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I vini di Bolgheri in degustazione nella Sala Teatro del centro di San Guido

Viale dei Cipressi a BolgheriLe numerose occasioni di degustazione che si presentano durante l’anno mi impongono, a volte, di dover fare delle rinunce, soprattutto quando capitano alcuni eventi importanti nei medesimi giorni. Erano un paio d’anni che non tornavo a Bolgheri per questa occasione enoica organizzata dal Consorzio di Tutela, durante la quale vengono proposte le nuove annate di bianchi, rosati e rossi. Ho accolto quindi con estremo piacere l’invito a partecipare ad una full immersion nella piacevolissima atmosfera di San Guido, venerdì 23 maggio. Sono stato fra i primi ad arrivare, insieme ad Alessandro Masnaghetti; data la distanza che dovevo percorrere, circa 300 km, ho dovuto mettere la sveglia alle 6 per assicurarmi di avere un margine di 3 ore per poter arrivare in tempo alla degustazione, che iniziava alle 10. Debbo dire però che la cosa non mi è pesata, l’organizzazione era come sempre ottimale, Paolo Valdastri è una sicurezza, la sala perfettamente illuminata grazie anche alla splendida giornata di sole che si è profilata dopo una settimana di piogge intense.
Per ragioni di tempo, però, non potendomi trattenere anche nel pomeriggio, ho preferito rinunciare a degustare i vini bianchi e dedicarmi ai 6 rosati 2007 e soprattutto ai 76 rossi Doc e Igt delle annate 2007, 2006, 2005 e 2004, più un solitario 2003.

Innanzitutto vorrei dire che ho avuto l’impressione generale di una maggiore consapevolezza nell’uso del legno, di una ricerca meno ossessiva della potenza anche se in molti casi l’impronta è ancora marcatamente ragionata, enologica, studiata per il mercato estero, piuttosto che intesa ad esprimere il carattere del territorio, tanto che le differenze di stile appaiono piuttosto contenute e, non lo dico certo per il gusto di fare polemica, ho faticato a trovare vini davvero emozionanti, fermo restando un ottimo livello tecnico e poche occasioni di vini non proprio puliti. Mi sembra, comunque, che le ultime annate testimonino la volontà di ridimensionare una visione che ha già avuto il suo apice (anche a livello di successi) ed ora appare un po’ demodé e meno richiesta. Quindi vini meno estremi nella concentrazione, colori meno spinti, ricerca di una certa eleganza, anche se gli irriducibili non sono mancati. Certo, a Bolgheri si è partiti con un’ottica ben precisa, seguendo inizialmente le orme del Sassicaia (che dal canto suo non è però mai stato opulento e iperconcentrato), tanto da aver dato vita ad una doc che prevede principalmente uve bordolesi, come cabernet sauvignon e franc, merlot e petit verdot, affiancate (ma non necessariamente) al sangiovese; d’altronde sappiamo bene quanto questa varietà sia difficile e dia il meglio di sé solo in condizioni climatiche e territoriali assolutamente favorevoli. Bolgheri è zona prevalentemente pianeggiante, non proprio ideale per un vitigno come il sangiovese, quindi è abbastanza logico che la facciano da padroni cabernet e merlot, che per loro natura sono più adattabili e, anche nella peggiore delle situazioni, riescono ad offrire vini dignitosi, sebbene non proprio ricchi di personalità. Quello che però mi domando oggi è se sia poi così necessario produrre una tipologia di vino concepita prevalentemente per il mercato, e non sarebbe invece più interessante cominciare a guardare oltre, lavorare e sperimentare in modo nuovo, cercare altre strade e altre misure, lavorare per il futuro, non fossilizzarsi su qualcosa che oggi ancora funziona ma non rappresenta forse il carattere e l’originalità di questi luoghi baciati dal mare.

La sala di degustazioneI Rosati 2007
C’è ancora chi storce il naso di fronte ad un vino “in rosa”, sebbene questa tipologia abbia una tradizione antica e oggi abbia raggiunto livelli qualitativi di assoluto interesse. Ci sono molte regioni italiane che producono ottimi rosati, e una di queste è sicuramente la Toscana, ma sono ancora troppo poche le enoteche che li propongono e, spesso, gli stessi produttori non hanno interesse o non credono nelle potenzialità commerciali di questo vino. Sento sempre più spesso di appassionati che cercano di acquistare buoni vini rosati, stimolati anche dalle ormai numerose guide dedicate, ma troppo frequentemente rimangono a bocca asciutta, poiché sono davvero pochi i marchi proposti, quasi sempre quelli più commerciali. Per apprezzare e conoscere il rosato italiano bisogna spesso viaggiare, andarselo a cercare dove viene prodotto, e questo è un vero peccato, perché oggi, lo ripeto, questo vino ha tutte le carte per dare soddisfazioni e, soprattutto, può essere un ottimo compagno per gran parte della nostra cucina, così come ideale sostituto del vino rosso nei periodi in cui il caldo lo rende proibitivo, e ad un prezzo decisamente alla portata di tutti.
Quest’anno erano in degustazione sei rosati, un numero indubbiamente esiguo che conferma l’ancora scarsa importanza attribuita a questa tipologia. Il primo della serie è il Bolgheri Rosato Scalabrone, della tenuta Guado al Tasso di Antinori, ottenuto da cabernet sauvignon 40%, merlot 30%, syrah e altri per il restante, dal bel colore luminoso fra il cerasuolo e il chiaretto, naso gradevole di piccoli frutti, ciliegia, rosa, lampone, fieno, tabacco, in bocca è perfetto nella corrispondenza, ottima freschezza, pulito, sapido, leggermente pepato, serbevole. Il Rosato di Michele Satta è frutto di un blend che vede il contributo di sangiovese al 70%, una quota del 10% di cabernet sauvignon e altri vitigni, è forse il vino meno prevedibile e più bisognoso di tempo per dare il meglio di sé, ma ha carattere, il sangiovese è molto marcante, già nelle spiccate venature granate del colore, la ciliegia è lì, sensazioni che riportano al tannino, tanta florealità e una beva più severa ma di assoluto interesse. Merlot, sangiovese, cabernet e syrah compongono il rosato di Antonino Tringali-Casanuova, dai profumi di lampone e fiori di campo, rosa, geranio, magnolia, al palato è pulito e fresco, una spiccata nota di lampone avvolge la bocca, il finale chiude un po’ asciutto ma con bella sapidità. Il Pinksy di Batzella vede un contributo più o meno paritario di cabernet sauvignon e syrah, ha un bel colore salmonato, profumi di rosa, lampone, un’intrigante sfumatura di pesca e una piacevole speziatura; fresco e fruttato al palato, con ritorno speziato e una buona persistenza. Il rosato di Terre del Marchesato, ottenuto da cabernet, merlot e un 10% di syrah, ha un colore buccia di cipolla, che ricorda molto certi pinot grigio macerati sulle bucce, naso decisamente citrino, molto giovane, con assoluta corrispondenza al gusto, dove l’acidità è ancora piuttosto marcata, è il vino più indietro e bisognoso di tempo. Infine l’Agoghé dell’azienda agrituristica Donna Olimpia 1898 di Guido Folonari, presenta un bouquet inizialmente non pulitissimo, poi si apre a note di ciliegia, fragolina di bosco, lampone, al palato ha una buona vena acida, frutto delicato, tannino leggero ma utile a dare maggior forza espressiva.

I Bolgheri Rosso 2007
Solo cinque campioni a rappresentare un millesimo che avrà sicuramente molto da dire. Il primo è a firma Iris Ferrari, rubino scuro con riflessi violacei, naso ancora in divenire con note lattiche e di biscotto, in bocca ha una velata dolcezza, tannino già morbido, struttura media, buona freschezza e ritorno di frutto. Casa di Terra, pur mantenendo uno stile indubbiamente internazionale propone un Moreccio convincente, dal colore rubino cupo e impenetrabile, naso concentrato di frutto e spezie, molta mora, mirtillo, ciliegia nera, in bocca rimanda note di cacao, dolci, tannino fitto ma non serratissimo, ancora frutta matura e finale di cacao e liquirizia. Lo Sciré di Ceralti, cabernet sauvignon in prevalenza con un 30% di merlot, propone un colore appena meno concentrato, un naso anch’esso a prevalenza di frutto, ciliegia, mora, susina, bocca con un tannino levigato ma non nascosto, ottima freschezza e buona persistenza. Il Poggio al Moro di Enrico Santini, ottenuto da sangiovese, cabernet, syrah e merlot, ha addirittura un colore melanzana, concentratissimo, naso dolciastro, si sente ancora la malolattica, sotto c’è il frutto ma è un vino ancora compresso, all’assaggio mostra un tannino fitto e molto asciugante, da legno, piuttosto sbilanciato e duro, frutta e spezie ci sono ma manca qualcosa che equilibri il tutto, chiede tempo. Piuttosto deludente, almeno in questa fase, il Foglio 38 di Fornacelle, un cabernet franc in purezza che evidenzia i suoi tratti spiccatamente vegetali, da un lato appare piuttosto surmaturo, dall’altro esprime toni di peperone rosso, erba bagnata, ha una bocca piuttosto squilibrata e ancora vegetale, e un finale che asciuga molto.

I vini in degustazioneBolgheri Rosso e IGT 2006
Con questa annata entriamo nel vivo della degustazione, si tratta di 34 vini che sono o andranno in commercio nel corso del 2008. Per ragioni di spazio e per non tediarvi troppo, mi limiterò a segnalare quelli che ho trovato più interessanti, in ordine di degustazione e non di valutazione, preferisco non dare voti in casi come questo, in cui ho assaggiato oltre 70 vini in poche ore. Tengo però a precisare un mio punto di vista, ho preferito in molte occasioni questi vini ai Bolgheri Superiore, proprio perché questi ultimi tendono sì a maggiore complessità, ma in un buon numero di casi hanno il difetto di essere troppo carichi, potenti, parametri che non si addicono ad un vino che dovrebbe accompagnare il pasto senza appesantire, lasciando una sensazione di piena digeribilità. Parte subito bene il Bolgheri Rosso Grale di Le Grascete, rubino fitto molto bello e luminoso, naso dolce, maturo, si sente ancora la vinosità dell’uva, c’è la mora, la ciliegia, l’amarena, al palato ha una bella materia, molto piacevole, tannino deciso ma pulitissimo, ottima freschezza e slancio espressivo, frutto che ritorna e finale con sfumature di liquirizia. Non un grande vino ma sicuramente in grado di piacere a molti. Non mi è dispiaciuto il Bolgheri Rosso Felciaino di Giovanni Chiappini, che manifesta un colore rubino cupo e impenetrabile, piccoli frutti in confettura, cacao, spezie, una nota di tabacco, in bocca restituisce sensazioni piccanti, ha un tannino marcato ma non invasivo, buona freschezza, cacao, frutta e liquirizia che ritornano, è un vino intenso e corposo ma non esagerato. Il Bolgheri Rosso Varvàra di Castello di Bolgheri, nato per ricordare la Baronessa Varvàra Wrangel moglie del Conte Ugolino della Gherardesca, nonni dell’attuale proprietaria Contessa Franca Spalletti Trivelli, presente un colore rubino di buona intensità ma senza eccessi, trama olfattiva elegante, giocata fra un fruttato di ciliegia e mora e una delicata speziatura, riverberi di tabacco, noce moscata, al palato ha buon slancio, bella freschezza e tannino non troppo nervoso, finale coerente e appena amarognolo. Il Bolgheri Rosso dell’agriturismo La Cipriana dei Fratelli Fabiani, si fa apprezzare per la sua rotondità e dolcezza, non mancando di acidità, il tannino è misurato e senza spigoli, la persistenza particolarmente godibile. Sempre piacevole e ben fatto il Bolgheri Rosso di Collemassari Grattamacco, rubino di buona intensità, naso fine anche se di slancio contenuto, con toni mentolati, palato sapido, tannino ancora giovane ma senza eccessi estrattivi, apparentemente magro ma in realtà fa la sua figura proprio attraverso una maggiore eleganza. Il Bolgheri Rosso Greppi Cupi di Podere Greppi Cupi, ha un colore rubino di buona intensità con una materia olfattiva che lascia trapelare la presenza del sangiovese, confermata al palato da un tannino meno domato ma più verace, con un finale che restituisce una bella vena sapida. Il Bolgheri Rosso di Michele Satta non brilla per espansività ma ha una buona materia e si fa apprezzare per le suggestioni meno prevedibili sia all’olfatto che al gusto. Non male il Bolgheri Rosso Ocra proveniente dalla Villa Le Pavoniere delle Tenute Guicciardini Strozzi, rubino di media intensità, naso di piccoli frutti, ciliegia, mora, ribes nero, fragolina di bosco, qualche riverbero floreale, al palato ha buona corrispondenza, buona trama fruttata e tannino misurato, finale con tocchi di liquirizia, buon controllo del piccolo legno. Il Bolgheri Rosso Le Macchiole  di Le Macchiole, sfoggia una gamma olfattiva elegante, con impatto fruttato deciso di mora, lampone e prugna in parte in confettura, ma arricchito da venature di eucalipto, tabacco, ginepro e sottobosco, mentre all’assaggio rivela un tannino preciso e setoso, buona freschezza e una trama suggestiva e coerente con un finale che risente appena della presenza del legno. Il Bolgheri Rosso Il Bruciato proveniente dalla Tenuta Guado al Tasso, presenta un colore rubino intenso e concentrato, profilo olfattivo giocato su una evidente balsamicità, presenza di ribes maturo e lampone, sfumature di ginepro e cuoio, mentre al palato non mi convince del tutto, buona fittezza e tannino levigato ma gli manca un guizzo di freschezza che lo renderebbe più elegante. Il Bolgheri Rosso Le Serre Nuove della Tenuta dell’Ornellaia, fatica a trovare una sua misura a causa di una concentrazione estrattiva che, nonostante il buon apporto di frutto e dolcezza, non nasconde il tannino ancora coriaceo e asciugante. Interessante il Syrah di Campo al Noce, caratterizzato da fiori passiti, ciliegia in confettura, spezie, in bocca restituisce un frutto pieno e avvolgente, tannino pulito anche se di nerbo, manca un po’ di personalità. Anche quest’anno il Lagone di Aia Vecchia mi sembra convincente, certamente rubino intenso e concentrato con riflessi violacei, ma riesce ad esprimere un certo carattere, giocato su note di sottobosco, spezie e frutta selvatica, in bocca ha una buona trama, frutto che evita eccessi di dolcezza e maturità, tannino fine, finale fresco e piacevole. Il Le Difese, terzo vino della Tenuta San Guido, appare più equilibrato della precedente annata, trova una buona misura nel tannino e nell’apporto del legno, ha una freschezza che riesce a renderlo piacevole e un finale che lascia presagire una buona evoluzione. Paradossalmente, almeno per ora, il Guidalberto mi convince meno, troppa estrazione, una personalità studiata, tannino fitto che perdona poco o niente, trama gustativa piuttosto prevedibile, intendiamoci, se non costasse abbondantemente sopra i 30 euro si potrebbe anche acquistare, ma sinceramente non mi sembra meritare tanto.

Il TeatroBolgheri Rosso, Superiore e IGT 2005
Dei 10 Bolgheri Rosso presentati segnalo il Piastraia di Michele Satta, sempre interessante e di buona finezza, seguito dal Donna Olimpia dell’azienda omonima, che pur nella sua prevedibilità ha una buona materia e persistenza, non male anche lo Scopaio de La Cipriana e il Vignaré di Tenute Guicciardini Strozzi.
Sono invece 16 i Bolgheri Superiore, fra i quali hanno fornito una buona prova il Castello di Bolgheri dell’azienda omonima, anche se mi sembra meno equilibrato e interessante del Varvàra 2006, il Sassicaia (Doc Bolgheri Sassicaia) della Tenuta San Guido, come sempre parte in sordina, non si concede all’olfatto se non dopo lunga ossigenazione ma mostra una personalità e uno stile che sembrano ancora fornire molti spunti di interesse. Il Guado al Tasso, ammetto i miei limiti, non entra proprio nelle mie corde, mi sembra un vino ancora troppo cercato, molto potente, dolce eppure vegetale, con le note del legno ancora evidenti, ha dalla sua un tannino ben estratto e un finale intenso e ricco. L’Ornellaia paga certamente l’annata meno esaltante, fornendo un quadro olfattivo molto vegetale, con note di peperone rosso marcate, poi recupera con accenti salmastri e di frutti selvatici, mentre in bocca il tannino è ancora invasivo e torna spiccata la nota erbacea. Non molto diverso il Grattamacco Rosso, che pur con una certa eleganza non riesce a integrare ancora il legno e mostra evidenti tratti vegetali, mentre al palato il tannino è ancora molto presente e la polpa fruttata fatica a compensarlo. Il Lienà di Giovanni Chiappini, è caratterizzato da un naso selvatico, animale, però si distende molto bene in bocca dimostrando di avere trovato una perfetta misura fra acidità e tannini. Il Masseto, pur mostrando sempre una stoffa notevole non mi sembra raggiungere al momento i livelli del 2004, soprattutto al palato dove appare ancora pungente e sbilanciato. Se la cavano bene il Greppicaia de I Greppi, il Rubino dei Greppi di Greppi Cupi, il Guardaboschi di Fornacelle e l’Arnione di Campo alla Sughera.

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

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