Non ditemi che non vi è mai capitato di sentire o leggere opinioni che partono da situazioni decisamente diverse eppure giungono alla stessa, ineluttabile, drammatica conclusione. Un esempio? Eccolo: “Una denominazione che non comunica il terroir, vini praticamente tutti uguali, che seguono una metodologia standardizzata, senza che si percepiscano le logiche differenze tra produttore e produttore.” – “Si sente una tale differenza tra questi vini che fatichi a riconoscere un denominatore comune, si ha l’impressione di una grande disomogeneità, cosa che non permette di identificare con chiarezza i tratti distintivi del terroir”. E ancora: “Questi cosiddetti vini naturali, soprattutto quando si tratta di uve bianche, si fa un’enorme fatica a distinguerli, sembrano tutti molto simili, anche se i vitigni sono diversi, e poi, spesso, puzzano.” – “I vini industriali non hanno anima, vengono fatti in serie e ogni anno sono uguali, completamente distanti da qualsiasi idea di terroir, prodotti magari tecnicamente ineccepibili ma senz’anima perché fatti in cantina”. Dov’è, se c’è, l’elemento che determina queste conclusioni affini sebbene originate da contesti molto differenti? E’ il “fattore umano” o l’omologazione che appare quasi d’incanto, qualunque strada venga intrapresa? Non aspettatevi risposte chiarificatrici, me ne guardo bene, molto meglio raccontarvi di un vino che quelle contraddittorie opinioni non le suscita, semplicemente perché non ha fronzoli né vanagloriosi obiettivi, è “quel che appare”, come dice ossessivamente una nota pubblicità di una grappa da un mese a questa parte. E a dirla tutta, un vino così, in un’epoca piuttosto oscura e incerta come questa, dove tutto è il contrario di tutto, sembra quasi un’ancora di salvezza, un piccolo lumicino che ci permette di non aver dubbi, tormenti, preoccupazioni. Sto parlando di “Menelic“, no, non il noto sovrano etiope di fine Ottocento, lui aveva la “k”… si tratta di un cru di Roero Arneis, annata 2009, dell’azienda Ca’ di Cairè di Emanuele Rolfo. Già, l’arneis, vitigno che rischia di passare in secondo piano per quella mania tutta italiana di rincorrere le mode del momento. Il Piemonte non è certo famoso per i vini bianchi, ma ultimamente si parla molto di timorasso, di nascetta, grandi promesse (la prima già realtà), eppure l’arneis vive in Roero da tempo immemore, sono parecchie le aziende che lo producono, alcuni hanno fatto anche sperimentazione, macerazioni sulle bucce, maturazioni in legni diversi, lieviti indigeni. Il Menelic non ha presunzioni di grande modernità, ma è frutto di un equilibrata scelta, basata sull’esperienza diretta. Selezione delle uve migliori, fermentazione a temperatura controllata e permanenza in botti di media grandezza per poco meno di 6 mesi. Il colore paglierino luminoso classico trova supporto in un ventaglio di profumi floreali e fruttati, spicca la pesca gialla, il cedro, l’ananas, ma affiorano anche erbette aromatiche e una sottile mineralità. La bocca è generosa, sapida, con una freschezza giusta e una consistenza che lascia intuire una buona resistenza al tempo. Saporito e persistente, me lo immagino compagno ideale di insalata di ovoli (con le acciughe), lingua in giardino, gnocchi di patate, un bel fritto misto alla piemontese. Vino rassicurante, anche nel prezzo (sotto i 10 euro). Roero Arneis Docg Menelic 2009 – Emanuele Rolfo Borgata Valle Casette, 52 – 12046 Montà d’Alba (CN) Tel. +39 0173 971278
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