Considero la guerra come la peggiore espressione del genere umano. Morte, miseria, devastazione, basterebbero queste cose per far unire tutte le persone del mondo sotto un’unica bandiera globale: quella della pace fra i popoli. Eppure l’uomo per sua natura tende a dimenticare in fretta, a nascondere sotto la sabbia scomodi scheletri del passato. Per fortuna ci sono i libri e i monumenti che ci rinfrescano un po’ la memoria. Lungo la strada che da Gorizia ci conduce verso le propaggini orientali del Collio, ad un certo punto ci si imbatte in un imponente sacrario dedicato ai caduti della prima guerra mondiale: qui sono custodite le spoglie di 57.741 soldati, a ricordarci i morti delle sanguinose battaglie che si sono svolte in queste terre. Ci troviamo ad Oslavia, terra che è stata pesantemente provata dagli anni del conflitto ma che ha saputo rinascere grazie alla tenacia della sua gente e a un territorio eccezionale che si è dimostrato l’ideale per la coltivazione della vite. Una benefica costante ventilazione che scende dal monte Sabotino, notevoli escursioni termiche, stratificazioni di marne e arenarie, sono questi i tratti principali che fanno di Oslavia un luna park della viticoltura. Non è un caso se in un paese che non arriva ai 700 abitanti, siano riusciti a nascere grandi produttori come Gravner, Radikon, Primosic, i fratelli Bensa della Castellada, Dario Princic. Ho lasciato volutamente fuori da questa lista una famiglia di viticoltori che anch’essa è da sempre protagonista in queste terre, ma solo perché è quella che andremo oggi a conoscere: la famiglia Fiegl. La famiglia Fiegl ha una storia secolare nel territorio. Le prime testimonianze della loro presenza risalgono al 1792. Da allora il denominatore comune sarà sempre lo stesso: amore viscerale per la propria terra e una cultura contadina che li vedrà dapprima protagonisti come agricoltori e allevatori, per poi diventare un punto di riferimento della viticoltura del Collio.
Nonno Antonio, fra poco novantenne, è il primo protagonista della storia recente della famiglia. Sarà lui a porre le basi di quella che è l’azienda attuale. E sarà lui a trasmettere le sue conoscenze e la sua passione ai tre figli: Giuseppe che cura i vigneti, Alessio che si occupa della cantina e Rinaldo, il fratello maggiore, che segue la parte commerciale e promozionale. A loro si sono aggiunte col tempo, forze fresche: i figli Martin, Matej e Robert che stanno dando il loro prezioso contributo in azienda. Una famiglia unita e coesa dove ognuno è un ingranaggio fondamentale dell’azienda e dove regna una filosofia comune: produrre vini di qualità che rappresentino il territorio e sappiano emozionare. I circa 30 ettari di vigneti, oltre ad essere locati in un territorio ideale, sono curati con amore e devozione, cercando di produrre uve sane e di qualità, nel massimo rispetto dell’ambiente circostante. La cantina è funzionale e soddisfa ogni operazione del ciclo produttivo. Una moltitudine di contenitori in acciaio, barrique e tonneau sono pronti ad accudire il prezioso nettare dionisiaco che arriverà dalla pressa. Pulizia e massima attenzione e professionalità sono gli elementi basilari in cantina. Una linea di imbottigliamento chiuderà il ciclo produttivo e a seguire, le bottiglie verranno lasciate a riposare e affinarsi, prima di essere messe in commercio e deliziare le papille gustative di tutti gli appassionati. La produzione arriva a circa 150mila bottiglie, con un 70% riservata ai vini bianchi e la parte restante a quelli rossi.
La linea Fiegl vede protagonisti i bianchi Pinot Grigio, Sauvignon, Friulano, Chardonnay, Ribolla Gialla, Malvasia Istriana, Pinot Bianco. Sono tutti vinificati in acciaio, sostano sui propri lieviti per alcuni mesi e vengono commercializzati l’anno successivo la vendemmia. Vini in cui risalta l’acidità e la mineralità tipica del territorio. Vini buoni da bersi subito ma che hanno anche ottime prospettive di longevità. Ne è testimone un Sauvignon 2001 che ho avuto la fortuna di assaggiare e che mi ha sorpreso per come un bianco vinificato interamente in acciaio, riuscisse a mantenere le sue caratteristiche migliori anche dopo dieci anni, segno questo che in vigna si è lavorato molto bene. Nella famiglia dei rossi vengono prodotti il Cabernet Sauvignon, il Cabernet Franc e il Merlot. Sei mesi in tonneau e sei mesi in acciaio prima di finire in bottiglia. Dalle vigne più vecchie situate nei versanti più vocati della collina, si ricavano le uve per produrre i vini della linea di punta Leopold. Rese bassissime e lunghi affinamenti sono le caratteristiche fondamentali per produrre questi vini di qualità assoluta. Il Bianco Leopold è un assemblaggio di malvasia, friulano, sauvignon e ribolla gialla. La ribolla, presente con un 50% sul totale, subisce un periodo di macerazione e affinamento in legno ed è la tipologia che porta corpo e struttura al vino. malvasia, friulano e sauvignon vengono vinificati separatamente in acciaio, dove poi vi restano per circa un anno e mezzo prima di essere assemblati e andare ad affinarsi per 6 mesi in bottiglia. Altro vino in produzione è il Merlot Leopold, le cui uve provengono da vigneti storici di Oslavia che hanno circa 60 anni di età. Uve di primissima qualità che una volta in cantina vengono vinificate e restano 3 anni in legno (in prevalenza tonneau ma anche barrique), 2 anni in acciaio e alla fine un anno in bottiglia. Un grande vino che merita di essere aspettato per così tanti anni dopo la vendemmia, perché poi sarà generoso e ripagherà con gli interessi la lunga attesa. Altro rosso è un assemblaggio di 80% di merlot e 20% di cabernet sauvignon che porta il nome di Couve’e Rouge. Tre anni di legno, uno di acciaio e poi 2 anni ad affinarsi in bottiglia.
Fanno parte della produzione aziendale anche lo spumante metodo classico Fiegl Rosè e il passito Meja. Il primo è prodotto da uve di Pinot Grigio che dopo una breve macerazione vengono vinificate in bianco e una volta in bottiglia per la seconda fermentazione, vi rimangono per circa 18 mesi prima della sboccatura. Il secondo è ottenuto da un 90% di Traminer e un 10% di Sauvignon. Dopo la vendemmia le uve si disidratano per circa un mese sui graticci, prima di venir pressate e vinificate e restare 3 anni in tonneau e 2 anni in bottiglia. Insomma la famiglia Fiegl è proprio una bella squadra. Silvana, moglie di Giuseppe, l’unica donna del gruppo a partecipare attivamente in azienda, ha l’arduo compito di tenere a bada e moderare l’esuberanza di tutti i maschietti, che sebbene divisi per età e generazione, sono uniti dalla passione per la viticoltura e dall’obiettivo comune da perseguire: ottenere grandi vini che siano lo specchio reale del territorio.
DIALOGANDO CON IL VIGNAIOLO Intervista a Matej Fiegl.
Tu, Martin e Robert siete le forze fresche entrate in azienda ad affiancare i “vecchi” della famiglia. Sicuramente peccherete in esperienza rispetto ai vostri genitori, ma quale può essere il contributo innovativo che i giovani come voi possono portare in azienda e in un mondo difficile ma affascinante come quello del vino? Innanzi tutto la freschezza delle nostre idee e una grande voglia di fare e imparare sempre cose nuove. Bisogna non essere mai sazi di fare esperienze nuove ed è fondamentale avere sempre grandi motivazioni. Siamo orgogliosi della nostra famiglia e del territorio in cui siamo nati. Questo ci dà un’ulteriore carica. I “vecchi” portano esperienza e noi dobbiamo portare un po’ di irruenza e novità. Provenendo da epoche diverse è normale avere anche un modo diverso di pensare, ma il comune denominatore è sicuramente la grande passione per il mondo del vino e l’unità che c’è in famiglia. E’ naturale che giovani come noi, siamo più avvezzi alle nuove tecnologie e a tutti i nuovi strumenti oggi a disposizione, come Internet, blog, facebook e via dicendo. Forse la nostra generazione, avendo maggiori mezzi, è più portata a comunicare il vino, e questo la reputo una cosa molto importante, perché oggi non basta più fare un ottimo prodotto per avere successo ma bisogna anche essere bravi nel curarne un po’ l’immagine e la comunicazione.
Qual è l’obiettivo principale che volete raggiungere con i vostri vini, e che messaggio cercate di trasmettere ai vostri clienti? L’obiettivo principale è quello di riuscire a dare delle emozioni a chi degusta i nostri vini. La mia speranza è che all’interno della bottiglia, l’appassionato non trovi solo un buon vino, ma l’essenza del territorio di Oslavia: la sua terra, le sue viti, il suo microclima e tutta la passione e il lavoro dell’uomo. Il vino deve saper emozionare ed essere un mezzo per creare rapporti umani e trasmettere felicità, tutte cose che oggi un po’ mancano nella nostra società.
Quale vino della vostra produzione ami in maniera particolare? Personalmente amo moltissimo il Sauvignon, un vino che reputo intrigante e che come uva è molto difficile da coltivare. Poi sicuramente il Merlot Leopold. Le uve di Merlot devono essere seguite e coccolate con cura in vigna, solo così è possibile ottenere un ottimo vino.
Parlando di ambiente e rispetto delle leggi della natura, qual è la filosofia attuale dell’azienda e quale pensi sia la strada giusta da seguire per il futuro della viticoltura? La nostra azienda lavora nel pieno rispetto dell’ambiente, ma questo può voler dire tutto o anche niente. La natura e le sue leggi rappresentano un dono prezioso che và preservato. Bisogna lavorare con scrupolo e serietà, evitando di usare sostanze che potrebbero risultare nocive, ma penso che eliminare completamente i trattamenti in vigna non sia possibile. Non è mai stata fatta un’analisi completa sull’impatto ambientale che hanno le diverse lavorazioni. Se sono biologico e devo entrare parecchie volte in vigna per fare trattamenti con il rame, siamo sicuri che alla fine questo non comporti comunque un livello di inquinamento non trascurabile rispetto a me che entro magari una volta sola per fare un trattamento tradizionale? Carburante usato per i trattori, emissioni di CO2, non sono comunque elementi da tenere in considerazione per una valutazione finale sul reale impatto ambientale? Il mio obbiettivo è quello di limitare ai minimi termini i trattamenti. Non usare prodotti nocivi per l’ambiente. Sto ad esempio eliminando l’uso dei dissecanti perché creano dei problemi al microclima che si forma sotto la pianta. Ho intenzione di riservare un piccolo pezzo di vigna alle mie prove e sperimentazioni. Sperimentare le pratiche biologiche. Testare prodotti naturali. Il mio desiderio, in futuro, sarebbe quello di riuscire a fare vini a impatto ambientale zero. per adesso mi accontento di coltivare uve sane e di primissima qualità, unico mezzo per ottenere vini eccezionali.
Accanto alla linea classica, avete una produzione di punta denominata Leopold dove fate uso dei legni e dove i vini subiscono lunghe maturazioni e affinamenti prima di andare in commercio. Raccontaci com’ è nata l’idea di produrre questa linea di vini che per metodologia di produzione si discosta totalmente dalla linea classica. Il Leopold Bianco e quello Rosso sono nati in contemporanea con la nascita dell’azienda, mentre il Merlot è stato messo in produzione qualche anno dopo. La volontà era quella di creare dei vini di valore qualitativo assoluto che fossero rappresentativi della zona.
Il Prosecco vive un grande momento commerciale. Le bollicine in generale stanno conquistando sempre maggiori estimatori. E’ per questo che avete puntato anche voi su uno spumante metodo classico, e come mai la scelta è caduta su un vitigno come il Pinot Grigio, che non rappresenta in generale, la tipologia più utilizzata per la produzione di uno spumante? (Risponde Robert, ideatore del progetto) La scelta di produrre uno spumante è stata sicuramente influenzata dal periodo che ho passato a Conegliano frequentando la scuola di Enologia. Nella patria del Prosecco ho naturalmente degustato parecchi spumanti, e sono rimasto affascinato dalle bollicine. Ho parlato con la mia famiglia e ricevuta l’approvazione ho dato inizio al progetto. In Friuli molti hanno puntato sulla Ribolla Gialla, spumantizzata in autoclave, come alternativa al Prosecco, Ma non era la tipologia e il metodo di produzione che avevo pensato per la nostra azienda. Infatti, ho deciso di puntare sul metodo classico e sul Pinot Grigio, la tipologia friulana che all’estero riscontra i maggiori consensi. La buccia colorata mi permette, con un breve macerazione, di ottenere un rosé, con un colore che desta molta curiosità negli appassionati che vi si avvicinano. Alla fine questo vino può rappresentare un mix fra l’innovazione delle bollicine e la tradizione dei vecchi vini, dai colori leggermente imperfetti, come quelli che si facevano una volta. La prima annata in commercio è stata la 2009, con circa 2000 bottiglie prodotte.
La tradizione e la passione vitivinicola viene trasmessa nella vostra famiglia da una all’altra. Ma non generazione hai mai pensato di scegliere un’altra strada e fare qualcosa di diverso nella tua vita? Racconterò un aneddoto. Ero alla fine della terza media. Avevo già fatto la pre-iscrizione alla scuola che avevo deciso di frequentare l’anno successivo (Istituto di Agraria). La professoressa di italiano ci fece fare un tema in classe con il quale dovevamo raccontare il perché della nostra scelta futura ed io scrissi di come fin da piccolo avevo il vino e la natura nel mio cuore e nel mio destino. Io e mio cugino Robert avevamo 8 anni quando iniziammo la nostra attività di “piccoli produttori indipendenti” di vino. Avevamo ricreato in un vecchio pollaio, una mini cantina: un vecchio torchio, una vasca, una botticella, bottiglie ed etichette. Non ci mancava nulla. Andavamo a vendemmiare, qualche volta di nascosto, rubacchiando un po’ di uva da qualche vigneto e poi ci mettevamo al lavoro. Le uve vinificate venivano imbottigliate ed etichettate con il nostro personale marchio. Nostra unica cliente, la nonna, che era diventata anche un po’ nostra complice. Non posso garantire sul livello qualitativo del vino prodotto ma visto che la nonna ha vissuto a lungo, di sicuro il vino male non faceva. Con questa premessa, penso che sia quasi inutile dire quale sia stata l’unica strada che ho sempre desiderato intraprendere.
In un periodo di profonda crisi economica e di problematiche occupazionali, consiglieresti ai giovani di avvicinarsi alla terra, ma soprattutto per quella che è la tua esperienza personale, è ancora possibile al giorno d’oggi per un giovane coltivare il sogno di partire quasi da zero e costruire una propria piccola azienda? Oggigiorno partire da zero è un’impresa difficilissima. Se uno riesce a realizzare il suo progetto partendo quasi da zero, beh posso solo dirgli che è un grande. Lavorare la terra non è una passeggiata. Caldo d’estate e freddo in inverno. Fatica. Tante ore da dedicare all’azienda. Devi avere una passione smisurata per il tuo lavoro e amare il territorio in ogni sua espressioni. A Oslavia sono partiti da zero personaggi come Gravner, Radikon, Primosic, i fratelli Bensa, la mia stessa famiglia, ma erano altri tempi. Oggi penso che sia difficile per non dire impossibile realizzare quello che sono riusciti a fare questi grandi personaggi, senza avere una buona base di partenza.
Un ragazzo di 26 anni che progetti e che speranze ha per il futuro? Quando sono in vigna sul trattore devo innanzi tutto stare attento a non buttare giù i pali dei filari e poi mentre lavoro lascio andare la mia mente a mille sogni e progetti. La speranza è quella di consolidare i livelli qualitativi raggiunti dalla nostra azienda, e se possibile anche migliorarli. Vorrei che io e tutti gli altri giovani Fiegl, fossimo protagonisti di nuovi successi, magari ingrandendo ancora un pochino l’azienda. Vorrei vedere il territorio di Oslavia crescere, nel rispetto della salvaguardia ambientale. Offrire non solo buoni vini, e un ricordo ormai purtroppo sbiadito delle terribili vicissitudini della I guerra mondiale, ma anche tutta una serie di infrastrutture che invoglino il turista a passare un po’ di tempo nelle nostre belle colline.
Vino e poi quali sono le tue passioni? Amo moltissimo viaggiare con la mia compagna. Conoscere nuovi luoghi, nuove culture e scoprire tutti i segreti dell’enogastronomia delle zone che visito. Poi amo il calcio e in particolar modo la mia squadra del cuore: l’Inter. Mi piace leggere e guardare bei film. Ma una delle cose che adoro fare e trovarmi qualche volta con gli amici di vecchia data e fare un po’ di baldoria.
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