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Una Chiacchierata con Norman Bain


Norman BainQuando ho cominciato a visitare le aziende vinicole più di 20 anni fa era per scrivere itinerari turistici, e ho subito capito quanto fossi ignorante di vini. Così mi sono recato alla gloriosa e ormai scomparsa Libreria Marzocco di Firenze, dove comprai Chianti and the Wines of Tuscany, ottimo volume (tradotto in italiano) nel quale Rosemary George spiegava le Denominazioni e presenta molti vignaioli.
Una delle persone che citava spesso è Norman Bain, lo Scozzese proprietario di Le Masse di San Leonino, vicino a Panzano e se la comunanza linguistica era sicuramente uno dei motivi per cui lo citava, la sua filosofia enologica ne era sicuramente un altro. Infatti, Norman disdegnava i Supertuscan tanto in voga allora, ritenendo invece che un’azienda chiantigiana dovesse produrre Chianti.
Questo era un pensiero decisamente controcorrente all’epoca. E di cui mi ricordai quando cominciai a scrivere per Events, una rivista per la comunità anglofona Toscana. Un giorno Natalie (la Capo Redattrice) mi chiese di fare un’intervista e così mi recai a Panzano per parlare con Norman, che mi offrì un bicchiere di vino e mi accolse nel suo ufficio, una sala bellissima con grandi finestre, ricavata (se mi ricordo bene) da un porcile. Il suo amore per il vino era cominciato molto prima del suo arrivo a Le Masse.
Poco dopo la Seconda Guerra Mondiale il sommelier di un ristorante gli portò una bottiglia sbagliata, e lui la rifiutò. Il sommelier portò una seconda bottiglia, coperta da un telo, e anche questa era sbagliata. Dopo la terza Norman chiamò il maitre: Il ristorante offrì il pranzo, e lui s’innamorò del vino. Dopo aver diretto Shell Italia, alla fine “Vendendo la società perché è impossibile fare profitti quando i prezzi sono regolati dal Governo”, nel 1972 comprò Le Masse di San Leonino. “Vidi la fattoria un Sabato al crepuscolo, ” ricorda, “e mi recai al Forte dei Marmi la Domenica mattina per firmare il compromesso.” Ammise di aver avuto qualche dubbio quando rivide Le Masse alla luce del giorno, ma si rimboccò le maniche e si mise al lavoro. Oggi é bellissima.

La Pieve di San LeolinoCosa lo ha portato in Toscana?
“La storia della regione – è la terra del Rinascimento, con tante attrattive culturali – Diverse cose. Ma principalmente mi attirava la sua cultura, sebbene non mi piace usare questa parola in quanto è ormai bastardizzata.”

Cultura in che senso?
“Tante cose. Firenze per primo, e quel che offre… Siena in un modo diverso. A volte penso che Siena sia più attraente come città, in parte a causa del traffico fiorentino. Ma c’è arte, c’è architettura, c’è scultura, c’è filosofia, ci sono i grandi del Rinascimento. E per quanto riguarda l’architettura, considerando quante case coloniche ho visto prima di scegliere questa, posso dire che il senso innato dell’architettura dei toscani è semplicemente impressionante.”

Come mai ha deciso di fare vino?
“Credo di averti raccontato la storia del ristorante – è una domanda che mi rivolgono tutti. A volte comincio a pensare “Ma perché cavolo ecc. ecc.? ” Non mi viene in mente alcun altro motivo. Forse perché amo questo Paese e, veramente, la campagna. Mi piace molto la campagna. Non sono un uomo di città.”

Fare il vino è quanto si aspettava?
“Per molti versi si. Direi che ho due principali, chiamiamole, lamentele. Il primo è il carico impressionante di obblighi burocratici messi negli ultimi anni. Se me li fossi immaginati quando ho piantato il vigneto — ho comprato l’azienda nel 1972 e piantato il vigneto nel 1973 — mi sarei limitato a piantare una ventina di filari, sufficienti per fare il vino per usi personali e per regalarlo agli amici. (Batté le mani) Perché è frustrante. Molto frustrante.”

Gli aspetti positivi?
“Ah beh. Prima, il lavoro in campagna. Nel profondo del mio cuore sono un ragazzo di campagna. E poi, mi affascina il ciclo produttivo del vino — e anche dell’olio d’oliva –. Fare vino è, se posso utilizzare una parola troppo in voga, una sfida, e ho bisogno di sfide per restare attivo. Non mi piace la vita agiata. Almeno non ancora, forse via via che invecchierò… Ci sono tante cose da imparare, perché fare del vino veramente buono è una cosa delicatissima. Ci vuole dedizione e, come dicono, passione. E poi, stare all’aria aperta, tutti gli aspetti della vita in campagna, lavorare in campagna – sono tutti parti di un unico insieme, per rispondere alla tua domanda. Fare vino è un gran divertimento.
Poi, ho tutte le cose che un uomo che abita in campagna dovrebbe avere — svegliarsi la mattina col canto dei fringuelli e dei merli. I caprioli mi hanno creato qualche problema – sono divenuti mansueti, praticamente addomesticati. E sono animali splendidi. Non mi scorderò mai di una sera, poco prima del crepuscolo – mi piace uscire per passeggiare al crepuscolo, sebbene duri poco da queste parti – ero appena uscito quando vidi due femmine che stavano assaporando un cipresso nano. Si accorsero di me prima che potessi avvicinarmi, e, poi – fluidamente – se ne andarono.”

Dovendo ripartire da capo, cosa cambierebbe?
“Una cosa fondamentale, credo – ho detto circa 20 filari – pianterei un vigneto ancora più piccolo, e farei vino soltanto per me e per la mia famiglia. Sarebbe fondamentale. Non riesco a pensare ad altro, perché la burocrazia esiste, e non la possiamo cambiare.”

Qualche consiglio per chi volesse fare vino?
“Direi di pensarci molto bene, e di assicurarsi di avere le risorse necessarie per fare un buon lavoro. Costa tanto fare il vino oggi, e ci sono tante domande a cui vanno trovate le risposte prima di entrare nel settore vitivinicolo – stai mica pensando di…?”

Non adesso, ma non si sa quel che il futuro ci serba.
“Verissimo. Io non mi sarei mai immaginato produttore di vino.”

Qualche domanda in più: In cosa si differenzia la Toscana dalla Scozia?
“Dipende molto in che senso – cultura, paesaggistica, cibo, le persone, per non parlare poi della storia.”

Le Persone?
“Come dire? La Toscana somiglia un pochino alla Scozia, in quanto ci sono molte zone. Un lucchese differisce da un fiorentino o da un senese, come gli Highlanders differiscono dai Lowlanders o i residenti delle città. Le differenze regionali sono molto marcate.”

Cosa le manca maggiormente della Scozia, sempre che le manchi?
“Mi manca moltissimo, nonostante l’abbia lasciata nel 1949 per seguire la mia strada. Una cosa che non mi manca è il clima, mentre le cose che mi mancano maggiormente sono i paesaggi e l’ospitalità degli Highalnds da cui provengo.”
Esitò. “Sono stato molto fortunato.”

Post scriptum
Intervistai Norman Bain quasi 20 anni or sono, e sebbene ci fossimo parlati ogni tanto allora, col passare del tempo ci siamo persi di vista. Quando ho deciso di ripubblicare questa intervista ho provato a contattarlo, ma ho scoperto che è morto da alcuni anni. Non avendo figli Le Masse di San Leonino sono andate in eredità ad una nipote, che le ha vendute ad una famiglia olandese. Non c’erano quando ci sono passato, ma la casa è ancora bellissima.

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