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Monteverro, l’altra faccia della Maremma

Giornalisti a Monteverro
I giornalisti invitati a Monteverro. Al centro, dietro la barrique, l’enologo Matthieu Taunay

La storia della cantina inizia nel 2003 a metà strada tra il mare e Capalbio, là dove la bellezza si fonde con un terroir dal grande potenziale, nascosto fino a poco tempo fa tra le spighe di grano. È qui infatti che Georg Weber, dalla Germania, decide alle soglie del nuovo millennio di intraprendere la sua avventura vitivinicola. Ha studiato alla Business e Management School di Losanna, ma il vino è la sua passione. È affascinato da Bolgheri, dove si fanno grandi vini dalla vocazione internazionale, ma poi resta folgorato dalla bellezza di un angolo della Maremma dalle antiche suggestioni etrusche.
Monteverro, che diventa il nome dell’azienda, è come si chiamano queste colline, popolate di cinghiali (“verro” è il termine usato da queste parti) e punteggiate dalla macchia mediterranea: terre argillose, delle quali però Georg intravede ben altra vocazione. «La nostra realtà è nata da un campo di frumento in disuso e oggi stiamo raccogliendo i frutti del nostro maniacale lavoro», prosegue Georg, alla cui passione, pochi anni dopo, si è aggiunta quella della moglie Julia.

Monteverro vigneti

Un’azienda gioiello, che nel giro di un niente diventa un riferimento nel panorama vitivinicolo internazionale. 60 ettari in totale con tanto bosco e ulivi, i cui primi filari sono stati impiantati tra il 2004 e il 2006, ad un’altitudine che dai 30 metri sale dolcemente fino agli 80. “Siamo solo a cinque chilometri dal Tirreno, e all’orizzonte si staglia verso occidente la sagoma imponente del Monte Argentario, mentre a sud-est è pianura, ultima propaggine di Toscana al confine con il Lazio”. La scelta dei vitigni impiantati riflette quale sia l’anima della proprietà: intorno a vigne tenute come giardini, crescono Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Petiti Verdot, Syrah e Grenache, per un totale di circa 35 ettari che declinano cinque diverse etichette, tra cui il rosso Monteverro, fuoriclasse della gamma, un blend per l’appunto di Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot e Petit Verdot che si ispira proprio allo stile dei bordolesi più rinomati.
Matthieu Taunay è il validissimo enologo con radici nella Loira, che ha maturato rilevanti esperienze in tutto il mondo, dalla Champagne alla Borgogna, dalla Nuova Zelanda al Sudafrica fino alla California e persino all’ India.
Infine, merita una menzione speciale la cantina, appoggiata al fianco della collina e in parte interrata: uno spazio immenso ed elegante, visibile tra l’altro dalla grande vetrata della sala di degustazione situata al piano superiore, dove il rigore e la suprema finezza delle barrique non può che impressionare la vista.


LA DEGUSTAZIONE


Verticale Monteverro

Monteverro IGT Toscana 2008
L’evoluzione percorre un primo quadro olfattivo, nette le spezie dure, sigaro, radici, cuoio, un sottile cenno ematico, humus. Sensazioni fruttate s’impongono poi all’assaggio regalando pienezza al gusto, i tratti freschi vivacizzano e bilanciano un apporto alcolico protagonista. Finale lungo, caldo e docilmente tannico.

Monteverro IGT Toscana 2011
Note di tartufo aprono a frutti copiosi, amarena, prugna, spezie dolci, cannella, anice, frutta secca. Una bella nota balsamica chiude poi un profilo di eccellente complessità. L’assaggio è espressione di freschezza ardente, si adagia si spazi sapidi generosamente fruttati. Trama tannica agile, composta, in armonica simbiosi.

Monteverro IGT Toscana 2019
Il legame al territorio è già chiaro al primo olfatto, particolarmente fresco nel suo bellissimo attacco fruttato, amarena, liquirizia, cacao, grafite, di nuovo tocco balsamico a chiudere. L’assaggio è un’armonia di rara elevazione, la ricchezza fruttata esalta l’espressione sapida e accompagna tratti tannici composti e seducenti.

Monteverro IGT Toscana 2020
Profilo olfattivo di pura avvolgenza, frutti dolcissimi di mora e mirtillo. Esuberanti erbe aromatiche incontrano cenni di alloro, rosmarino e zenzero. L’assaggio è un’esaltazione di freschezza fruttata, ritorni di china e macchia mediterranea aggraziano un finale lunghissimo. Il tannino è dolce, quasi non si avverte, ma non pecca assolutamente di carattere.

Lele Gobbi

Lele Gobbi

Torinese, sognatore, osservatore, escursionista, scrittore. Laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Torino e Master in “Non profit” presso la SDA Bocconi di Milano. Per otto anni si è impegnato in progetti con l'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, occupandosi di raccolta fondi, marketing, comunicazione, relazioni esterne, degustazioni e soprattutto di organizzazione di viaggi educativi in Italia e nel mondo. Scrive per Spirito diVino, James Magazine, La Cucina Italiana, Viaggiare con Gusto, Senza Filtro. È consulente per agenzie di marketing e comunicazione. Ha viaggiato in tutti i continenti alla ricerca dei cibi più vari, dei mercati più pittoreschi e dei popoli più antichi. Ama lo sport (sci e basket), la montagna (le Alpi) e l'arte contemporanea.

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