L’alimentari del Porciatti a Radda in Chianti è il classico posto che, come si dice in Toscana, “fa conca”, nel senso che prima o poi ci vanno a defluire, pardon, a finire tutti. Giovedì scorso attorno alle 12 nella “conca” c’ero finito io assieme a Giovanna Stianti del Castello di Volpaia, Liviana Manetti di Montevertine, Riccardo Lanza di Pruneto ed altri avventori vari non produttori di vino. Tutti rigorosamente a fare la spesa, quella bella, fatta di chiacchiere, di risate e sfottò, quella che ti permette di rilassarti, di sentirti coccolato, di essere ogni volta stupito dalla bontà di un prodotto, quella insomma che al supermercato te la sogni. Ma anche comprando solo il pane l’occhio ti casca irrimediabilmente sul tonno di Radda (un filetto di maiale lavorato in maniera molto particolare) o sui molti salumi che Luciano Porciatti produce praticamente da quando non era ancora nato. Tutti prodotti di grande qualità, dove è difficile capire quale sia il più buono. Mentre ci pensi Luciano pontifica bonariamente ma molto più spesso sfotte. Per esempio io sono quello da compatire perché vivo a Poggibonsi: per fortuna ogni tanto faccio un salto nel paese più bello del mondo (ovviamente Radda in Chianti…). Meno male che i miei nonni erano di Radda ed ho ancora qualche parente in zona, altrimenti lo sfottò andrebbe ancora più in profondità. Proprio ripensando ai miei parenti citati dal Porciatti mi è venuto in mente di scrivere questo pezzo che non è sull’alimentari dei Porciatti, ma su un paese che è sempre stata la mia seconda patria e, ovviamente, sul suo vino.
Chi arriva a Radda passando da Castellina in Chianti si rende conto di quanto sia lontana da tutto e da tutti. Pensate che quando Sergio Manetti, come me poggibonsese DOC, decise di fare vino a Montevertine, la strada bianca iniziava a tre chilometri da Poggibonsi e per arrivare a Radda (circa 35 chilometri) ci voleva quasi un’ora e mezza di quella che i puristi chiamavano “strada bianca del chianti” e i chiantigiani “il polverone”. Piano piano la strada asfaltata ha preso il posto dello sterrato ma le radici di Radda, che si ritrovano nei suoi vini, sono rimaste intatte. I terreni dove molti produttori hanno, negli ultimi 30 anni, piantato i loro vigneti sono vere e proprie ossa della terra. Rocce galestrose che unite all’altezza, di media superiore ai 450 metri, fanno dei vini di Radda un insieme di nerbo, freschezza, profumi, spigoli, eleganze e finezze molto difficili ma molto piacevoli da sbrogliare. Il Sangiovese di Radda non è certo un vino grasso e opulento, ma un rosso che si basa sulla finezza austera che la terra gli comunica. Questa austerità può aprirsi in profumi eleganti e tannini fini come nei vini di Val delle Corti o rimanere per anni pervicace e burbanzosa come in quelli di Caparsa o di Pruneto. Può anche arrivare a vette ammirate in tutto il mondo (Montevertine) e raramente crea vini banali (anche se qualche esempio, purtroppo, lo troviamo). Se lo traslassimo in langa Radda potrebbe essere l’incrocio tra Monforte e La Morra.
Il consiglio, una volta arrivati a Radda è quello di fare la passeggiata attorno al piccolo borgo guardando all’orizzonte, quello che vedrete vi stupirà: un mare di bosco e di campi in cui l’uomo ha ritagliato vigneti. Una terra che guarda con distacco gli uomini che la guardano, che si sente signora di se stessa e che si concede riottosa. Come in maniera riottosa concedeva le bacche di ginepro che, fino agli anni sessanta, le donne chiantigiane raccoglievano senza guanti antinfortunistici (provate a raccoglierle qualche bacca di ginepro senza bucarvi e sarete bravi), che lo zio Ezio portava a Poggibonsi per la ditta “Macchi Pompilio-Ingrosso alimentari” e da li partivano per distillerie estere dove si trasformavano in gin. Oggi le bacche restano dove sono perché quella terra ossuta ha trovato un altro modo per essere apprezzata nel mondo. Il mezzo si chiama Sangiovese o Chianti Classico o Supertuscan: a pensarci bene anch’essi sono, alla fin fine dei distillati, distillati di terroir di Radda. Tre anni fa organizzammo un bellissimo assaggio di Sangiovese appena vinificati da “Single Vineyard”, cercando di ritrovare le caratteristiche delle parcelle nel vino. Fu un’esperienza educativa ed il terroir di Radda in Chianti venne fuori in maniera prepotente. Per chi non l’ha capito amo Radda, non solo perché le mie radici sono lì ma soprattutto perché è rimasta molto simile a se stessa, non si è riempita di negozietti omologati, non si è schiacciata sul turismo. E’ un paese a misura d’uomo e vi nascono vini a mia misura. Se andate a Radda non potete non fare un salto all’Alimentari-Macelleria Porciatti, Piazza IV Novembre 1 (tel. 0577/738055 sito web: www.casaporciatti.it). Se invece volete assaggiare dei buoni vini raddesi ecco i nomi che preferisco (in ordine rigorosamente casuale): Val delle Corti: www.valdellecorti.it Caparsa: www.caparsa.it Montevertine: www.montevertine.it Pruneto: www.pruneto.it Poggerino: www.poggerino.com Castello di Volpaia: www.volpaia.it
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