Grappa di Barolo
• Categoria della bevanda spiritosa con indicazione geografica: Grappa di Barolo
La denominazione «Grappa di Barolo» è riservata esclusivamente all’acquavite di vinaccia ottenuta dalla distillazione diretta di materie prime provenienti dalla vinificazione delle uve atte a produrre il vino a denominazione d’origine Barolo DOCG nel rispetto del suo disciplinare, elaborata ed imbottigliata in impianti situati nella Regione Piemonte.
• Descrizione
▪ Caratteristiche fisiche, chimiche e organolettiche
– è ottenuta esclusivamente da vinacce fermentate e distillate direttamente mediante vapore acqueo oppure dopo l’aggiunta di acqua;
– alle vinacce può essere aggiunta una quantità di fecce non superiore a 25 kg di fecce per 100 kg di vinacce utilizzate;
– la quantità di alcole proveniente dalle fecce non può superare il 35% della quantità totale di alcole nel prodotto finito;
– la distillazione è effettuata a meno di 86% vol.; è autorizzata la ridistillazione alla stessa gradazione alcolica;
– ha un tenore di sostanze volatili pari o superiore a 140 g/hl di alcole a 100% vol. e un tenore massimo di metanolo di 1.000 g/hl di alcole a 100% vol.;
– non deve essere addizionata di alcole etilico, diluito o non diluito;
– può contenere caramello aggiunto solo come colorante per la «Grappa di Barolo» sottoposta ad invecchiamento almeno 12 mesi, secondo le disposizioni comunitarie e nazionali vigenti.
▪ Caratteristiche specifiche della bevanda spiritosa rispetto alla categoria cui appartiene
– tenore di sostanze volatili diverse dagli alcoli etilico e metilico non inferiore a 140 g/hl di alcole a 100% in volume;
– ha un titolo alcolometrico volumico minimo di 40% vol.;
– non è aromatizzata, sono esclusi anche i metodi di produzione con aggiunta di piante aromatiche o loro parti, nonché frutta o loro parti.
▪Zona geografica: l’intero territorio della Regione Piemonte.
• Metodo di produzione
La «Grappa di Barolo» è ottenuta per distillazione, direttamente mediante vapore acqueo oppure con l’aggiunta di acqua nell’alambicco, di materie prime in ottimo stato di conservazione. Le vinacce fermentate provengono dalla vinificazione delle uve atte a produrre il vino a denominazione d’origine Barolo DOCG.
Nella produzione della grappa è consentito l’impiego di fecce liquide naturali di vino atto a produrre Barolo DOCG nella misura massima di 25 kg per 100 kg di vinacce utilizzate.
La quantità di alcol proveniente dalle fecce non può superare il 35 per cento della quantità totale di alcole nel prodotto finito. L’impiego delle fecce liquide naturali di vino atto a diventare Barolo DOCG può avvenire mediante l’aggiunta delle fecce alle vinacce prima del passaggio in distillazione, o mediante disalcolazione in parallelo della vinaccia e delle fecce e invio alla distillazione della miscela delle due flemme o dei vapori alcolici, o mediante disalcolazione separata delle vinacce e delle fecce e successivo invio diretto alla distillazione. Dette operazioni devono essere effettuate nella medesima distilleria di produzione.
La distillazione delle vinacce fermentate, in impianto continuo o discontinuo, deve essere effettuata a meno di 86 per cento in volume.
Entro tale limite è consentita la ridistillazione del prodotto. L’osservanza dei limiti previsti deve risultare dalla tenuta di registri vidimati in cui sono riportati giornalmente i quantitativi e il tenore alcolico delle vinacce, delle fecce liquide naturali di vino atto a produrre la denominazione d’origine Barolo DOCG avviate alla distillazione, nonché delle flemme, nel caso in cui l’avvio di queste ultime alla distillazione sia effettuato successivamente alla loro produzione.
Nella preparazione della grappa «Grappa di Barolo» è consentita l’aggiunta di:
– zuccheri, nel limite massimo di 20 grammi per litro, espresso in zucchero invertito;
– caramello, solo per la grappa sottoposta ad invecchiamento almeno dodici mesi, secondo le disposizioni comunitarie e nazionali vigenti.
Nella presentazione e nella promozione è consentito l’uso dei termini «vecchia» o «invecchiata» per la «Grappa di Barolo» sottoposta ad invecchiamento in botti, tini ed altri recipienti di legno non verniciati né rivestiti, per un periodo non inferiore a dodici mesi, in regime di sorveglianza fiscale, in impianti ubicati nel territorio della Regione Piemonte.
Sono consentiti i normali trattamenti di conservazione del legno dei recipienti. E’ consentito altresì l’uso dei termini «riserva» o «stravecchia» per la «Grappa di Barolo» invecchiata almeno 18 mesi.
Può essere specificata la durata dell’invecchiamento, espressa in mesi e in anni, o soltanto in mesi.
• Elementi che dimostrano il legame con l’ambiente geografico o con l’origine geografica
La storia della grappa prodotta nella regione Piemonte affonda le sue radici a diversi secoli fa. Nei territori piemontesi ampiamente coltivati a vigneto, l’arte distillatoria era una pratica diffusa in ogni classe sociale: gli alambicchi erano presenti nelle residenze nobiliari e nelle grandi aziende agricole e la bevanda ottenuta, chiamata prima semplicemente acquavite, poi branda e infine grappa, era apprezzata e consumata da sovrani e contadini.
Con il tempo l’attività della distillazione nella regione è stata regolamentata e sottoposta a tassazione specifica a testimonianza dell’interesse e del commercio di cui godeva. Si è assistito all’evoluzione delle tecniche di lavorazione: i primi alambicchi erano a fuoco diretto, poi sono stati messi a punto le caldaiette, il sistema a bagnomaria e infine l’alambicco continuo.
Nel corso del tempo le nuove tecniche hanno affiancato via via le più antiche e la loro coesistenza continua oggi a preservare e valorizzare una tradizione artigiana che ottiene prodotti di grande qualità che presentano gli aromi e i sapori dei grandi vitigni piemontesi.
Nel diciannovesimo secolo numerose testimonianze storiche narrano che Camillo Benso Conte di Cavour, protagonista della politica di quel tempo, gradiva molto il distillato che proveniva dalle vinacce ottenute dalla lavorazione delle uve dei suoi vigneti. Si dice che al castello di Grinzane egli giudicasse severamente la qualità del distillato.
In quel periodo, come oggi, il vitigno Nebbiolo era diffuso in tutto il Piemonte ed offriva vini con caratteristiche differenti a seconda dei terreni.
Nel secolo successivo la qualità superiore delle uve Nebbiolo di una particolare zona dell’albese è stata rivelata, identificata e di conseguenza anche la grappa prodotta con le vinacce di quelle uve ha acquisito particolare notorietà.
Nel 1966, il vino Barolo ha ottenuto ufficialmente il riconoscimento della denominazione d’origine ed è iniziata, allo stesso tempo, anche la valorizzazione dell’acquavite ottenuta dalle rispettive vinacce che si è diffusa come «Grappa di Barolo», prima ancora che una norma ne stabilisse l’utilizzo, ed ha raggiunto notorietà ed apprezzamento sul mercato quale eccellenza piemontese, ricercata in tutto il mondo insieme al relativo vino.
Con il Regolamento (CEE) n. 1576/89 del Consiglio del 29 maggio 1989 la «Grappa di Barolo» è stata iscritta per la prima volta nell’allegato II delle denominazioni geografiche comunitarie delle bevande spiritose.
Per la «Grappa di Barolo» la provenienza delle materie prime deve essere comprovata mediante l’uso di registri vidimati in cui siano riportati i dati relativi alle quantità acquistate, alle quantità giornaliere utilizzate e alle quantità di prodotti finiti ottenuti espresse in anidro e in idrato.
Le vinacce provengono dalla vinificazione delle uve atte a produrre il vino a denominazione d’origine Barolo DOCG nel rispetto del suo disciplinare (D.P.R. 23 aprile 1966). In particolare le uve, vinificate nel rispetto delle specifiche norme di elaborazione, provengono dai vigneti composti dal vitigno Nebbiolo presenti nella zona di produzione delimitata e allevati secondo le condizioni colturali tradizionali della zona, atte a conferire alle uve e al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità.
• Riferimenti legislativi
Decreto 27 maggio 2016 – G.U. n.136 del 13 giugno 2016.