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Le DOC dell’Emilia Romagna: Colli di Faenza

Le Doc dell'Emilia Romagna: Colli di Faenza


❂ Colli di Faenza D.O.C. (Approvato con D.M. 4/8/1997 – G.U. n.204 del 2/9/1997; ultima modifica: P.M. 12/7/2019 – G.U. n.178 del 31/7/2019)


zona di produzione
● in provincia di Ravenna: comprende l’intero territorio amministrativo dei comuni di Brisighella, Casola Valsenio, Riolo Terme e la parte a sud della s.s. n. 9, via Emilia, del territorio amministrativo dei comuni di Faenza e Castel Bolognese;
● in provincia di Forlì-Cesena: l’intero territorio amministrativo del comune di Modigliana e parte del territorio amministrativo del comune di Tredozio;

base ampelografica
● bianco: chardonnay 40-60%, grechetto gentile e/o pinot bianco e/o sauvignon e/o trebbiano romagnolo 40-60%;
● con menzione del vitigno bianchi: Trebbiano, Pinot Bianco (ciascuno 100%);
● rosso (anche riserva): cabernet sauvignon 40-60%, ancellotta e/o ciliegiolo e/o merlot e/o sangiovese 40-60%;
● con menzione del vitigno rossi: Sangiovese (anche riserva), 100%;

norme per la viticoltura
per i nuovi impianti la densità minima non dovrà essere inferiore a 3.000 ceppi/ha;
è consentita l’irrigazione di soccorso per non più di due interventi annui prima dell’invaiatura;
la resa massima di uva in coltura specializzata deve essere di 11,5 t/Ha per il Trebbiano, 9,5 t/Ha per Bianco e Sangiovese, 9 t/Ha per il Rosso, 8,5 t/Ha per il Pinot bianco;
il titolo alcolometrico volumico minimo naturale delle uve alla vendemmia deve essere di 11% vol. per Bianco e Pinot Bianco, 11,5% vol. per il Trebbiano, 12% vol. per Rosso e Sangiovese;

norme per la vinificazione
le operazioni di vinificazione, affinamento e invecchiamento obbligatorio devono essere effettuate nell’intero territorio dei comuni compresi, in tutto o in parte, nella zona di produzione;
la vinificazione può essere effettuata singolarmente per uve provenienti dai diversi vitigni. Nel caso della vinificazione disgiunta l’assemblaggio deve avvenire nella cantina del vinificatore entro il periodo di completo affinamento;
nella vinificazione e nell’affinamento é consentito l’utilizzo anche di contenitori in legno di tutte le tipologie;

norme per l’etichettatura e il confezionamento
sulle bottiglie contenenti i vini con la denominazione di origine controllata “Colli di Faenza” deve figurare l’indicazione dell’annata di produzione delle uve;
per i vini a denominazione di origine controllata “Colli di Faenza” Sangiovese e “Colli di Faenza” rosso, l’immissione al consumo è ammessa dopo il 30 aprile dell’anno successivo alla vendemmia;
i vini a denominazione di origine controllata “Colli di Faenza” rosso e Sangiovese che hanno subito un periodo di invecchiamento non inferiore a 24 mesi possono portare in etichetta la qualifica “riserva“;
l’invecchiamento, per il quale é consentito anche l’utilizzo di botti di legno, decorre dal 1° novembre dell’anno della vendemmia;
per l’immissione al consumo dei vini a denominazione di origine controllata “Colli di Faenza” devono essere utilizzate bottiglie di vetro da l 0,375, 0,500, 0,750, 1,500, 3,000, chiuse esclusivamente con tappo di sughero;

legame con l’ambiente geografico
A) Informazioni sulla zona geografica
Fattori naturali rilevanti per il legame
L’ambito territoriale romagnolo si caratterizza per un’origine geologica comune e per fenomeni pedo-genetici del tutto simili nei vari areali, pertanto la differenziazione tra le varie denominazioni di origine identificate come “Colli” sono più legate ad aspetti culturali di differente interpretazione della viticoltura post-fillosserica (introduzione di nuovi vitigni accanto a quelli tipici della tradizione locale) che non all’origine dei suoli, sebbene alcuni elementi caratterizzanti esistano. L’Appennino romagnolo è costituito per lo più da rocce sedimentarie di origine marina e l’azione dei principali
agenti atmosferici su queste rocce ha contribuito alla formazione dei suoli che ora ospitano gran parte della viticoltura romagnola. L’azione modellante ed erosiva più o meno spinta dei vari fiumi e torrenti che percorrono la dorsale appenninica e l’inclinazione della medesima di circa 40-45° rispetto ai paralleli terresti, da ovest verso est, ha determinato una differente abbondanza relativa dei principali tipi di suolo nei vari distretti amministrativi, da cui una differenziazione tra i vini ottenuti, anche a partire dalla medesima base ampelografica, nelle varie DOC “Colli”. Fattori naturali rilevanti per il legame L’ambito territoriale romagnolo si caratterizza per un’origine geologica comune e per fenomeni pedo-genetici del tutto simili nei vari areali, pertanto la differenziazione tra le varie denominazioni di origine identificate come “Colli” sono più legate ad aspetti culturali di differente interpretazione della viticoltura post-fillosserica (introduzione di nuovi vitigni accanto a quelli tipici della tradizione locale) che non all’origine dei suoli, sebbene alcuni elementi caratterizzanti esistano. L’Appennino romagnolo è costituito per lo più da rocce sedimentarie di origine marina e l’azione dei principali agenti atmosferici su queste rocce ha contribuito alla formazione dei suoli che ora ospitano gran parte della viticoltura romagnola. L’azione modellante ed erosiva più o meno spinta dei vari fiumi e torrenti che percorrono la dorsale appenninica e l’inclinazione della medesima di circa 40-45° rispetto ai paralleli terresti, da ovest verso est, ha determinato una differente abbondanza relativa dei principali tipi di suolo nei vari distretti amministrativi, da cui una differenziazione tra i vini ottenuti, anche a partire dalla medesima base ampelografica, nelle varie DOC “Colli”.
La “Marnoso-arenacea” rappresenta la formazione geologica più antica dell’Appennino faentino e si caratterizza per una ritmica alternanza di marne (in prevalenza materiali fini quali argille e limi) e arenarie (sabbie cementate). Altre formazioni rappresentative dell’area sono le “Argille azzurre” pliopleistoceniche, di origine marina e ricche di fossili, e le “Sabbie gialle”, altri depositi litoranei pleistocenici (Tebano e Oriolo). Si possono riscontrare, poi, terrazzi fluviali di origine continentale (es. formazione di Olmatello) e le propaggini più occidentali dello “Spungone”, una calcarenite organogena pliocenica (3,3-3,05 milioni di anni fa), considerata una facies della formazione delle “Argille azzurre”.
Attraversando in direzione sud, a partire dalla via Emilia, l’areale di cui all’art. 3 si incontrano: la prima quinta collinare, più fertile e più calda; a seguire la collina vera e propria, ancora caratterizzata da terreni argillosi; infine l’alta collina, dove iniziano i terreni di arenaria. Il confine tra la prima quinta e la collina vera e propria è segnato dai calanchi, elemento caratteristico del paesaggio romagnolo.
Nello specifico, la “prima quinta collinare” rappresenta una tipologia di paesaggio che parte dalle ultime propaggini della pianura, costituita da depositi alluvionali (ghiaie, sabbie, limi ed argille), per passare ad una struttura geologica caratterizzata da una classe litologica prevalente di suoli argillosi o marnosi, con morfologia dolce ed ampie incisioni, colline tondeggianti ed ampie fasce terrazzate.
Salendo di altitudine (media collina) il paesaggio cambia e si lega alle ampie fasce alluvionali delle aste fluviali principali, con morfologia dolce, ampie incisioni e presenza diffusa di calanchi. Dal punto di vista geologico, si nota una classe litologica prevalente di suoli da rocce argillose e marnose, spesso sormontati da sottili creste di arenarie e conglomerati addensati, sino a terreni più recenti, sia arenacei o conglomeratici, che di prevalente natura argillosa.
Oltre i calanchi inizia la collina vera e propria, la cui struttura geologica indica una classe litologica prevalente di suoli da rocce argillose e marnose, quindi di terreni appartenenti alla formazione marnoso-arenacea. Vi è una presenza diffusa, ma non incisiva, di fenomeni franosi, prevalentemente di tipo quiescente. Il sistema boschivo e quello agricolo sono fortemente compenetrati, ma distinti.
Per quanto attiene il clima, l’indice di Winkler relativo al trentennio 1961-90 mostra un gradiente decrescente a partire dai circa 2000 Gradi Giorno delle aree più vicine alla via Emilia fino ai 1500-1600 Gradi Giorno delle zone vitate a maggiore altitudine e con esposizione verso i quadranti rivolti a Nord. Stante questa situazione e le esigenze termiche dei vitigni contemplati dalla DOC “Colli di Faenza”, è assolutamente pertinente l’indicazione riportata all’art. 4 in merito al rispetto delle “migliori giaciture ed esposizioni relativamente ad ogni singolo vitigno”. È noto che il soddisfacimento delle esigenze termiche di ciascun vitigno consente di avere livelli di maturazione ottimali in funzione degli obiettivi enologici qualitativi che si prefigge una denominazione di origine.
I terreni tendenzialmente argillosi e una medio-buona presenza di calcare fanno sì che mediamente il Sangiovese dei Colli faentini si contraddistingua per una buona struttura, note amare appena percettibili, bassa astringenza, buona acidità e alcune note olfattive particolari: buona intensità delle note floreali, di viola in particolare, unitamente a un buon fruttato maturo in cui spicca il sentore di prugna, che lo differenzia nettamente da quello di altre aree. Similmente si può dire degli altri vitigni a bacca nera, che se ben esposti riescono a compendiare note fiorali e di frutta ben matura, senza escludere note speziate in vitigni come Cabernet e Merlot.
Riservando i terreni più ricchi in calcare e le esposizioni verso Nord ai vitigni bianchi, l’intensità e la finezza aromatica sono garantite.
Fattori umani rilevanti per il legame
La denominazione di origine “Colli di Faenza” prende atto di una tradizione viti-vinicola recente, che si è venuta a delineare a partire dalla ricostruzione post-fillosserica e post-bellica in particolare.
Infatti a fine ‘800 le colline faentine si caratterizzavano per una viticoltura finalizzata soprattutto al consumo interno della famiglia contadina e si trattava più spesso di filari poli-varietali al margine degli appezzamenti di cereali piuttosto che di vigne specializzate. La ricostruzione dei vigneti dopo l’avvento della fillossera fece propendere per l’allestimento di impianti mono-varietali con una certa predilezione per il Sangiovese, vitigno rustico e produttivo, che poteva legare maggiormente gli agricoltori a quelle plaghe difficili che venivano sempre più spesso abbandonate per i terreni fertili di pianura. Alle altitudini più elevate si preferiva Ciliegiolo, simile a Sangiovese ma con una maturazione anticipata di almeno una settimana, e spesso si mettevano anche alcune piante di Ancellotta per migliorare l’intensità, ma soprattutto la stabilità del colore di Sangiovese e Ciliegiolo.
Per la ricostruzione della viticoltura dopo l’ultimo Conflitto mondiale, i tecnici indicavano come particolarmente adatti ai terreni collinari alcuni vitigni internazionali quali Cabernet e Merlot, dando l’avvio alla produzione di vini rossi ancora più strutturati e adatti all’invecchiamento di quelli realizzati con il solo Sangiovese. Accanto a Trebbiano, furono poi introdotti vitigni bianchi più precoci e dal profilo sensoriale più complesso e accattivante come Pinot, Chardonnay, Sauvignon e Grechetto gentile.
B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico
I vini prodotti nell’areale a DOC “Colli di Faenza” si caratterizzano sostanzialmente per una buona struttura, cui contribuisce anche una certa dotazione naturale in alcol, e per la prevalenza di note fruttate a comporre il profilo sensoriale.
L’impiego del Trebbiano romagnolo, vitigno di antica coltivazione locale che mantiene un buon contenuto acidico anche a maturazione avanzata, consente di ottenere vini bianchi di una certa freschezza pur con una struttura complessiva importante. Gli altri vitigni bianchi di più recente introduzione alla coltivazione (Chardonnay, Pinot bianco, Sauvignon e Grechetto gentile) sono particolarmente apprezzati per il risultato in termini di profilo olfattivo dei vini che se ne ottengono.
Per quanto attiene ai vini rossi, le migliori esposizioni e i terreni più argillosi consentono di ottenere Merlot e Cabernet molto fruttati e talora anche speziati. L’Ancellotta è il classico vitigno da colore, mentre Sangiovese e Ciliegiolo rappresentano la tradizione, che l’introduzione di nuove tecniche agronomiche ha ulteriormente migliorato nell’intento di ricercare maggiore morbidezza nel Sangiovese e l’esaltazione del fruttato nel Ciliegiolo.
C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B)
L’introduzione recente di varietà diverse rispetto a quelle della tradizione locale faentina (Trebbiano, Sangiovese e Ciliegiolo) ha consentito di ampliare la base ampelografica e di conseguenza la gamma dei vini ottenibili. Il buon recepimento delle moderne tecniche e tecnologie, sia in campo che in cantina, ha consentito un indubbio miglioramento della qualità dei vini, la cui massima espressione si realizza con la più adeguata collocazione dei vitigni in relazione a suolo e clima. Evitando i terreni di fondovalle e i terrazzi fluviali di recente formazione, come prescritto, mediamente il territorio ricompreso nella DOC “Colli di Faenza” si caratterizza per terreni tendenzialmente argillosi. I vini rossi che si fregiano di questa denominazione in genere sono prodotti nei vigneti più difficili, con esposizioni assolate (da sud a sud-ovest), dove più che la luce è il calore della radiazione luminosa che fa la differenza. Le esposizioni dei quadranti che vanno da nord-ovest a nord-est, con particolare riferimento alle altitudini maggiori, sono invece riservate ai vitigni a bacca bianca, in particolare quelli più precoci. Questo connubio tra clima e suolo consente così di avere vini rossi ben strutturati, con fruttati maturi intensi e decisi, che dopo affinamento possono arrivare a sentori di confettura di frutta e arricchirsi di note speziate, soprattutto se passati in legno. Anche i vini bianchi presentano una struttura importante e in genere evidenziano un fiorale delicato (più intenso se provenienti da terreni maggiormente ricchi in calcare) che spesso passa in secondo piano per la netta prevalenza dei sentori di frutta.

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

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