degustazione
COLOGNOLE – i vigneti dell’azienda Colognole sono situati alle pendici del Monte Giovi ad un’altitudine che va dai 230 ai 450 metri s.l.m., i terreni sono a medio impasto, con evidenti residui di scheletro. La produzione media per pianta si aggira su 1,2 chilogrammi, una quantità decisamente contenuta per favorire una maggiore concentrazione ma anche una più facile maturazione dei grappoli che permetta una raccolta leggermente in anticipo rispetto agli anni passati, proprio in virtù di un clima sempre più bizzarro e imprevedibile. Negli ultimi anni si è lavorato molto sulla selezione clonale e sull’utilizzo dei portainnesti più idonei. Chianti Rufina 2007: si offre alla vista di un bel colore rubino intenso con venature purpuree, sul piano olfattivo c’è qualche flessione su toni vegetali ma complessivamente appare pulito ed espressivo, con richiami alla visciola e alla ciliegia nera; al palato conferma tratti immaturi e verdi, pur se accompagnati da un ritorno fruttato dignitoso e piacevole, una buona acidità e un tannino ancora nervoso caratterizzano la beva, con un finale che chiude appena corto. Chianti Rufina Riserva del Don 2006: il colore è leggermente meno intenso del precedente ma sempre molto luminoso, chiede ossigenazione per eliminare le note riduttive, accenti selvatici e animali, si sente ancora il legno, poi una vena fruttata ancora timida ma promettente; l’assaggio restituisce una bella ciliegia, l’amarena, una delicata speziatura e una viva freschezza, ma il vino mi lascia perplesso, non sembra avere il tessuto e la complessità che ci si aspetterebbe da una riserva.
FRASCOLE – cantina completamente rinnovata, progressivo rinnovo dei vigneti con sistemi di allevamento e potatura indirizzati alle basse rese e alla massima qualità; le vigne si trovano a circa 400 metri s.l.m. sulla collina di Frascole che sovrasta l’abitato di Dicomano, circa 15 ettari ai quali si affianca l’oliveto, altra attività importante per l’azienda. Chianti Rufina 2007: come già nella scorsa edizione, ho avuto un’ottima impressione dei vini di Frascole, il base ha un colore rubino classico, calibrato, senza particolari concentrazioni, il ventaglio odoroso è quello che ci si attende da un sangiovese di queste zone alte, profumo intenso di viola, ciliegia, lampone, fragolina di bosco, una leggera mineralità; la bocca è succosa, vibrante, il tannino ha il nerbo del sangiovese ma già in fase di amalgama con la polpa del frutto che torna fedele e corrispondente, c’è una buona struttura e una freschezza che lasciano presagire un buon numero di anni in salita; chiude con leggeri ma persistenti rintocchi di liquirizia e tabacco. Chianti Rufina Riserva 2006: ecco un buon esempio di quello che dovrebbe essere una riserva, il colore è ancora un ottimo rubino vivo con leggerissima venatura granata al bordo, le sensazioni olfattive sono molto simili a quelle percepite nella versione base, ma con un accento più complesso e maturo, giocato molto bene fra la trama fruttata e i toni di tabacco, ginepro e liquirizia. Al palato è quasi carnoso, croccante, equilibrato e fine nel tannino, fresco e velato da leggera sapidità, chiude molto pulito e piacevole.
IL PRATO – non sono ancora riuscito ad inquadrare bene questa azienda di Stefania Capanni Salvestrini, che dispone di 4 ettari vitati su una superficie totale di 11, proprio sulle colline di Rufina in località Masseto. Chianti Rufina 2007 – presenta un colore rubino intenso con venature porpora, al naso viaggia su un registro piuttosto dolce e maturo di ciliegia e lampone, molto diverso dai precedenti assaggi; anche in bocca c’è una evidente rotondità, il tannino levigato, la polpa fruttata corrispondente ma con una meno incisiva freschezza di quanto ci si aspetterebbe da un vino giovane. Sul piano tecnico il vino non ha sbavature, ma lascia qualche perplessità sullo stile, poco dinamico e con un carattere che non sembra tirare fuori appieno la natura del sangiovese. Chianti Rufina Riserva 2006 – anche questa riserva conferma uno stile piuttosto atipico, con toni olfattivi che ricordano la caramella di frutta, piuttosto dolci e senza quel guizzo e quel nerbo che dovrebbe avere un sangiovese di collina. Avevo avuto impressioni analoghe l’anno passato, forse il legno deve essere ancora assorbito ma la trama non appare particolarmente stimolante e le peculiarità del territorio faticano ad emergere, almeno per il momento.
TRAVIGNOLI – siamo a Pelago, a sud di Rufina, i conti Busi gestiscono questa antica azienda agricola sin dal ‘700 e dispongono di 65 ettari vitati, di cui 8 a cabernet sauvignon, 1 a Chardonnay, 2,5 a Merlot e il restante a sangiovese. La proprietà si sviluppa tra i 150 e i 400 metri s.l.m. con esposizione dei vigneti interamente a sud. Chianti Rufina 2007 – presenta un colore rubino netto e di buona compattezza e luminosità, il bouquet evidenzia note vegetali, quasi di peperone, che lasciano supporre la presenza del cabernet; all’assaggio ha un impatto gradevole, non particolarmente complesso ma equilibrato, pur presentando ancora una volta sfumature vegetali che si mescolano al frutto, il tannino ha buona finezza e precisione. Il sangiovese fatica un po’ a farsi sentire. Chianti Rufina Riserva 2006 – anche in questo caso non ho avuto l’impressione di avere a che fare con il carattere di una riserva, il vino appare di colore rubino intenso e concentrato, i profumi sono dominanti in parte dal legno dolce, traspare la ciliegia matura, una leggera speziatura, mentre al gusto il tannino si rivela piuttosto scorbutico, duro, il legno fa la sua parte, mentre la polpa, la spalla, stentano a controbilanciare, vedremo se con il tempo troverà un maggiore equilibrio.
LE COSTE – documentazioni storiche della Famiglia Grati ne attestano le origini vinicole all’inizio del 1900; fu Antonio Grati nel 1917 a iniziare la produzione di vini e liquori, ma fu uno dei sui figli, Giulio, a fondare l’attuale azienda. Dal 1985 è Giuliano Grati, coadiuvato dal padre Antonio e dal suocero Vittorio Pandolfi, figlio del fondatore delle Cantine Pandolfi, sempre a Rufina, a tenere saldamente le redini di Le Coste. L’azienda dispone di appezzamenti vitati provenienti dalle proprie fattorie di Rufina e e Reggello, per una produzione complessiva media di circa 10.000 ettolitri, ottenuta da sangiovese, trebbiano toscano, canaiolo nero, malvasia del Chianti, colorino, cabernet sauvignon e Merlot. Chianti Rufina 2007 – colore rubino fitto con venature viola, naso molto moderno e dolce, con note di mora e ciliegia mature, leggero floreale; in bocca la freschezza è poco ostentata a tutto vantaggio di una morbidezza che non si addice completamente ad un vino giovane, nel suo primo anno di vita. Manca quel guizzo, quella spinta di acidità necessaria a stimolare la beva, mancanza che si avverte ancora di più in chiusura. Chianti Rufina Riserva 2006 – trattandosi di due annate fondamentalmente diverse, diventa evidente la ricerca di uno stile preciso nei vini di Le Coste, l’apporto di vitigni aggiuntivi al sangiovese ne è la conferma, i toni di cioccolato, mora e frutti scuri quasi in confettura si sostituiscono alla viola, alla ciliegia, al lampone; niente di male, è una scelta, un modo di differenziarsi, un’idea di Chianti che, condivisibile o meno, ha le sue motivazioni. Al palato la tannicità è ancora nervosa, parzialmente dominante e chiede tempo per essere assorbita.
VI.C.A.S. – sta per Viticoltori delle Colline Arno e Sieve, una cantina sociale costituita da oltre 250 viticoltori della zona del Chianti e di Rufina. E’ un punto di riferimento per le tante piccole realtà che trovano attraverso di essa uno sbocco economico sicuro e consolidato. A volte ci si accosta ai vini delle cantine sociali con un atteggiamento di diffidenza, questo perché purtroppo non tutte perseguono obiettivi di qualità, ma non è il caso di questa, il lavoro di selezione inizia già dalla verifica del modo di operare in vigna dei soci conferitori. Chianti Rufina Montulico 2007 – ecco un esempio calzante di quello che può essere un Chianti rappresentativo dell’area di Rufina: nonostante sia ottenuto da uve conferite da una miscela di vigneti collocati in posizioni diverse, eccolo presentarsi nel calice di un bel rubino limpido e di buona trasparenza, accostato al naso convince subito per i profumi freschi di viola, lampone, ciliegia, fragolina di bosco; in bocca ha una bella acidità che rende il frutto vivo e quasi masticabile, mentre il tannino si presenta pulito, preciso, molto da “sangiovese”, aggressivo quel minimo che serve a dare nerbo.
F.LLI BELLINI – anche questa è un’azienda di antiche origini, dagli anni ’50 Carlo Bellini ha deciso di orientarsi esclusivamente sulla produzione vinicola. Oggi sono le figlie Maria Letizia e Alessandra e il nipote Maurizio Masi a portare avanti l’attività. Oltre al Chianti Rufina sotto il marchio Bellini, la famiglia ne produce un altro proveniente dalla Fattoria Il Pozzo, sempre di loro proprietà. Potatura a mano, diradamento dei grappoli, selezione accurata delle uve migliori fanno parte della filosofia aziendale. Chianti Rufina Riserva 2006 – unico vino proposto in degustazione con il marchio Bellini, presenta un colore rubino abbastanza compatto ma senza eccessi di concentrazione, il bouquet è di buona tipicità, con attacco floreale di rosa e violetta, poi sopraggiunge il lampone maturo, piccoli frutti di bosco, qualche sfumatura di macchia mediterranea; all’assaggio ripropone un buon sviluppo fruttato, forse un po’ più maturo di quanto ci si aspetterebbe, mentre il tannino mostra tutto il carattere del sangiovese, ancora aggressivo e bisognoso di tempo per addolcirsi. Sarà interessante verificare come evolverà, dato che al momento, almeno per quanto riguarda il campione assaggiato, ho avuto l’impressione di un leggero squilibrio fra una maturità quasi terziaria e una tannicità ancora tutta da ammorbidirsi.
DREOLINO – vi riporto la storia che ha dato vita al curioso nome aziendale: deriva da Andrea, padre di Gino Tanini, colui che la fondò nel 1939, i compaesani dell’epoca lo chiamavano tutti Drea. Gino era un bambino molto piccolo e così gli amici e conoscenti finirono per chiamarlo il figlio di Drea, Dreolino. In quello stesso periodo a Rufina viveva un altro Gino Tanini, così per evitare il rischio di omonimia l’azienda prese il nome di Dreolino. Con il tempo l’attività ha riscosso sempre maggiori consensi, nel 1997 è entrata a farne parte anche Fattoria Petroio. Chianti Rufina 2007 – non male questo Chianti dal colore rubino intenso con riflessi porpora, all’olfatto ci propone quei piccoli frutti che caratterizzano il sangiovese quando è fresco, vibrante; in bocca il tannino e l’acidità ne denotano i tratti giovanili, il frutto ritorna fresco e piacevole, vino un po’ semplice ma ben fatto. Chianti Rufina Riserva 2006 – rubino medio con cenni granati all’unghia, al naso si sente il contributo del legno nei toni dolci e speziati che al momento sono ancora incisivi e un po’ sovrastanti, anche al palato si evidenzia la presenza dei piccoli carati, il frutto compare dolce, la freschezza è piuttosto contenuta, al momento il vino è coperto, poco definito e chiede tempo per assestarsi.
SCOPETANI – la sede aziendale si trova proprio a Rufina, alla sinistra del fiume Sieve a circa 115 metri s.l.m., con quasi ottanta anni di esperienza sulle spalle l’azienda è riuscita a crescere e migliorare grazie all’impegno dell’attuale amministratore, Giulio Graziano Scopetani, Oggi dispone di tre linee produttive, Villa Masseto da cui nasce il Chianti Rufina, Scopetani per la linea base, Ricaiano e Terra di Toscana per i vini destinati ad una fascia media di mercato. Le vigne vengono coltivate con un sesto d’impianto di cinquemila viti per ettaro, allevate a cordone speronato, con una produzione di circa un Kg e mezzo di uva per ceppo. Nel Chianti Rufina, oltre al sangiovese c’è un contributo di cabernet franc. La raccolta dell’uva viene effettuata esclusivamente a mano e la vinificazione avviene dopo una pigiatura soffice, in serbatoi inox e con macerazione di tre/quattro settimane. Chianti Rufina Risasso 2007 – si offre alla vista di colore rubino intenso, l’impatto al naso gioca molto sul frutto dolce e maturo, con qualche guizzo floreale, poi si sposta su note quasi di cacao; al gusto c’è un’ottima acidità e un tannino appena fuori misura, è una bocca ancora in formazione con il frutto che si mescola al cacao e a toni dolci ma ancora slegati dal tannino, finale che chiude un po’ scarno. Chianti Rufina Vigna Macereto Riserva Villa Masseto 2006 – se nel base gli accenti maturi e in stile piuttosto internazionale erano appena percepibili, qui la svolta è decisa, sin dal colore rubino cupo e quasi impenetrabile, naso che vira subito su note dolci di rovere, mora e lampone in confettura, non mi sembra di cogliere toni spiccatamente vegetali, mentre al palato non riserva sorprese ma conferma un approccio molto moderno e ruffiano, non pesante ma un po’ scontato, nel finale affiorano note di cacao e liquirizia. Questo è un esempio delle diversità di approccio che ci sono nel territorio di Rufina, diversità che alla fine incidono anche sul lavoro, per altro lodevole, di zonazione che è stato fatto negli ultimi cinque anni, ma che piacerebbe ritrovare nel bicchiere, a identificare le peculiarità espressive dei diversi appezzamenti vitati.
CASTELLO DI NIPOZZANO / MARCHESI DE’ FRESCOBALDI – Cinquemila ettari di proprietà e oltre mille di vigneti la dicono lunga sul piccolo impero costruito dai Marchesi de’ Frescobaldi, trenta generazioni che da settecento anni si occupano di agricoltura e viticoltura e che sembrano non perdere mai lo spirito imprenditoriale, ne è la prova il recente acquisto della tenuta Costa di Nugola, 92 ettari vitati su 127 di proprietà, nell’area livornese. Chianti Rufina Nipozzano Riserva 2006 – si può non condividere lo stile di questa secolare azienda, ma gli va riconosciuto che un Chianti come questo ha una tessitura pulita e convincente, poco importa se ancora deve assorbire completamente il legno, soprattutto al palato, ma non mancano le suggestioni fruttate di lampone e marasca, i riverberi di sottobosco e macchia mediterranea, peccato solo che le note di vaniglia e cacao tendano inevitabilmente a spersonalizzarlo, a sottrargli originalità e carattere, il tempo potrà dargli maggiore equilibrio. Chianti Rufina Vigneto Montesodi Riserva 2006 – rubino di buona intensità, all’olfatto è un esplosione di frutto, ciliegia, lampone, mirtillo, sfumature di viola, appare però qualche nota smaltata, imprecisa, mentre il bocca non ha quello slancio, quella dinamica che da un cru fra i migliori di tutta la Rufina ci si aspetterebbe. Il tannino e il legno sono piuttosto invadenti e alla lunga il vino appare monocorde.
CASTELLO DEL TREBBIO – in località S.Brigida Anna Baj-Macario gestisce con vigore e passione la Fattoria Castello del Trebbio, azienda di spicco nel territorio del Chianti Rufina, che vanta una ragguardevole produzione media annua di quasi 250 mila bottiglie, su 54 ettari vitati interamente di proprietà. Oltre al Chianti Rufina e ad altri rossi importanti, l’azienda produce un interessante bianco a base di riesling e pinot grigio, il Bianco della Congiura. Chianti Rufina Lastricato Riserva 2006 – esce sempre con un certo ritardo rispetto agli altri perché affina in cantina per un periodo superiore alla media, circa 20 mesi in barrique e tonneau. Presenta un bel colore rubino intenso con venature granate, all’olfatto esprime subito delle belle nuances di viola, aghi di pino, che si mescolano a sentori fruttati di amarena, mirto, ciliegia, striature balsamiche. All’assaggio dimostra di avere la materia e la stoffa di una riserva, elegante e ricco nel corredo espressivo, ottimamente bilanciato e ben assorbito il legno, tannino levigato e beva intrigante e di ottima persistenza.
FATTORIA DI BASCIANO – si trova su una collina a destra del fiume Sieve, 35 ettari vitati a sangiovese, canaiolo, colorino, cabernet sauvignon , merlot e syrah; la proprietà è di Paolo Masi, insieme all’azienda di famiglia Casa Vinicola Masi Renzo & C. Il fiore all’occhiello della produzione è proprio il Chianti Rufina, proposto sia in versione base che riserva. La produzione totale della Fattoria di Basciano si aggira sulle 200 mila bottiglie annue. Chianti Rufina 2007 – come già aveva evidenziato nella scorsa edizione dell’Anteprima, la filosofia di Masi è improntata ad ottenere un Chianti di stile marcatamente internazionale, moderno (se ancora si può considerare tale questo stile), il colore è rubino cupo e impenetrabile, le sensazioni olfattive sono decisamente dolci, mature, con uno strano richiamo alla buccia di banana in fermentazione; in bocca è denso, concentrato, la freschezza stenta a farsi sentire, l’impressione generale è di un vino piuttosto spinto, che mira più all’effetto immediato che all’ampiezza espressiva. Chianti Rufina Riserva 2006 – quasi speculare nel colore, presenta tratti vegetali maturi che si mescolano a visciola in confettura, sensazioni di erbe aromatiche essiccate; al palato il legno si fa sentire con le note tostate, la materia appare piuttosto monolitica, tutto è morbido, dolce, ma del carattere del sangiovese si fatica a trovare la presenza.
FATTORIA DI GRIGNANO – la famiglia Inghirami è da sempre legata alla moda, ma nel 1972 ha acquistato la tenuta e la villa della Fattoria di Grignano, a Pontassieve. L’azienda si estende per 600 ettari comprendendo 47 poderi, ognuno dei quali è caratterizzato da una propria connotazione storica e architettonica. L’attività è concentrata soprattutto su vigneti e oliveti, le uve allevate per i vini rossi sono sangiovese, canaiolo, cabernet sauvignon, merlot e syrah, per i bianchi trebbiano toscano, malvasia del Chianti e chardonnay. Chianti Rufina 2007 – rubino netto, profumi che si aprono lentamente, lasciando spazio a nuances fruttate di lampone, fragola e ciliegia, con qualche richiamo al sottobosco, alla terra umida. Al palato rivela una certa pungenza e un tannino ancora ruvido, il finale ne soffre un poco. Chianti Rufina Riserva 2006 – appena meno brillante nel colore rubino, propone un bouquet di frutti di bosco, leggera presenza del legno, sensazioni eteree, finale di tabacco e cuoio. All’assaggio rivela un certo squilibrio alcolico ma nel complesso trova una sua dimensione e piacevolezza grazie ad un tannino misurato e ad una buona struttura, dove il frutto ha una rilevanza determinante.
FATTORIA IL CAPITANO / BALBI – purtroppo non ho informazioni su questa azienda, che non dispone neanche di un sito internet. Mi riprometto di fornirvele quanto prima. Chianti Rufina 2007 – bel colore rubino vivo e luminoso, nitido e pulito al naso, prevalgono il lampone e la ciliegia, la bocca è fresca, piacevole, con tannino quasi del tutto integrato, fine e levigato, i tratti sono quelli ideali per un Chianti base: digeribilità, freschezza, piacevolezza di beva, fruttosità vibrante e non surmatura, alcolicità ben integrata e contenuta. Anche la gradazione, attorno al 13% vol., garantisce una maggiore adattabilità al pasto quotidiano, come dovrebbe essere sempre per questa tipologia, ma le mode si sa, fanno sempre qualche danno…
FATTORIA IL LAGO – antica fattoria appartenuta in passato ai Marchesi Vivai-Bartolini-Salimbeni, nobile famiglia di Firenze e dal 1962 di proprietà della famiglia Spagnoli, che ha avviato un processo di recupero, sia del patrimonio immobiliare che di quello agronomico con particolare attenzione al settore viticolo, da sempre principale attività della fattoria. La produzione è incentrata sul Chianti Rufina, ma l’azienda produce anche un ottimo Vin Santo e il sangiovese Pian de’ Guardi. Chianti Rufina 2007 – un sangiovese 100% da colore rubino vivace, profumo pulito e ben calibrato fra legno e frutto, con sfumature di viola, ciliegia, prugna, visciola; al palato conferma di avere una buona materia in grado di equilibrarsi con il legno, il tannino è ancora vivo ma si smusserà con il tempo, il finale medio con buon ritorno fruttato. Chianti Rufina Riserva 2006 – come spesso accade, le riserve sono quelle che patiscono di più le anteprime, la loro stessa personalità chiede sempre un tempo maggiore per essere apprezzata. Qui abbiamo un colore rubino medio con leggere nuances granate, al naso è un po’ chiuso, fatica a concedersi, al momento è più disposto su segnalazioni floreali e di spezie dolci; la trama gustativa è lineare, c’è una buona struttura, giusta freschezza e un tannino non particolarmente esuberante. Con il tempo migliorerà di certo.
FATTORIA I VERONI – Il nome dell’azienda, sita nei pressi di Pontassieve, deriva dalle ampie terrazze che costeggiavano l’aia della fattoria dive si facevano essiccare le foglie di tabacco e il grano coltivati nella pianura sulle rive dell’Arno. Fu la famiglia Gatteschi che, nei primi dell’800 fece costruire le prime vasche di fermentazione per il vino; un secolo più tardi la fattoria passò nelle mani di Carlo Manesci, e fu uno dei figli, Umberto, che negli anni Cinquanta ereditò il ramo principale dell’azienda, ad operare per un rimodernamento e un indirizzo squisitamente vitivinicolo e olivicolo. Oggi i terreni di proprietà della famiglia Manesci si estendono su circa 50 ettari di cui 12 vitati situati ad un’altitudine tra i 240 e i 280 metri s.l.m. Chianti Rufina 2007 – questo vino mi ha lasciato non poche perplessità, sicuramente sarà opportuno risentirlo in altra occasione, poiché presentava sentori poco puliti, una riduzione piuttosto marcata e toni di stallatico; anche in bocca le sensazioni non mi hanno convinto, presenza piuttosto marcata del legno, tannini imprecisi, toni amari, insomma un vino sbilanciato, probabilmente era stato appena imbottigliato e si trovava in un momento negativo. Chianti Rufina Riserva 2006 – altra storia la riserva, certamente dal limguaggio espressivo piuttosto prevedibile, ma con una beva più che rispettabile: colore rubino medio, naso dolce ancora marcato dal legno, ciliegia e marasca mature, speziatura in formazione; all’assaggio manifesta una buona struttura, ritorno fruttato corrispondente e sorretto da sufficiente freschezza, tannino fine e senza particolari asperità, finale onesto che stimola al riassaggio.
FATTORIA LAVACCHIO – il simbolo aziendale deriva dal cedro del Libano di oltre 250 anni situato nel parco della casa padronale; i fratelli Lottero conducono questa bellissima fattoria seguendo i dettami dell’agricoltura biologica. Ci troviamo sulla sommità del colle di Montefiesole a 450 metri di altitudine tra i comuni di Sieci e Pontassieve, a soli 18 Km da Firenze. La produzione aziendale di vino, olio, grano e prodotti dell’orto avviene con il solo impiego di sostanze organiche per il governo delle piante e, per contrastare l’aggressione di parassiti nocivi, si è fatto ricorso alle semplici risorse naturali, favorendo l’habitat ideale a far prosperare animali antagonisti ai parassiti stessi. Circa l’80 per cento dei vigneti è costituito da sangiovese, gli altri vitigni a bacca rossa sono merlot, cabernet sauvignon, canaiolo, ciliegiolo e syrah. I vitigni a bacca bianca sono malvasia, chardonnay, sauvignon, viognier e persino gewürztraminer. Chianti Rufina Cedro 2007 – rubino intenso, note di ribes, mirtillo, rosa, viola, agrumi e suggestive sfumature di erbe officinali e pepe nero caratterizzano questo originale rosso chiantigiano, mentre al palato si fa apprezzare per una trama tannica lineare e misurata, una piacevole vena sapida e un bellissimo ritorno agrumato di pompelmo rosa. Chianti Rufina Cedro Riserva 2006 – sotto le aspettative questa riserva che convince meno del base, sia per la struttura, tutto sommato piuttosto esile, sia per lo stile a favore di un approccio del legno più marcato e dolce, magari con un’ossatura più solida avrebbe trovato maggiore equilibrio. Al palato conferma le impressioni olfattive, il vino appare piuttosto magro a centro bocca e fatica a trovare quel nerbo e quella solidità espressiva in grado di contrastare il legno e offrire una maggiore personalità.
FATTORIA SELVAPIANA – a Rufina tutti riconoscono a questa azienda di aver fornito un contributo importante all’intero comparto, la qualità dei vini proposti da Francesco Giuntini Antinori, coadiuvato dalla forte esperienza enologica di Franco Bernabei, è indiscutibile. Le vecchie annate di Vigneto Bucerchiale Riserva la dicono lunga sulla classe di Selvapiana, in tutto il Chianti Rufina, ma anche nel Chianti Classico ci sono davvero poche aziende che in grado di sfoggiare un vino dello stesso spessore. Attualmente Selvapiana dispone di 55 ettari vitati di proprietà più 15 in affitto, per una produzione totale media di poco inferiore alle 200 mila bottiglie, di cui quasi 30 mila di Vigneto Bucerchiale. Chianti Rufina 2007 – presenta un colore rubino vivo ma con giusta trasparenza, all’olfatto è sicuramente il base più floreale che ho degustato quest’anno, non c’è solo la tradizionale viola, ma anche la rosa, il fiore di pesco, il ciclamino, poi si apre a sentori piacevolissimi di lampone, ciliegia e toni piccanti di pepe bianco, una convincente mineralità arricchita da sfumature balsamiche. In bocca ha stoffa da vendere, un tannino finissimo, nervoso per capriccio di gioventù da perfetto sangiovese, pieno, elegante, di ottima persistenza. Chianti Rufina Vigneto Bucerchiale Riserva 2006 – come sempre questo vino appare giovanissimo in degustazione, ma non nasconde la sua forte personalità, ha un bel colore rubino intenso che riflessi granati, impatto al naso austero, di rango superiore, qui è proprio il vigneto a fare la differenza, anche a occhi chiusi si riconoscerebbe. Al momento è un miscuglio non ancora ben delineato di profumi che rimbalzano fra loro, dalla viola appena recisa al fiore quasi essiccato, dalle note quasi eteree ad un frutto vivo e stimolante, dal nerbo terroso, quasi di carne a speziature fini di ginepro, cannella, pepe, per finire con accenni di tabacco. La bocca è piena, convincente, la trama tannica precisa e di grande setosità, il frutto ben sorretto dalla freschezza e il finale lungo, coinvolgente.
FATTORIA DI GALICA E VETRICE / F.LLI GRATI – I Grati coltivano e producono vino e olio da cinque generazioni, l’azienda si trova in località Montebonello, appena sopra Rufina, Galiga e Vetrice è il nome dato ai due laghi che sono stati creati dalla famiglia per fornire un equilibrio all’ecosistema del territorio tra Pontassieve e Rufina, di cui possiedono ben 562 ettari, 100 dei quali destinati alla viticoltura. I vitigni coltivati sono sangiovese, canaiolo, colorino, cabernet, merlot, malvasia e trebbiano. Chianti Rufina Villa di Vetrice Riserva 2006 – all’anteprima è stata presentata anche la versione base del 2007, ma purtroppo aveva problemi di pulizia e il produttore non aveva con sé dei campioni provenienti da altri lotti. La riserva, che previene dalla botte, quindi certamente ancora in fase di assestamento, presenta un colore rubino luminoso, trama olfattiva già abbastanza delineata, con suggestive note di ciliegia, visciola e una punta di liquirizia, mentre al palato evidenzia la sua condizione ancora immatura, la materia è buona, questo è evidente, ma le sue componenti sono ancora squilibrate e bisognose del giusto periodo di bottiglia.
MARCHESI GONDI / TENUTA BOSSI – la tenuta vanta un’estensione di 320 ettari ed è collocata tra le colline del Chianti Rufina, appartiene dal 1592 ai Marchesi Gondi, antica famiglia fiorentina di cui si hanno notizie fin dal XIII secolo. L’attuale proprietario è il Marchese Bonaccorso Gondi che dirige l’azienda insieme al figlio Bernardo. Come da tradizione anche qui si produce sia vino che olio, gli ettari vitati sono 18 e le uve allevate sangiovese, colorino, cabernet sauvignon, chardonnay. Chianti Rufina San Giuliano 2007 – debbo dire che l’anno passato avevo avuto un’impressione decisamente migliore, questa volta sembra quasi che lo stile sia cambiato, il colore è rubino intenso, le note olfattive vertono soprattutto su tratti verdi, vegetali, con ricordi di peperone, mentre in bocca è segnato da venature amarognole e ancora piuttosto verdi, davvero strano e irriconoscibile, non so se provenisse dalla botte, non mi è stato indicato. Chianti Rufina Pian dei Sorbi Riserva 2006 – il colore è rubino cupo e concentrato, il bagaglio odoroso verte prevalentemente su un fruttato maturo, quasi in confettura, ciliegia nera, mora, mirtillo, mentre al palato riserva sentori dolci, ancora con un legno evidente, il tannino marca molto il finale che appare piuttosto crudo e poco elastico. Vini da riprovare senz’altro, al momento difficili da valutare soprattutto per questa impronta così diversa dagli altri assaggi effettuati sia di vecchie che di recenti annate.
PODERE IL POZZO – come ho già specificato prima, il Podere Il Pozzo è di proprietà dei fratelli Bellini. Chianti Rufina 2007 – non so se questi ultimi due vini provenissero dalla botte o comunque fossero stati appena imbottigliati, quello che è certo è che in questo caso ho rilevato qualche problema. Il colore è un bel rubino con venature porpora, al naso manifesta una certa dolcezza, frutto maturo e sensazioni leggermente pungenti; al palato si manifesta squilibrato, con un tannino ancora da polimerizzare, ma soprattutto una lieve presenza carbonica che lascerebbe supporre una ripartenza di fermentazione. Mi domando perché, prima di presentare i vini, non viene fatto un controllo che le bottiglie siano nella giusta condizione, a tutto vantaggio dei produttori che corrono meno rischi di ricevere giudizi negativi e magari ingiusti. Chianti Rufina Riserva Vigna Vecchia 2006 – rubino cupo, anche in questo campione ho rilevato delle anomalie, all’olfatto è piuttosto accentuata una nota laccata, una volatile spinta, segnale comunque che il vino non è nel momento buono per essere valutato appieno; sensazione confermata anche in bocca, dove emergono toni amarognoli e uno squilibrio marcato tra le parti dure e quelle morbide. Da riprovare.
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