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La rivoluzione “A Montefalco”: la Vinopolitana, il Sagrantino e il Trebbiano Spoletino che conquistano

Simbolo Anteprima Montefalco 2023

Tempo di cambiamenti in Umbria, non per sport o per noia, ma semplicemente perché il mondo del vino è parte integrante di una realtà in continua trasformazione. Montefalco ha una forte tradizione vitivinicola, ma solo di recente è diventato, a mio avviso, il cuore pulsante dell’enologia umbra, non solo per l’unicità di un’uva fra le più complesse e indomabili come il sagrantino, ma anche per un territorio altamente vocato, che sta dimostrando grandi potenzialità anche con una varietà a bacca bianca che sta sgomitando da qualche anno e che tutti vorrebbero avere fra le mani: il trebbiano spoletino.
Quando dico Montefalco, intendo dire, quindi, tutta l’area che circonda le sue denominazioni di origine, ben oltre i confini del noto comune in provincia di Perugia, ovvero Bevagna, parte di Castel Ritardi (dove si può fare anche lo Spoleto DOC Trebbiano Spoletino), Giano dell’Umbria e Gualdo Cattaneo.
E questa è già una rivoluzione, se pensiamo che fino a pochi anni fa erano l’Orvieto e il Torgiano rosso i vini che identificavano la produzione vinicola umbra. Del resto il vino Sagrantino in versione secca è realtà recente, fino agli anni ’70 esisteva solo come passito e veniva consumato localmente, non oltrepassava i confini territoriali. Oggi la situazione è del tutto diversa, infatti è il Sagrantino secco ad averla spuntata sul passito, la cui produzione non supera il 5% del totale; il vitigno, noto per la straordinaria componente polifenolica, oggi occupa una superficie di svariate centinaia di ettari, in continua crescita, in pochi anni sono nate decine di cantine, solo la pandemia ha prodotto un periodo di rallentamento, ma oggi possiamo dire che il processo evolutivo ha ripreso il suo percorso con ancora maggiore entusiasmo.
Dall’altra parte spinge il trebbiano spoletino, uva bianca che con la famiglia dei trebbiani sembra avere davvero ben poco a che fare, tanto che sarebbe auspicabile in futuro fosse registrato semplicemente come “spoletino”. C’è poi il grechetto, nelle due versioni clonali g5 (di Todi) e g109 (di Orvieto), che sta rischiando ingiustamente di passare in secondo piano, mentre merita altrettanta attenzione visto che in degustazione cieca sono anni che emergono alcuni esempi ragguardevoli.

Vite maritata presso Cantine Ninni
Vite maritata presso Cantine Ninni

In questo contesto così variegato e dinamico, l’Anteprima Sagrantino non poteva che risultare un messaggio parziale, incompleto. Ed ecco, con l’anno 2023, nascere la prima edizione di “A Montefalco”, dove quella “A” racchiude dall’accoglienza alla molteplicità di iniziative: la classica degustazione tecnica in anteprima della nuova annata di Montefalco Sagrantino (2019), poi quelle delle annate in commercio di tutte le denominazioni del territorio (Montefalco Sagrantino DOCG secco e passito, Montefalco Rosso e Rosso Riserva DOC, Spoleto Trebbiano Spoletino e Superiore DOC, Montefalco Grechetto DOC e Montefalco Bianco DOC; c’è infine la “Vinopolitana”, che tramite un’apposita APP collega tutte le cantine del territorio, che possono essere visitate nei tre giorni dell’evento organizzato dal Consorzio di Tutela Vini Montefalco con il contributo dell’agenzia Miriade & Partners.
Il Sagrantino rimane comunque l’elemento caratterizzante di Montefalco, ad esso è legato anche nel nome, infatti un’antica leggenda racconta che il 13 febbraio del 1240, in uno sconosciuto castello dell’Umbria detto Coccorone, cioè “cima del colle”, alcuni dei falchi “sagri” prediletti dall’imperatore Federico II furono colti da una brutta malattia. Non si conoscevano medicine adatte a curarli, ma Teodoro di Antiochia, uomo di fiducia dell’imperatore, disse che era necessario un infuso a base di zucchero, alcool e petali di violetta (detto Violaceum), unico rimedio possibile per salvarli dalla morte, ma non c’era tempo sufficiente per prepararlo.
Riflettendo sul da farsi, decise di utilizzare il vino locale, allora particolarmente dolce, ci mise i petali e poi lo fece bere ai rapaci, che in breve tempo guarirono. Ecco perché il vino prese il nome di Sagrantino, dal falco sagro, mentre la città prese il nome Montefalco, cioè “Monte del falco”.
Oggi, ovviamente, il Sagrantino che conosciamo è del tutto diverso, sebbene la versione passita continuerà a rievocare quell’antica tradizione vinicola.
Tornando all’uva sagrantino, la nomea che si è fatta di grande tannicità andrebbe spiegata meglio; infatti la ricerca effettuata dall’Istituto Agrario di San Michele all’Adige ha evidenziato che i tannini di questa varietà non sono solo abbondanti, ma anche diversi da quelli di altri vitigni a bacca rossa, ovvero i polifenoli che provengono dalle bucce e in parte dalla polpa e vinaccioli, hanno una composizione che li rende meno astringenti di altri, nonostante la loro insuperabile quantità.

Roberto Giuliani. Foto Pierpaolo Metelli
Foto Pierpaolo Metelli

Si trattava solo di imparare a conoscerli e gestirli, tant’è che oggi non si può proprio dire che i vini ottenuti da questa cultivar siano troppo tannici, soprattutto in annate equilibrate come la 2019, che il 19 e 20 aprile è stata presentata in anteprima nella Sala Consiliare di Montefalco a un ampio parterre di giornalisti italiani ed esteri.
Infine vorrei dedicare uno spazio anche al trebbiano spoletino, quest’uva bianca che sta riscuotendo sempre maggiori successi, grazie alle molte frecce che ha al suo arco: grande resistenza alla maggior parte delle malattie grazie alla buccia molto spessa e all’elevata vigoria, raccolta molto più tardiva della maggior parte delle varietà a bacca bianca (inizia a fine settembre e può protrarsi fino ai primi giorni di novembre), ottima tenuta anche nelle annate particolarmente siccitose, acidità importante, aromaticità che acquistano complessità con il passare degli anni, notevole versatilità in vinificazione (secco, passito, spumante…).
Capite bene che un’uva con queste caratteristiche, tanto più in un contesto climatico sempre più difficile, non può che conquistare l’interesse sia da parte dei produttori che dei fruitori del prezioso nettare.
Per questa ragione, avendo solo due mezze giornate a disposizione per degustare i vini proposti, ho voluto dare priorità all’anteprima del Montefalco Sagrantino 2019 e alle diverse annate dello Spoleto Trebbiano Spoletino DOC (anche Superiore), non tralasciando una serie di assaggi spot dei vini a base grechetto e del Montefalco Rosso (e Riserva), per avere un quadro complessivo della zona.
Di seguito una selezione dei vini che ho trovato più stimolanti.

Gianluca Piernera, Cantine Ninni
Gianluca Piernera, Cantine Ninni

ANNATA 2019 MONTEFALCO SAGRANTINO
Memore delle tante degustazioni di questo vino effettuate in quasi vent’anni, mi sento di poter dire che la 2019 è quella che ad oggi ha raggiunto la migliore espressione, merito soprattutto dei tanti passi avanti fatti dalla quasi totalità dei produttori, che ormai conoscono a fondo il sagrantino e hanno trovato in un’ottima annata come questa una chiave interpretativa davvero lodevole. Sono davvero pochi i vini dove si possono riscontrare eccessi o imprecisioni, l’elemento più convincente è nella bevibilità di questi Sagrantino, dove la struttura, la trama tannica, la freschezza, l’intensità e ampiezza aromatica sono già apprezzabili ora, segno di un affinamento tecnico nel modo di lavorare in cantina, partendo da una cernita di uve di indubbia qualità.
Ecco i miei preferiti in ordine di assaggio:

Terre di San Felice: rubino profondo, trama olfattiva in equilibrio con la componente alcolica che rimane perfettamente nascosta, frutto preciso e tornito, prugna, amarena, arricchito da slanci speziati; al palato c’è una bella freschezza e un tannino rifinito, buona risposta fruttata e speziatura che ricorda la liquirizia, leggero pepe, cenni di china, inchiostro, molto interessante.

Bocale: rubino non troppo concentrato, naso dai toni più contenuti, leggermente chiuso nei profumi, meno prugna più marasca, è progressivo, diventa più complesso con il passare dei secondi. All’assaggio parte con la stessa incertezza, poi si distende ed esprime un’ottima materia, c’è freschezza, profondità, uno stile dinamico con buona definizione tannica. Di quelli che crescono negli anni.

Antonelli: rubino di buona profondità ma senza eccessi, naso classico, c’è dolcezza nei profumi fruttati, rotondi, senza spinta alcolica, definizione dei profumi nitida, esemplare, il frutto non è piacione né troppo maturo, belle sfumature di incenso; anche al palato ha una bella espressività, fresco, non pesante, con tannino rifinito, alcol ben controllato, gran bel vino.
6-Ma.gia – Montioni: rubino cupo, segnale olfattivo già bello maturo, carruba, marasca, prugna, toni scuri, al palato c’è materia, un po’ dolce, tannino importante, sviluppo interessante, c’è rotondità, manca un po’ di eleganza ma di certo lascia una forte traccia del suo passaggio.

Medeo – Romanelli: rubino non profondo, trama olfattiva molto fine e balsamica, frutto ben espresso e non troppo maturo, progressivo e coinvolgente; bocca sapida, succosa, ancora balsamico, lungo, fresco, molto piacevole, finale di liquirizia, qui l’eleganza non manca.

Fortunato – Valdangius: rubino di buona profondità, altro bouquet in bella definizione, riesce ad esprimere anche una componente floreale, in bell’equilibrio, note di ciliegia matura, finalmente torna un frutto non scuro ma più “fresco”; anche all’assaggio mantiene lo stesso profilo, trama tannica finissima, freschezza, colpisce per l’equilibrio in ogni sua parte, grande annata.

Scacciadiavoli: rubino di concentrazione media, naso un po’ dolce, anche qui però l’alcol è ben controllato, emerge netta la prugna, poi la carruba, leggera liquirizia, non del tutto rifinito; in bocca l’acidità appare leggermente slegata, la spinta fresca non si fonde ancora con il frutto, emerge anche la nota alcolica. Il tempo lo aiuterà.

Una simpatica botte presso l'azienda Romanelli
Una simpatica botte presso l’azienda Romanelli

Vinum Dei – Terre di San Felice: secondo vino dell’azienda, dal colore rubino di media profondità, impatto con frutto intenso ma anche sfumature particolari, diverso dagli altri, note di radici, carrube, prugna sotto spirito, selvaggina; al palato è piuttosto aggressivo, tannino meno rifinito, c’è una buona materia in via di integrazione, toni scuri, quasi di liquirizia e caffè nero.

Il Bisbetico Domato – Tabarrini: rubino abbastanza profondo, naso invitante, ben fatto, con un bel frutto rifinito, addirittura si coglie qualcosa di floreale misto; bella finezza anche in bocca, succoso, molto piacevole, con un tannino perfetto, grande bevibilità, lungo, godibilissimo.

Campo alla Quercia – Tabarrini: rubino luminoso, naso invitante, bel frutto intenso, toni boschivi, prugna, bella freschezza, anche floreale; qui l’alcol è più percepibile, è un vino che chiede tempo per assestarsi, anche il tannino deve integrarsi, ma la materia è molto interessante e c’è una bella finezza, carattere e persistenza.

Lungarotti: rubino cupo e profondo, naso finissimo con un frutto bellissimo e maturo al punto giusto, torna la ciliegia, matura; bocca corrispondente, materica, ma anche fresca, equilibrata, intensa e persistente, finale molto balsamico, quasi mentolato. Bello, esemplare.

Colle Ciocco: rubino di buona profondità, naso con un frutto che si apre poco alla volta, qui siamo sull’amarena, si sente la nota eterea; al palato sembra meno materico di quanto ti aspetteresti, ha una bella freschezza, tannino contenuto, torna leggermente l’alcol, non particolarmente complesso ma dallo sviluppo ritmato e coinvolgente.

Collepiano – Arnaldo Caprai: come sempre viene fuori più leggibile e convincente rispetto al 25 Anni, ha colore rubino cupo, al naso l’alcol è perfettamente ingabbiato, note di radici, liquirizia, prugna, macchia mediterranea; intenso anche in bocca, c’è materia, molto balsamico e con richiami al cioccolato fondente.

Colle Grimaldesco – Tabarrini: note di cacciagione, cera, frutti scuri, alcolico, terroso e vivo; al palato è coerente, ha intensità, alcol, molto scuro nel linguaggio, liquirizia, ha molta materia e nonostante ciò è ben integrato, non scalpita, ha un bel ritmo.

Valdimaggio – Arnaldo Caprai: rubino cupo, frutta e menta; al palato ha una bella freschezza, si sente di più l’alcol, materico, fitto, sicuramente ha bisogno di tempo, molto balsamico.

Colle alle Macchie – Tabarrini: a dispetto di altre occasioni è il vino di Tabarrini che mi ha convinto di più; torna la cacciagione (che sembra essere uno dei suoi punti di riconoscimento), ma è anche floreale, bellissimo frutto non stramaturo; al palato ha verve, freschezza, spinta, frutto croccante, succosissimo, definito e rifinito, una vera goduria, grande eleganza, lungo e in perfetto equilibrio.


ASSAGGI SPOT ANNATA 2016

Fongoli: naso equilibrato, particolare, ricorda il ginseng, piccoli frutti, manca leggermente di definizione, al palato ha buona freschezza e succosità, tannino risolto, forse non del tutto in assetto, meriterebbe ancora un po’ di bottiglia.

Collenottolo – Tenuta Bellafonte: un’azienda che mi ha colpito sin dal suo nascere, è a mio avviso uno dei riferimento per eleganza dei suoi vini, compreso questo eccellente Sagrantino Collenottolo, vivo, fresco, dinamico (anche qui la componente floreale affiora con grande garbo), dal tannino perfetto e un’ampiezza cromatica invidiabile.

Saragano – Tenuta di Saragano: elegante, ciliegia, una punta di arancia rossa; anche qui la freschezza è piena, una perfetta interpretazione dell’annata, materico eppure leggiadro, complimenti.


SPOLETO TREBBIANO SPOLETINO DOC

2022 – Bocale: naso con piacevoli note di pesca, leggera nocciola, sotto si sentono le erbe aromatiche e una sfumatura di cedro. Al palato esprime meglio la componente agrumata, segno di gioventù, equilibrato e fine, con finale piacevolmente sapido. Ottima prova.

Rovicciano 2022 – De Conti: Fabio Conti è un puro, lo sono anche i suoi vini, che della tecnica fanno un uso marginale, verrebbe da dire lo stretto necessario; infatti il Rovicciano non esprime finezza al naso ma una grezza vitalità, un’energia diretta che esalta il frutto senza sottrargli qualche incrinatura; la pesca però è sublime, l’agrume sottile; al palato è più preciso, buona finezza e struttura, una bella donna senza trucco.

Roberto Dionigi
Roberto Dionigi nella sua cantina

2022 – Pardi: al naso chiede tempo per aprirsi, poi arriva la nota agrumata, qualcosa di sulfureo, pesca gialla, al palato ha una bella freschezza, punta molto sull’agrume, piacevole e di bella finezza, manca un po’ di lunghezza e finisce leggermente ammandorlato, ma non è affatto male.

2022 – Terre di San Felice: naso che ha bisogno di aria, il frutto è compresso, molto meglio al palato, dove mostra una bella energia, salino, freschezza, slancio, lunghezza, profondità, molto bello. Si rimetterà anche all’olfatto.

Trebium 2021 – Antonelli: naso rifinito, un bel gioco di erbe aromatiche e agrumi, ma anche pesca, nocciola, prevalentemente speziato, quasi da pepe bianco; al palato ha una bella definizione, equilibrio e profondità, molto preciso nel percorso espressivo, torna la sfumatura speziata e il finale ha ancora un bel ricordo di agrumi.

Avventata 2021 – Ilaria Cocco: la trama olfattiva appare matura, l’agrume non è pungente, si sente una punta di erbe aromatiche, frutta esotica, rintocchi minerali; bocca corrispondente, vino di bella tessitura e con una propria personalità.

Tempestivo 2021 – Colle Ciocco: naso con sfumature di uva spina, particolare, bell’espressione agrumata, molto coinvolgente al palato, intenso, voluttuoso, di bella energia e fragranza di frutto, pieno e persistente, molto fine.

Il Maritato 2021 – De Conti: colore più carico dei precedenti, al naso è riconoscibilissimo per questo incedere che ricorda la buccia del frutto, note quasi da frutta secca, bocca intensa, particolare, molto schietto e diretto, rimanda fortemente all’uva d’origine, richiama anche la caramella d’orzo, la corteccia. Molto particolare e distinguibile fra cento, rimanda alle note originarie della pressatura e della macerazione, tanto da mettere in mostra anche la parte tannica di quest’uva.

2021 – Le Cimate: profuma di tiglio, suggestivo, sotto c’è l’agrume, al palato ha una bella tessitura, sapido, spinge il frutto, succosità, ricco, con una bella prospettiva evolutiva, determinata sia dalla freschezza che dalla struttura.

Fijoa 2021 – Le Thadee: azienda recente che mi ha subito colpito; naso intenso, note da frutto macerato, si intuisce anche dal colore intenso, bocca ampia, con un frutto ben espresso e maturo al punto giusto, sapido, molto interessante, di bella concentrazione senza per questo appesantirsi.

Poggio del Vescovo 2021 – Ninni: naso di bella espressività, molto schietto, con un frutto sincero e diretto che ricorda la pesca, la caramella d’orzo, torna la sensazione dell’uva, poi le erbe aromatiche, l’idrocarburo, è in continua evoluzione, infinito; al palato ha materia, frutto perfettamente maturo, definito, vince per sincerità e naturalità espressiva, fantastico!

Spoletino 2021 – Pardi: frutto ben espresso, sfumature di cannella, bocca succosa, molto piacevole, anche sapida, c’è materia e lunghezza, molto godibile, terragno, vivo, bello, preciso, lungo, ricco.

Le Tese 2021 Romanelli

Le Tese 2021 – Romanelli: colore oro intenso, vista e olfatto figli di una lunga macerazione che si percepisce in modo netto, una chiara interpretazione che tende a esaltare i tratti originari dell’uva; non sono ancora del tutto convinto che quella della macerazione sia la strada migliore per questo vitigno, indubbiamente trasuda incisività in ogni suo aspetto, compresa la decisa vena tannica. Va detto che se c’è un trebbiano spoletino che può invecchiare a lungo, certamente è questo.

Campo de’ Pico 2021 – Valdangius: come per il Sagrantino, devo riconoscere a Danilo Antonelli, che non è enologo ma ha imparato sul campo, di riuscire a fare dei vini tecnicamente ineccepibili; anche in questo caso il bouquet è ammirevole per pulizia, le note di erbe aromatiche e di agrumi maturi sono invitanti e fini; il sorso è succoso, freschissimo, di grande slancio, c’è intensità, profondità e lunghezza, sapidità, vino di grande originalità, ha una personalità tutta sua, affascinante.

Filium 2020 – Valdangius: bouquet che lascia supporre una possibile macerazione e permanenza in legno, si sente la vaniglia, la componente speziata, al palato conferma lo stesso profilo, al momento non ha il fascino del Campo de’ Pico, si sente che deve trovare il suo equilibrio ed è stato concepito per acquisire maggiore profondità e capacità evolutiva. Troppo presto per un giudizio definitivo, va detto però che il numero di bottiglie è talmente esiguo (496 numerate) che difficilmente sarà possibile riassaggiarlo fra qualche anno.

+128+ 2019 – Le Thadee: naso da macerazione ma rimanda alle spezie dolci e a una maggiore profondità di frutto, sotto si sentono anche le erbe aromatiche, al palato mostra una bella freschezza, c’è movimento, la freschezza pilota un percorso espressivo rifinito, di classe, pur con le diversità interpretative del vitigno. Ottenuto da piante maritate e prefillosseriche.


SPOLETO TREBBIANO SPOLETINO SUPERIORE

2022 – Colle Uncinano: naso non subito chiaro, poi si apre al frutto, un bel frutto fresco ma anche godibile, bocca un po’ scalpitante, acidità scomposta, tutto in divenire ma promettente.

Riserva del Cavalier Bartoloni 2020 – Le Cimate: molto intenso nell’espressione di erbe aromatiche, richiama anche le spezie, al palato ha freschezza, una buona corrispondenza espressiva, sapidità, leggera presa tannica, finale non lunghissimo ma di bella tessitura.


MONTEFALCO GRECHETTO

2022 – Adanti: naso di piccoli frutti, bocca fresca, piacevole, si sente leggermente la mandorla, tannico e un po’ rustico, estremamente fedele alla natura del vitigno.

2022 – Antonelli: qui si esprime meglio la componente delle erbe aromatiche e tira fuori anche gli agrumi (cedro, arancia gialla); bocca equilibrata, piacevole, non aggressiva, ha un incedere lento ma costante, c’è un lavoro sulla finezza che va premiato.

Clarignano 2022 – Colle Ciocco (20% viognier): la speziatura particolare data dal viognier rivela un bouquet diverso, poi arriva la parte agrumata del grechetto, al palato mantiene lo stesso profilo, leggermente asciugante, fatto bene ma bisognoso di tempo.

2022 – Pardi: colore più intenso dei precedenti, trama olfattiva che richiama il biancospino e fiori bianchi, poi susina gialla; ha una buona intensità al palato, c’è energia, freschezza e dinamicità, una bella espressione del grechetto.

2022 – Scacciadiavoli: cenni di rosmarino ed erbe aromatiche; al palato ha una freschezza integrata e un frutto che si esprime con già una discreta piacevolezza, buona lunghezza e definizione.

Vigna del Brillo 2021 – Dionigi: erbe aromatiche e guizzi agrumati, uva pizzutello; al palato è ancora in tensione ma la trama è coerente e ben definita, finale succoso e piacevole, fra un anno ancora meglio.

Montacchiello 2021 – Tenuta di Saragano: oro intenso, naso ben lavorato, mandorla sì ma matura, al palato ha una bella ricchezza, ha smussato tutte le asperità del vitigno e gli ha dato una complessità maggiore, bella speziatura, elegante, lungo, notevole.

Colli Saragani 2020 – Dionigi: speziato e complesso, si sente l’anno in più, frutto maturo, cannella, bocca altrettanto ben fatta, molto lineare, sapido, piacevole.

Sperella 2022 – Tenuta Bellafonte: come sempre si caratterizza per finezza, erbe aromatiche fini, frutto non sparato, bocca con una bella freschezza e sapidità, vino molto fedele e senza interpretazioni di parte, didattico, buonissimo e con prospettive notevoli, vorrei risentirlo nel 2025…

Saragano 2021 – Tenuta di Saragano: oro luminoso, naso con una bella maturità di frutto e una speziatura stimolante, bocca ancora leggermente scalpitante, strano, però la materia non manca, è ricco, intenso, con un bell’allungo, sapido, carnoso.


ASSAGGI SPOT MONTEFALCO SAGRANTINO

Fortunato 2016 – Valdangius: rubino profondo, naso di grande intensità, ampio e variegato, prugna, marasca, ciliegia nera, sfumatura di cacciagione; bocca ricca, materica ma ben gestita, cioccolato fondente, frutta e fiori secchi, tannino rifinito, manca solo un po’ di freschezza a dargli maggiore slancio nel finale.

2017 – Antonelli: naso con una leggera sfumatura di gomma, poi arriva il frutto, ciliegia nera, prugna, incenso; sorso che sente un po’ l’annata calda, per mantenere la freschezza paga un po’ lo scotto sulla presa tannica e il finale amarognolo.

L'arcobaleno a Trevi
L’arcobaleno a Trevi

Il Bove 2017 – Colle Mora: naso forse non finissimo ma con un frutto prorompente, scuro, bocca altrettanto scura, cacao, liquirizia, alcol evidente, vino che non passa inosservato per opulenza e carattere terragno.

2017 – Di Filippo: non me ne voglia Roberto (che ha scelto di dedicarsi al progetto Plani Arche ma nel 2017 c’era ancora) ma i suoi vini, buonissimi, hanno avuto spesso la pecca di non essere pulitissimi all’olfatto; in questo caso il vino è semplicemente perfetto, e sono ben felice di essere smentito! Bel frutto vivo, stimolante, non surmaturo; in bocca è ben calibrato, tannino preciso, frutto e spezie in ottima simbiosi, ottima fattura davvero per un 2017, balsamico, fresco, vivo, notevole.

2017 – Luca Di Tomaso: nette marasca e prugna, molto fine, intenso, cioccolato fondente, bocca piena, avvolgente, c’è una bella morbidezza e cremosità di frutto, tannino molto ben gestito, freschezza, davvero buono.

Terra Cupa 2017 – Romanelli: un’annata che dimostra di avere le sue carte da giocare; anche qui c’è un bel profilo olfattivo, lineare e profondo, frutto maturo ma anche una speziatura elegante arricchita da una venatura balsamica; bocca intensa, profonda, ben rifinita, bel gioco di frutta e spezie, cacao, leggera menta, ottimo.

2017 – Scacciadiavoli: naso dal frutto ben avvolto nel legno, inizialmente un po’ invadente, ma dopo poca ossigenazione ha preso la misura e ha tirato fuori il carattere terragno, profondo, che ho ritrovato al palato, dove la freschezza esalta una struttura non debordante ma ben calibrata, il frutto vira quasi più sulla ciliegia che sulla marasca, il finale restituisce una sensazione di grande bevibilità, un risultato davvero notevole che invita a berne senza remore.

2018 – Bocale: frutto maturo ma non marmellatoso, al palato ha una buona freschezza, frutto ben espresso e tannino non particolarmente tenace, annata interlocutoria e meno definita rispetto a 2017 e 2019, il risultato è però lodevole e riuscito.

2018 – Colle Ciocco: naso di frutto in confettura, prugna, mora, amarena; al palato non ha ancora raggiunto il giusto equilibrio, una leggera astringenza e una freschezza un po’ isolata dicono che ha bisogno di tempo.


ASSAGGI SPOT MONTEFALCO ROSSO RISERVA

2019 – Antonelli (80% sang, 20% sagr.): ciliegia, balsamico, anche floreale, molto piacevole in bocca, succoso, si sente molto il sangiovese, fine, godibile, bello, da bere con partecipazione.

2019 – Lungarotti (65% sang., 15% sagr, 20% merlot): stranamente vegetale maturo, poi frutto rosso, ciliegia, mora, in bocca ha buona freschezza, una certa aggressività tannica, chiude asciutto, non è ancora disteso. Aspettiamo…

Roberto Giuliani

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

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