All’ultima baita di Chersogno, l’altimetro che ho al polso segna quota 1997 metri. Ne mancano oltre mille alla vetta del monte. Sopra di me ci sono solo nebbia, rocce e un pallido sentiero. Sotto si vedono i tetti malmessi della borgata di Campiglione, dove un cartello “in vendita” campeggia sui portoni di quelle che sembrano antiche case di ringhiera, fatte però coi materiali della montagna: pietra e legno. Tutto diruto o quasi. Di fronte, lillipuziane e lontanissime mucche bianche si arrampicano sul fianco ripido dell’alpe, un pascolo immenso e giallastro che si apre verso il cielo, ben oltre la soglia degli alberi. Guardo in basso e osservo incredulo la strada sterrata che conduce a valle, sempre più verde man mano che si scende di altitudine. Non è una valle qualunque, questa. E’ la Valle di San Michele, ramo della Val Maira, nelle Alpi Cozie. Cultura occitana. Nessun passo che, al termine della salita, porti in Francia: una gola chiusa e una strana atmosfera. Tanti borghi diffusi, quasi spargoli, nuclei sparpagliati, parecchie seconde case, un uso a volte disinvolto del cemento. Residenti che si contano ormai a decine, nemmeno a centinaia. Più che i soldi, qui sembrano mancare le anime. D’inverno, almeno. D’estate invece arrivano svizzeri e tedeschi in cerca di passeggiate tranquille e la vita si rianima. Ma siamo a ottobre e sul Chersogno, a Campiglione, la famiglia Landro è sul punto di far fagotto per andare a svernare in pianura. Proprio oggi, ci dicono, riportano il bestiame a valle e ne riparliamo a primavera. Di stare qui, con la brutta stagione, neanche a scherzare: freddo, neve, ma soprattutto nulla da fare.
Insomma finisce l’estate e con essa finisce anche il soggiorno di mucche e allevatori sulle falde della montagna. Perché Chersogno non è solo il nome del monte, ma anche del particolare formaggio che i Landro fanno lì, in alpeggio. Corre voce sia una sorta di Castelmagno, a volte anche migliore. Unici produttori, loro: forse è per questo che non hanno neppure registrato il marchio. Fatto sta che al nostro arrivo la botteguccia del caseificio, raggiunta percorrendo tratturi proibiti e sfidando le ire della Forestale, è inesorabilmente chiusa. I proprietari, al telefono, si scusano: stanno traslocando a fondo valle e, in ogni caso, il prodotto è finito. Discendiamo tra stretti tornanti. Roccia e arbusti lasciano il posto a prati e conifere. Rientriamo sulla statale e ci fermiamo a San Michele di Prazzo: fa un certo effetto scoprire che, nell’800, qui abitavano duemila persone. Sulla facciata dell’ex palazzo comunale campeggia il solenne ritratto a figura intera di Vittorio Emanuele II. Di fronte, un chiesone attesta l’antica importanza della frazione. Due escursionisti in scarponi e zaino ci squadrano: chi tra noi è l’intruso? Sotto i portici, le giovani Enrica e Roberta Cesano gestiscono da dieci anni il Tano di Grich, una locanda all’antica dove si mangia, si dorme e si fa la spesa. Scelta coraggiosa al giorno d’oggi. E qui, miracolo, in magazzino spunta una forma ancora intera di Chersogno. L’ultima della stagione, assicurano. Tre chili di peso, latte vaccino al 100%, venti euro al chilo un bello scalzo da quindici centimetri: è nostra!
Buccia granulosa e scabra, che al taglio si rivela sottile, asciutta ma morbida al tatto. La pasta è biancastra tendente al giallo chiaro, granulosa anch’essa, tenera, coesa ma non compatta, friabile. Il profumo nettissimo del latte è appena acuito dalla stagionatura ma mantiene la propria intensità e freschezza penetranti. In bocca è gentile, di una morbidezza sorprendente, e presto di scioglie al palato in un gusto delicato, che unisce armonicamente il sapore del latte a una sapidità più decisa, per chiudersi con una delicata nota amara, particolarmente appetitosa. Dalla sua iniziale asciuttezza passa rapidamente, dopo un accenno di masticazione, a una consistenza quasi cremosa, tentatrice, stuzzicante. Infatti ne abbiamo fatto fuori parecchio, a cena, accompagnandolo con ottimi risultati sia al godibilissimo Dolcetto di Dogliani Clavesana doc 2011 che al più raffinato, ma anch’esso piacevole Barolo Cerretta 2007 di Giovanni Rosso. E solo una robusta dose di (residuo) buon senso ci ha fatto desistere dal continuare. Meglio farselo durare, del resto, questo Chersogno, perché fino a giugno non lo riassaggeremo.
Azienda Agricola Landro Borgata Campiglione 1, Prazzo (CN) Tel. 349 2953659
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