Le DOC dell’Emilia Romagna: Colli Bolognesi
❂ Colli Bolognesi D.O.C.
(Approvato con D.P.R. 29/7/1975 – G.U. n.318 del 2/12/1975; ultima modifica P. M. 12/7/2019 – G.U. n.178 del 31/7/2019)
► zona di produzione
● in provincia di Bologna: comprende l’intero territorio collinare situato nei comuni di Castello di Serravalle, Marzabotto, Monte San Pietro, Monteveglio, Pianoro, Sasso Marconi, Savigno e quello situato in parte nei comuni di Bazzano, Bologna, Casalecchio di Reno, Crespellano, Monterenzio, S. Lazzaro di Savena e Zola Predosa;
● in provincia di Modena: parte del territorio amministrativo del comune di Savignano sul Panaro;
► base ampelografica
● con menzione del vitigno bianchi: Sauvignon, Riesling Italico, Pinot Bianco, Chardonnay, ciascuno min. 85%, possono concorrere alla produzione di ognuno di detti vini anche le uve dei vitigni a bacca di colore analogo, non aromatici, di cui all’elenco della Regione Emilia-Romagna delle varietà di vite per uva da vino, presenti nei vigneti in ambito aziendale, da soli o congiuntamente, max. 15%;
● con menzione del vitigno rossi: Barbera (anche frizzante, riserva), Merlot, Cabernet Sauvignon, min. 85%, possono concorrere le uve dei vitigni a bacca di colore analogo, non aromatici, di cui all’elenco della Regione Emilia-Romagna delle varietà di vite per uva da vino, presenti nei vigneti in ambito aziendale, da soli o congiuntamente, max. 15%;
► norme per la viticoltura
● è consentita l’irrigazione di soccorso;
● sono consentite solo le forme di allevamento a spalliera e cortina semplice o doppia cortina, con esclusione in ogni caso delle forme a raggi;
● per i nuovi impianti e reimpianti la densità minima di ceppi per ettaro deve essere di almeno 2.500 viti;
● la resa massima di uva in coltura specializzata deve essere di:
- “Colli Bolognesi” Barbera, e con menzione Riserva: 12 t/Ha e 11% vol.;
- “Colli Bolognesi” Barbera Frizzante: 12 t/Ha e 10% vol.;
- “Colli Bolognesi” Merlot, Chardonnay, Riesling Italico e Sauvignon: 12 t/Ha e 10,50% vol.;
- “Colli Bolognesi” Pinot Bianco: 11 t/Ha e 10,50% vol.;
- “Colli Bolognesi” Cabernet Sauvignon: 10 t/Ha e 11% vol.;
► norme per la vinificazione
● le operazioni di vinificazione di invecchiamento e confezionamento, devono essere effettuate all’interno della zona di produzione. Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione, è consentito che le operazioni di presa di spuma e di imbottigliamento o confezionamento dei vini «Colli Bolognesi» siano effettuate in stabilimenti situati nel territorio amministrativo della provincia di Bologna e del comune di Castelvetro di Modena della provincia di Modena, a condizione che in detti stabilimenti le ditte interessate abbiano effettuato le suddette operazioni di presa di spuma, imbottigliamento o confezionamento di vini a denominazione di origine «Colli Bolognesi», utilizzando mosti e vini provenienti dalla zona di produzione di cui al primo comma, per almeno due anni anche non continuativi, negli otto anni precedenti alla data dell’entrata in vigore del decreto di approvazione del presente disciplinare.
Conformemente all’articolo 8 del Reg. CE n. 607/2009, l’imbottigliamento o il condizionamento deve aver luogo nella predetta zona geografica delimitata per salvaguardare la qualità o la reputazione o garantire l’origine o assicurare l’efficacia dei controlli;
● la qualificazione aggiuntiva “Riserva” può essere utilizzata dal vino “Colli Bolognesi” Barbera immesso al consumo dopo un periodo minimo di invecchiamento non inferiore a 36 mesi, di cui almeno 5 mesi di affinamento in bottiglia, con decorrenza dal 1° novembre dell’anno della vendemmia;
► norme per l’etichettatura e il confezionamento
● per i vini designati con la denominazione di origine controllata «Colli Bolognesi» è consentito l’uso della menzione «vigna», seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale, alle condizioni previste dalla normativa vigente e che i relativi toponimi o nomi tradizionali figurino nell’apposito elenco regionale ai sensi dell’art. 6, comma 8, del decreto legislativo n. 61/2010;
● nella presentazione e designazione dei vini, con esclusione delle tipologie «Frizzante», è obbligatoria l’indicazione dell’annata di produzione delle uve;
● i vini designati con la denominazione di origine controllata «Colli Bolognesi» devono essere immessi al consumo in contenitori che rispondono per forma, materiale, colore, capacità a quanto previsto dalla normativa vigente; è consentito l’uso di contenitori alternativi al vetro costituiti da un otre di materiale plastico pluristrato di polietilene e poliestere racchiuso in un involucro di cartone o di altro materiale rigido esclusivamente per i vini non destinati al mercato nazionale;
● per i vini designati con la denominazione di origine controllata «Colli Bolognesi» immessi al consumo in bottiglie in vetro di capacità fino a cinque litri, è consentito solo l’uso di bottiglie di forma tradizionale, con esclusione della «dama», chiuse con tappo raso bocca di materiale consentito;
● in deroga al comma precedente, per i vini diversi dalle tipologie designate con le menzioni «riserva» e «vigna», è consentito anche l’uso del tappo a vite a capsula integrata per le bottiglie di capacità fino a lt 0,75;
● i vini a denominazione di origine controllata «Colli Bolognesi» riportanti la menzione «frizzante», se immessi al consumo in bottiglie di vetro, nelle capacità previste dalle disposizioni di legge, possono essere confezionati con tappo «a fungo» ancorato, di sughero o di materiale sintetico ammesso, pieno (tipo «elastomero»), tradizionalmente utilizzato nella zona, con eventuale capsula di altezza non superiore a 7 cm.;
► legame con l’ambiente geografico
● A) Informazioni sulla zona geografica
◉ Fattori naturali rilevanti per il legame
L’area geografica della DOP dei Colli bolognesi include la zona pedecollinare e di media collina compresa tra il fiume Panaro a Ovest e il torrente Idice a Est. La zona è attraversata dall’ampia vallata del fiume Reno e da quelle minori dei torrenti Samoggia, Lavino e Idice. Tutti questi corsi d’acqua hanno andamento perpendicolare all’asse appenninico e delimitano rilievi interfluviali dal profilo più o meno accentuato a seconda dei materiali geologici che attraversano.
L’area è interessata dai seguenti principali paesaggi geologici:
▪ Contrafforti e Rupi
Comprende rocce di età diversa che danno luogo ad un paesaggio segnato da rilievi, frequentemente di forma tabulare o di rupe, bordati da ripidi versanti e da pareti rocciose (contrafforti). Queste forme derivano dalla scarsa erodibilità delle rocce che compongono l’unità. Si tratta di arenarie stratificate, con subordinate marne e conglomerati. Le rocce su cui si modellano questi paesaggi sono sia le arenarie plioceniche sia le arenarie epiliguri. Si tratta di corpi rocciosi stratificati. I versanti sono generalmente acclivi e boscati.
Questo paesaggio è particolarmente esteso nella parte centrale (tra Lavino e Reno) e sud-orientale dell’area.
▪ I Colli con Frane e Calanchi
Questo paesaggio è caratterizzato da notevole complessità geologica e morfologica, che gli conferisce un aspetto composito e segnato da forti contrasti. A morbidi versanti, scarsamente acclivi e spesso coltivati, si susseguono incisioni calanchive. Ma l’aspetto che maggiormente caratterizza questo paesaggio è la diffusa presenza di fenomeni di dissesto franoso.
Nei versanti e sul fondovalle il substrato è prevalentemente formato dalle cosiddette “Argille Scagliose”: un complesso a struttura caotica in cui la matrice argillosa ingloba masse più o meno grandi di rocce calcaree, arenacee, marnose o stratificate. Frequentemente in posizione sommitale su questi versanti irregolari e con pendenze non eccessive, si ritrovano complessi rocciosi che, per la loro maggiore resistenza all’erosione, hanno pendenze più elevate e sono prevalentemente boscati.
Questo paesaggio è presente esclusivamente nella parte sud-occidentale dell’area (in sinistra Lavino).
▪ I Primi Colli
Lungo il margine pedeappenninico si estende questa unità dove il paesaggio collinare si raccorda alla pianura con estrema gradualità. Il paesaggio è caratterizzato da una morfologia dolce, articolata in lunghi ripiani declinanti verso valle dove sono conservati antichi paleosuoli. Locali erosioni del reticolo idrografico minore formano valli scarsamente approfondite separate da crinali dalle ampie sommità dove affiorano le “sabbie gialle”.
Le rocce che compongono questa unità sono le formazioni delle Argille Azzurre e delle Sabbie Gialle (Pliocene – Pleistocene).
Questo paesaggio è presente prevalentemente nella parte nord-occidentale dell’area (in sinistra Reno).
▪ Piana dei Fiumi Appenninici
Comprende i fondivalle e gli sbocchi di fiumi e torrenti al margine. Il paesaggio deve le sue caratteristiche alla dinamica dei corsi d’acqua appenninici, i quali nel loro corso intravallivo hanno formato ridotti depositi nastriformi, e depositato allo sbocco in il loro carico più grossolano, formando corpi sedimentari noti come conoidi alluvionali.
I suoli sono prevalentemente poco evoluti, spesso costituiti da materiali grossolani, secondo un gradiente deposizionale trasversale all’asse del corso d’acqua. Talvolta lungo i fondivalle e lungo il margine appenninico si riconoscono, in forma di terrazzi più o meno ampi, lembi residuali di antichi livelli di piane alluvionali, su cui si rinvengono suoli molto sviluppati ed evoluti (paleosuoli), simili a quelli già descritti nel paesaggio precedente.
All’ampia variabilità geomorfologica, ovvero di substrati e di forme del paesaggio, corrisponde un’altrettanto elevata variabilità pedologica, sia in termini di caratteri funzionali (tessitura, scheletro, profondità) che di livello evolutivo. La coltivazione della vite è diffusa in maniera preponderante a quote inferiori ai 300 m s.l.m., in sinistra Reno su suoli a tessitura fine, con contenuto in calcare variabile e su suoli a tessitura moderatamente fine, con elevata componente limosa e molto calcarei.
I suoli a tessitura fine si rinvengono sia nei versanti generalmente dissestati su Argille Scagliose, sia nei primi rilievi collinari su Argille Azzurre Plio-pleistoceniche, sia sulle paleosuperfici subpianeggianti che corrispondono agli antichi conoidi alluvionali.
I suoli a tessitura moderatamente fine, con elevata componente limosa e molto calcarei, si ritrovano sulle facies siltose dei litotipi presenti nel paesaggio dei Colli con frane e calanchi e in quello dei Primi Colli.
Dal punto di vista climatologico, con riferimento al trentennio 1961-1990 (riferimento climatico di base secondo le convenzioni dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale), l’area è caratterizzata da una piovosità media annua che va da 800mm nell’alta pianura a 1.200 mm nelle zone collinari più elevate e da temperature medie comprese, con inverso gradiente rispetto alle precipitazioni tra 14°C e 12°C. Nella bassa collina il bilancio idrico climatologico (differenza tra precipitazioni ed evapotraspirazione potenziale annue) evidenzia la presenza di un moderato deficit idrico (fino a 350 mm. di deficit annuo) che può essere considerato un fattore positivo per la qualità delle produzioni vitivinicole, in quanto un certo stress idrico estivo favorisce nelle uve in maturazione la concentrazione degli zuccheri e la sintesi di componenti aromatici. Sopra la quota di circa 400 metri s.l.m. il bilancio idrico climatologico evidenzia invece la presenza di un surplus idrico anche elevato (fino a 800 mm. annui).
Le sommatorie termiche, calcolate con soglia 0 °C, vanno dai i 4.500 ai 4.900 gradi giorno nella bassa collina. Sono inferiori a 4.500 gradi giorno sopra la quota di circa 400 metri s.l.m..
L’Indice di Winkler assume nella zona valori massimi di circa 2100 nelle zone a quote meno elevate.
La disponibilità termica, almeno nella fascia sotto i 400 metri s.l.m., è ottimale, per la crescita e la maturazione di un’ampia gamma di vitigni.
In Emilia-Romagna per il periodo 2030-2050 si prevedono temperature più elevate, precipitazioni più concentrate ed un aumento dell’intensità e durata degli episodi estremi di caldo e siccità.
Il cambiamento sarà progressivo ed e già verificabile nelle analisi dei dati e degli eventi estremi.
Per esempio le anomalie climatiche del 2003 e del 2006- 2007 hanno evidenziato quali potrebbero essere le condizioni meteorologiche abituali nei prossimi anni, con livelli di evapotraspirazione e di deficit idrico finora considerati impossibili.
Gli impatti sulle produzioni agricole sono stati particolarmente intensi, con cali di resa, in caso di irrigazione insufficiente, fino al 50%, ed hanno interessato anche colture collinari, come il castagno ed i prati-pascoli. Le alte temperature hanno influito negativamente sullo sviluppo fenologico delle colture e invece positivamente sulla crescita e sull’aggressività dei fitofagi.
In frutticoltura importanti ricadute negative si sono osservate sulla pezzatura.
In viticoltura l’aumento della gradazione zuccherina è stata accompagnata da una diminuzione dell’acidità, con modifiche delle caratteristiche organolettiche dei vini.
L’agricoltura regionale si troverà quindi in condizioni di accentuata vulnerabilità a fronteggiare nuove sfide: maggiore aleatorietà delle rese finali, aumento dei costi produttivi e assicurativi, degrado della qualità del suolo e delle acque, danni da eventi estremi.
Il quadro generale impone di seguire puntualmente le dinamiche in atto in Emilia – Romagna, attraverso il monitoraggio delle variabili meteorologiche e agro-ambientali e la messa a punto di strumenti di analisi e previsione, quali bollettini, modelli e indicatori.
La particolare struttura litologica della zona di produzione “colli bolognesi” ha dato origine a una morfologia dolcemente ondulata che ne ha permesso un’intensa coltivazione agraria specialmente arborea: i terreni che si sono formati nel tempo costituiscono il supporto ottimale per i vigneti pregiati della zona.
Le temperature oscillano durante l’anno tra – 8° C e + 36° C; il clima è asciutto, assolato e ventilato.
La zona non comprende zone di pianura e presenta un’altimetria compresa tra i m. 100 e m. 550 sul livello del mare.
Dall’esame dei recenti studi effettuati dall’ARPA Emilia-Romagna, dalla Regione Emilia-Romagna e dal CRPV (Centro Ricerche Produzioni Vegetali) della stessa Regione, sul territorio dei Colli Bolognesi la variabilità climatica, analizzata nel triennio 2003-2006, periodo in cui sono stati rilevati i dati produttivi e qualitativi, é risultata scarsa, complice anche l’omogeneità orografica del territorio, compreso tra i 70 e i 250 m di altitudine.
L’Indice di Winkler medio triennale é variato dai 1982 gradi-giorno di Montebudello, a 140 m di altitudine s.l.m., ai 2144 gradi-giorno di Zola Predosa, a 74 m s.l.m. Questo differenziale di 162 gradi-giorno (GG) può essere significativo ma la media del territorio é stata di 2083 GG, con somme termiche elevate, quindi, anche al di sopra dei 200 m s.l.m.
È comunque significativa la relazione negativa tra altitudine e indice di Winkler che, se si esclude il sito di Montebudello, anormalmente fresco, diventa molto significativa (R2=0,98).
Poca variabilità é emersa anche dalle precipitazioni del periodo aprile-ottobre, i cui valori massimi sono stati registrati a Montebudello, con 522 mm, mentre quelle minimi sono state registrate a Monte San Pietro con 451 mm.
Riunendo i dati qualitativi del mosto di Cabernet Sauvignon, ottenuti nei vigneti-guida distribuiti sul territorio, in tre classi di I.W., < a 1990, tra 2000 e 2100 e > a 2100 gradi-giorno, traspare molta omogeneità climatica del territorio.
Nella classe centrale emerge forse un miglior equilibrio complessivo della maturazione.
È evidente, però, una significativa caduta del livello di antociani e di polifenoli totali negli ambienti al di sopra dei 2100 gradi-giorno.
L’altitudine in cui si posiziona il vigneto sembra influenzare moderatamente le caratteristiche qualitative di questa varietà, anche a causa di differenze altitudinali poco importanti. Al di sopra dei 150 metri s.l.m. l’uva matura risulta più acida senza evidenti differenze nel grado zuccherino e nel livello di antociani e di polifenoli totali.
Le forme di allevamento maggiormente utilizzate sono a spalliera e a spalliera doppia.
La produzione media di attesta sui 60 – 90 q/ettaro.
Le pratiche colturali sono limitate in quanto i vigneti sono parzialmente o totalmente inerbiti, per evitare erosioni da parte delle acque di ruscellamento.
◉ Fattori umani rilevanti per il legame
Quando i romani, circa due secoli prima della nascita di Cristo, sottomisero e unificarono sotto il segno della lupa i territori abitati dalle tribù dei galli boi, avevano probabilmente mille motivi per farlo, non esclusi quelli legati alle ricchezze agricole di tali zone.
I filari di vite erano maritati ad alberi vivi, secondo l’uso introdotto dagli etruschi e sviluppato successivamente dai galli. Tale metodo infatti, lo si chiama “arbustum gallicum”, particolarmente adatto non solo alle terre basse e umide della pianura, ma soprattutto si era incrementato notevolmente sulla zona collinare.
È accertato che da tali terreni, soprattutto quelli collinari posti a sud di Bononia, i nostri antenati latini producessero vini che li appassionarono moltissimo. Le terre dell’agro bononiense erano coltivate dai veterani di tante campagne militari in tutto il mondo allora conosciuto, per cui la bevanda bacchica era palesemente bevuta, gustata e apprezzata.
Plinio il Vecchio – I° sec. d.C. – nel capitolo “Ego sum pinus laeto” tratto dalla monumentale opera di agronomia “Naturalis historia”, enuncia che in “apicis collibus bononiensis” vi si produceva un vino frizzante ed albano, cioè biondo, molto particolare ma non abbastanza dolce per essere piacevole e quindi non apprezzato, poiché è risaputo che durante l’epoca imperiale era gradito il vino dolcissimo, speziato ed aromatizzato con innumerevoli essenze, inoltre, sempre molto “maturo” in quanto i vini giovani non erano in grado di soddisfare i pretenziosi palati della nobiltà. Erano trascorsi poco meno di tre secoli dalla conquista romana – 179 a.C. – che il vino era radicalmente mutato, ma non le qualità e caratteristiche uniche di tale nettare.
Riprendendo il cammino alla ricerca di tracce che ci possano condurre ai vini che oggi degustiamo, ci imbattiamo nelle biografie dell’operosità di tali monaci-agresti che sono giunte fino ai giorni nostri, in cui si menzionano i notevoli impulsi dati per lo sviluppo della vite. Si sparsero in tutte le regioni italiane e nel migrare verificarono che sulle colline bolognesi si produceva un buon vinello dorato e mordace, appunto frizzante.
OMNIA ALLA VINA IN BONITATE EXCEDIR – decisamente “…un vino superiore per bontà a tutti gli altri…” e bevuto non solo durante le pratiche liturgiche, ma anche con gioia alla tavola del nobile e del volgo, ottenuto da uve conosciute e apprezzate come pignole! I secoli che da allora sono trascorsi per giungere fino ai giorni nostri, sono stati indiscussi testimoni di innumerevoli fatti e citazioni riguardanti i vini delle nostre splendide colline bolognesi.
Nel 1300, Pier de’ Crescenzi, nel più importante trattato di agronomia medievale “Ruralium commordorum – libro XII” descriveva le caratteristiche organolettiche del “Grechetto gentile” che si beveva allora, in quanto il vino, oltre che maggiormente prodotto, era quello più gradito per piacevolezza e per la vivace e dorata spuma.
Agostino Gallo ne “Le venti giornate dell’agricoltura” del 1567, sollecitava di piantare le uve pignole in quanto per la notevole produzione, permetteva un florido commercio perché sempre ricercate.
Medico e botanico di Papa Sisto V, il Bacci, nel personale trattato del 1596 “De naturalis vinarium istoria de vitis italiane”, asseriva le “…rare et optime…” qualità intrinseche dell’uva pignola. Così pure Soderini, noto agronomo fiorentino, sempre in quegli anni, ne confermava le caratteristiche. Il Trinci – 1726 – pone in evidenzia le caratteristiche di tale vitigno: l’odierno Grechetto gentile si riscontra nella sua quasi totalità di tali affermazioni, per non dire che sono le medesime.
Ulteriori conferme sono riportate nel “Bullettino Ampelografico” del 1881, in cui è nominata l’uva pignola prodotta nelle colline poste a sud dell’urbe di Bologna, la cui assomiglianza con l’attuale produzione è stupefacente, e non lascia più adito ad altri dubbi di sorta.
Lo statuto di Bologna del 1250 ordina la costruzione della “Strada dei vini” per trasportare con sicurezza verso Bologna i vini ottenuti nelle colline a sud della città.
A partire dal 1250 risalgono i primi estimi del comprensorio vitivinicolo.
In relazione al disciplinare si può affermare che:
– base ampelografica dei vigneti: i vitigni idonei alla produzione del vino in questione sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area di produzione.
– le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti, sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma.
– le pratiche relative all’elaborazione dei vini sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in rosso di vini tranquilli ma strutturati.
● B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico
I vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico e organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.
Tutti i vini presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate in tutte le tipologie, mentre al sapore e all’odore si riscontrano aromi prevalenti tipici dei vitigni.
● C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi della lettera A) e quelli della lettera B)
L’orografia collinare del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, orientati a est sud-est, e localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, con notevoli sbalzi termici e pertanto favorevole all’espletamente di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta.
La tradizione millenaria della produzione di vino, insieme alle caratteristiche uniche del territorio, garantisce la qualità dei vini a DO Colli Bolognesi.