Incontro con Stefano Billi di Fornacelle al Ristorante Al Ceppo di Roma

L’azienda bolgherese non è una novità per Lavinium, ne abbiamo iniziato a scrivere nel 2005; da allora posso dire senza timore di smentita che la qualità dei vini è cresciuta notevolmente, inoltre i proprietari, Stefano Billi e Silvia Menicagli, dopo un lungo lavoro di reimpianto e mappatura dei vari appezzamenti iniziato nel 1996, hanno deciso di puntare molto sul cabernet franc, perché a loro dire è il vitigno che sta dando i migliori risultati rispetto alle altre due varietà che compongono il taglio bordolese.
Va detto che nella zona il franc esiste da molto tempo, ma pochissime aziende si sono cimentate nel produrlo in purezza, sebbene da qualche anno le cose stiano cambiando e la ragione è molto semplice: rispetto al merlot e al cabernet sauvignon si esprime molto meglio con i climi caldi e siccitosi. Infatti, se un tempo era quello che faticava di più a maturare (tanto che in molte zone appariva come una sua caratteristica -e limite- la forte presenza di note vegetali), con il cambiamento climatico degli ultimi anni ha evidenziato tutte quelle qualità, tradotte in aromi più complessi e profondità al palato, che stanno convincendo un numero sempre maggiore di produttori a tentare la strada del cabernet franc in solitudine. A dare conforto a questa tesi c’è nientemeno che l’enologo di Ornellaia Axel Heinz, che ha lasciato intendere la volontà di un progressivo cambiamento degli uvaggi rossi in azienda, a vantaggio proprio del cabernet franc, soprattutto memori di annate calde come la 2003, la 2009 e la 2017.
Dal canto suo Stefano Billi è altrettanto convinto di questa scelta, del resto il cabernet franc in purezza è ancora una buona novità per il mercato, è sempre stato un po’ di retroguardia rispetto agli altri due vitigni francesi, ma sappiamo bene che tutto è mutevole, e mai così in fretta come nel nostro tempo.
Il frutto di questa visione trova la sua realizzazione nel Bolgheri Superiore Foglio 38, il cui cru si trova a 110 metri di altitudine, il più alto tra i vigneti di proprietà (8 ettari totali), esposto a sud, impiantato nel 1998 a cordone speronato.
Il 2018, la cui etichetta è stata creata dal fratello di Silvia, Franco Menicagli, ha subito macerazione con i lieviti indigeni per circa 20 giorni in barriques aperte con periodiche follature; la maturazione avviene nelle stesse barriques e dura 18 mesi, segue un affinamento in bottiglia per un altro anno e mezzo.
Presenta un colore rubino di buona profondità con unghia appena granata, un bouquet ampio che richiama il mirtillo, la ciliegia, la mora, il ribes nero, l’amarena, poi pepe e liquirizia, vegetale maturo; bocca intensa e già in buon equilibrio, con un tannino setoso e un legno in via di totale integrazione con la polpa.
Ma a Fornacelle ci sono altre particolarità che la distinguono, come i diversi cloni che compongono il Bolgheri Bianco Vermentino Zizzolo (da “giuggiolo”, albero spontaneo che cresce nel bacino mediterraneo), parte stanziali nel territorio bolgherese, parte provenienti dai Colli di Luni e parte dalla Corsica. Le vendemmie avvengono in periodi leggermente diversi, quindi anche il processo di vinificazione (in acciaio inox) è svolto separatamente. Il vigneto ha compiuto 20 anni e il vino se ne giova, la 2021 è fresca e profumata, risente molto degli influssi marini e iodati (presenza di sedimenti marini ed eolici), richiama gli agrumi, la mandorla, la pesca gialla; al gusto spiccano freschezza agrumata e sapidità. Per il vermentino si è preferito passare progressivamente dall’allevamento a cordone speronato al guyot, poiché le prime due gemme non sono produttive.
Un altro vitigno che compone il parco varietale di Fornacelle è il sémillon, da cui nasce l’IGT Toscana Fornacelle Bianco 2021, che trascorre 8 mesi a contatto con i lieviti in barriques di diversa tipologia (in parte nuove, in parte di 2°, 3° e 4° passaggio) e chiude il percorso con 6 mesi di bottiglia. Un vino seducente, dai richiami floreali e note che spaziano dal mango alla pesca gialla, dalla susina matura alla nocciola, con un curioso tocco di zafferano; si sente la nota boisée ma non disturba grazie a un’ampiezza espressiva decisa e persistente, che ritroviamo all’assaggio, anche qui la sapidità ha un ruolo tutt’altro che secondario, il finale mantiene profondità e lunghezza.
Anche il merlot trova una sua specifica espressione nell’Erminia IGT Toscana (dedicato alla figlia da Stefano e Silvia, prima annata 2009), che al momento ha il solo limite di essere prodotto in meno di 2000 esemplari e nelle migliori annate. Anche qui sono i lieviti indigeni ad occuparsi della fermentazione, in barriques aperte, che faranno anche da contenitori per i 18 mesi di maturazione. L’etichetta, scelta sempre da Franco, riprende un dipinto dell’artista livornese Fabrizio Breschi, che rappresenta un cuore dai contorni azzurri su fondo giallo.
Il 2018 presenta un colore rubino intenso e un manto odoroso che spazia dalla frutta matura a richiami di eucalipto, grafite, pepe rosa e liquirizia dolce su uno sfondo piacevolmente balsamico. Corpo morbido, voluttuoso, con tannino rifinito e buona freschezza, con chiusura che richiama le spezie dolci.

Il Bolgheri Rosso Zizzolo 2021 è invece un assemblaggio di merlot 60% e cabernet sauvignon 40%, potremmo definirlo il vino di presentazione di Fornacelle, molto piacevole e fresco, intenso nel frutto e appena vanigliato (8 mesi in barriques usate) e balsamico.
Infine, il Bolgheri Superiore Guarda Boschi 2019, è un classico taglio bordolese di cabernet sauvignon, merlot e cabernet franc, dai profumi accattivanti di amarena, prugna, ribes nero, sbuffi di caffè, macchia mediterranea, forse il vino in questo momento più godibile grazie a un sorso fruttatissimo e in grande equilibrio, con un tannino già ben integrato e una chiusura generosa e lunga.
L’ottimo pranzo presso il ristorante Al Ceppo, in via Panama a Roma, organizzato dall’agenzia PR-Vino di Riccardo Gabriele, ci ha consentito di apprezzare ancora meglio i vini di Fornacelle con portate come il Flan di Castelmagno con zuppetta di vino Rosso e pere, Ravioli all’amatriciana con guanciale croccante, Costolette d’abbacchio alla scottadito. Alla fine un eccellente Gelato di castagna con squaglio di cioccolato, che purtroppo non ho potuto apprezzare con l’unico vino dolce di Fornacelle, dedicato a nonno Vincenzino, a base di fiano, purtroppo esaurito.
Roberto Giuliani