Le Doc dell’Emilia Romagna: Reno
❂ Reno D.O.C.
(Approvato con D.P.R. 22/6/1987 – G.U. n.6 del 9/1/1988; ultima modifica: P.M. 12/7/2019 – G.U. n.178 del 31/7/2019)
► zona di produzione
● in provincia di Bologna: comprende i terreni vocati alla qualità di tutto o parte dei territori dei comuni di Anzola dell’Emilia, Argelato, Bazzano, Bentivoglio, Bologna, Budrio, Calderara di Reno, Casalecchio di Reno, Castelguelfo, Castello d’Argile, Castelmaggiore, Castel San Pietro Terme, Castenaso, Crespellano, Crevalcore, Dozza, Granarolo dell’Emilia, Imola, Medicina, Ozzano dell’Emilia, Pieve di Cento, Sala Bolognese, San Giorgio di Piano, San Giovanni in Persiceto, San Lazzaro di Savena, San Pietro in Casale, Sant’Agata Bolognese, Zola Predosa;
● in provincia di Modena: Castelfranco Emilia, Nonantola, Ravarino, San Cesario sul Panaro, Savignano sul Panaro;
► base ampelografica
● bianco (anche frizzante, spumante): min. 40% albana e/o trebbiano romagnolo, possono concorrere altre uve a bacca bianca non aromatiche, provenienti da vitigni presenti in ambito aziendale, iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino, approvato con DM 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, idonei alla coltivazione nella Regione Emilia Romagna, max. 60%;
● Montuni (anche frizzante, spumante): montù min. 85%, possono concorrere altre uve provenienti da vitigni, presenti in ambito aziendale, a bacca bianca non aromatica, idonei alla coltivazione nella Regione Emilia Romagna, max. 15%;
► norme per la viticoltura
● è ammessa l’irrigazione di soccorso;
● la resa massima di uva in coltura specializzata e il titolo alcolometrico volumico naturale minimo devono essere di 18 t/Ha e 10,0% vol. per tutte le tipologie;
► norme per la vinificazione
● le operazioni di vinificazione, ivi compresi l’arricchimento del grado alcolico, la dolcificazione, la spumantizzazione, la frizzantatura, devono essere effettuate all’interno della zona di produzione, tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali, è consentito che tali operazioni siano effettuate nell’ambito dell’intero territorio delle province di Bologna e Modena;
● è consentito l’arricchimento dei mosti e dei vini nei limiti stabiliti dalle norme nazionali e comunitarie, con mosti concentrati, ottenuti da uve dei vigneti iscritti all’Albo della stessa denominazione di origine controllata, oppure con mosto concentrato rettificato o a mezzo concentrazione a freddo o altre tecnologie consentite;
● per la presa di spuma della tipologia frizzante deve essere utilizzato esclusivamente mosto, mosto parzialmente fermentato o mosto concentrato di uve dei vigneti iscritti all’Albo della denominazione d’origine, oppure mosto concentrato rettificato;
● per la presa di spuma della tipologia spumante deve essere utilizzato esclusivamente mosto, mosto parzialmente fermentato o mosto concentrato di uve dei vigneti iscritti all’Albo della denominazione d’origine, oppure mosto concentrato rettificato o saccarosio nei termini previsti dalla vigente legislazione;
● la produzione massima consentita di vino per ettaro è di 126 Hl;
► norme per l’etichettatura e il confezionamento
● la menzione “vigna” seguita dal relativo toponimo è consentita, alle condizioni previste dalla normativa vigente;
● l’indicazione della menzione relativa al tenore zuccherino del prodotto per gli spumanti è obbligatoria nei limiti della normativa comunitaria; quella dei vini non spumanti è facoltativa per i tipi secchi o abboccati, è obbligatoria per i tipi amabile o dolce;
● i vini possono essere immessi al consumo in tutti i recipienti di volume nominale autorizzati dalle normative vigenti;
● per la tappatura dei vini spumanti e frizzanti si applicano le norme vigenti in via generale per i rispettivi settori. Per i vini frizzanti è tuttavia ammessa la chiusura con tappo a fungo ancorato, tradizionalmente utilizzato nella zona, con eventuale capsula non superiore a 7 centimetri. Per gli altri, allorquando siano confezionati in bottiglie di vetro, possono essere presentati con qualsiasi tipo di chiusura, escluso il tappo a corona per bottiglie di capacità nominale superiore a 375 ml;
► legame con l’ambiente geografico
● A) Informazioni sulla zona geografica
◉ Fattori naturali rilevanti per il legame
La media pianura delle province di Bologna e Modena, posta Modena al centro della regione emiliana, ha tutte le caratteristiche climatiche della Valle Padana. La speciale posizione della pianura, posta ai piedi dell’Appennino, è la causa di un regime termo-pluviometrico tipicamente continentale, con estati calde ed inverni rigidi. I venti umidi del sud vi giungono generalmente asciutti, determinando una bassa pluviometria, molto inferiore a quella che si registra, ad esempio nell’Italia centrale. I valori medi degli indici relativi alla luminosità, all’escursione termica alle precipitazioni piovose, confermano l’alto grado di continentalità del nostro clima caratterizzato tra l’altro da piovosità mal distribuita, con due massimi (primavera ed autunno) di pericoloso eccesso idrologico e due minimi (inverno ed estate) di grave carenza. La media ponderata annuale delle precipitazioni è di 925 mm che sono così distribuite: inverno 23%, primavera 26%, estate 18%, autunno 33%.
I terreni della media pianura di Bologna e Modena hanno una origine geologica alluvionale di riporto con pendenze piane con una composizione chimica dove l’elemento potassio (K) prevale sul fosforo (P).
I suoli dei terreni della media pianura bolognese e quelli della media pianura modenese posti alla destra del fiume Panaro hanno una composizione fisico meccanica di medio impasto tendente all’argilloso.
Dalle uve bianche prodotte in questo territorio si ottengono vini di colore giallo paglierino, di media acidità, con evidenza di note erbacee e fruttate.
◉ Fattori umani rilevanti per il legame
La civiltà del vino è talmente compenetrata dalle vicende storiche, di costume e culturale dell’ambiente con la straordinaria capacità di mantenere i confini e l’identità del territorio da dove un vino ha avuto origine e fama.
La media pianura delle province di Bologna e Modena sono storicamente città rivali, Bologna per l’appartenenza allo Stato Pontificio, Modena capitale di un piccolo ducato legato alla casa reale d’Asburgo Lorena.
Chi appena più di un secolo fa si recava da Modena a Bologna una volta attraversato il fiume Panaro al ponte di Sant’Ambrogio trovava appunto il confine con lo Stato Pontificio e i vigneti con i vitigni lambrusco lasciavano spazio ai vigneti con i vitigni a bacca bianca (montù, trebbiano, albana) con prevalenza del montù. Con la comparsa dei primi saggi ampelografici compare l’antichissima tradizione del vino bianco della zona di “Castelfranco Emilia” un tempo città fortificata bolognese passata nel 1929 al territorio modenese.
L’incidenza dei fattori umani è riferita in particolare alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi che costituiscono parte integrante del disciplinare di produzione:
▪ La base ampelografica dei vigneti: I vini a denominazione di origine controllata “Reno” devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell’ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:
Montuni: montù minimo 85%, possono concorrere alla produzione di detto vino le uve provenienti da altri vitigni, presenti in ambito aziendale a bacca bianca non aromatica, raccomandati e/o autorizzati per le province di Bologna e Modena fino a un massimo del 15%;
Bianco: albana e trebbiano romagnolo da soli o congiuntamente minimo 40%, possono concorrere alla produzione di detto vino le uve provenienti da altri vitigni, presenti in ambito aziendale a bacca bianca non aromatica, raccomandati e/o autorizzati per le province di Bologna e Modena fino a un massimo del 60%;
▪ Le forme di allevamento: l’ambiente pedoclimatico della media pianura modenese e bolognese favorisce un naturale accrescimento della vite. Le imprese viticole hanno optato per forme di allevamento a cordone permanente con tralci ricadenti capaci di contenere la vigoria delle piante. La forma di allevamento deve consentire un’adeguata distribuzione spaziale delle gemme, esprimere la potenzialità produttiva delle piante, permettere la captazione dell’energia radiante, assicurare sufficiente aerazione e luminosità ai grappoli. Le forme di allevamento più diffuse sono il cordone speronato e il G.D.C. con una densità d’impianto di 1.500-2.800 ceppi/ettaro. I portainnesti più utilizzati sono Kober5BB, SO4, 420A.
▪ Le pratiche enologiche specifiche relative all’elaborazione dei vini, sono quelle tradizionalmente consolidate, leali e costanti e fanno riferimento, quasi esclusivamente, alla pratica della rifermentazione naturale in bottiglia e della rifermentazione naturale in autoclave. Le operazioni di arricchimento sono consentite nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dalla normativa comunitaria.
● B) Informazioni sulla qualità e sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuiti all’ambiente geografico
La D.O.C. “RENO” è riferita alla produzione di vini bianchi con la possibilità di menzionare il vitigno “Montuni” o il riferimento alla tipologia “Bianco”. Dal punto di vista analitico e organolettico questi vini presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.
Tali caratteristiche del vino di base, sono evidentemente condizionate dall’ambiente fertile e fresco caratteristico dell’area doc e delle forme di allevamento principalmente basate su cordoni permanenti (cordone speronato e G.D.C.) e portainnesti che assecondano la naturale vigoria del vitigno (Kober 5BB, SO4 e 420A).
Dalle uve prodotte nella media pianura bolognese e nella media pianura modenese posta alla destra del fiume Panaro si possono quindi ottenere vini bianchi dal colore giallo paglierino, di media struttura, buona acidità. La freschezza e la fragranza dei profumi con evidenze floreali e fruttate contribuiscono al loro equilibrio gustativo.
● C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera a) e quelli di cui alla lettera b)
La D.O.C. “Reno” viene utilizzata e presentata abbinata al nome del vitigno “Montuni” in misura molto minore viene rivendicata la DOC “Reno” abbinata alla tipologia “Bianco”.
Il vitigno Montù è una delle prime varietà di uva bianca che compare nella zona pianeggiante e pedecollinare nei dintorni di Bologna. Si ricordano le citazioni dell’ Acerbi che con il sinonimo di Montonego lo descrive già nel 1823 come vitigno presente nei dintorni di Bologna. Altre citazioni sono riportate nel “Saggio di ampelografia universale” da Giuseppe dei Conti di Rovasenda. Domizio Cavazza nel testo “viticoltura” scrive della presenza del vitigno Montù nella pianura tra Modena e Bologna: cita il vino bianco asciutto, sapido, piacevolissimo. Anche nel testo “uve da vino” di Norberto Marzotto si cita il Montù tra le varietà maggiormente diffuse nella piana Bolognese. Oggi nelle terre che furono dei Bentivoglio e in molti comuni della pianura bolognese e modenese, la coltura di questo vitigno è molto diffusa ed è fondamentale per i viticultori della zona e le loro cantine sociali, tant’è che il vitigno Montù è tra le varietà più rappresentative nella zona di produzione della DOC “Reno”.
Nell’ambito del territorio delimitato dalla zona di produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata è diffusa, da molto tempo, la coltivazione di altri due importanti vitigni: l’Albana e il Trebbiano. Il vitigno Trebbiano fece la sua comparsa in Emilia Romagna in epoca antichissima, con l’avvento del popolo etrusco. Pier De’ Crescenzi, nel suo trattato “Liber ruralium commodorum”, apparso nel 1305, scrive tra l’altro: “C’è un’altra specie di uva, detta tribiana, che è bianca, con acini tondi, piccoli e abbondanti; in giovane età questa vite non dà frutto, crescendo diventa feconda“. Nello stesso secolo del De’ Crescenzi la parola trebbiano comincia a correre in tutta la regione, sia nella accezione latina, sia in quella volgare. Si trovano Turbien a Imola, Trebianum a Ferrara, Tribulanum a Bologna, Tarbian in Romagna.
La storia del vitigno Albana si confonde con la leggenda. Si coltiva da tempi remoti in Emilia Romagna, dove forse furono i romani ad introdurlo. È comunque soltanto negli ultimi tre secoli che il vitigno è stato oggetto di studi e descrizioni sempre più numerose. L’agronomo bolognese Vincenzo Tanara, nel ‘700, ne elencava già alcune varietà: «l’albana rara, l’albana spessa che marcisce facilmente e l’albanone che matura prima delle altre». Il vino bianco ottenuto dalla vinificazione dei due vitigni, anche in uvaggio fra di loro, è molto apprezzato soprattutto dagli abitanti di Bologna e dei paesi limitrofi.