Facciamo subito piazza pulita delle porcherie a due euro a litro che si trovano sugli scaffali dei centri commerciali. E diciamo che, almeno per un addetto ai lavori, imbattersi in oli extravergini eccellenti oggi non è difficile. L’Italia, anzi, ne è piena. Anche perché, contrariamente a quanto la vulgata tende a far credere, la qualità non è minimamente sensibile ai confini amministrativi e quindi non asseconda affatto certe fole secondo le quali il prodotto di una certa regione sarebbe ottimo per default mentre quello di un’altra, sempre per default, pessimo. La qualità rimane tale ovunque e nel caso dell’olio essa è il risultato di un numero impressionante di variabili, nessuna delle quali secondaria: il clima, il terreno, l’ambiente circostante, l’esposizione, il tipo di coltivazione e di trattamenti, la potatura, le varietà utilizzate, l’epoca e il modo della raccolta, il tempo e la tecnica di frangitura e lo stoccaggio stesso del prodotto. Ciò in cui, per chiunque, è invece assai più raro imbattersi è un extravergine che, mantenendosi su standard qualitativi di assoluta eccellenza, riesca anche ad esprimersi in volumi produttivi non lillipuziani e soprattutto a proporsi al consumatore a prezzi ragionevoli. Che è poi l’elemento decisivo per la fidelizzazione al marchio.
Ebbene, l’altro ieri alcuni di questi prodotti ho avuto la fortuna di incontrarli davvero, in occasione del fieldtrip fiorentino del Frantoio Gaudenzi di Trevi. Un’azienda a gestione familiare, con più di sessant’anni di storia alle spalle, pluripremiata dalle guide del settore, che ha proposto quattro oli della frangitura 2011: il Gaudenzi “base” (Moraiolo 80%, Frantoio e Leccino), il “Quinta Luna” (Frantoio, Moraiolo e Leccino, in parte imbottigliato anche come Dop Umbria – Colli Assisi e Spoleto), il “Chiuse di Sant’Arcangelo” (Moraiolo in purezza) e “6 Novembre” (blend “di campo” prodotto ogni anno con olive di oliveti diversi, scelte per qualità). Diciamolo subito: tutti ottimi (le schede di degustazione le trovate in calce), con una mia personale preferenza per il secondo. Ma non è questo – potrà sembrare strano – il principale punto di interesse dell’azienda trevana. E’ invece la particolare filosofia con la quale i titolari hanno deciso (con successo, si direbbe) di gestirla: una sorta di ciclo chiuso che, includendo sia la componente agricola, sia quella di trasformazione che quella economica e promozionale, rende loro possibile uscire sul mercato con un campionario di oli di gamma alta o altissima, tutti commercializzati solo presso la sede e a prezzi di assoluta concorrenza: si va infatti dagli 8 euro per la bottiglia da 0,75 lt del Gaudenzi “base” ai 10 euro del “Quinta Luna”, dai 9 per la bottiglia da 0,50 lt dei cru “Chiuse” e “6 Novembre”. E scusate se è poco, per extravergini di questo prestigio. Anche in considerazione del fatto che trattasi di una realtà di dimensioni importanti, almeno per la maglia media dell’olivicoltura italiana: 23 ettari di oliveti tutti di proprietà, tutti a biologico, 25mila piante, oltre 300 quintali di olio prodotti mediamente ogni anno, al termine di una raccolta che comincia già alla fine di settembre e raramente si protrae oltre la fine di novembre. “Nell’organizzazione agronomica – racconta Francesco Gaudenzi, figlio del fondatore Vittorio – le fasi decisive sono state tre: la prima è consistita nel censimento di tutte le piante in base alla loro varietà, la seconda è stata la pianificazione della raccolta delle olive in base in base alla loro tipologia e pertanto nel rispetto dei diversi tempi di maturazione di ogni cultivar, la terza l’adozione di un sistema di potatura a doppio ciclo che, affiancando tagli rigenerativi ogni cinque o sei anni e spuntature conservative annuali, ci ha consentito di annullare o quasi il problema dell’alternanza produttiva e quindi di garantirci un volume di prodotto costante da un anno all’altro“. Una squadra di dieci persone opportunamente formata provvede alla raccolta tramite agevolatori, procedendo per varietà: ognuna viene macinata separatamente dalle altre e solo in un secondo tempo gli oli ricavati (è questo il cosiddetto “oliaggio“, cioè il blend degli oli, contrapposto al molto diffuso ma meno professionale “olivaggio“, cioè il taglio preventivo delle partite di olive da frangere) vengono miscelati per dar vita alle diverse etichette.
Questi i risultati del mio assaggio: – Gaudenzi olio extravergine di oliva: bel naso, molto equilibrato, con frutto piuttosto marcato ma non aggressivo, nota mandorlata e fresca, appena balsamica. In bocca ha un ingresso gentile, che si sviluppa lentamente in una gradevole e crescente nota di amaro, dando una sensazione di armonia e di delicatezza, appena piccante. Molto buono. – Quinta Luna: impatto olfattivo più marcato rispetto all’olio precedente, ampio ed etereo, quasi penetrante, con sentori erbacei e verdi, frutto di buona intensità, molto netto. Al palato è accentuata la balsamicità, mentre l’amaro emerge subito con decisione, compensato da una punta di dolce. E’ un olio molto lungo, con spiccati sentori di gambo di carciofo che emergono anche in un retrogusto assai ampio ed elegante. Eccellente. – Chiuse di Sant’Arcangelo: al naso rivela subito una delicata ma netta nota di pomodoro, ora verde e ora secco, il frutto è pieno ma gentile, lascia poi il posto all’aroma della mandorla fresca sbucciata. In bocca è subito intenso, corposo, piuttosto amaro, mediamente piccante, rivelando un gusto deciso che sfuma successivamente in un ritorno di piccante più delicato. Piacevolissimo il retrogusto di carciofo. Ottimo. – 6 Novembre: molto gentile all’olfatto, molto fresco ed appena pungente, ricorda a tratti i sentori secchi del rosmarino e dei sempreverdi. Al palato è molto elegante, di ottimo corpo ma non aggressivo, spicca tra tutti il gusto dolceamaro del carciofo, con un finale molto sapido e una nota amara che affiora solo nel finale. Ottimo. Gli abbinamenti? Sono contrario a questo tipo di suggerimenti. Ognuno faccia una prova e si diverta a trovare i migliori. Oppure si faccia consigliare dal produttore: sono prodighi anche in questo.
Pubblicato in contemporanea su Alta fedeltà Italian Wine Review Lavinium Luciano Pignataro WineBlog Winesurf
|