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La Ribolla di Oslavia presenta il proprio disciplinare

Ribolla_di_Oslavia

Ha estratto, corpo, spessore (vedi le degustazioni). Il segreto è nella buccia e in chi sa estrarne la materia, con pazienza e follature, giorno dopo giorno, fino a penetrare, rompere quello strato ceroso di cui la buccia degli acini è naturalmente ricoperta, e sciogliere nel mosto quanto la vite ha succhiato dal terreno di qui: la marna, localmente detta ponca, o flysch, in slavo.

Ponca_Flysch_di_Oslavia

Qui la Ribolla macerata con le bucce la facevano già i progenitori, fino a qualche generazione fa. Poi la Grande Guerra, la distruzione totale, quindi un nuovo inizio. Poi un’altra guerra, la Seconda, quindi nuove viticoltura ed enologia, la quasi perdita della memoria e del vitigno, fino a quando due “visionari”, Josko Gravner e Stanko Radikon, ne intrapresero il recupero, con paziente ricerca, sperimentazione, ripetuta una volta l’anno, vendemmia dopo vendemmia.

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Martin Fiegl (Azienda Fiegl, e presidente Associazione Produttori Ribolla di Oslavia)
“La ribolla adesso sta ribollendo, in tutti i sensi, non solo in cantina, poiché se ne iniziano a vedere qua e là, fin troppe.
Intendiamo rivendicare la ribolla del nostro territorio, che da sempre produciamo, e che fino ad alcuni anni orsono era presente, in pratica, solo qui”.

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Silvestro Primosic (Azienda Primosic)
“Eravamo il Sud di un Paese del Nord. Producevamo frutta, ciliegie, vino. Oslavia durante la Grande Guerra si è trovata in pieno fronte, ora in mano agli italiani, ora agli austriaci, al termine completamente distrutta.
Dopo la Guerra eravamo il Nord di un Paese del Sud, che non aveva bisogno dei nostri prodotti, li aveva già. Ma abbiamo mantenuto le nostre antiche tradizioni, e conservato intatta la qualità. Il nostro vino, soprattutto, è uno dei prodotti di nicchia che fanno onore al nostro territorio, a Gorizia, al Collio”.

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Dario Princic (Azienda Dario Princic)
“Il nostro vino è uno dei pochi bianchi che ha quantità di tannini da vino rosso, abbiamo anche il Tocai (Friulano, ndr), ma siamo innamorati, io in particolare, della nostra Ribolla, della sua struttura, del suo tannino”.

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Franco Sosol (Azienda Il Carpino)
“Abbiamo tracciato il nostro territorio con i vigneti di Ribolla, ma è stata soprattutto la ribolla a marcare noi.
La Ribolla non si adatta a tutti i terreni: voglio vedere cosa riusciranno a fare in pianura, ma sicuramente non sarà come la nostra. Per farla ottima ci vuole la ponca, nostra marna ricca di scheletro, e un microclima ottimale: qui abbiamo le Alpi Carniche che ci riparano da Nord, le brezze che spirano dall’Adriatico, ed escursioni termiche che favoriscono lo sviluppo dei profumi”.

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Stefano Bensa (Azienda La Castellada)
“È necessario allevarla nelle zone più alte che abbiamo ad Oslavia, dove c’è più luce, più sole. Nei ventilati versanti Sud, su suoli piuttosto poveri e ricchi di scheletro e, quindi, di minerale. Adottare sesti d’impianto fitti, non scendere sotto i 4000 piedi per ettaro.
La Ribolla è esigente: ha un lungo ciclo di maturazione, è la prima a germogliare e l’ultima a maturare”.

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Sasha Radikon (Azienda Radikon)
“Si parla tanto di ribolle leggere, trasparenti, spumantizzate. Noi affermiamo orgogliosamente che la nostra ribolla macera sulle bucce, almeno quattordici giorni, e questo lo abbiamo disciplinato, e ci contraddistingue rispetto alla ribolla ottenuta in pianura o in altre aree. La macerazione della Ribolla è molto importante per noi, quello che oggi viene definito orange wine, ci appartiene già da secoli. Se ne era momentaneamente persa la memoria, a causa dell’affermarsi di mode che non apprezzavano certe peculiarità, poi mio papà e Josko Gravner hanno recuperato quest’antica tecnica”.

Ribolliamo©fabrice_gallina2018

L’Associazione Produttori Ribolla di Oslavia, il 5 ottobre 2018 presso il Castello di Gorizia, ha ufficializzato e presentato Proposta di Disciplinare al Consorzio Tutela Vini Collio
“Presentiamo questo disciplinare – ha affermato il presidente APRO, Martin Fiegl – che si propone come quello della futura Denominazione, che auspichiamo in ambito Collio, sottozona Ribolla di Oslavia. Il nostro, è un vino molto particolare: forse bisognerà sbattere i pugni sul tavolo per farlo riconoscere, ma è indispensabile per noi che sia caratterizzato da fattori autoctoni imprescindibili”.

Di seguito le norme caratterizzanti il disciplinare presentato (ndr):
– Ribolla Gialla 100%;
– densità minima 4000 ceppi/ha;
– resa massima 9 tonnellate/ha;
– non consentito il diserbo chimico;
– non previsto l’utilizzo di lieviti selezionati;
– max 90 mg/l di solforosa totale nell’imbottigliato;
– macerazione di minimo due settimane di contatto con le bucce;
– invecchiamento minimo di 12 mesi in contenitori di legno superiori a 5hl e minimo 6 mesi in bottiglia;
– uscita in commercio dopo minimo 24 mesi dalla vendemmia.

Maurizio Taglioni

Crediti fotografici: tutte le foto relative alla conferenza di presentazione del Disciplinare della Ribolla di Oslavia sono © Fabrice Gallina – 2018

Maurizio Taglioni

Sociologo e giornalista enogastronomico, è direttore responsabile di laVINIum - rivista di vino e cultura online e collabora con diverse testate del settore. Ha curato la redazione dell’autobiografia Vitae di un vignarolo di Antonio Cugini (2007), ha scritto il saggio “Dall’uva al vino: la cultura enologica ai Castelli Romani” in Una borgata che è tutta un’osteria a cura di Simona Soprano (2012), e ha pubblicato la ricerca socio-economica «Portaci un altro litro» - Perché Roma non beve il vino dei Castelli (2013). Collaboratore scientifico del Museo diffuso del Vino di Monte Porzio Catone, porta avanti dal 2009 la ricerca qualitativa volta alla raccolta e documentazione delle storie di vita degli anziani vignaioli dei Castelli Romani, confluita nell’allestimento museale multimediale Travaso di cultura e nell’installazione artistica itinerante Vite a Rendere, per la riscoperta e il recupero delle tradizioni vitivinicole dei Castelli Romani.

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