Entri e una ventata di odore di formaggio ti investe come se fossi in un caseificio. Invece sei nel cuore del centro storico di Vevey, cantone di Vaud, sulle ricche e mondane rive del lago Lemano, a pochi chilometri dall’esclusivissima, mondanissima, musicalissima Montreux. Ti siedi mentre attorno a te la gente parla rumorosamente, c’è un allegro frastuono di piatti e un via vai di inservienti che guizzano tra i tavoli e le boiserie scurite dal tempo. All’improvviso, alle tue spalle parte una fanfara a tutto volume. Trasalisci: squilli di tromba, tamburi e colpi secchi dei passi militari quando davanti agli occhi ti si materializza un oste con un kepì da ufficiale dell’esercito e in pugno la bandiera rossocrociata della Confederazione. “E’ il momento della fondue moitié-moitié“, sussurra rassicurante all’orecchio la mia accompagnatrice, “e la musica è la marcia del generale Guisan (qui), il De Gaulle svizzero, che è sepolto da queste parti“, aggiunge. Sussulti gastronomici di patriottismo elvetico. Intanto sul tavolo, in un tintinnare di calici di Chasselas, il tipico bianco locale, planano vassoi di affettati e soprattutto il pentolino fumante della fonduta alla vaudonnaise, quella fatta rigorosamente con metà Gruyère e metà Vacherin Fribourgeois. Poi pane, forchettoni e via con l’inzuppo.
Superata la sorpresa faccio la mia parte, godendo assai della bella cremosità e del gusto deciso, ma non aggressivo, dei due formaggi fusi e amalgamati, capaci di unirsi alla perfezione con pezzi di pane un po’ raffermo e gommoso che sarebbero altrimenti ostici da masticare. Basta qualche boccone per calibrare il palato, regolarsi sulle temperature, cogliere le sfumature dei sapori, apprezzare i diversi contributi – l’uno più lattoso, l’altro più acuto – degli ingredienti. A pulire la bocca contribuiscono abbondanti sorsate di vino (beviamo un fresco e scintillante Yvorne Grand Cru 2011, La Baudeliere, di Christine e Stephanie Delarze, ovviamente Chasselas 100%), l’unica bevanda che, dice la gente del posto, ben si accompagna a questa fonduta senza far venire il mal di pancia, come invece fa l’acqua. Sarà. Dell’acqua personalmente non so dire, perchè non ne ho bevuta, ma posso altresì garantire che con il piatto stava benone anche il Les Vignes de Vevey Grand Cru 2011, 100% Gamay, Lavaux doc che abbiamo stappato dopo, attingendo dalla vasta carta dei vini: un rosso armonico, caldo, equilibrato e profondo, di grande piacevolezza e niente affatto banale. “Benvenuto a Le Trois Sifflets“, ha annunciato nel frattempo l’oste trionfante (“Una delle ultime, vere pintes rimaste nel Vaud”, commenta sottovoce un altro commensale nativo). Ce n’è abbastanza, come direbbe Peter Parker, per far pizzicare il mio senso di ragno (e di giornalista). E così parte la microindagine.
Le pintes sono i bistrot storici del cantone del Vaud, dei quali il famosissimo Pinte Besson di Losanna è l’archetipo, fondato nel 1780 (al 10° posto assoluto tra i caffè più antichi d’Europa) e salvato nel 2000 dalla demolizione “ammodernatrice” dopo una sorta di insurrezione popolare. Certo, non tutti sono gloriosi come il Besson – scriveva già nel 2003 Dominique Gilliard nel suo “Pintes vaudois, un patrimonie en pèril” – ma tuttavia il tessuto sociale e lo stile di vita che questo tipo di locali rappresenta sono un valore da custodire gelosamente. Vero. “Le Trois Sifflets” ne è un bell’esempio. Gente di tutti i tipi, dai giovani agli anziani, di tutte le classi sociali. forestieri, a occhio, nessuno tranne noi. Chi legge il giornale, chi beve, chi chiacchiera, chi si abbuffa. Gruppi di amici. Insomma una variante di Svizzera che non ti aspetti del tutto, se pensi che sei a pochi chilometri dalle vetrine delle grandi griffes, dalle maison di orologeria più prestigiose del mondo, dalle cliniche di bellezza e anti-age frequentate dal jet set internazionale. Oltre alla fonduta, sono naturalmente in menu anche i classici della cucina locale come i filetti di pesce persico, la raclette, il salmerino. La spesa finale è sui 50 franchi e l’esperienza li vale tutti. Scopro anche che, per fortuna, in zona ci sono altre pintes e auberge (cioè locande) molto raccomandabili: l’Auberge du Vigneron a Epesses, Au Bon Vin a Chardonne (sopra Vevey, sul Mont Pèlerin), l’Auberge du Raisin e l’Auberge de l’Onde a St-Saphorin (Lavaux), La Clef e La Valsainte a Vevey. Insomma c’è da sbizzarrirsi. Per chi poi, a casa, volesse cimentarsi nella preparazione della fondue moitié-moitié, ecco la ricetta così come me l’ha data lo chef. E’ in francese perchè è meglio la lingua originale che una traduzione maccheronica (cioè la mia): • 450 grammes de fromage Gruyère • 450 grammes de fromage Vacherin Fribourgeois • 3,5 dl de vin blanc très sec, léger et acide (Fendant) • 0,5 dl de kirsh • 2 gousses d’ail • Poivre du moulin • 4 cuillères à café de Maïzena • 800 grammes de pain mi-blanc de la veille. Chiosa finale: qualcuno potrebbe eccepire che questo articolo si sovrappone a quello sui vini del Vaud pubblicato qualche settimana fa sulla rubrica IGP (qui) dall’ottimo ►Lorenzo Colombo. Ma sarebbe in errore. Il mio pezzo è infatti complementare all’altro, al quale rimando e che appunto approfondiva l’interessantissimo versante vinicolo della faccenda. Dopodiché basta fare 1+1.
Le Trois Sifflets Rue du Simplon 1, Vevey tel. 021 9211413 Chiuso domenica a pranzo e lunedì a pranzo Info: www.regione-lago-ginevra.ch
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