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La grazia femminile di Roberta Borghese nei vini dell’azienda Ronchi di Manzano

L'entrata all'azienda di Ronchi di ManzanoMarzo è un mese che adoro. Le giornate si allungano. I primi segnali di una primavera che sta arrivando. La natura che si risveglia e le viti che dopo la potatura invernale sono impazienti di iniziare il loro percorso vegetativo. A fare la parte da protagonista nella prima decade del mese non sono però le viti, ma un fiore, la mimosa, che oltre a rallegrarci con il suo giallo splendore, rappresenta il simbolo delle donne. Il destino (leggermente stimolato) vuole che il 7 marzo mi ritrovi con un pomeriggio libero. Come posso allora lasciarmi scappare l’occasione di conoscere una delle tante splendide realtà vitivinicole del Friuli, rendendo al tempo stesso onore anche a un’intraprendente donna del vino? Avete ragione. Non posso.
Ci troviamo nei Colli Orientali del Friuli fra le splendide colline di Manzano dove Roberta Borghese è la protagonista delle fortune dell’azienda Ronchi di Manzano. Un sentiero alberato ci conduce verso il cielo e verso l’azienda, e quando si arriva, dall’alto si può ammirare un panorama stupendo fatto di vigneti e natura incontaminata.
Ronchi di Manzano era già stato scoperto dai conti di Trento, che ammaliati dalle sinuose colline della zona, decisero di sfruttare questo vocato “terroir” per produrre i vini da destinare ai nobili dell’impero austro-ungarico. L’azienda nasce nel 1969 ma dal 1984 è gestita da Roberta.
La famiglia Borghese, proveniente dal settore industriale della sedia, decide di comprare la proprietà e Roberta, che fino a quel momento si era occupata di tutt’altro, diventa la prima responsabile delle sorti future dell’azienda vinicola. Siamo dinanzi ad una giovane ragazza che, pur delicata e discreta nei modi, è animata da una forza di volontà e da un desiderio di sapere enormi. Inizia a girovagare per il mondo con l’obiettivo di imparare tutti i segreti della vigna e della cantina. Passa un periodo in Francia, poi in Cile ed infine negli Stati Uniti. Nei dieci anni che gira il mondo, impara tantissime cose che saranno un bagaglio importantissimo e fondamentale per il raggiungimento di quello che è il suo scopo principale: modernizzare l’azienda e produrre vini di qualità.

Il viale d'ingresso all'azienda Ronchi di ManzanoIl lavoro da fare in vigna e in cantina è grande perché si rende necessaria una radicale ristrutturazione. Vengono reimpiantati tutti i vecchi vitigni progettando un complesso sistema di terrazzamenti, infittendo i ceppi e impostando sistemi di potatura che seguono la filosofia francese. Scelte necessarie per perseguire l’obiettivo di ottenere uve di primissima qualità, unica strada che porta a vini di altrettanto livello qualitativo.
Anche in cantina però si rende necessario un notevole lavoro di restyling. Oggi la splendida dimora dove nascono e crescono i vini, è formata da una costruzione nata dalla roccia con due piani interrati che vengono abbracciati dalla terra sottostante. Siamo dinanzi a un’efficiente e bella cantina dove non manca nulla per poter lavorare bene. Troviamo, infatti, un reparto per la vinificazione con botti in acciaio termocondizionate, una zona dedicata all’imbottigliamento, un magazzino e il fiore all’occhiello della bottaia recentemente ampliata, che ospita legni francesi, sia sotto forma di barrique da 225 litri che di botti grandi da 20 e 40 hl, a cui recentemente si appoggia sempre più la nuova filosofia produttiva. Infatti, Roberta considerando il vino materia viva, desidera che i vini maturino dolcemente, senza fretta, lasciando il ruolo di protagonista sempre alle uve e alla loro tipicità.
L’azienda dopo questo percorso di rinnovamento e ampliamento può contare ad oggi su 55 ettari vitati suddivisi in tre corpi distinti che presentano microclimi e tipologie di terreno che si differenziano e dànno quindi delle uve fedeli rappresentanti del territorio. Attorno alla cantina, sono dislocati i circa 35 ettari di vigneti del Ronc di Scossai e del Ronc di Subule, mentre più ad est, ci sono altri 20 ettari ubicati sulla collina più alta di Rosazzo. I vigneti dislocati nel Ronc di Rosazzo possono godere di un microclima eccezionale, ventilato e asciutto, con esposizioni al sole ideali e un suolo marnoso, dove regna la famosa “ponca” che crea la culla ideale per ottenere delle uve che solo in queste zone riescono ad esprimersi a livelli assoluti.
Dal mix di un terroir vocato e dal lavoro scrupoloso in vigna e cantina si ottengono mediamente circa 200mila bottiglie, con l’azienda che presenta due linee di produzione, quella di primissima qualità denominata Ronchi di Manzano, e quella denominata Le Vigne della Rocca con vini più semplici e meno complessi che vengono destinati principalmente al mercato estero.

Un vigneto aziendaleLa linea Ronchi di Manzano ci offre un’ampia possibilità di scelta. Fra i vini bianchi il ruolo di attore protagonista spetta al vitigno principe nella zona, il Friulano. Rese bassissime e un passaggio in legno rendono questo vino profumato, fruttato e vellutato in bocca, un’autentica primizia per i nostri palati. Poi fra i bianchi troviamo lo Chardonnay, il Sauvignon e il Pinot Grigio. Non poteva mancare un assemblaggio del meglio delle uve bianche, rappresentate nel Rosazzo Bianco dove tocai friulano, chardonnay, sauvignon e picolit creano in sinergia un’armonia di profumi e sapori. Fatato e non solo di nome è il Traminer Aromatico. Ultimo arrivato ma non per questo il meno considerato, anzi un vino che sta trovando ampi consensi ed estimatori.
Ampia e battagliera è la pattuglia dei vini rossi. Fra i vini in purezza troviamo il Cabernet Sauvignon, il Cabernet Franc, il Merlot e il Refosco dal Peduncolo Rosso. Bevuti giovani o dopo un certo periodo di affinamento, sono sempre in grado di sorprendere. Autentica primizia è il Pignolo, ottenuto da uve provenienti da un solo ettaro di terreno. Questo autoctono antichissimo che era andato a rischio estinzione, è stato riscoperto grazie all’unico filare rimasto proprio sui colli di Rosazzo. Un vino quindi non dai grandi numeri ma dalle enormi emozioni. Da una selezione di uve merlot, nasce il delizioso Ronc di Subule, fermentazioni in acciaio e 12 mesi in rovere francese per regalarci un vino importante.
Anche fra i rossi troviamo un assemblaggio di uve rosse, il Rosazzo Rosso dove potremo riconoscere le inconfondibili caratteristiche del merlot, del cabernet sauvignon e del refosco. A completare l’agguerrita squadra dei rossi, il primo nato in casa Ronchi di Manzano, il bordolese Le Zuccole (merlot e cabernet sauvignon che dopo la fermentazione in acciaio matura per ben 18 mesi in rovere francese.
Per concludere degnamente una cena o per regalarsi un momento di tranquilla meditazione, ci vuole però un buon vino dolce. Il colle di Rosazzo essendo molto ventilato ed asciutto e con il sole che permette di appassire le uve, rappresenta l’habitat ideale al nostro scopo. Naturalmente in Friuli i protagonisti non possono che essere il Picolit e il Verduzzo Friulano, preziosi nettari che l’azienda Ronchi di Manzano riesce ad esaltare in modo particolare.
Ho lasciato per ultime le due nuove produzioni che rappresentano la scommessa di Roberta. Due spumanti metodo Charmat, il Brut da pinot bianco e chardonnay e il Rosé Brut da refosco dal peduncolo rosso. Due prodotti freschi e profumati adatti sia a celebrare momenti di festa che ad accompagnarci a tavola durante le nostre libagioni. Insomma dall’aperitivo al dolce non manca proprio nulla. Non ci resta allora che darci da fare e scoprire di persona tutti i piacevoli segreti che si nascondono all’interno delle bottiglie di Ronchi di Manzano.

La cantina di Ronchi di ManzanoAlla fine di questa piacevolissima giornata ho avuto modo di verificare di persona come anche in un mondo dove il predominio maschile è stato da sempre netto, l’impegno, la grazia e la competenza femminile riescono a produrre importanti risultati. Roberta nonostante non provenisse dal mondo del vino, ha messo in campo tutte le sue capacità e il suo impegno per imparare i segreti che le hanno permesso di far diventare l’azienda Ronchi di Manzano una importante realtà della viticoltura friulana.
Molte volte le donne nel mondo in cui viviamo si trovano a dover superare numerosi ostacoli per riuscire ad emergere, nonostante siano in possesso di tutti i requisiti necessari. Viviamo in una società che, a mio avviso, per molte cose oggi è in una fase fortemente negativa e, al momento, non consente di intravedere un futuro roseo nemmeno per i nostri figli, pur essendo per natura un ottimista. Se non si investe nella scuola, nella cultura, nel lavoro, nella meritocrazia e i messaggi che vengono lanciati sono quelli che a vincere è sempre il più furbo e che per fare la “grana” si può utilizzare qualsiasi mezzo, allora non si va da nessuna parte.
In una politica nostrana arida di valori e di principi, sarei curioso di vedere al potere una donna, non quelle che sfruttando le proprie qualità fisiche ottengono privilegi e cariche immeritate, ma una delle tante in Italia che sono ricche di valori e capacità e che forse riuscirebbero a portare una ventata di ottimismo e novità in un contesto che oramai faccio troppa fatica ad accettare come modello da seguire.
A questo punto non mi resta che attendere di vedere se dopo la donna vignaiolo, i tempi saranno presto maturi anche per vedere una donna premier. Nostradamus aveva predetto il papa nero e non aveva previsto questo, ma sotto sotto spero proprio che si sia sbagliato.

DIALOGANDO CON IL VIGNAIOLO

Roberta BorgheseDietro ogni etichetta di vino c’è vita, passione, sacrificio spesso la storia secolare di una famiglia o azienda. Purtroppo viviamo in una società dove conta molto l’apparire, a discapito dei contenuti che dovrebbero essere i più importanti. Quanto conta saper comunicare oltre che con la bontà del vino anche attraverso operazioni di marketing, che possono partire dalla veste grafica dell’etichetta fino alla ricerca di una visibilità sui media di settore?
Sarebbe bello che bastasse solo fare un vino buono. La mia filosofia e il mio modo di essere mi portano a privilegiare i contenuti rispetto all’apparenza, ma oggigiorno il marketing – attirare il cliente con un’etichetta accattivante, partecipare alle fiere per farsi conoscere – è diventato elemento essenzialo se si vuole sopravvivere nei mercati.

Nella vostra offerta troviamo anche due spumanti metodo Charmat, il Brut da uve pinot bianco e chardonnay e il Rosé da uve refosco. Dall’aperitivo al dopo cena, il consumo degli spumanti italiani è ormai spalmato lungo l’intera giornata e non conosce stagionalità. Coinvolge appassionati di tutte le età, trovando ampie possibilità d’abbinamento con il cibo e una nutrita schiera d’appassionati fra le nuove generazioni. C’è soprattutto questo alla base della scelta che ti ha portato a produrre due tipologie di spumante?
Un tempo nelle nostre cantine si faceva uno spumante metodo classico da uve di pinot nero e pinot bianco. Era un prodotto buono ed affascinante, però la clientela sceglieva altri marchi, più celebri se decideva di acquistare le bollicine. Dopo un periodo di calma, c’è stato un ritorno della domanda di questa tipologia, è ho deciso di puntare su questi due prodotti che personalmente ritengo di ottima qualità. Sarà il tempo a decretarne il successo, anche se la concorrenza è sempre molto agguerrita, perché ormai in tanti, anche in Friuli, hanno iniziato a produrre spumanti.

Roberta BorgheseI consumi di vino degli italiani stanno scendendo sotto la soglia di 40 litri/anno, un terzo di quanto si beveva negli anni ’70. L’export sta quindi diventando sempre più una necessità piuttosto che una scelta?
I consumi in Italia sono diminuiti sia per un cambiamento nelle abitudini dei consumatori, sia per leggi superficiali che hanno penalizzato chi beve il vino come naturale accompagnamento al cibo, che va al ristorante o in enoteca non per ubriacarsi ma per degustare. Le leggi che servono per limitare gli incidenti sulle strade sono giustissime, l’accanimento verso chi consuma vino in modo consapevole è esagerato ed ha creato un clima di paura che ha svuotato i locali e ridotto il consumo di vino.
L’export è quindi importante e fondamentale. La crisi ha ridotto le vendite, anche mercati un tempo fiorenti come Stati Uniti e Gran Bretagna sono in affanno. Ma bisogna continuare a cercare nuovi sbocchi nei mercati emergenti, farsi conoscere, partecipare alle fiere, questa è una scelta necessaria.

Il 2011 sarà finalmente l’anno della vera ripresa? Che aria si respira nel settore?
Parlo per la mia realtà, ma mi sembra che stando a questi primi mesi, il 2011 sarà anche peggio del 2010, annata che aveva registrato verso settembre segnali di incoraggiante ripresa che però hanno ben presto cessato di manifestarsi. La speranza è che questa ripresa ci sia, e che non tardi ad arrivare, se non quest’anno almeno in quello che verrà.

Roberta BorgheseUna donna passionale ed entusiasta in un mondo un tempo monopolizzato dagli uomini. Pensi che le donne abbiano raggiunto una posizione di parità nel settore o ci sono ancora dei rimasugli “maschilistici” che frenano un pochino la vostra ascesa?
La donna secondo me è ancora molto indietro ed ha molta strada in salita da percorrere. Ci sono tante donne che sono brave e lavorano bene, ma ci sono ancora tanti uomini che si ritengo più bravi in questo settore. Io però me ne sono sempre fregata di queste discriminazioni, ho messo in campo la mia voglia, il mio sapere e il mio carattere e ho filato dritta per la mia strada. Ho creato un’azienda che ritengo efficiente e a detta degli altri con uno stile femminile. Ho due figlie che si sono appassionate al mondo del vino, e completati gli studi spero porteranno avanti il mio progetto e dimostreranno ancor di più che le donne, ad armi pari sono in grado di fare cose importanti in questo settore.

Ami in maniera incredibile il tuo lavoro, una vera passione per il vino e la terra, in cui ci metti tutte le tue risorse e il tuo impegno. Ma se fossi stata costretta ad una sorta di “esilio lavorativo” cosa ti sarebbe piaciuto fare di diverso nella tua vita?
Io provengo già da un altro settore, quello dell’industria della sedia, quindi ho già fatto qualcosa di diverso e oggi posso tranquillamente dire che quello attuale è il mondo in cui mi trovo più a mio agio. C’è tanto da lavorare e da fare, ma non cambierei quello che sto facendo con null’altro al mondo, e questa mia affermazione trova riscontro nel fatto che sto insegnando i segreti del mondo del vino anche alle mie figlie, alle quali auguro in futuro di seguire le mie orme e migliorare i miei risultati.

Alcune bottiglie prodotteDando per scontato che ritieni la terra dove la tua azienda trova dimora la più bella, che altra zona vinicola dell’Italia o del mondo avresti scelto per le tue viti?
In Italia dico la Toscana, mentre nel mondo Bordeaux, due zone che considero stupende.

Roberta, hai realizzato tutti i tuoi sogni o c’è ancora qualcosa che vorresti veder concretizzato in futuro?
Siamo appena agli inizi e c’è ancora tanto da fare, tante cose da realizzare, tanti sogni nel cassetto. Innanzi tutto vorrei migliorare sempre di più il livello qualitativo dei miei vini. Poi vorrei farmi conoscere nel mondo, vorrei che il mio marchio di vini avesse sempre maggiori estimatori. Ho ancora una cinquantina di anni davanti a me per realizzare questi miei progetti, e con l’aiuto delle mie figlie sono sicura che si concretizzeranno.

Quali sono le passioni e gli hobby di Roberta?
Adoro le piante e i fiori e in particolar modo le rose. Mi piace leggere, la cultura e il sapere in generale, essere sempre informata. Poi adoro il mondo della medicina. Se devo dire quale non è il mio hobby, diciamo che l’unico sport che mi piace è camminare fra i miei vigneti.

Stefano Cergolj

Perito informatico ai tempi in cui Windows doveva essere ancora inventato e arcigno difensore a uomo, stile Claudio Gentile a Spagna 1982, deve abbandonare i suoi sogni di gloria sportiva a causa di Arrigo Sacchi e l’introduzione del gioco a zona a lui poco affine. Per smaltire la delusione si rifugia in un eremo fra i vigneti del Collio ed è lì che gli appare in visione Dionisio che lo indirizza sulla strada segnata da Bacco. Sommelier e degustatore è affascinato soprattutto dalle belle storie che si nascondono dietro ai tanti bravi produttori della sua regione, il Friuli Venezia Giulia, e nel 2009 entra a far parte della squadra di Lavinium. Ama follemente il mondo del vino che reputa un qualcosa di molto serio da vivere però sempre con un pizzico di leggerezza ed ironia. Il suo sogno nel cassetto è quello di degustare tutti i vini del mondo e, visto che il tempo a disposizione è sempre poco, sta pensando di convertirsi al buddismo e garantirsi così la reincarnazione, nella speranza che la sua anima non si trasferisca nel corpo di un astemio.

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