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Da Montalcino il Brunello di Terre Nere

Federico e Francesca Vallone e il loro sguardo al futuro

Terre Nere, Montalcino

Tutto ha preso il via decenni fa, ma oggi un nuovo inizio segna la seconda generazione dell’azienda Terre Nere, famiglia Vallone. Il nuovo logo dell’azienda, snellito e arricchito grazie a una sintetica simbologia che vuole ricordare con semplicità quello che accade in queste terre a Montalcino, geometricamente è un rombo che racchiude il monte Amiata e i filari subito sotto, con una forza comunicativa che allontana il vecchio marchio da quello che adesso la nuova generazione vuole esprimere. Nuovo disegno e cambio di rotta, per una tradizione che seppur vincente, ha bisogno di rinnovarsi. Come sempre accade.

Famiglia Vallone
Famiglia Vallone

Nella splendida cornice del ristorante Al Ceppo di Roma, in un quartiere come i Parioli che profuma di bello ed eleganza, incontriamo i nostri protagonisti, giovani e pieni di aspettative, che arrivano direttamente da una delle zone più rinomate d’Italia, Montalcino, dove si produce il Brunello, per intenderci. Ci troviamo a Castelnuovo dell’Abate, esattamente a sud-est di Montalcino, dove anni fa arrivò Pasquale Vallone, papà di Federico e Francesca. La Toscana però non è capitata per caso. I Vallone, infatti, non sono originari di queste parti, ma della Sicilia, da dove il nonno si trasferì per una serie di coincidenze, non da ultima una storia d’amore, nata tra il cognato e una donna senese che lo ospitò in tempo di guerra. Dopo di lui, Pasquale fu il secondo a innamorarsi, ma non di una donna senese, bensì della terra di Montalcino, dove aveva anche trascorso la prima notte di nozze con la sua sposa Piera. Immerso in questo paesaggio, rimase ammaliato dalla sua bellezza, lui abituato a lavorare tra i dati di banche e burocrazia, si lasciò conquistare da queste magnifiche colline, in un’area ancora incolta e incontaminata.

Vini Terre Nere

Da qui a comprare cinque ettari e impiantare barbatelle il passo è breve; ad oggi i terreni contano 10 ettari vitati, più altri tre verso Siena, dove si produce l’IGT. Il primo Brunello di Montalcino di Terre Nere risale al 2002 e da allora i traguardi sono stati tanti. I figli si specializzano e in cantina arriva, dal 2018, la consulenza preziosa di Giuseppe Gorelli, oltre all’aiuto dell’agronomo Federico Becarelli, che indirizza lo sguardo e il fare a un’agricoltura biologica.
Selezione in vigna e fermentazioni spontanee, poi uso di legno grande per lo più, tra i 50 e i 30 ettolitri. Riposo dei vini ben oltre i tempi dettati dai disciplinari, oggi i Brunello di Terre Nere raccontano una storia che è forte di una tradizione famigliare compatta e propositiva. Come dice Federico, questa è anche un’occasione forte per stare insieme, il lavoro legato al vino è un modo per ritrovare l’unione famigliare. L’apertura del pranzo danza sulle note dell’Igt Ribelle, un vino fresco, armonioso, immediato. Rosso rubino, esprime mineralità, riporta immediatamente al territorio, grazie all’affinamento che avviene in acciaio.


LA DEGUSTAZIONE


Si inizia con il Rosso di Montalcino, annate 2020 e 2021. Al naso la 2020 è intensa, la lavorazione prevede 10/12 mesi ini botti grandi da 50 ettolitri di rovere di Slavonia, ed è attualmente in commercio, in attesa della 2021. Il vino ha personalità, è pronto, gioca sulla tradizione.

Rosso di Montalcino Terre Nere

Il Rosso di Montalcino 2021 rispecchia l’annata che ha visto una gelata ad aprile, poi un andamento siccitoso durante l’estate. La produzione è leggermente calata, ma lo stato di concentrazione dell’uva ha rispettato i parametri, regalando ottima qualità. Si sente in questo caso un anno in meno di bottiglia, un vino che ha bisogno di tempo per esprimersi al suo meglio.
Arriviamo al Brunello di Montalcino 2019, un vino elegante e aderente alla tradizione. Equilibrio e scorrevolezza lo distinguono, dal colore rosso rubino, si percepisce immediata la frutta rossa, cuoio, una lieve traccia di spezie. Molto armonico e con eccellente prospettiva di invecchiamento.
Brunello di Montalcino 2020, annata più timida, meno scalpitante, seduta. L’affinamento prevede 3 anni in botti grandi di rovere di Slavonia, almeno 6 mesi in bottiglia. Per la 2020, annata difficile e caratterizzata in generale a Montalcino da tannini crudi, eccesso di alcol e carenza di frutto e freschezza, possiamo dire che anche qui c’è bisogno di tempo per arrivare all’equilibrio notato nelle altre bottiglie.

Brunello di Montalcino Terre Nere

Le vendemmie a Terre Nere si svolgono dal 15 settembre circa al 14 ottobre, sono state anticipate rispetto al passato, aiutate certamente da un’altitudine sui 300 metri circa ed esposizioni a sud-est che prendono quindi soprattutto il sole meno aggressivo del mattino. Le vendemmie del Brunello sono svolte separatamente, la fermentazione è spontanea e viene effettuata in acciaio. Gli impianti sono quelli del nonno, mentre 4 anni fa sono stati realizzati quelli dei vigneti vicino Siena da cui viene l’IGT Ribelle. I 10 ettari vitati in località Castelnuovo dell’Abate sono sul pendio dove si erge il Castello della Velona, e tutti a Sangiovese da cloni di Montalcino, allevati a Guyot, circondati da boschi e un microclima ottimale.
Il Cru dell’azienda è il Capriolo, mentre la Riserva si fa da altre due vigne, Vigna del Sasso Piccola e Vigna del Sasso Grande, che adesso è in una fase di espianto e di reimpianto, quindi inutilizzata.
Assaggiamo il Brunello di Montalcino Riserva 2019, quattro anni di botte da 30 ettolitri, due anni in più rispetto al disciplinare. Si rispecchia un’annata equilibrata, anzi da manuale, rappresenta uno di quei vini che si dovrebbero sempre avere in casa. Si sente ancora la vivacità del sorso, un’annata scalpitante, un vino ancora “giovane”. Passiamo alla 2016, un’annata danzatrice. Il colore è rosso rubino intenso, il palato è austero, speziato, con sentori di tabacco e liquirizia. Si allunga con un bel tannino svolto, si notano lunghezza, freschezza nonostante l’età, un vino importante che ha ancora tempo davanti a sé. Decisamente buono e perfetto per chiudere in bellezza questa passeggiata in Montalcino, grazie a Federico e Francesca Vallone.
Una menzione speciale al Ristorante Al Ceppo che ha servito in abbinamento alla degustazione un antipasto di flan di zucca con mollica di ciauscolo, i Vincisgrassi, ovvero la lasagna marchigiana, scrocchiarelle di vitello con erbe di campo ripassate e crostata alle uve con gelato alle mandorle.
Un ringraziamento a Federica Schir, ufficio stampa, che ha organizzato l’evento.

Susanna Schivardi

Susanna Schivardi

Amante della letteratura classica, consegue la Laurea in Lettere, indirizzo filologico, con una tesi sperimentale sull’uso degli avverbi nei testi arcaici della tradizione classica. Appassionata di viaggi e culture nel mondo, dai suoi studi impara che la tradizione è fondamentale per puntare all’innovazione, e si avvicina al mondo del vino dopo vari percorsi, facendone un motivo conduttore di tante esperienze. Conoscere le aziende da vicino, i territori e la visione da cui nasce una bottiglia, rimane una ricerca alimentata da una curiosità che si rinvigorisce viaggio dopo viaggio. Affianca al vino la pratica di uno sport come l’arrampicata, che richiede concentrazione, forza di volontà e perseguimento di obiettivi sempre più alti. In questo riconosce un’affinità forte con i produttori di vino, che investono vite intere per conseguire risultati appaganti, attraverso ricerca e impegno. Da quattro anni cura la rubrica Sulla Strada Del Vino finora online sulla testata giornalistica gliscomunicati.it, grazie alla collaborazione di Massimo Casali, sommelier da anni e studioso del vino. Attualmente lavora in Rai, ed è giornalista pubblicista dal 2005.

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