Focus: il difetto del “ridotto”
I difetti sono odori/ sapori sgradevoli che derivano comunemente dall’azione di agenti esterni al vino e possono avere svariate cause.
I composti che si formano sono presenti nel mezzo al limite o sopra la soglia olfattiva e sono quindi percepibile dalla maggior parte di noi; dico “dalla maggior parte” perché non tutti abbiamo lo stesso sistema olfattivo e ciò che può essere evidente e chiaro per me può non essere percepito da un altro soggetto. L’impatto olfattivo di un dato composto dipende sia dalla sua concentrazione sia dalla sua natura: alcuni composti presenti nell’ordine di ng/l possono giocare un ruolo molto importante nel corredo aromatico del vino mentre altri, presenti in ordini di grandezza maggiori, intervengono solo marginalmente. Vediamo qui di seguito alcune definizioni riguardanti il concetto di “SOGLIA DI…..”:
- SOGLIA DI PERCEZIONE: soglia sopra la quale il 50% dei degustatori riconosce la presenza di una determinata sostanza odorosa; si determina tramite misurazione in un ambiente composto (molecola odorosa interessata)- acqua.
- SOGLIA DI RISCONTRO: soglia sopra la quale il 50% dei degustatori riconosce la presenza di una determinata sostanza odorosa; si determina tramite misurazione in un ambiente composto- vino.
- SOGLIA DI RICONOSCIMENTO: si supera la soglia di percezione e il soggetto riesce a identificare chiaramente l’aroma sgradevole presente.
- SOGLIA DI PREFERENZA: concentrazione alla quale il soggetto reputa l’odore del composto in esame un qualcosa di nettamente negativo.
Parlando in particolar modo di difetti, solo un composto, acido acetico, è presente in quantità “elevate”, cioè nell’ordine di grandezza di g/l mentre tutti gli altri sono presenti in concentrazioni di mg/l o ppm, µg/l o ppb, ng/l o ppt.
I difetti possono essere di varia origine: uve, fermentazione, affinamento, invecchiamento.
In quest’articolo ci soffermeremo su uno dei più comuni e conosciuti, il ridotto; nel gergo comune il ridotto viene associato a una mancanza di areazione e quindi a una sensazione di “chiusura”. Il difetto, come vedremo, può manifestarsi in tutte le fasi della vinificazione ed anche post imbottigliamento del vino; la causa qui è di origine fermentativa e i composti interessati sono i composti solforati con i loro tipici sentori di uovo marcio, cavolo, aglio, cipolla, gomma bruciata; la qualità del vino può essere compromessa sia dalla percezione di questi odori, sia dal mascheramento di aromi fruttati/floreali presenti nel mezzo. Si cercherà quindi di capire meglio cosa sta alla base di questo difetto!!
… PERCHÉ SI PARLA DI RIDOTTO !
Così, a prima vista, non si capisce come un difetto causato da composti solforati venga denominato ridotto; la riduzione difatti indica una condizione chimico-fisica del vino, che si contrappone all’’ossidazione. La spiegazione è molto semplice: il difetto è dato dalle forme ridotte dei composti solforati!
Risolto questo piccolo dubbio, proseguiamo nell’argomento …..
La gamma di molecole in esame, composti solforati, non è ascrivibile in toto al settore “difetti” poiché ne fanno parte anche i composti dotati della funzione -tiolica, i mercaptani 4MMP, 3 MHA, 3MH, etc…, responsabili del tipico aroma varietale di alcune uve, es Sauvignon.
Nella maggior parte dei casi però queste molecole, mercaptani, sono artefici di aromi maleodoranti sono caratterizzate da soglie di percezione piuttosto basse.
COMPOSTI “PESANTI” E COMPOSTI “ LEGGERI”
Ribereau-Gayon nel suo Trattato di Enologia classifica i composti solforati in base al loro punto di ebollizione: “pesanti”, BPE superiore a 90°C e composti “leggeri”, con BPE inferiore a 90°C.
*BPE à boiling point elevation
Analizziamo brevemente le due categorie:
Composti Solforati Leggeri
L’idrogeno solforato, H2S, è il principale rappresentante della categoria con il suo caratteristico sentore di uovo marcio: viene prodotto in eccesso principalmente come meccanismo di difesa in condizioni di carenza di azoto nel mosto; della stessa categoria fanno parte etantiolo e metantiolo ad esempio; questi sono più o meno volatili e quindi la loro eliminazione (in particolar modo dell’idrogeno solforato) è abbastanza semplice se si agisce nei giusti modi/tempi.
Composti Solforati Pesanti
La categoria è meno analizzata in bibliografia rispetto alla precedente poiché i composti interessati hanno soglie di percezione molto più elevate, come si può vedere dalla tabella, e la loro presenza a fine fermentazione è spesso ampiamente sotto la soglia di percezione. Bisogna dire però che questi, causa il loro alto punto di ebollizione e la non reattività con il rame, sono praticamente impossibili da eliminare!
Il rappresentante della categoria è di certo il metionolo che si forma dalla metionina attraverso la reazione sotto riportata:
FORMAZIONE H2S
L’idrogeno solforato è l’ultimo prodotto della riduzione dei composti inorganici dello zolfo da parte dei lieviti; questa capacità è molto comune in Saccharomyces cereviseae e sono pochi, circa 1%, i ceppi totalmente privi di tale capacità. La mancanza di solfito reduttasi non consente la riduzione dei solfiti a idrogeno solforato.
Nel mosto, mezzo nutritivo ricco di zuccheri, non si ha una produzione elevata di H2S pur trattandosi di fermentazione eseguita da ceppi di lieviti che ne possiedono la capacità; va detto infatti che la causa di elevata produzione di composti solforati non è da ricercarsi nel ceppo di lievito ma piuttosto nella carenza di nutrizione azotata con conseguente degradazione amminoiacidica e nella presenza di residui di zolfo elementare nel mezzo, zolfo che i lieviti riducono a H2S con un meccanismo particolare.
Le cause che portano alla formazione di questi composti sono da ricercarsi quindi in due momenti specifici:
- Riduzione di zolfo elementare e solfati in ambiente riducente
Il meccanismo, puramente chimico (Wainwright, 1971) dipende dalle diverse condizioni di fermentazione e s’ipotizza che da 1 µg/l di zolfo elementare nel mosto si arrivi a una produzione di H2S superiore alla soglia di percezione. Lo zolfo elementare non è altro che un residuo di prodotti utilizzati per trattamenti in vigneto.
- Conseguenza di scarsa nutrizione azotata durante la FA
Carenza di fonti azotate porta il lievito in uno stato di stress che si traduce nella produzione d’idrogeno solforato e derivati. In pratica se il lievito durante la FA non trova le giuste fonti azotate assimilabili (principalmente amminoacidi quali aspartato e serina, che sono i due AA cui si lega lo zolfo (S2-) è costretto a liberare all’esterno lo ione S— sotto forma di H2S. Nel caso invece il lievito trovi in soluzione i due amminoacidi sopracitati lega lo ione a questi ultimi arrivando a produrre CISTEINA e METIONINA, inodore e riutilizzabili dal lievito stesso come nutrimento.
LA SOLUZIONE …SE ESISTE!
Come già anticipato sopra, la possibilità di eliminare questo tipo di difetto varia da composto a composto: più la molecola è volatile più sarà semplice la sua eliminazione.
Il prodotto enologico autorizzato nel nostro Paese è il solfato di rame (CuSO4); l’aggiunta di questo composto è una pratica ampiamente diffusa per allontanare il difetto attraverso la formazione di solfuro di rame insolubile.
Il tema è tornato da poco al centro dell’attenzione grazie ad uno studio condotto da ricercatori australiani della Wagga Wagga University e i chimici dell’Università di Melbourne che si sono soffermati sugli aggregati che si formano, sulla loro eliminazione tramite filtrazione e/o travaso e residui di rame nel mezzo: è emerso che i nano-aggregati che si vanno a formare non sono totalmente eliminati neppure con una filtrazione 0.45; pare sia l’acido tartarico a interferire nel processo di aggregazione. In ultimo s’ipotizza che il rame residuo nel vino possa favorire reazione di ossidazione con conseguente imbrunimento nei vini bianchi.
Altre possibilità d’intervento per eliminare gli odori solfidrici sono con azoto gassoso e/o aereazioni piuttosto che l’utilizzo di derivati di lievito o tannini specifici per l’adsorbimento di questi composti.
INCONVENIENTI!
Il lievito finita la fermentazione passa alla fase di autolisi in cui si rischia una “nuova produzione di H2S”; in realtà l’H2S che compare in questa fase era già presente all’interno della cellula e viene semplicemente liberato da essa durante la lisi; il tutto comporta una comparsa improvvisa della sensazione di ridotto. Si consiglia di prestare attenzione e al limite sfecciare quanto prima se se ne teme la comparsa.