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Dop e Igp

Dop e Igp: la Mortadella di Prato Igp

 

Toscana

 

Carni, insaccati e prodotti trasformati

MORTADELLA DI PRATO (IGP)

Logo Mortadella di Prato IgpArea di produzione
comprende l’intero territorio del comune di Prato e dei comuni di Agliana, Quarrata e Montale in provincia di Pistoia;

Descrizione del prodotto
La «Mortadella di Prato» è un prodotto di salumeria costituito da un impasto di carni suine, sale marino, aglio, spezie e alchermes o alkermes (in quantità compresa fra lo 0,3 e lo 0,6 %), insaccato e sottoposto a trattamento termico.
Il prodotto deve presentare al momento della immissione al consumo le seguenti caratteristiche:
Caratteristiche fisiche
   peso: compreso tra 0,5 e 10 kg.
   forma: cilindrica o vagamente ellittica
   lunghezza: compresa tra 8 e 70 cm.
   diametro: compreso tra 6 e 35 cm.
Caratteristiche organolettiche
   aspetto esterno: liscio o grinzoso a seconda del budello utilizzato;
   consistenza dell’impasto: soda e compatta, morbida al palato per la fine macinatura;
   colore esterno: rosato e tendente all’opaco;
   colore interno: rosa scuro, grazie all’azione colorante dell’alchermes, con macchie di bianco dovute ai cubetti di grasso;
   profumo: penetrante e speziato con nota di alchermes fin dal primo impatto;
   Sapore: tipico del prodotto per il contrasto fra la nota calda e pungente delle spezie, dell’aglio e del sale marino e quella dolce e delicata dell’alchermes.
Caratteristiche chimiche e chimico-fisiche
   rapporto lipidi/proteine: max 1,5;

Metodo di produzione
Materia prima e ingredienti
La «Mortadella di Prato» è costituita esclusivamente dai seguenti tagli di carne, nelle percentuali in peso indicate:
   spalla: da 40 a 50%
   lardo: da 9 a 15%
   rifilatura prosciutto: da 10 a 20%
   capocollo: da 5 a 15%
   guanciale: da 5 a 15%
   pancetta: da 5 a 10%
   Gli ingredienti obbligatori sono in peso:
   alchermes: da 0,3 a 0,6%
   pepe macinato: da 0,1 a 0,3%
   pepe in grani: da 0,1 a 0,2%
   sale marino: da 2,0 a 3,0%
   spezie macinate (coriandolo, cannella, noce moscata, macis e chiodi di garofano): da 0,1 a 0,25%
   aglio: da 0,08 a 0,2%
è vietata l’aggiunta di glutammato di sodio.
Tecniche di lavorazione
  • Rifilatura, macinatura ed impastatura
I tagli, lavorati manualmente con l’ausilio di un coltello, per consentire un’accurata rifilatura della carne e la completa asportazione delle parti tendinose esterne, e successivamente sezionati in cubetti, vengono fatti riposare per almeno 24 ore in celle frigorifere ad una temperatura compresa tra 0 e 2°C. Trascorso tale periodo di tempo, i vari componenti carnei, escluso il lardo, vengono macinati nel tritacarne avente stampi di 4-8 mm di diametro e, di seguito, miscelati per 3-10 minuti con i cubetti di lardo, il sale marino, l’aglio, il pepe in grano e macinato e le spezie macinate. Sull’impasto si versa quindi l’alchermes e si amalgama il composto.
  • Insaccatura e legatura
Si procede con l’insaccatura, per la quale viene utilizzato il budello naturale o sintetico. Nel caso si tratti di budello naturale questo deve preventivamente essere lavato con acqua corrente e aceto per almeno 2 ore o, in alternativa, immerso in acqua e aceto per 2 ore.
L’insaccatura nel budello avviene con una dose di macinato di peso variabile tra i 0,5 e i 10 kg. Seguono le operazioni di legatura tramite l’impiego di spago di canapa o rete elastica di cotone.
  • Stufatura e cottura
Il processo produttivo prosegue con la «stufatura»:
il prodotto, per un periodo di tempo compreso tra 1 e 3 giorni a seconda della pezzatura, viene appeso in appositi locali che assicurino una temperatura progressivamente decrescente da un valore iniziale compreso tra 25°C e 23°C fino ad un valore finale compreso fra 20°C e 18°C e una umidità relativa gradualmente crescente da un valore iniziale compreso tra 60% e 65% fino a raggiungere un valore finale compreso tra 73% e 78%.
Ultimata la stufatura, il prodotto viene sottoposto, in alternativa, ad uno dei seguenti trattamenti termici:
   cottura in forno a vapore per un tempo compreso tra 9 e 13 ore fino a far raggiungere al cuore del prodotto una temperatura compresa fra 70°C e 72°C;
   cottura in caldaia, immergendo il prodotto in acqua a temperatura ambiente; raggiunta la temperatura fra 90°C e 100°C, questa deve essere abbassata ad una temperatura compresa tra i 75°C e gli 80° C e mantenuta a tale livello per un intervallo di tempo compreso tra 150 e 200 minuti.
  • Risciacquo, raffreddamento e confezionamento
Ultimata la cottura, il prodotto viene risciacquato con acqua a temperatura ambiente, quindi raffreddato in cella frigo o abbattitore fino a raggiungere una temperatura fra 0°C e +2° C al cuore del prodotto per un periodo di tempo pari ad un minimo di 24 fino ad un massimo di 48 ore, al termine del quale si procede all’asciugatura e al confezionamento sotto vuoto.
Il confezionamento deve essere effettuato entro un tempo non superiore ai 20 minuti dall’asciugatura, in modo che la «Mortadella di Prato» non subisca sbalzi di temperatura ed umidità, i quali, oltre a causare il rischio di proliferazione microbica, avrebbero l’effetto di rompere irrimediabilmente il delicato equilibrio organolettico del prodotto, compromettendone l’aroma e alterandone il caratteristico colore rosato.

Legame con il territorio
La «Mortadella di Prato» è un prodotto di chiaro stampo medievale, che si caratterizza principalmente per le sue caratteristiche organolettiche, frutto dell’originale connubio dell’alchermes (liquore color porpora ricavato un tempo dalla cocciniglia, la celeberrima «grana del tintore», e utilizzato come colorante e aromatizzante), con una abbondante speziatura, (considerata utile a fini batteriostatici e conservativi del prodotto).
La sua specificità è inoltre rafforzata dalla scelta dei tagli di carne utilizzati, dalla lavorazione tradizionale e consolidata e dalla particolarità degli ingredienti, caratteristiche che la rendono un unicum nel panorama gastronomico italiano e che si possono così riassumere: i tagli di carne sono quelli ritenuti più idonei al trattamento di cottura che avviene a termine della stufatura; l’impasto è reso particolarmente coeso grazie al gel proteico ottenuto dalla combinazione delle proteine dei tessuti connettivi, disciolte per azione del sale, con gli zuccheri contenuti nel liquore alchermes; l’impiego del sale marino nell’impasto svolge la duplice funzione di migliorare l’appetibilità del prodotto e di esplicare un’azione batteriostatica necessaria ad una più lunga conservazione; le spezie macinate, (coriandolo, cannella, noce moscata, macis e chiodi di garofano), il pepe nero macinato e in grani e l’aglio, oltre ad agire sulle caratteristiche organolettiche del prodotto finale, esplicano un’azione batteriostatica ed antiossidante, proteggendo in tal modo i grassi dall’irrancidimento.
Un altro aspetto peculiare è dato dalla circostanza che la cottura è preceduta dalla stufatura, che deve avvenire in locali dedicati, tali da assicurare condizioni di temperatura progressivamente decrescente ed umidità crescente, in modo da garantire una asciugatura prolungata e graduale del prodotto.
La reputazione del prodotto e il suo legame con il territorio sono dimostrati dai seguenti fattori:
  • Fattori naturali
Prato fu caratterizzata, fin dall’antichità, da un uso precoce e razionale delle acque del fiume che la attraversa, il Bisenzio, il quale ha un regime idrico di natura torrenziale, con grandi variazioni di portata al variare delle stagioni. La necessità di bonificare la vasta e fertile pianura alluvionale, attraversata, oltre che dal Bisenzio, anche da vari torrenti (Ombrone, Calice, Bardena, Brana, per citare i principali), e l’intuizione di poterne sfruttare le acque vivaci a fini energetici, per il funzionamento sia dei mulini che delle macchine tessili, portò alla costruzione delle c. d. «gore», una vasta rete di canali artificiali che percorrono la piana di Prato e si gettano in ultimo nel torrente Ombrone, che a sua volta tocca i comuni confinanti di Agliana, Quarrata e Montale, ricadenti nella provincia di Pistoia.
Le gore e i torrenti, oltre alla fornitura di energia, permisero in particolare lo sviluppo fin dall’epoca medievale dell’Arte dei Beccai (l’antico nome dei macellai), un’attività che, per motivi di igiene, richiedeva, come il mestiere di tintore, abbondanza di acqua corrente.
Fu allora che, grazie a talentuosi norcini, si affermò la lavorazione e l’uso di carne suina; che non solo godeva di particolare reputazione, ma costituiva, già all’epoca, una voce importante per l’economia. Nell’alto Medioevo essa rappresentava il consumo principale nei mesi fra Novembre e Gennaio, e superava il 30% nel corso dell’anno. Ogni famiglia contadina allevava il proprio maiale ed i cittadini abbienti ricorrevano all’uso della soccida, con la quale si affidavano alle ville di campagna animali da ingrassare, col patto di far “a mezzo di ciò che Dio ne fa“. Anche nell’età comunale il consumo di carne suina è stimato nella misura del 32,1%. Almeno fin dalla metà del Cinquecento, a Prato, era concessa, per l’importante Fiera di Settembre, la macellazione di cento maiali, in deroga alle restrittive norme del secolo.
Ancora sussistono, per la stessa epoca, testimonianze sui «salsicciari» pratesi, categoria di gran fama e sottoposta ad un dazio particolare a causa dell’imponenza del giro d’affari rappresentato già allora dagli insaccati. Ecco dunque che, grazie ad un irripetibile connubio fra fattori naturali, culturali e umani, la perizia dei norcini di quegli anni si è trasmessa attraverso i secoli, fino a sfociare in una ricetta di chiaro stampo medievale, sia per la presenza di abbondante speziatura, (al fine di garantire una più lunga conservazione del prodotto); sia per l’utilizzo dell’alchermes, (liquore color porpora tinto dalla cocciniglia, la celeberrima «grana del tintore»), che richiama la secolare vicinanza, mediata dall’utilizzo comune della rete dei canali, fra gli antichi mestieri di tintore e beccaio.
  • Fattori storici
I primi documenti certi sulla «Mortadella di Prato» come prodotto originario della città di Prato risalgono al 1733, in occasione della beatificazione di suor Caterina de’ Ricci, quando le monache dei monasteri domenicani di Prato allestiscono per gli ospiti un pranzo dove essa figura come specialità locale.
Ritroviamo la «Mortadella di Prato» menzionata con questo nome nel 1854 nel carteggio Guasti-Pierallini, in articoli del giornale «Lo Zenzero» del 1862 e, lungo tutto il corso dell’800, in volumi di economia (L’Italia economica del 1868, l’Italia all’opera del 1869), in relazioni redatte in lingua italiana, inglese e francese per le Esposizioni internazionali di Londra e Parigi (in particolare del 1867) e in una nota di un commissario francese di polizia, che ci ragguaglia sull’esportazione del prodotto in Francia (1867) a conferma della sua conquistata reputazione.
Nella relazione di un commissario per l’Esposizione internazionale di Londra, in particolare, si dice che «Le Mortadelle di Prato e di Bologna fuori (cioè all’estero) dan nome al genere intero». Anche durante il Novecento sono numerosi i riferimenti documentati alla «Mortadella di Prato», che valicano l’ambito dei ricettari locali per investire l’editoria, la stampa quotidiana nazionale e il mondo della gastronomia nazionale e internazionale, evidenziando in tal modo una crescita importante della sua rinomanza.
  • Fattori economici e sociali
La presenza dell’alchermes come ingrediente caratterizzante della «Mortadella di Prato» è un sicuro marcatore dell’origine e dell’esclusività pratese del prodotto. L’alchermes è infatti un liquore di colore rosso vivo ottenuto un tempo esclusivamente dalla cocciniglia, un insetto parassita essiccato e polverizzato, che per secoli è stato adoperato nella tintura dei tessuti, vale a dire in quella che è sempre stata l’attività economica principale della città.
La grande dimestichezza pratese con la cocciniglia ha generato fino all’Ottocento una grande versatilità negli usi del colorante, che ha investito tanto il settore tessile quanto quello medicinale. Di questa tradizione è rimasto vivo l’utilizzo gastronomico dell’alchermes, in forme peculiari che continuano a improntare la tipicità del territorio, dalla pasticceria («pesche di Prato») alla salumeria («Mortadella di Prato»). Sul piano economico è inoltre da notare che le aziende pratesi hanno conservato la specificità dei metodi produttivi tradizionali rinsaldando in tal modo un know how proprio del luogo di origine.
  • Fattori gastronomici e culturali
La peculiarità della «Mortadella di Prato» ha fatto sì che il prodotto fosse presente in molti libri di cucina e guide gastronomiche locali, nazionali e internazionali, fin dalla prima edizione della «Guida gastronomica d’Italia» del Touring Club Italiano (1931). La sua fama è anche legata alla predilezione dimostrata da grandi chef e personaggi della cultura e della gastronomia internazionali, come il grande scrittore spagnolo Manuel Vasquez Montalban. E’ stata inoltre valorizzata come espressione genuina della tradizione gastronomica di Prato da associazioni come l’Accademia Italiana della Cucina (1987) e Slow Food, che nel 2000 ha istituito un Presidio del prodotto. Fin dal ‘700 si usa gustare localmente la «Mortadella di Prato» con i fichi oppure nella cucina tradizionale come ingrediente di molti piatti tipici, tra i quali i «sedani alla pratese». Il prodotto viene abitualmente proposto in fiere anche di carattere internazionale, oltre che nella locale manifestazione «Divini profumi. Tra bere e sapere, cultura e sapori della provincia di Prato».

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

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