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Doc e DocgLe regole del vino

Le DOC dell’Emilia Romagna: Rimini

Le Doc dell'Emilia Romagna: Colli di Rimini


❂ Rimini D.O.C.
(Approvato con D.M. 19/11/1996 – G.U. n.280 del 29/11/1996; ultima modifica proposta unionale del nome dei vini Colli di Rimini in Rimini, pubblicata in G.U. n.244 del 2/10/2020)


zona di produzione
● in provincia di Rimini: comprende l’intero territorio amministrativo dei comuni di Coriano, Gemmano, Mondaino, Monte Colombo, Montefiore Conca, Montegridolfo, Montescudo, Morciano di Romagna, Poggio Berni, Saludecio, San Clemente, Torriana e Verucchio. Comprende, inoltre, parte del territorio amministrativo dei comuni di Cattolica, Misano Adriatico, Riccione, Rimini, S. Giovanni in Marignano e Santarcangelo di Romagna;

base ampelografica
● bianco: trebbiano romagnolo min. 30%, bombino bianco e sangiovese vinificato in bianco da 0 a 60%, possono concorrere alla produzione di detto vino le uve dei vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione in regione Emilia Romagna, max. 10%;
● con menzione del vitigno bianchi: Biancame min. 85%, possono concorrere altri vitigni a bacca di colore analogo, idonei alla coltivazione in regione Emilia Romagna, max. 15%;
● Rébola (anche secco, passito): grechetto gentile min. 85%, possono concorrere altri vitigni a bacca di colore analogo presenti nei vigneti aziendali, da soli o congiuntamente, idonei alla coltivazione in regione Emilia Romagna, max. 15%;
● rosso (anche riserva): sangiovese min. 30%, cabernet sauvignon, merlot, syrah da 0 a 60%, possono concorrere, da soli o congiuntamente, i vitigni alicante, montepulciano, petit verdot e rebo max. 10%;
● con menzione del vitigno rossi: Cabernet Sauvignon (anche riserva), Sangiovese (anche superiore, riserva), min. 85%, possono concorrere alla produzione di detto vino altri vitigni a bacca di colore analogo, idonei alla coltivazione in regione Emilia Romagna, max. 15%;

norme per la viticoltura
è consentita l’irrigazione di soccorso per non più di due interventi annui prima dell’invaiatura;
la resa massima di uva in coltura specializzata e il titolo alcolometrico volumico naturale minimo devono essere i seguenti:

  • bianco 12 t/Ha e 11% vol.
  • Biancame 12 t/Ha e 10,50% vol.
  • rosso, Cabernet Sauvignon, Sangiovese, Rebola 11 t/Ha e 11,5% vol.
  • Cabernet Sauvignon Riserva 12% vol.
  • Sangiovese Superiore, Sangiovese Riserva 12,5% vol.

norme per la vinificazione
le operazioni di vinificazione, imbottigliamento, affinamento e invecchiamento, devono essere effettuate nell’interno territorio amministrativo della provincia di Rimini;
il vino “Rimini” Rébola tipo Passito, dovrà essere ottenuto da appassimento delle uve che assicuri alle uve stesse un contenuto minimo di zuccheri riduttori di 280 grammi per litro. Detto appassimento può avvenire su graticci, in locali termo condizionati o con ventilazione forzata;
i vini “Rimini” Cabernet Sauvignon e Sangiovese possono fregiarsi della specificazione aggiuntiva “Riserva” se ottenuti da uve con titolo alcolometrico volumico minimo naturale alla vendemmia non inferiore a 12% vol. per la tipologia Cabernet Sauvignon e 12,5% vol. per la tipologia Sangiovese, e sottoposti a un periodo di invecchiamento non inferiore a 24 mesi a decorrere dal 1° dicembre dell’anno di raccolta delle uve, di cui almeno 2 mesi in bottiglia; la relativa idoneità chimico fisica e organolettica non potrà essere valutata prima di 22 mesi di invecchiamento;

norme per l’etichettatura e il confezionamento
sulle bottiglie o altri recipienti contenenti vini a denominazione di origine controllata “Rimini”, deve figurare l’indicazione dell’annata di produzione delle uve;
le bottiglie di capacità non superiore a 3 litri, contenenti vini “Rimini” devono essere, per quanto riguarda l’abbigliamento e la tipologia, confacenti ai tradizionali caratteri di un vino di pregio e devono essere chiuse in modo conforme alla normativa vigente;

legame con l’ambiente geografico
A) Informazione sulla zona geografica
Fattori naturali rilevanti per il legame
Morfologia
Il territorio della DOP Rimini si estende nella zona di confine tra la parte più meridionale della Pianura Padana e la parte più propriamente peninsulare dell’Italia. L’insieme paesaggistico è a profilo movimentato, con il mare nella porzione orientale, i crinali del subappennino in posizione sud occidentale, con declivi ondulati degradanti alla marina e le pianure nella porzione settentrionale.
Il territorio, perpendicolarmente alla linea di costa, è diviso in tre bacini idrografici principali: Marecchia, Conca e Marano e in quattro secondari: Uso, Rio Melo, Ventena e Tavollo. Parallelamente al mare, può essere “rappresentato” in quattro unità di paesaggio ciascuna delle quali costituisce uno “scenario ambientale” con specifiche caratteristiche:
Media collina – rappresenta la parte più interna e centrale del territorio ed è contraddistinta da notevoli variazioni di quota, generalmente compresa tra 200 mt. e 400 mt. circa, s.l.m. Presenta alcuni rilievi accentuati: Gemmano Montescudo, Torriana e Verucchio, mentre prevale una certa continuità ondulatoria e l’aspetto è tipicamente dolce-collinare. I versanti più acclivi sono caratterizzati dalla presenza di affioramenti litoidi compatti, generalmente stabili. I versanti meno acclivi sono sede di un’attività agricola ridotta, che si ferma al limite delle rade macchie boschive e cespugliate che risultano unici e limitati testimoni di un patrimonio forestale ormai ridotto in superficie e qualità.
Bassa collina – l’ambito più diffuso sul territorio è contraddistinto da tutti i rilievi collinari che si trovano a quote inferiori a 200 mt. Le forme sono arrotondate e il raccordo con l’ambito di pianura è graduale. Formazioni argillose e argillo-sabbiose caratterizzano queste unità di paesaggio. Le forme di vegetazione spontanea sono piuttosto rade e anche gli aspetti forestali sono limitati a esigui punti.
L’agricoltura ed in particolare la viticoltura e l’olivicoltura caratterizzano il paesaggio. I fondovalle sono caratterizzati da depositi alluvionali più o meno recenti, oggetto di periodiche variazioni nell’assetto idrogeologico, dovute prevalentemente al carattere torrentizio che contraddistingue tutti i corsi d’acqua. Il contesto collinare è quello a maggiore valenza paesaggistica ambientale soprattutto in riferimento a un graduale passaggio da forme tipiche della pianura e della costa a quelle dei rilievi appenninici centro meridionali più dolci.
Pianura – questo ambito è costituito dai limiti interni delle conoidi pedecollinari e dalla fascia pianeggiante costiera. Ha origine da depositi alluvionali frutto dei trasporti fluviali e presenta natura contraddistinta dalle incisioni più o meno larghe e più o meno profonde, dei corsi d’acqua. I depositi sono da ghiaiosi a sabbiosi-limo-argillosi: ognuno genera suoli di elevato interesse pedoagronomico e generalmente ad alta produttività. Gran parte di questo ambito è fortemente antropizzato e l’urbanizzazione, che interessa grandi superfici, è integrata dal sistema dei servizi, tanto che solo una parte risulta utilizzabile per l’agricoltura. La vegetazione spontanea è limitata ad alcuni tratti delle fasce fluviali: in molti casi assume i contorni di una vera e propria unità di paesaggio fluviale e mitiga, mimetizzandoli, alcuni aspetti legati alla attività antropica.
Pedologia
Dal punto di vista delle caratteristiche chimico-fisiche, i terreni sono da considerare generalmente assai favorevoli alla coltivazione della vite, come del resto è dimostrato dall’elevata diffusione in tutte le zone di tale coltivazione. Il territorio collinare di Rimini possiede una certa uniformità geologica. È infatti prevalente la Formazione geologica delle Argille Azzurre (sigla FAA), costituita da argilliti azzurrastre calcaree e compatte, talvolta con alternanze di peliti e arenarie. Le forme del paesaggio sono generalmente costituite da ampi rilievi collinari blandamente ondulati (pendenze medie 5-25%) con rari e circoscritti fenomeni di dissesto, ivi compresi i calanchi.
Nelle aree maggiormente vocate alla produzione di vini D.O.C., che coincidono sostanzialmente con i territori pedecollinari e collinari, si possono individuare tre grandi zone con caratteristiche pedologiche sufficientemente omogenee.
Una prima zona, coincidente con i territori della media e alta Valmarecchia, caratterizzata da elevato contenuto di argilla; ph sub-alcalini; alti livelli di calcare attivo, soprattutto in riva destra del fiume Marecchia, ma del tutto compatibili con la coltivazione della vite; bassa o media dotazione di sostanza organica nei terreni di più alta collina.
Nella fascia collinare intermedia, compresa nelle vallate del Marano e del Conca, i terreni sono tendenzialmente di medio impasto, con elevata incidenza della componente limosa e talvolta argillosa; ph sub-alcalini; alti livelli di calcare attivo; bassa dotazione di sostanza organica.
Infine nei terreni interni, appartenenti alla collina più elevata della vallata del Conca, si ha una forte incidenza di terreni con tessitura tendenzialmente sciolta con prevalenza della componente limosa e, in alcune aree soprattutto di fondo valle, di quella argillosa; il ph è sub-alcalino o alcalino; il contenuto in calcare generalmente elevato; la dotazione in sostanza organica è bassa. Dal punto di vista vocazionale la coltivazione della vite, come già sottolineato, dà ottimi risultati in tutte le zone considerate, raggiungendo elevati livelli qualitativi soprattutto in media e alta collina, dove a risultati meno elevati dal punto di vista delle rese medie per ettaro, corrispondono alte gradazioni ed elevate caratteristiche organolettiche dei vini prodotti. I suoli più diffusi hanno moderato grado evolutivo, sono calcarei e argillosi. Le più comuni variazioni riguardano la profondità della roccia (argilliti) e la percentuale di argilla negli orizzonti (oscillante fra il 30 e il 50%).
Suoli
I suoli sono dolcemente inclinati o moderatamente ripidi (pendenza tipicamente compresa tra 5 e 25%); e si sono formati in rocce prevalentemente argillose o pelitiche, con intercalazioni sabbiose, di età pliocenica e di origine marina (Formazione delle argille azzurre e Formazione delle Arenarie di Borello). Sono a tessitura fine o moderatamente fine, hanno moderata disponibilità di ossigeno, talvolta buona. Sono tipicamente calcarei, talvolta scarsamente o non calcarei nella parte inferiore del suolo; sono moderatamente alcalini. Sono da moderatamente profondi a molto profondi, in funzione della profondità del substrato. Il loro differenziamento rispetto ai materiali originari è variabile in funzione
della stabilità delle superfici rispetto ai fenomeni di erosione diffusa e per ruscellamento concentrato e discontinuo.
I suoli maggiormente rappresentativi sono riferibili alle seguenti tipologie: Suoli Montelupo (MLP): si sono formati in rocce prevalentemente argillose (Formazione delle argille azzurre); sono abbastanza diffusi e hanno una distribuzione uniforme lungo i tratti lineari e concavi dei versanti; sono da dolcemente inclinati a moderatamente ripidi, profondi o molto profondi sopra il substrato massivo, fortemente calcarei.
Suoli San Clemente (SCM1): si sono formati in rocce prevalentemente argillose (Formazione delle argille azzurre); sono abbastanza diffusi e occupano le sommità e i tratti convessi dei versanti; si trovano tipicamente nei tratti di versante sottoposti a intensa erosione idrica di tipo laminare o a interventi antropici di rimodellamento dei versanti; sono da dolcemente inclinati a moderatamente ripidi, moderatamente profondi sopra il substrato massivo, presente a 50 – 80 cm di profondità, sono fortemente calcarei.
Suoli Coriano (COR): si sono formati in rocce prevalentemente argillose (Formazione delle argille azzurre); sono suoli meno diffusi rispetto ai precedenti, che occupano preferibilmente parti alte e medie dei versanti, sono dolcemente inclinati, profondi sopra il substrato massivo presente tra 80-100 cm di profondità calcarei negli orizzonti superficiali e fortemente calcarei in profondità, con accumulo di carbonato di calcio.
Suoli Passano (PSS): si sono formati in rocce limoso sabbiose (Formazione Arenarie di Borello); sono suoli poco diffusi da dolcemente a molto inclinati, moderatamente profondi o profondi sopra il substrato massivo, fortemente calcarei.
Termometria
Le caratteristiche climatiche del territorio Riminese, facendo riferimento al sito di Rimini, possono riassumersi con i seguenti dati che si rifanno allo schema di classificazione climatica di Koppen – Geiger:
– temperatura media annua pari a 13,2°C
– temperatura media del mese più freddo pari a 3,4°C
– Tre mesi con temperatura media maggiore o uguale a 20°C
– Escursione termica annua pari a 18,8°C
Tali valori permettono di inquadrare il territorio della Provincia di Rimini in una posizione della citata classificazione climatica a cavallo tra il clima temperato sublitoraneo e quello temperato subcontinentale.
Riguardo la misura dell’indice bioclimatico di Winkler il territorio della DOP Rimini si colloca in una fascia che va dai 2100 ai 2200 gradi/giorno.
Pluviometria
Il regime pluviometrico presenta un andamento sostanzialmente simile a quello caratteristico del tipo “Litoraneo padano” con una piovosità totale annua che mediamente si attesta sui 754 mm, abbastanza equamente distribuiti durante l’anno, con un massimo nella stagione autunnale di 229 mm e un minimo in quella invernale di 164 mm; la stagione estiva presenta una media di 188 mm di precipitazione mentre quella primaverile si aggira sui 173 mm.
Fattori umani rilevanti per il legame
Nel territorio della DOP Rimini il vino e la vite hanno una storia e una tradizione millenarie, le prime attestazioni certe della presenza della vite sono databili all’VIII – VII secolo avanti Cristo, grazie ai reperti delle tombe villanoviano-etrusche di Verucchio costituiti da pollini e vinaccioli di Vitis vinifera. Da allora, la coltura della vite nel Riminese è documentata senza soluzione di continuità. Le genti etrusche vi hanno introdotto l’usanza della potatura lunga e del sostegno vivo, ripresa e proseguita dalle popolazioni galliche qui insediatesi in epoca successiva: tanto che i Romani giunti nel III secolo avanti Cristo hanno dato il nome di “arbustum gallicum” a questa forma di allevamento della vite maritata all’albero. Con la fondazione di “Ariminum”nel 268 a.C. e il sistematico dissodamento delle terre circostanti, la coltura della vite e la produzione del vino hanno assunto dimensioni ragguardevoli, diventando un fattore centrale dell’economia. Di quel periodo restano numerose testimonianze figurative e le relazioni degli storici latini che esaltano gli elevati rendimenti dei vigneti locali, capaci di alimentare, per lungo tempo, forti correnti di esportazione verso l’Urbe; una importante testimonianza ci viene dai rinvenimenti di anfore vinarie prodotte dalle fornaci romane del riminese che coprono un periodo che va dal III secolo a.C. al III secolo d.C. Nemmeno la crisi dell’impero romano ha interrotto completamente i traffici commerciali di vino, come mostra una lapide dedicatoria dell’anno 251 dopo Cristo, trovata a Roma, che segnala i negozianti di vino riminese ancora attivi nella capitale. E se la caduta dell’impero ha finito per inaridire i commerci e deprimere le attività produttive in ogni regione, nondimeno in area riminese la produzione agricola ha conservato un qualche peso, favorita anche dal nuovo ruolo che nel frattempo veniva assumendo la vicina Ravenna. La documentazione scritta disponibile per l’arco di tempo compreso fra V e X secolo, reca numerose notizie sulla presenza della vite nel Riminese e contiene interessanti informazioni sui patti colonici, le tecniche e le attrezzature relative alla vitivinicoltura. Dopo il Mille, le testimonianze storiche divengono numerosissime, sia per lo sviluppo della produzione e dei commerci, sia per la maggiore ricchezza delle fonti superstiti. Nelle campagne, la trama dell’appoderamento si infittisce, le colture conquistano sempre nuovi spazi; il vigneto dilata la sua presenza in misura cospicua, garantendo una produzione vinaria tale da coprire il forte consumo interno e permettere al tempo stesso buone esportazioni sul mercato veneziano. Gli statuti medievali di Rimini, attraverso la minuziosa normativa che regola la vita della città e del contado, offrono una moltitudine di elementi circa la viticoltura e la vinificazione, la conservazione, il trasporto, lo smercio e il consumo del vino, evidenziandone il ruolo centrale nell’economia e nella vita della gente.
Sotto il profilo tecnico, pur all’interno di una società agraria complessivamente arretrata, la vitivinicoltura emerge come il settore più evoluto, destinatario dei maggiori investimenti. Le varie fasi colturali e di trasformazione del prodotto sono la sintesi positiva di esperienze diverse, portate dalle varie popolazioni che hanno abitato questa terra o ne hanno influenzato le usanze.
B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico
Nel territorio della DOP Rimini numerosi sono i fattori di natura ambientale, climatica e pedologica che concorrono a determinare le peculiari caratteristiche dei vini contemplati in questo disciplinare. Grande peso ha la vicinanza del territorio al mare che influenza positivamente il ciclo vegetativo della vite opponendosi a minime termiche eccessive nel periodo invernale e mitigando le massime termiche nel periodo estivo, mantenendo l’ambiente ventilato dalle brezze. Certamente le elevate, ma non eccessive, sommatorie termiche evidenziate dall’indice di Winkler garantiscono il raggiungimento di una maturazione ottimale di tutte le uve, anche di quelle tardive. La peculiare matrice
calcareo-argillosa dei terreni, unita ad una piovosità non eccessiva nel periodo estivo, alla fertilità
medio bassa dei terreni ed a sommatorie termiche adeguate è favorevole a un habitus vegetativo della vite spostato verso il contenimento della produzione ed una corretta cinetica di maturazione piuttosto che a un lussureggiamento vegetativo e a produzioni per ceppo elevate, influendo positivamente sulle caratteristiche chimico fisiche e organolettiche dei vini che si presentano in generale con un elevato potenziale in estratto secco e tenore in alcol unita nei vini rossi a una buona intensità colorante e a un elevato tenore in polifenoli che ne determina una buona attitudine all’invecchiamento. L’ equilibrata dinamica della maturazione, inoltre, consente anche una buona espressione delle caratteristiche varietali dei vitigni coltivati.
C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B)
Le peculiari caratteristiche del territorio della DOP Rimini di tipo ambientale, climatico, pedologico ed orografico ne fanno un “unicum”territoriale che ha espresso sin dall’antichità una specifica vocazionalità alla coltivazione della vite, caratteristica percepita da tutte le civiltà che si sono avvicendate nel territorio e che hanno quindi dato il proprio contributo di conoscenza ed esperienza nella coltivazione della vite e nella vinificazione che trovano sintesi in epoca medioevale; possiamo così constatare che l’allevamento della vite maritata all’albero è mutuato costume etrusco; l’utilizzo dei contenitori lignei a doghe deriva dalla tradizione gallica; il recipiente quadrilatero allora in uso per la pigiatura proviene dalla cultura romana; mentre il sistema torchiante basato sul binomio trave-vite è frutto delle influenze greche. Sul ceppo di questa tradizione medievale, nell’età moderna, si sono innestate le innovazioni e i perfezionamenti che hanno condotto alla situazione odierna. Il processo è stato lento ma fecondo, caratterizzato da tappe importanti: una crescente attenzione alle vocazioni agrarie dei suoli, alla scelta dei vitigni, al messa a dimora, alla concimazione, alle potature e ai sistemi di allevamento; quindi una crescente cura rivolta alla vendemmia, alla pigiatura, alla fermentazione e alla conservazione del prodotto. Le conoscenze e le abitudini ataviche sono state filtrate attraverso la
formazione professionale, la sana competizione, il superamento dell’individualismo, la socializzazione delle strutture. Oggi, sollevando un calice di vino DOP Rimini, possiamo leggervi in controluce le esperienze di tanti uomini, le fatiche di tante mani che per generazioni e generazioni hanno spremuto il succo della terra riminese.

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

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