L’anteprima: sullo stesso “traghetto” Bardolino, Chiaretto e Lugana 2015
Un ammirevole e sano esempio di sinergia per la valorizzazione del territorio traspare inequivocabilmente dall’Anteprima del Chiaretto e del Bardolino, per la prima volta insieme al Lugana nella kermesse organizzata ad inizio marzo all’interno della Dogana Veneta di Lazise dai Consorzi di tutela del Bardolino e del Lugana, con il supporto del Comune di Lazise e della Regione Veneto, per presentare il frutto dell’annata 2015. Il presidente Franco Cristoforetti e il direttore Angelo Peretti per il “rosso” versante veneto e Luca Formentini e Carlo Veronese per il “bianco” bresciano hanno capito che i due vini possono benissimo coesistere vista la loro complementarietà, e hanno dato vita a una “vetrina enologica” che ha permesso al visitatore, italiano o straniero che sia, di conoscere ed apprezzare le bellezze naturali e gastronomiche di una buona fetta del lago di Garda.
Per arrivare a degustare l’intero bacino all’interno di un unico appuntamento manca soltanto il Valtènesi Chiaretto, prodotto praticamente di fronte a Lazise, sulla sponda occidentale bresciana: chissà che non possa essere la novità della prossima edizione dell’evento.
E a questo punto, proseguendo questa intelligente e positiva forma di collaborazione, si potrebbe coinvolgere nel progetto anche la vicina Valpolicella…ma forse sto correndo troppo, mi rendo conto che non sia facile inglobare persone e territorio stimolate e attratte in questo periodo dal florido “fenomeno Amarone”, ma personalmente mi fa piacere pensare a questo comune intento di “fare squadra”, di promuovere una vasta fetta del territorio italiano in possesso di beni naturali, storici, artistici e, non ultimo, enogastronomici, che tutto il mondo ci invidia non appena ne viene a conoscenza.
Un progetto apprezzato e condiviso in primo luogo dai produttori, dal momento che ben 90 di loro erano presenti sia alla domenica, nella giornata aperta al pubblico, sia al lunedì riservato agli operatori del settore, portando complessivamente in degustazione oltre 300 vini, dando priorità ovviamente all’annata 2015, garantendo però spesso l’occasione di compararli con i “fratelli” più vecchi di qualche anno.
Altra geniale novità dell’Anteprima, molto apprezzata da chi voleva farsi un’idea più rapida (e gratuita) della nuova annata del Chiaretto, del Lugana e del Bardolino, l’allestimento di tre distinte aree tematiche all’interno della Motonave Brennero, ormeggiata al pontile d’attracco del porto di Lazise, proprio di fronte alla Dogana Veneta. A bordo il visitatore aveva a disposizione 6 degustazioni da scegliere in una lista di ben 187 etichette, servite e commentate dai sommelier Ais di Verona, unici nel loro genere nello svolgere questo servizio con competenza e professionalità condite da un pizzico di sana allegria.
Spazio anche agli abbinamenti gastronomici grazie alla presenza del “pizzaiolo” Giuseppe Pignalosa, patron delle Parùle di Napoli, giunto appositamente per proporre, oltre alla tradizionale pizza margherita e al suo cavallo di battaglia “Scarulella”(scarola, fior di latte, olive itrane, capperi di Salina e acciughe cetaresi), la “Pizza Chiaretto”, con radicchio trevigiano, gorgonzola, fior di latte e noci, proposta che si sposava ottimamente con il rosato gardenese.
Bardolino e Lugana in sintesi…
Le denominazioni di origine del Lugana e del Bardolino (e della sua versione rosé Chiaretto) sono state tra le prime ad essere istituite in Italia.
Il “bianco bresciano”, ottenuto vinificando il vitigno Trebbiano di Lugana (chiamato localmente Turbiana o Trebbianello) coltivato all’interno di cinque comuni fra Lombardia e Veneto, è stato disciplinato nel 1967 e conta ben cinque diverse tipologie: oltre alla cosiddetta “base”, sono infatti previste le versioni Superiore, Riserva, Vendemmia Tardiva e Spumante.
Il Bardolino, a base prevalentemente di Corvina Veronese, che può essere utilizzata fino all’80% dell’uvaggio totale, nella maggioranza dei casi insieme ad altri vitigni tipici del territorio come la Rondinella, il Corvinone e la Molinara, interessa ben sedici comuni del Garda veronese e del suo entroterra ed è stato disciplinato nel 1968.
Le due zone confinano lungo la direttrice del fiume Mincio, emissario del lago di Garda. In tutto, si tratta di 4500 ettari di vigneto specializzato, di cui 3000 per il Bardolino e 1500 per il Lugana.
…e in cifre Recenti rilevazioni di mercato pongono il Bardolino al sesto posto tra vini Doc rossi italiani e il Lugana al settimo tra i bianche, mentre il Chiaretto è leader assoluto tra i vini rosati a menzione geografica. In seguito a una progressiva e rilevante crescita di consensi riscossa da questi vini negli ultimi sei anni, oggi Chiaretto, Lugana e Bardolino totalizzano vendite annue pari a 42 milioni di bottiglie, di cui 17 milioni di Bardolino, 15 di Lugana e 10 di Chiaretto, per un fatturato annuo globale pari a 125 milioni di euro, distribuito in maniera sostanzialmente equivalente fra le due denominazioni. Il fenomeno più consistente riguarda senza dubbio il Chiaretto, con un incredibile trend di crescita in questo periodo, che ha permesso di raddoppiare le bottiglie vendute, superando i 10 milioni di pezzi. Non da meno il Lugana, al centro di una delle più significative performance nazionali e internazionali sia in termini di volumi, anch’essi quasi raddoppiati, passando da 8 a 15 milioni di bottiglie, ma soprattutto come prezzi, saliti del 35%, arrivando a spuntare quotazioni medie tra le più alte in Italia nel settore dei vini bianchi.
Le mie degustazioni
Bardolino – La mia consueta tornata di degustazioni a stretto contatto con i produttori è iniziata da Alessio Bigagnoli di Calmasino di Bardolino, che anche per il millesimo 2015 è riuscito a gestire al meglio la sua minuscola proprietà biologica di circa mezzo ettaro, da cui nascono circa 6.000 bottiglie dotate di originali etichette dal design meritevole di diversi riconoscimenti, tutte con la chiusura con tappo a vite, tipologia che purtroppo, a mio avviso, stenta a decollare. Il suo Chiaretto dal taglio classico di Corvina, Rondinella e Molinara si presenta è un po’ più carico nelle note cromatiche rispetto al 2014 ma soprattutto in quelle olfattive e nel gusto. Ancora in vasca il Bardolino, altrettanto ricco e pieno in attesa di smussare un po’ le note vinose. Nel frattempo ho molto apprezzato la versione 2014 “pinoteggiante”, singolare caratteristica che ho riscontrato in seguito nei vini di alcuni altri produttori.
Altrettanta sicura affidabilità la ritrovo in Damiano Bergamini, giovane titolare dell’omonima azienda di Colà da sempre attento e curioso nello sperimentare, sia nel vigneto che in cantina, senza tuttavia perdere d’occhio tradizione e tipicità. Il suo Chiaretto presenta un ricco bouquet di freschi sentori floreali e di frutti rossi, oltre a una grande sapidità in bocca, caratteristiche riprese nella versione Spumante “Iride”, fresco e persistente al punto giusto dopo i quattro mesi di rifermentazione in autoclave. Al suo Bardolino “Colline di Colà giova il circa 20% di Molinara per conferirgli intensi aromi di frutta fresca e un tannino dolce e rotondo malgrado il recente imbottigliamento, con un piacevole finale di mandorla dolce. In tema di sperimentazioni ho potuto degustare un campione da vasca di Bardolino Superiore 2013, da uve di Corvina e Rondinella di un vigneto di oltre 50 anni vinificate in acciaio e affinate un anno in tonneau, un vino di buona struttura e freschezza che ben si addice alla cucina veronese, al pari del Colle Antico 2012, da vendemmia tardiva di uve di Teroldego e Marzemino e un paio d’anni di affinamento in legno, una struttura di 15° alcolici e un estratto considerevole che non ne pregiudica affatto la beva.
Tra le new entry nel panorama del Bardolino da segnalare l’azienda Poggio alle Grazie dei fratelli Massimo e Stefano Brutti, alla loro seconda annata di produzione. Il loro Chiaretto di un tenue color buccia di cipolla esprime appieno il floreale e fruttato estratto dalla Corvina, Rondinella e Molinara per una dozzina di ore a contatto con le bucce prima della fermentazione. Piacevole e di buona complessità il Bardolino, frutto di una doppia selezione delle uve, una parte raccolta e lavorata fresca e una parte dopo un breve appassimento di circa un mese.
Fautore dell’utilizzo massivo della Corvina, l’azienda Albino Piona di Palazzina di Prabiano a Villafranca di Verona presenta un Bardolino 2015 che si distingue per le note speziate e il finale di liquirizia dolce, nettamente diverso dal 2014, contraddistinto da sentori di frutta rossa e un tannino marcato, o dal 2013, sapido e minerale, mentre nel 2010 si ritrovano le spezie dolci: tutto questo per sottolineare le differenti impronte e l’affidabilità di questo poliedrico vignaiolo veronese, abile anche nel produrre una versione di Bardolino denominata “SP” più complessa e persistente affinata per circa un anno in legno, e la novità di un sapido e fragrante Metodo Classico Gran Cuvèe, vendemmia 2009 sboccatura novembre 2015, dove alla Corvina vinificata in bianco (70%) vengono unite le uve Garganega e Trebbiano.
Nel corner dell’azienda Benazzoli di Pastrengo ciò che spicca e colpisce, prima ancora dei profumi e del gusto dei loro vini, è il sorriso delle estroverse sorelle Claudia e Giulia, che con orgoglio illustrano le raffinate etichette del poker di vini del progetto Sogni di Donna, una visione al femminile del mondo del vino, innegabilmente legato a tanti termini femminili, come tradizione, passione, fatica, vendemmia, cantina e bottiglia, tanto per citarne solo alcuni, così come alla preziosa e indispensabile figura della “Donna” presente in ogni realtà enologica.
Ecco quindi che Tecla viene raffigurata sul Chiaretto, “una ragazza alla scoperta del mondo”, proprio come questo vino invita alla conversazione e alla scoperta del resto della produzione.
La Dafne sul Bardolino denuncia un “ragazza ormai donna ma ancora spensierata e piena di gioia” come si percepisce dal rubino mix di frutta fresca e spezie che caratterizza questo vino.
Agata sull’elegante Pinot Grigio e Giava nello strutturato Rosso Verona IGT completano questo raffinato quadro artistico.
Con coraggio, passione e determinazione Matilde Poggi dell’azienda Le Fraghe ha fatto scuola tra le realtà biologiche della zona del Bardolino. Il suo Chiaretto “Rodon”, imbottigliato con tappo a vite per limitare al massimo l’uso di solforosa aggiunta, a base di Corvina all’80% e Rondinella per la restante parte, si rivela incredibilmente floreale, sapido, quasi salato. Frutta rossa croccante con un piacevole finale di liquirizia dolce contraddistingue il suo Bardolino.
Buon esempio biodinamico deriva dall’azienda Villa Calicantus, piccola realtà di poco più di un ettaro gestita da Daniele Delaini, che nel 2011 decise di lasciare il suo lavoro in banca per dedicarsi anima e corpo alla vigna ereditata dalla zia Teresa qualche anno prima, cercando fin di utilizzare unicamente trattamenti naturali. Il suo Chiaretto ha fermenta e affina in legno, ha un gusto amabile, una buona persistenza e pulizia, con leggere note speziate, con una buona vena acida garantita da una piccola parte di Sangioveto. La stessa impronta speziata e persistente si riscontra nel suo Bardolino Superiore annata 2012, affinato per il 40% in barrique e tonneau nuovi.
I vini dell’azienda Casaretti della famiglia Rossi, circa 13 ettari in conversione biologica coltivati in maggioranza a pergola da Gianmaria e seguiti in cantina da Stefano Rossi, si presentano particolarmente sapidi, in particolare il Chiaretto, e netti e nitidi, con il Bardolino “La Nogara” che beneficia della spinta tannica e acida del Sangiovese associata ai tradizionali Corvina, Corvinone e Molinara.
La pergola viene privilegiata anche nei 20 ettari vitati dell’azienda Le Ginestre, da oltre un decennio curati dal giovane titolare Marco Ruffato, per difendere la freschezza floreale del suo Chiaretto prettamente a base di Corvina e Corvinone. Il suo Bardolino si caratterizza da un tannino ricco e fragrante, con una buona struttura preservata da un semestrale affinamento in legno.
Di recente costituzione, la prima annata risale infatti al 2007, il “Baldovino” Chiaretto della Tenuta La Presa è di un tenue color buccia di cipolla e profumi primaverili. L’azienda dei fratelli Serena e Fabio De Micheli dispone di ben 100 ettari, di cui 35 vitati intorno all’azienda di Caprimo Veronese con annesso agriturismo. Il Bardolino è di un rosso rubino brillante, profumi intensi di frutti rossi maturi e un piacevole tannino avvolgente.
Tra le cantine sociali, spicca la rusticità e l’incisività del Bardolino “Vintage” nell’ampia gamma della Cantina Castelnuovo del Garda con un pizzico di Garganega e di Sangioveto presenti naturalmente nei circa 2 ettari di vigneto di un unico socio, tutte le uve vengono vendemmiate insieme e fermentate con lieviti indigeni secondo la tradizione, quindi affinamento per 6 mesi in botte di legno da 50 hl. Interessante e dotato di buon equilibrio il Metodo Classico Bardolino vendemmia 2012 con 18 mesi di affinamento sui lieviti in bottiglia.
L’azienda Costadoro della famiglia Lonardi per i suoi vini sposa un’impronta amabile e accattivante, eccezione fatta per il Bardolino Broi 2014, che dopo un anno affinamento in acciaio sprigiona una spiccata nota di liquirizia.
Sul fronte delle grandi realtà aziendali, la Vigneti Villabella di Calmasino del presidente Cristoforetti che tra i primi ha abbracciato al 100% l’idea di “schiarire” il Chiaretto, propone una versione con netti sentori aggrumati e un tannino sottile e accattivante.
Più speziata, secca e sapida la versione di Chiaretto, sia fermo che in versione spumante, del Monte del Frà di Sommacampagna e dell’azienda Frezza di Castelnuovo del Garda.
Lugana – Diverse sono state le piacevoli sorprese degustando il “bianco bresciano” per eccellenza, a cominciare dalla sua buona longevità, testimoniata e confermata nel corso di una retrospettiva dell’annata 2014 che, seppur non certo da ricordare come esemplare, ha espresso dei vini che a distanza di un anno dall’imbottigliamento palesano ancora una buona freschezza, mineralità e piacevolezza di beva. Sebbene la maggioranza dei produttori dichiari senza ombra di dubbio l’utilizzo del solo vitigno Turbiana, a seconda della zona di produzione e/o della mano del vignaiolo erano più marcate le sensazioni aromatiche e vegetali rispetto alle più nitide e secche minerali.
A mio avviso un bell’esempio di Lugana proviene dalla Corte Sermana di San Benedetto di Lugana sotto la guida di Filippo Bottaccini dal 2001, azienda che in precedenza si dedicava prevalentemente all’allevamento di faraone, che crescevano libere in mezzo ai 6 ettari di filari a ridosso del lago di Garda. Il suo primo Lugana è datato 2009, un vino schietto, estremamente secco e minerale, ricco, pieno e allo stesso tempo elegante e sapido. Il “Cromalgo” 2014 è tutto questo, malgrado una brusca grandinata a ridosso della vendemmia ha rischiato di compromettere l’intera raccolta. Un perlage fine e persistente caratterizza il Lugana Brut “Le Palafitte” 2013, un metodo charmat di oltre 6 mesi in autoclave. Per la cronaca completano la gamma un Chiaretto e un Bardolino altrettanto eleganti e minerali.
Di notevole interesse anche i vini della Cascina Maddalena, una piccola realtà a Lugana di Sirmione di circa 4 ettari vitati su terreni di argilla grigia. In compagnia dei fratelli Elisa e Mattia Zordan ho degustato un ricco e fragrante Lugana Brut 2013, metodo classico prodotto in appena 1.500 esemplari, sboccato lo scorso anno dopo 18 mesi di affinamento sugli lieviti. La piacevolezza del loro Lugana la riscontro anche nella versione ferma dell’annata 2014, così come intravedo una maggior pienezza e sostanza (quasi 14°) nell’annata 2015 che riposa ancora in vasca di acciaio sulle sue fecce fini.
Non sono da meno i Lugana prodotti dalla Cascina Le Preseglie, azienda nata nel 2007 dalla ristrutturazione di un casale del 1800, che annovera al suo interno anche uno stimolante agriturismo dotato di un termarium, un vitarium per aromaterapia, cromoterapia e musicoterapia e la possibilità di effettuare trattamenti e massaggi terapeutici.
Altra particolarità dell’azienda di Cristina Bordignon è che tutte le uve vendemmiate dai 15 ettari di proprietà vengono lavate con uno speciale macchinario prima della pressatura, pratica utilizzata soltanto da altre due aziende in tutta la Penisola. In questo modo le uve ripulite da ogni residuo di trattamento e di impurità producono un mosto con concentrazioni aromatiche e di sostanza pure e intense, e in pratica anche meno bisognoso di solfiti.
Il suo Lugana Brut “Ishvara” vendemmia 2011, metodo classico sboccato nel maggio dello scorso anno, esprime appieno queste caratteristiche, con un bouquet floreale che lascia spazio in bocca a una elegante cremosità e mineralità di fondo.
Altrettanto intenso e persistente sia il Lugana “Hamsa” 2014 che 2015, quest’ultimo in procinto per essere imbottigliato, che trae origine dai vigneti aziendali collinari di circa 30-35 anni.
Di dimensioni diametralmente opposte la Tenuta Roveglia, con i suoi 70 ettari vitati e le 700.000 bottiglie prodotte, di cui il 98% di Lugana, ha origini risalenti al 1930, ma i suoi vini venivano commercializzati in damigiane fino al 1990. Con il direttore aziendale Paolo Fabiani scopro il Lugana “Limne” 2015, dove le note aggrumate e citrine hanno ancora il sopravvento su quelle minerali e di idrocarburi che invece sono ben presenti nel 2014, che esprime appieno i terreni calcarei dei vigneti di 25-35 anni. Queste sensazioni si amplificano degustando la Riserva “Vigne di Catullo” 2013, con parte delle uve provenienti da vigneti su suolo argilloso di oltre 50 anni, dotato di una rimarchevole complessità e profondità sia al naso che in bocca.