I racconti di Alda: Le cose che restano
Così spoglio piccolo e stortignaccolo non vale niente e niente sembra. Soltanto pochi minuti prima era bello con le sue palline colorate sistemate ramo per ramo quasi per caso senza una vera strategia tecnica e forse, proprio per questo, particolare. D’effetto. E poi la lanternina con la sua luce intermittente, i festoni la stella d’oro sulla punta. L’albero di Natale simbolo di una grande festa giù nel primo scatolone. Sparito. Il tavolino, ora libero, può di nuovo accogliere il gruppo di oggetti che c’era prima. Già ma…Dove andavano il lume bianco e la foto con la cornice piena di note e la scatolina, bianca anche quella come bianco è il piccolo cestino di porcellana e… dove dove? Boh! Che importanza ha? Sta bene anche così: il mio angolo bianco. Ora è tutto come prima o quasi. Ho dimenticato il presepe, la parte più difficile. Smontarlo. È stato bello collocare tutte quelle figurine, ognuna con qualcosa che rendeva riconoscibile il suo mestiere. I pastori con le pecore, la donna che, con il mestolo colorato, gira la polenta nel paiolo di rame, i pescatori con le reti piene di pesci (ricordi il miracolo?). La capanna. Maria Giuseppe Gesù e i Re magi con i loro doni. Restano ancora le montagnole da smontare. Via la carta marrone che ricopre i libri usati per creare l’effetto montagna, via gli ultimi paesini, le figurine più piccole. Tutto forse un po’sproporzionato ma d’effetto, come l’albero. Ecco il secondo scatolone. Tutto lì dentro fino al prossimo anno. Forse. Domani qualcuno pulirà, ma la stanza ha già ripreso il suo aspetto di sempre. Chiudo la porta. Le feste sono quasi finite, è rimasta la Befana, ma ancora prima di tutto questo ce n’è stata un’altra…
Ventisei novembre. Era il compleanno di Ale, il diciottesimo. Ale, ex bambino, ex tempestino. Ex? Sì perché adesso sono altre le tempeste che lo agitano, come accade nel periodo più difficile, tra l’adolescenza e la maturità. Quella scolastica. Tra le cose che restano per sempre, fissate nella memoria e nel cuore ci sarà quel pomeriggio. Alto bello atletico sorridente, con le mani che reggevano i piatti riempiti con cura per gli ospiti. Avanti e indietro tra il tavolo i divani le sedie e l’albero di Natale grande e pieno di luci, allestito in anticipo per l’occasione, Ale portava scritto in fronte, invisibile eppure ben leggibile, il numero diciotto. Ecco qua sono arrivato alla svolta decisiva. Sono maggiorenne. E allora? Quante volte ti abbiamo sentito dire: “Quando avrò diciotto anni …”. Una minaccia o una promessa? Ecco, sono arrivati, ma non mi sembri diverso da ieri e probabilmente non lo sarai domani né dopodomani. Non subito, non così presto, Certo un po’del vecchio tempestino è ancora presente nel tuo carattere, tipo… Voglio avere, voglio fare questo e quello ora, subito. Vacci piano ragazzo, il tempo è ancora molto più veloce del vento e del pensiero, tu cerca di farne l’uso migliore. Io so che lo farai. Sai già quello che vuoi e non è poco. Non essere impaziente, ma tenace e giusto, non distrarti troppo. Tempestino o tempestone. Sai essere così affettuoso a volte, disponibile, tenero e protettivo. Con me lo sei sempre e dopo tutto, se in te rimarrà un po’del vecchio tempestino non sarà poi così male. Andrai avanti a modo tuo, ma con una consapevolezza diversa e sceglierai la strada giusta, quella che ti aiuterà a realizzare i tuoi progetti e che ti renderà sempre migliore.
Un altro giorno da mettere tra le cose che restano è il 6 gennaio. Un gran bel pomeriggio quello nel villino di Fiano. Eravamo tutti lì, entrambe le famiglie, mondi diversi e diverse generazioni, dai novantacinque anni della più vissuta ai quattro del più piccolo, uniti dall’affetto, dalla gioia di essere tutti insieme, dalla voglia di scrollarci dalle spalle e dalla mente le ansie, le paure, le perdite di chi non c’è più e la precarietà accumulate durante l’anno che se n’è appena andato. Il nuovo è arrivato, tante promesse, tante speranze, mah. Perché rovinare un pomeriggio così bello e caldo, perché deludere i padroni di casa che, come sempre hanno la capacità di rendere tutto piacevole allegro e…. Che buono il cibo il vino i dolci e via quelle spalle abbassate, dimesse… Via quelle gobbe.
Le feste sono davvero finite così come stanno per finire i cioccolatini che riempivano la mia calza con la testa della befana. Quasi senza rendermene conto il mio sguardo si posa sullo specchio della consolle dove fino a pochi giorni fa c’era il presepe. Quella faccia scolpita nel tempo, fitta di rughe e di strane macchiette che nessun tipo di candeggina potrebbe cancellare è la mia. Sono io. È così che mi vedono quelli che mi hanno regalato questa calza che sto svuotando? Una befana. Il naso ad uncino gli occhi sporgenti la bocca sdentata, secca e a cavallo di una scopa… no non sono io. Non ci assomigliamo e poi la befana è buona, le sue mani sono piene di dolci doni, mentre le mie ora sono vuote. Le mani. Il cuore no. Nel mio cuore c’è ancora tanto amore da dare, tanta voglia di vivere e di condividere. Ma con chi? con te con te con te… Vedi? Le cose che restano sono tante, quelle del presente quelle del passato e ce ne saranno anche del futuro. Sono le più belle, sono quelle che si fissano nella memoria e nel cuore rendendo meno odiose le altre. Quelle che non avresti mai voluto e spesso dovuto vivere.
Alda Gasparini