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Due mesi senza Renato Boveri, il patriarca dei vignaioli dei Colli Tortonesi, volato nelle vigne del cielo a 102 anni e 5 mesi

Renato Boveri

“Mio padre Faustino mi ha messo sotto a lavorare in vigna che ero ancora un bambino.
Avevo otto anni e mio padre mi diceva: ‘Alle quattro, finita la scuola, torna a casa, prendi il carro con i buoi e vieni nella vigna, che tagliamo l’erba da dar da mangiare alle bestie’.
Era sottufficiale di cavalleria e non scherzava.
Si è fatto sette anni sotto le armi, senza mai venire a casa: cinque anni a Tripoli, poi in Albania e infine a Trento e Trieste.
A volte, perché capissi bene, batteva un pugno sul tavolo e io andavo coi buoi nella vigna senza discutere.
Altro che studiare!
Tuttavia, ho preso lo stesso la licenza elementare.
Ho frequentato le scuole a Monleale, fino alla quarta poi, tutti i giorni a piedi, avanti e indietro, fino a Volpedo, dove ho fatto la quinta.
Però i miei tre figli li ho fatti studiare, fino a prendere la laurea, anche se da piccoli li facevo venire in cantina a darmi una mano.
Sul muro, a metà della scala che porta in cantina, c’è ancora l’impronta violacea della manina impregnata di vinaccia, che uno di loro ha stampato sull’intonaco bianco.
A tredici anni ero già un mezzo uomo.
Della mia prima vendemmia non mi ricordo molto ma nei miei ricordi ce n’è una che non dimenticherò mai.
Era il 2 ottobre 1935. Io avevo 13 anni e Mussolini dichiarava guerra all’Abissinia.
È cominciato a piovere al mattino presto e non ha più smesso per giorni e giorni.
Era la prima volta che vedevo raccogliere l’uva coi secchi.
Come mettevi giù il grappolo, si pigiava da solo, talmente era impregnato.
Io e un altro ragazzo della mia età, passavamo nella vigna con la bigoncia in spalla, a piedi scalzi e ci mettevano dentro i grappoli e, quando era piena, andavamo a vuotarla sul carro coi buoi che, non potendo entrare in mezzo alla vigna, restava ad aspettare sul sentiero.
Facevamo centinaia di metri, avanti e indietro per la vigna, su e giù, con il nostro carico sulle spalle.
Era una fortuna che salivamo scarichi ma, anche fare la discesa con quel peso sulle spalle, non era uno scherzo!
Abbiam portato in spalla 300 quintali d’uva in due, di corsa, perché la gente raccoglieva e l’uva non poteva restare tanto nelle ceste, perché colava e doveva essere portata alla svelta in cantina, per recuperare quel poco che si poteva.
Quelli che avevano i vigneti in alto, a Montemarzino e Monperone, riempivano i carri con quell’uva quasi marcia e, venendo giù sulla strada verso la cantina sociale, lasciavano una scia di mosto sullo sterrato.
La terra si era talmente tanto impregnata di succo d’uva che era diventata rossa.
Ma alla fine qualcosa si è salvato anche se il vino ottenuto non superava i 7/8 gradi.
Ancora una volta hanno ragione i proverbi: ‘l’è mej marsètta che bruschètta’, vale a dire che è ancora meglio l’uva, anche un po’ troppo avanti nella maturazione (marsètta), che l’uva acerba (bruschètta).
Io ho sempre vendemmiato a ottobre, perché l’uva matura a ottobre e faccio così ancora oggi.
Ma i tempi son cambiati, perché tutti vanno a gara a raccogliere l’uva sempre più acerba”.

Renato Boveri in vigna
Renato Boveri in vigna

Quella è stata una delle prime vendemmie di Renato Boveri, nato a Monleale il 5 febbraio 1922, che nella sua vita ne ha fatte ben 86.
Sono passati due mesi dal 27 luglio 2024, data in cui è volato nelle vigne del cielo a 102 anni e 5 mesi, lasciando la moglie Sonia, 100 anni compiuti a marzo e i figli Danilo, Fausto e Anna Maria.
Forse in questi giorni si sta preparando per una nuova vendemmia, magari insieme al suo amico Maga Lino e i suoi vini, che sulla terra erano già celestiali, adesso saranno Soprannaturali.
È stato il grande vecchio dei vignaioli tortonesi e il titolo di patriarca del vino dei Colli Tortonesi gli spetta di diritto.
La sua Azienda è stata fondata a Monleale, a metà del secolo scorso dal capostipite Bartolomeo e poi proseguita dal figlio Faustino, il quale ha posto le basi con semplicità e grande vigore, per una lunga discendenza di vignaioli rinomati, non solo in Piemonte.
Renato ha “curato”, nel vero senso della parola, gli otto ettari aziendali, aiutato dalla moglie Sonia e dai figli Fausto e Danilo, con la saggezza contadina che si fonde con le innovative tecniche di coltivazione: una difesa fitosanitaria, a basso impatto ambientale e una vinificazione sapiente.
Oggi i figli Danilo e Fausto, titolari dell’attività, proseguono con competenza e passione.
I Boveri hanno legami stretti di parentela con i titolari dell’Azienda Vigneti Massa, Walter e Paola: la loro mamma, Teresa (Teresita), sorella di Renato, a 15 giorni dalla sua scomparsa, all’età di 94 anni,  lo ha raggiunto in cielo.
Mi piace pensare che adesso Teresita, Renato e Magalino siano seduti insieme su una nuvoletta a bere Sant’Ambroeus o Barbacarlo.

Valerio Bergamini

Valerio Bergamini

Nato il 22 febbraio 1952 a Pavia, dove risiede. Si è laureato nel 1984 in Filosofia presso l'Università Statale di Milano. Dal 1996 al 2014 è stato titolare della concessionaria Piaggio a Pavia. Ha svolto stage all'estero per la conoscenza diretta dei mercati nelle aree emergenti (Tunisia dal 1988 al 1995 e Uzbekistan nel 1995) e ha messo a disposizione la sua esperienza come consulente per un pool di concessionari moto. Parallelamente alla passione per le due ruote è cresciuta quella per la poesia dialettale, per la buona cucina e il buon vino. Ha vinto numerosi premi letterari e concorsi di poesia. Dopo aver conseguito il titolo di Wine master (1990), presso l'Istituto di Cultura del Vino di Milano, ha sempre più approfondito la sua conoscenza enologica seguendo i corsi e le degustazioni organizzate dall'AIS di Milano. È membro del direttivo dell'Associazione Enocuriosi di Pavia che conta più di 300 soci appassionati di vino. Ha al suo attivo numerosi racconti pubblicati in edizioni private. Nel 2013 ha pubblicato il libro Origine del desiderio (di cucinare), nel 2015 il libro "Lino Maga, anzi Maga Lino, il Signor Barbacarlo" e nel 2016 "7 Soste sulla strada della passione".

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