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Dove osano le aquile… e i vignaioli! Nicola Rosset e il Sopraquota 900

Martina Viérin e Matteo Moretto
Martina Viérin e Matteo Moretto

La Valle d’Aosta è una regione impervia, maestosa, affascinante, è anche quella con l’altitudine media più elevata d’Italia, con ben 2100 metri s.l.m. (vi sono 40 vette che superano i 4000 metri di quota), ma ha anche altre peculiarità, ad esempio è la regione più piccola (3263 km²) e anche la meno popolata (meno di 125mila abitanti), non solo, per la particolare condizione morfologica e climatica è la regione con minore piovosità media annua, fattore quest’ultimo che comincia ad essere un problema per la già difficoltosa viticoltura valdostana.

La sala interna del ristorante Al Ceppo
La sala interna del ristorante Al Ceppo

Ma dove è distribuita la vite nella regione? Possiamo dire che si divide principalmente in due zone distinte, prendendo a riferimento la Dora Baltea che attraversa la valle centrale da nord-ovest a sud-est: nella sinistra orografica, denominata Adret, esposta a sud, si concentra la maggior parte della superficie vitata, caratterizzata da un’ottima esposizione che favorisce la giusta maturazione dei grappoli, anche per le varietà più tardive; la destra orografica, detta Envers, è esposta a nord e si sviluppa essenzialmente tra il capoluogo Aosta e Introd, qui i vini hanno una buona espressione aromatica e giusta freschezza.
L’azienda agricola Rosset Terroir si trova a Quart – che è un comune sparso e occupa un’area piuttosto vasta che si inerpica sulle alpi – quindi precisiamo che si trova in località Torret de Maillod, nella zona più a sud del comune e guarda a ovest il capoluogo, che si trova a pochi chilometri.

Riccardo Gabriele serve il vino a Maurizio Valeriani
Riccardo Gabriele serve il vino a Maurizio Valeriani

La storia vitivinicola di Cesare Rosset, allevatore e agricoltore, e del figlio Nicola inizia nel 2001 con l’impianto dei primi tre ettari di vigneto in località Senin di Saint-Christophe, con le uve cornalin, chardonnay e syrah, cui farà seguito il petit rouge. Va detto però che la famiglia materna di Nicola, i Levi, originari di Campodolcino in Valtellina, è nel mondo della distillazione dal ‘700, quindi un legame con il vino c’è da molto più tempo. Il nonno materno di Nicola, Guglielmo, giunge in Valle d’Aosta alla fine dell’800 e apre nel centro storico di Aosta a Via Sant’Anselmo, la prima distilleria della regione. Successivamente la figlia Natalina decide di ampliare l’attività paterna inserendo anche la realizzazione di liquori e sposta tutta la produzione in prossimità dell’attuale azienda vinicola.
Nel 2001 quindi, Rosset Terroir nasce per fare un simbolico passo indietro, dalla distillazione alla produzione di vino; l’obiettivo è quello di riuscire a dare una precisa identità ai vini utilizzando sia uve internazionali come syrah, chardonnay, pinot gris e pinot noir, sia uve autoctone come cornalin, petite arvine, petit rouge, nebbiolo e moscato bianco.

Vigneti e altitudini
Vigneti e altitudini

Oggi l’azienda è certificata bio (ce ne sono solo altre due in Valle) e dispone di 13 ettari di cui una piccola parte in affitto, che si snodano in tutta la zona centrale della regione. Nel 2016 sono stati acquistati quasi 3 ettari a Villeneuve, sotto Saint Nicolas, a oltre 900 metri di quota, di cui quasi 2 ettari sono a petite arvine, da cui nasce il Sopraquota 900 con l’intento di farne il vino bandiera dell’azienda, mentre la restante parte è a pinot gris; qui siamo a pendenze di oltre il 50%, se non è viticoltura eroica questa…
Ma lo spirito d’avventura di Nicola – e qui dobbiamo essere più precisi, anche dell’enologo Matteo Moretto – non si è fermato al Sopraquota, infatti nel 2020 adocchiano un altro appezzamento situato tra i 750 e gli 870 metri sulla collina di St. Christophe, in località Le Croux; da qui nascono il Syrah 870 e lo Chardonnay 770.
L’occasione per presentare una mini verticale di tre annate del Sopraquota 900 alla stampa è arrivata lo scorso 13 marzo presso il ristorante Al Ceppo nel quartiere Parioli a Roma, grazie all’agenzia livornese Pr Vino di Riccardo Gabriele.

Ristorante Al Ceppo, alici fritte

A rappresentare l’azienda ci sono Martina Viérin e Matteo Moretto, che ci raccontano la storia dell’azienda e dei vini.
Matteo ci spiega che la vigna è di 1,7 ettari ed è stata impiantata da un ricercatore svizzero nel 1991, composta di cloni sperimentali, la densità è elevatissima e priva di qualsiasi linearità negli spazi poiché le viti sono state piantate a mano, circa 10mila ceppi a ettaro, si va da 1,20 a 1,50 metri per l’interfilare e da 30 a 50cm tra una pianta e l’altra, la competizione è elevatissima, l’esposizione è a pieno sole, d’estate prende luce dalle 6 del mattino alle 8 di sera.

Ristorante Al Ceppo, risotto ai funghi

La vigna è piantata a rittochino e, quindi, molto complicata da lavorare. La pendenza è tale che si può operare solo manualmente e le viti tendono a piegarsi verso valle, fatto che crea ulteriori difficoltà gestionali. Per lavorarla ci vuole tanto personale, la competizione elevata porta a una produzione bassissima, di 3-400 grammi per pianta, questo anche perché non c’è acqua: fino al 2019 le piante avevano potuto usufruire delle riserve accumulate nel terreno, ma dal 2020 in poi la siccità le sta mettendo a dura prova, anche perché non nevica più da anni.

Ristorante Al Ceppo, piatto di carne

Come potete immaginare gli acini sono piccolissimi e con buccia consistente e colorata. Il Sopraquota 900 nasce in queste condizioni, il 30% delle uve viene vinificato in acciaio per mantenere la parte aromatica di frutto, tipica della petite arvine, in quanto uva tiolica, il 10% sosta in barrique dove subisce fermentazione alcolica e malolattica, un buon 60% sosta in anfore della Tava, nota azienda trentina, e in cocci toscani, a contatto con le bucce dalla fermentazione all’imbottigliamento (dall’inverno all’estate).
Dalla prima annata, nel 2017, fino alla 2020 il vino veniva imbottigliato d’estate, dalla 2021 in poi l’affinamento in anfore è stato prolungato fino all’inverno successivo.

Ristorante Al Ceppo, dolce

Non subisce chiarifiche né alcuna correzione in quanto questo metodo di lavorazione consente di avere un vino stabile. La petite arvine, soprattutto con queste caratteristiche produttive, si presta a questo tipo di vinificazione perché ha struttura, acidità e alcol, che le consentono una notevole longevità.
La degustazione delle tre annate è stata illuminante, ha messo in evidenza le differenze climatiche che si sono avute tra 2020, 2021 e 2022, ma anche la notevole eleganza che contraddistingue questo vino.


2020 – pur essendo la più “vecchia” colpisce per la notevole freschezza, attacca florale con note di gelsomino e mandevilla, la componente agrumata spicca, emergono anche sfumature di bosso, poi leggero pompelmo, pesca gialla, sfumature di pepe bianco.
Al palato l’agrume troneggia ma con grande grazia, prosegue sapido e con passi felpati, un esempio di grande eleganza; tra i tre è sicuramente quello che sembra maggiormente un vino di montagna.

Sopraquota 900 Rosset

2021 – è quella che sembra avere sentito maggiormente il caldo, senza per questo cedere in fascino, semplicemente appare più matura ed equilibrata, soprattutto al gusto si rivela intensa, succosa, di buona complessità e con un’acidità perfettamente integrata.
2022 – ovviamente è la più giovane, anche se figlia di un’annata decisamente più calda della 2020, qui si sente che sta ancora cercando i suoi equilibri, ma ha un profilo davvero affascinante, di frutta tropicale, mango, papaya, guizzi d’ananas e pompelmo rosa; l’ho assaggiata più volte anche a distanza di decine di minuti (la temperatura più alta non le ha fatto male) e ho avuto la sensazione netta che, tempo un paio d’anni, sarà un grandissimo vino.


Il pranzo inizia ora, mentre ci vengono serviti altri vini prodotti da Rosset Terroir: il Vallée d’Aoste Petite Arvine 2022, profumatissimo, ancora una volta con gli agrumi in primo piano, piacevolissimo al palato, fresco e invitante; a seguire il Vallée d’Aoste Chambave Muscat 2022, un moscato secco dai profumi caratteristici che riportano all’uva d’origine, con cenni di erbe aromatiche tra cui la mentuccia; l’assaggio è altrettanto intenso e diretto, dal sapore pieno e persistente, una bellissima interpretazione di questa varietà.

vini Rosset

Irresistibile il Vallée d’Aoste Nebbiolo 2022, direi quasi sorprendente per bevibilità e digeribilità, si sente benissimo che è un nebbiolo di montagna, con le sue note di lampone e ciliegia quasi croccanti, pericolosissimo a tavola.
Infine il Vallée d’Aoste Syrah 870 2022, al momento ancora molto giovane ma dal profilo speziato deciso, molto pepato, fermentato in tino tronco-conico e affinato metà in orcio toscano e metà in barrique. Bocca piena e vibrante, c’è struttura ma sempre con quell’impronta montana che non rende mai pesanti i vini di Rosset.
Una nota di merito al ristorante Al Ceppo, che frequento da più di un decennio e non mi ha mai deluso, la cucina è sempre molto equilibrata, anche accostamenti desueti, risultano frutto di una preparazione meditata. Cristina e la figlia Caterina sono una sicurezza in questo famoso quartiere romano.

Roberto Giuliani

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

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