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Cuvée 22 Castello Bonomi, ventidue volte Franciacorta

Castello Bonomi
Castello Bonomi

La Franciacorta è una zona vitivinicola lombarda in provincia di Brescia, ha una storia molto particolare, ben pochi la conoscono realmente. Gli stessi soggetti sono talvolta troppo impegnati a criticare esclusivamente il trend modaiolo che questa denominazione si è trascinata negli anni; a mio avviso dovrebbero semplicemente approfondirne le tradizioni e senza dubbio aggiustare il tiro davanti allo scaffale della proverbiale enoteca, individuando semplicemente l’etichetta più indicata, quella più fedele al territorio. Si parla di Medioevo, queste terre furono affidate a piccole comunità di monaci benedettini, esentate (francae) da tasse (curtes), affinché fossero bonificate e coltivate, da qui il termine Franciacorta. La leggenda narra che in queste terre, già nel XIII secolo, nasce un vino definito “mordace”, ben quattrocento anni prima che in Champagne.

Monte Orfano Castello Bonomi
Monte Orfano

La matrice del suolo è morenica e contribuisce a plasmare un territorio molto particolare e caratterizzato, delimitato da rilievi montuosi, quali Monte Orfano e Monte Alto, e dalle colline del vicinissimo Lago d’Iseo, che mitiga, contribuendo a creare un’ambiente pedoclimatico idoneo alla coltivazione della vite. Il primo grande sviluppo nella produzione vinicola avviene nella seconda metà dell’800: “Eccellentissimi vini neri e bianchi”, così la definì lo storico Gabriele Rosa. Ma veniamo ai giorni nostri, l’attenzione del grande pubblico si è riversata quasi esclusivamente sul fenomeno delle bollicine made in Franciacorta, le stesse hanno letteralmente conquistato il mercato, soprattutto nord-centro Italia, ormai mezzo secolo fa, perché la DOC, oggi DOCG, risale al 1967. Furono gli anni ’80 quelli del boom, esploso grazie alla capacità manageriale che ha sempre contraddistinto la Lombardia. Nel 1983, grazie all’investimento di grandi imprenditori del territorio, i 50 ettari iniziali diventarono 550, e le vendite di Pinot di Franciacorta superarono il milione di bottiglie. Proprio in questi anni, per l’esattezza nel 1985, nasce a Coccaglio l’azienda Castello Bonomi, situata sulle pendici del Monte Orfano (275 m s.l.m.), questo rilievo regala al territorio vitivinicolo un’eccezionale conglomerato calcareo, gessoso, friabile, e ricco di sali minerali. La sede è uno stupendo château, come direbbero i cugini d’Oltralpe, l’unico in Franciacorta paragonabile a quelli bordolesi. Prende il nome dall’originale edificio Liberty progettato alla fine dell’800 dall’architetto Antonio Tagliaferri circondato da un parco secolare, ben 24 ettari di splendidi vigneti che si sviluppano a gradoni e sono ancora recintati da un muro a secco risalente a metà Ottocento. La gestione della famiglia Paladin è coadiuvata da uno staff che si fregia di nomi importanti: Leonardo Valenti, docente dell’Università Statale di Milano, lo chef de cave Luigi Bersini e Carlo Paladin.

Castello Bonomi e vigneti
Castello Bonomi e vigneti

Un team che in pochi anni ha portato l’azienda a diventare un vero e proprio punto di riferimento per il comprensorio, lo sguardo è sempre orientato ad una produzione di qualità, e la produzione non supera le 150 mila bottiglie: 100.000 di Franciacorta DOCG (Cuvée 22, CruPerdu, Satèn, Rosé, Millesimati, Cuvée Lucrezia e Lucrezia Etichetta Nera,) il resto diviso tra i fermi Curtefranca (Conte Foscari e Cordelio).
Ma veniamo proprio alla “Cuvée 22”, nuovo prodotto di Castello Bonomi, nato di recente, rappresenta una categoria di vini che amo molto, soprattutto nel metodo classico, i cosiddetti “vini base”, ovvero quei vini “d’ingresso”, che sono un vero e proprio biglietto da visita per l’azienda. È ciò da cui si parte, serve ad imprimere nella mente del degustatore le caratteristiche e la filosofia aziendale, spesso seguono un protocollo di vinificazione non troppo esasperato da tecniche di cantina o eccessivo utilizzo del legno, l’obiettivo è far parlare il territorio e il varietale, dunque si predilige l’acciaio e si sta molto attenti in vigna a non esagerare con la curva di maturazione dell’uva.
Castello Bonomi, con la “Cuvée 22” parte alla grande, in effetti chiamarla etichetta base ha un suono inappropriato, ricollegandomi al titolo dell’articolo, qui si parla “22 volte Franciacorta”, mica una. Nasce da una speciale selezione di uve, provenienti da porzioni di 22 cru aziendali di chardonnay selezionati per: altitudine, morfologia del terreno, età del vigneto, esposizione al sole ed epoca di maturazione delle uve.

grappolo Castello Bonomi

Questa parcellizzazione è fondamentale, soprattutto in questo periodo di grandi cambiamenti climatici, monitorare efficacemente le vigne e tutte le lavorazioni a seconda delle necessità di ogni singolo appezzamento. Questa scelta, inoltre, rispetta a pieno i principi cardine del metodo classico o champenoise, l’arte di miscelare i vini tanto amata da Dom Pierre Perignon per intenderci. La fusione dei vari cru, ha una funzione importantissima, l’obbiettivo è valorizzare il territorio franciacortino e soprattutto mostrare l’enorme potenzialità dei vigneti situati sulle pendici del Monte Orfano. Un gioco di squadra dove ogni componente del team possiede un ruolo fondamentale, alla ricerca di un equilibrio globale dettato dalla natura e dall’ingegno dell’uomo. In cantina La vinificazione dei 22 cru avviene singolarmente al fine di creare le condizioni ottimali di ogni singola partita. La vinificazione del Franciacorta di Castello Bonomi comincia da un processo di pressatura morbida del “mosto fiore”, segue la vinificazione. L’assemblaggio dei vini, al fine di ottenere gli equilibri desiderati, utilizza basi selezionate cru per cru, ognuno vinificato separatamente. La liquer d’expedition, impiegata per reintegrare il prodotto perduto nella sboccatura, include rigorosamente solo il vino della stessa annata.
Lo Chef de Cave è Luigi Bersini, pochi principi rigorosamente attuati: fermentazione a freddo, successivamente i vini rimangono sulle fecce costantemente monitorati. A seguire la rifermentazione, il contatto con i lieviti che dura minimo 24 mesi, ed infine l’affinamento in bottiglia. Castello Bonomi segue i principi dell’agricoltura biologica e della filosofia che opera secondo i principi della Viticoltura Ragionata, un metodo studiato nel rispetto degli ecosistemi e delle peculiarità dei territori.
I vigneti sono tutti piantati a cordone speronato, con l’ottimale densità di 5 o 6.000 ceppi per ettaro. Il sistema d’allevamento, e il sesto d’impianto scelti, garantiscono la bassa produzione e l’alta qualità delle uve che provengono da barbatelle francesi. La resa per i vitigni dedicati al Franciacorta DOCG è di 1,5-2 kg.
Veniamo al campione degustato, tra le cose lodevoli di questa DOCG, vi è il fatto che da ormai molto tempo è obbligatorio indicare l’anno di sboccatura in etichetta, una scelta coraggiosa che caratterizza questo disciplinare di produzione. Ciò permette al consumatore di stimare l’età reale del vino, ed è importante al momento dell’acquisto, soprattutto in quei prodotti non millesimati, che poi son la maggior parte.

Franciacorta Cuvée 22 Castello Bonomi

Questo Franciacorta DOCG “Cuvée 22”, è stato sboccato a dicembre 2019, dosaggio pari a 8 gr/l, appartiene alla categoria brut, l’acidità è 8,4 g/l, il ph 2,90 per 12,5% vol., prodotto in 55 mila esemplari. Castello Bonomi tiene molto alla salute del consumatore, vero patrimonio dell’azienda, oltre alla scelta del tipo di agricoltura già specificata, adotta una percentuale di solfiti pari a 83 mg/l, -65% rispetto al limite di legge. Questo chardonnay in purezza ha un manto paglierino che in controluce evidenzia riflessi beige, il perlage è minuto e continuo, presa di spuma svolta a regola d’arte. Questo risultato è dato dal fatto che l’azienda, al suo esordio, avviò un lento lavoro di recupero delle cantine storiche del castello.

Franciacorta Cuvée22 Castello Bonomi

Ad oggi, antiche volte e caratteristiche pupître, segnano il percorso entro cui è scandito il lavoro dei lieviti e del tempo, spazi climatizzati a temperature differenziate, elementi che assicurano alle bottiglie accatastate un riposo idoneo ed appropriato. Il naso esordisce fresco, fruttato, croccante, l’ananas e il lime si alternano a susina gialla, mimosa ed acacia; immancabile la frutta secca, soprattutto pinolo tostato che stuzzica ricordi di pineta ed una traccia minerale di calcare. Con l’aumento della temperatura il naso cambia registro, palesando una dolcissima nota di yogurt alla vaniglia ed una lieve tostatura che non copre affatto il resto dei sentori, al contrario richiama il pepe bianco, la nocciola, chiude la menta peperita. In bocca il vino è teso, verticale, media densità gustativa ed una acidità spinta che richiama l’agrume percepito al naso; la bolla carezzevole, al contrario, ricorda la dolcezza del frutto e sviluppa una buona sapidità che giunge subito dopo la deglutizione. Un sorso godibile, beverino, non certo disimpegnato, ha stoffa e profondità gustativa, ed è in grado di accostarsi magistralmente ad antipasti a base di crudité di mare, ed anche primi a base di pesce.

Spaghetti, pomodoro, burrata, gamberi e basilico

Considerato il difficile momento che stiamo attraversando, ho deciso di rendere omaggio alla nostra bella Italia, abbinando questo buon Franciacorta DOCG ad un piatto che ricorda i colori della nostra bandiera: Tagliolini saltati velocemente in padella con pomodori Pachino IGP e olio evo da monocultivar Taggiasca, guarniti con burrata pugliese, basilico di Prà e gambero spadellato e sfumato con lo stesso vino. La maturità del frutto e il perlage carezzevole abbracciano l’acidità del pomodoro, la vibrante freschezza del sorso contrasta alla perfezione la tendenza dolce della burrata e del gambero. Un abbinamento a mio avviso davvero ben riuscito, dunque: “Viva l’Italia!”.

Andrea Li Calzi

Andrea Li Calzi

È nato a Novara, sin da giovanissimo è stato preso da mille passioni, ma la cucina è quella che lo ha man mano coinvolto maggiormente, fino a quando ha sentito che il vino non poteva essere escluso o marginale. Così ha prima frequentato i corsi AIS, diplomandosi, poi un master sullo Champagne e, finalmente, nel giugno del 2014 ha dato vita con la sua compagna Danila al blog "Fresco e Sapido". Da giugno 2017 è entrato a far parte del team di Lavinium.

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