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Storie di cantine, uomini e luoghi

Udite udite, EuVite vi parla della Calabria!

I produttori di EuVite

La Calabria, affascinante e misteriosa, terra dalle inestimabili risorse naturali, culturali e turistiche troppo spesso mal gestite o peggio mai comunicate, bistrattata da decenni di mal gestione, vuole finalmente reagire a questo pessimo stato delle cose.
Uno degli obiettivi che si è prefissato EuVite, associazione che ci è stata presentata nel corso di un educational tour organizzato da Edizioni L’Informatore Agrario, partner del consorzio, è proprio questo: far conoscere e identificare la regione con prodotti enologici di qualità, investire nella comunicazione alla stregua del creare nuove infrastrutture, comunicando chiaramente dove si trova la Calabria, in particolare all’estero, per cancellare la pessima abitudine di dare certe cose come scontate.

Gli enologi di EuVite

Protagonisti indiscussi delle due giornate di visite, degustazioni e approfondimenti i vini, il territorio con il suo netto e talvolta brusco contrasto tra le colline e il mare, le eccellenze gastronomiche calabresi (come il Fico Cosentino, la Liquirizia di Calabria, gli oli e i formaggi) e la cucina di chef di grande talento come Ercole Villirillo, Salvatore Murano, Ettore Mazzuca e il mitico Salvatore Nigro, in arte Sasà, cuoco-gestore dell’omonima trattoria di Cirò Marina.

Borgo Saverona

Costituitasi nel 2008, EuVite è probabilmente il primo modello nato nel sud Italia di associazione fra produttori, uniti per promuovere i frutti più pregiati della vitivinicoltura calabrese condividendo competenze e conoscenze, di marketing e della comunicazione.
Attualmente comprende cinque aziende, di diverse dimensioni, ciascuna in rappresentanza di un diverso terroir regionale: Librandi di Cirò (Crotone), Malaspina di Melito Porto Salvo (Reggio Calabria), Aziende Poderi Marini di San Demetrio Corone (Cosenza), Serracavallo di Bisignano (Cosenza) e Statti di Lamezia Terme (Catanzaro).

Nicodemo Librandi

Tutto è nato da uno studio avviato vent’anni fa da Nicodemo Librandi, attuale presidente dell’associazione, con il supporto della Regione Calabria al fine di recuperare i vitigni autoctoni e riqualificare la viticoltura calabrese, sempre di più propensa ad abbandonare i ceppi storici a favore di quelli internazionali.

La Tenuta Rosaneto

L’attenzione si rivolse in particolare sui vitigni a bacca rossa di magliocco (il più diffuso in regione) e gaglioppo e sui bianchi mantonico e pecorello. Nel 1999, dall’area del Cirò, la ricerca si è estesa all’intero territorio regionale, “setacciando” la maggior parte delle vigne calabresi. Il risultato finale fu sorprendente: si riuscì a individuare addirittura 289 varietà diverse, molte delle quali risalenti addirittura all’epoca greca e romana, che furono messe a dimora da Librandi in uno speciale “campo a spirale” nella tenuta Rosaneto di Rocca di Neto.

Scorcio della Tenuta Rosaneto di Librandi

D’altronde la ricchezza e la qualità delle uve di questa regione venivano osannate già nel 1691 da Giovanni Fiore, frate dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, considerato il massimo storico della Calabria seicentesca, nella sua opera ►Della Calabria illustrata: “Abbonda la Calabria di nobilissimi vigneti nei quali è da vedersi qualunque dell’uve…negre, rossaccie, bianche, indorate, lunghe, tonde, adovate,…tutte così belle da vedere e così delicate dall’assaggiare che sembrano uscire dal terrestre Paradiso“.

Il panorama su Rocca di Neto

Nel 2005 iniziò la collaborazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Virologia Vegetale di Grugliasco, poco distante da Torino, con la dottoressa Anna Schneider e il dotto Franco Mannini che seguirono con entusiasmo l’evolversi del progetto, riuscendo ad individuare e descrivere ben 120 diversi genotipi, una trentina dei quali sono stati quindi identificati con certezza grazie all’analisi del DNA.
L’obiettivo si estese dal semplice recupero degli storici vitigni calabresi a quello ben più ambizioso ed importante di creare cloni esenti da virus non curabili (solo il 2% delle piante inserite nel vigneto sperimentale ne era esente), oltre a migliorare l’equilibrio produttivo del vigneto e la qualità enologica delle uve, rendendo queste migliorie costanti.

A Cirò Marina i vigneti arrivano fino al mare

Il passo successivo fu di vinificare presso il Centro servizi e ricerca per la viticoltura e l’enologia Enosis Meraviglia di Fubine (Alessandria) alcune partite di uve frutto di una prima selezione di cloni, rigorosamente coltivati in Calabria poiché alcuni esperimenti di impianto di viti in Piemonte hanno dato risultati negativi, in particolare nella ricchezza aromatica e qualitativa delle uve.
Questo lavoro ha permesso all’enologo Donato Lanati e alla dottoressa Dora Marchi di concentrarsi sullo studio dell’uva, analizzando le componenti e le caratteristiche degli acini di questi vitigni calabresi.
Estremamente utili e interessanti i risultati di queste analisi, che ci sono state descritte in sintesi tramite eloquenti slide durante il nostro soggiorno a Cirò Marina. Così ho appreso che uno dei punti critici del gaglioppo (vitigno da non confondersi assolutamente con il magliocco), frutto dell’incrocio tra mantonico bianco e sangiovese (che in Calabria viene chiamato nerello), è il colore delle bucce. I conseguenti problemi di stabilità di colore nel tempo (aspetto non trascurabile soprattutto dal punto di vista della valutazione commerciale di un vino) derivano dalla presenza di antociani senza acilina, componente che fissa il colore, in prevalenza disostituiti, con bassi livelli di malvina.

Il vigneto a spirale di Librandi

Migliori ma soprattutto più complete ed equilibrate le caratteristiche rilevate sul magliocco dolce (chiamato anche magliocco tondo, arvino o lacrima), che meglio si adatta ai siccitosi e salini terreni calabresi, così a eventuali fenomeni di marciume e muffa grazie al suo grappolo medio piccolo e la buccia spessa, permettendo vendemmie tardive per completare il ciclo di maturazione, senza eccedere con l’accumulo di zuccheri e mantenendo un buon potenziale aromatico (grazie a una presenza significativa di terpeni) e un tannino medio morbido a patto che non si ecceda con stress idrici (e qui torna prepotente il bisogno/utilità della cosiddetta irrigazione di soccorso).

Nicodemo Librandi

Altro vitigno autoctono storico (anche in questo caso i primi scritti risalgono al 1600, il mantonico bianco è considerato un “vitigno chiave” dal punto vista genetico, parente del greco bianco ma da non confondersi con il montonico presente in Umbria e Puglia, ed è dotato di grandi potenzialità complessive poiché ha un’ottima resistenza al freddo invernale e alla siccità estiva, si adatta bene ai terreni argillosi salini e ha una buona tolleranza alla peronospora e all’oidio. Anche in questo caso occorre però grande cura e delicatezza in fase di vinificazione per gestire al meglio la ricchezza di tannino presente nelle uve.

Luciano Pavesio con alle spalle il vigneto sperimentale a spirale di Librandi

Molto importante anche il lavoro di zonazione viticola della denominazione Cirò, che ha portato all’individuazione di ben 8 zone ideali nei circa 20.000 ettari di vigneti, dalle sottozone Le Terre Rosse con suoli molto acidi e con radici sui 60 centimetri ai suoli alluvionali, fertili fino a 2 metri di profondità, oppure il Feudo, un terrazzo di 500 ettari di argille marnose, simile ai Rilievi Collinari.
Sette anni di studi e analisi hanno fruttato l’invio al Ministero delle Politiche Agricole della richiesta di omologazione e registrazione nel Catalogo nazionale delle varietà di vite di 4 cloni di galioppo, 4 di magliocco dolce e 1 di pecorello, altro vitigno bianco coltivato pressoché esclusivamente in provincia di Cosenza, in particolare nell’area di Rogliano Calabro per la Donnici Dop: direi più che un’ottima base di partenza per la valorizzazione e standardizzazione della viticoltura calabrese!

I fichi d'India nell'azienda Statti

Dopo fiumi di parole e immagini, il momento tanto atteso dai produttori di EuVite è stato senz’altro la degustazione alla cieca di Borgo Saverona dei vini di punta delle cinque cantine dell’associazione a confronto con alcune tra le etichette più blasonate francesi di Borgogna, Côtes de Provence e Châteauneuf-du-Pape, e italiane, Barolo e Amarone della Valpolicella in primis.
Una comparazione che a mio avviso ha premiato gli sforzi e il lavoro dei produttori calabresi, regalandogli una giornata di grande gioia e soddisfazione poiché nella maggioranza dei casi i loro vini hanno saputo tener testa ai blasonati contendenti, soprattutto in termini di identità, unicità, fragranza, territorialità e beva, grazie a particolari e freschi profumi floreali ed aromi speziati da preservare limitando gli affinamenti in botte o estrazioni eccessive, tutte caratteristiche quanto mai ricercate nel globalizzato mondo del vino attuale.

I vini a confronto

Chiaro e coinciso il messaggio di Nicodemo Librandi al termine del nostro tour, compresa l’aspra critica alle modalità di utilizzo dei finanziamenti pubblici (vengono erogati fino al 70% a fondo perduto), “Soldi che vengono spesi e non investiti. Nell’ultimo decennio sono nate troppe aziende in Calabria ma poche di esse funzionano. La Calabria sta scontando il prezzo di un ritardo gravissimo. EuVite rappresenta un’opportunità tutta da sfruttare per fare rete in un mondo penalizzato dall’individualismo“.

Luciano Pavesio

Esordi giornalistici nel lontano 1984 nel mondo sportivo sul giornale locale Corriere di Chieri. La passione per l’enogastronomia prende forma agli inizi degli anni ’90 seguendo la filosofia e le attività di SlowFood. Ha frequentato corsi di degustazione e partecipa a numerosi eventi legati al mondo del vino. Le sue esperienze enoiche sono legate principalmente a Piemonte, Valle d'Aosta, Alto Adige e Friuli. Scrive e collabora a numerose riviste online del settore; è docente di corsi di degustazione vino ed organizzatore di eventi.

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