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I picai e la luminosità del Recioto di Gambellara

Villa da Porto BarbaranIo nel Montorso mio dolce et ameno
Vivo fra gente boscareccia e rude,
E drizzo il cor quando posso a virtude,
Disgombrando viltà fuor dal mio seno.

Luigi da Porto è l’archetipo del nobile veneto: letterato diviso fra imprese militari e ozi umanistici è l’autore della novella “La Giulietta“, una raccolta di rime in stile petrarchesco (effetto della grande amicizia con il Bembo?) composte nel 1524, prima narrazione della storia di Giulietta e Romeo, alla quale si ispirò William Shakespeare. Morirà cinque anni dopo, ben oltre un secolo prima che iniziasse la costruzione della villa palladiana “Da Porto Barbaran” sorta a Montorso ad inizio ‘700. Da quattro anni, nella villa in alcune parti ristrutturata (anche se non ancora tornata agli antichi splendori) si svolge la “Prima dei Picai” – gli “appesi” per i non-veneti – che altro non sono che i grappoli di Garganega fatti appassire appesi a fili o a reti. Una delle migliori metodiche di appassimento che ci siano. Quest’anno la competizione era fortissima, la tensione si avvertiva nell’aria.
Quattro squadre agguerrite di sfidanti, allenate da mesi. No, scherzo! La gara però c’era davvero: era tra i bambini delle scuole elementari di Montorso, Gambellara, Montebello e Zermeghedo. Dovevano pigiare e poi torchiare l’uva, e ovviamente chi tirava fuori più mosto nello stesso tempo vinceva!
Così intanto io passeggiavo nella villa, facevo alcune foto, assaggiavo l’uva dolcissima e profumata che era arrivata sulle vecchie carrette tirate dai trattori. Finita la gara ci siamo diretti verso il ristorante Giulietta e Romeo: e come poteva chiamarsi altrimenti?

I viniIl pranzo è stato ovviamente un percorso fra i sapori della zona: dopo l’antipasto a base di bresaola insaporito da una riduzione di Gambellara e frutta secca, su un letto di radicchio, ecco arrivare il risotto di Burlino con una gelatina di Clinto che pian piano si scioglie mentre si mangia il risotto – squisito. In accompagnamento, il Gambellara Classico 2010 (Il Gangio di Zonin prima, e quello della Zonin Roberto poi). Il coniglio con la polenta e la purea di patate locali era talmente sincero e buono, ma soprattutto mi incuriosiva la Composta di Montorso: verze sbollentate e poste a macerare con la graspia e alcune spezie, per 40 giorni: davvero succulento. E il Gambellara Togo 2009 della Cantina sociale aveva la stoffa e la consistenza adatta alla fibra morbida e dolce della carne, con tutti quei sapori e profumi.
Dopo la consueta firma delle bottiglie, che torneremo a prendere quando il Recioto avrà completato l’affinamento, eccoci affrontare i quattro dolci, ognuno abbinato ad un vino (anche se confesso che era difficile a quel punto provare ad incrociare gli abbinamenti per “verificarli”). Due parole sui dolci, tutti molto buoni: semifreddo con crema di corbezzolo (bella conoscenza la crema di corbezzolo: sapori semplici e dolci, ma di una piacevolezza primordiale); crostatina di uva fragola (altro bel dolce, unico neo la pasta un po’ troppo dura, ma la “marmellata” era anch’essa molto buona); dolce di San Biagio (un dolce a base di cacao e frutta secca, profumato); infine il Brasadelo, dolce tipico e famoso.
I vini erano due frizzanti, e due passiti fermi.
Il primo era il Recioto Classico 2009 (Grandi Natalina).
È un rifermentato in bottiglia, uno dei due prodotti commerciati nella zona. Questo perché come per il colfòndo, la storia di questi prodotti è casalinga, contadina, di vini ancora dolci imbottigliati e con i caldi della primavera “risvegliati”. Il giallo è dorato scarico, la bolla un po’ grossa ma invitante. I profumi sono di litchi, fichi secchi, uva passa, datteri; frutta fresca (pera matura e succosa) e candita. Il tutto piacevolmente ad un passo dall’ossidazione. In bocca invade il palato, con la grande acidità, la bollicina che qui è sottile, la dolcezza misurata.

I picai di garganegaA seguire il Recioto Classico 2008 “Le Macine”, della sociale Colli Vicentini. Il colore è dorato carico. I profumi dolci e speziati, da pasticceria: mandorle, frutta disidratata, vaniglia, con la frutta candita in secondo piano. Rimane però sempre più evidente una nota speziata più scura. In bocca è molto dolce, l’acidità bassa, però non è pastoso. Rimane però “ucciso” dal legno, invadente e non (ancora?) assorbito. Il Recioto Classico 2008 di Davide Vignato è stato quello più centrato.
Il colore è oro brillante, luminoso. L’impatto ricorda l’ossidazione misurata, quasi la stretta di mano di una persona che si conosce, un po’ introversa ma sicura di sé. E senti la ruvidità della pelle di quella mano. I profumi sono bellissimi: fichi secchi, uva passa, miele, per finire sul tabacco; rovere nobile. In bocca richiama l’uva assaggiata con una corrispondenza inaspettata, con quella freschezza dell’uva disidratata, e ancora il gusto richiama la consistenza croccante e dolce dei fichi e dei datteri. Ovviamente molto dolce, ma non pastoso, come verrebbe da pensare riconoscendo quei frutti: è molto dinamico, merito credo della buona acidità che fa bene il suo lavoro, dietro le quinte.
C’è poi un metodo classico, un Recioto Spumante del 2008 di Virgilio Vignato, di un bel paglierino carico, con un’espressività olfattiva timida: leggera frutta fresca e matura, mandorla, un accenno di crosta di pane. In bocca richiama la frutta matura, con l’acidità in primo piano, e la bolla un po’ troppo esuberante. Ecco come immagino questi vini, ecco che ritrovo la luce di questo periodo, luce cristallina e profumata. Luce che si respira in queste mattine di nebbia leggera, di brina gocciolante, come il mosto dorato dai torchi.

Andrea Fasolo

Andrea Fasolo

Aspirante agronomo, laurea in Scienze e tecnologie viticole ed enologiche e poi in Scienze agrarie, innamorato tanto della vite che del frumento, e tanto delle colture quanto della cultura che vi affonda le radici. Lo appassionano tutte le forme di agricoltura a basso impatto e ad alta fertilità, che mettono la terra al centro dell'agricoltura e del mondo che ruota attorno al più antico e nobile dei mestieri.

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Un commento

  1. “autore della novella “La Giulietta“, una raccolta di rime in stile petrarchesco”

    Mi scusi, mi viene il dubbio che non abbia colto che la novella in questione è proprio la storia di Giulietta e Romeo, ripresa da Shakespeare settant’anni dopo.

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