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Le Docg della Campania: Fiano di Avellino

Le Doc della Campania: Fiano di Avellino


❂ Fiano di Avellino D.O.C.G.
(Approvato DOC con D.P.R. 27/4/1978 – G.U. n.241 del 29/8/1978; approvato DOCG con D.M. 18/7/2003 – G.U. n.180 del 5/8/2003; ultima modifica D.M. 13/10/2020 – G.U. n.264 del 24/10/2020)


zona di produzione
● in provincia di Avellino: comprende l’intero territorio amministrativo dei comuni di Aiello del Sabato, Atripalda, Avellino, Candida, Capriglia Irpina, Cesinali, Contrada, Forino, Grottolella, Lapio, Manocalzati, Mercogliano, Montefalcione, Monteforte Irpino, Montefredane, Ospedaletto d’Alpinolo, Parolise, Pratola Serra, Salza Irpina, San Michele di Serino, S. Potito Ultra, S. Angelo a Scala, Santa Lucia di Serino, S.Stefano del Sole, Sorbo Serpico e Summonte;

base ampelografica
anche riserva: fiano min. 85%, greco e/o coda di volpe bianca e/o trebbiano toscano, presenti nei vigneti aziendali, max 15%;

norme per la viticoltura
è consentita l’irrigazione di soccorso;
per i reimpianti e i nuovi impianti i vigneti dovranno avere una forma di allevamento verticale, la densità di impianto non potrà essere inferiore ai 2.500 ceppi per ettaro;
la resa massima di uva in coltura specializzata non deve essere superiore a 10 t/Ha, mentre il titolo alcolometrico volumico minimo naturale deve essere di 11,00%vol.;

norme per la vinificazione
le operazioni di vinificazione e di elaborazione del vino devono essere effettuate nell’ambito del territorio amministrativo della provincia di Avellino;
l’arricchimento dei mosti o dei vini aventi diritto alla denominazione di origine controllata e garantita “Fiano di Avellino” deve essere effettuato alle condizioni stabilite dalle norme comunitarie e nazionali;
per la tipologia «Fiano di Avellino» riserva il periodo di invecchiamento non deve essere inferiore a 12 mesi a decorrere dal 1° novembre dell’anno della vendemmia;
nella designazione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita «Fiano di Avellino» può essere utilizzata la menzione «vigna» a condizione che sia seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale, che la vinificazione e la conservazione del vino avvengano in recipienti separati e che tale menzione, seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale, venga riportata sia nella denuncia delle uve, sia nei registri e nei documenti di accompagnamento e che figuri nell’apposito elenco regionale di cui all’art. 31, comma 10, della legge n. 238/2016;

norme per l’etichettatura e il confezionamento
sulle bottiglie o altri recipienti del vino a denominazione di origine controllata e garantita “Fiano di Avellino” deve figurare l’indicazione dell’annata di produzione delle uve;
è consentita l’immissione al consumo del vino a denominazione di origine protetta «Fiano di Avellino DOCG» esclusivamente in bottiglie o in altri recipienti di vetro di capacità non superiore ai 5 litri, muniti di contrassegno di Stato. I recipienti di cui al comma precedente devono essere chiusi con tappo raso bocca, di materiale al momento previsto dalla normativa vigente, a eccezione di quelli non superiori a 0,187 litri di capacità, per i quali è consentito l’uso di dispositivo di chiusura a vite;

legame con l’ambiente geografico
A) Informazioni sulla zona geografica
Fattori naturali
Il territorio di produzione della denominazione di origine controllata e garantita «Fiano di Avellino» è ubicato a Nord di Avellino e si estende fino ai confini della Provincia di Benevento.
Si identifica nell’area comprendente i Comuni di: Atripalda, Avellino, Cesinali, Aiello del Sabato, Santo Stefano del Sole, Sorbo Serpico, Salza Irpina, Parolise, San Potito Ultra, Candida, Manocalzati, Pratola Serra, Montefredane, Grottolella, Capriglia Irpina, Sant’Angelo a Scala, Summonte, Mercogliano, Forino, Contrada, Lapio, Monteforte Irpino, Ospedaletto d’Alpinolo, San Michele di Serino, Santa Lucia di Serino e Montefalcione, tutti in Provincia di Avellino e copre una superficie territoriale totale di kmq 276. Il territorio ricade in parte nell’ambito territoriale del parco regionale del Partenio.
La zona di produzione della DOCG Fiano di Avellino nella sua attuale conformazione fu così già descritta nel 1642 dallo storico Fra’ Scipione Bellabona nei «Raguagli della Città di Avellino».
L’areale del Fiano di Avellino DOCG, si presenta, sotto il profilo delle caratteristiche litologiche del substrato (Servizio geologico d’Italia, foglio 185 «Salerno»), notevolmente articolato, stante anche la significativa estensione dello stesso.
La fascia più ampia, quella centrale, che comprende i territori comunali (da Nord verso Sud) di Grottolella, Montefredane, Avellino, Forino, Contrada, Cesinali e Aiello del Sabato, è caratterizzata dalle stesse cineriti ocracee e livelli di pomici del II periodo flegreo, alternanti a paleosuoli e materiale detritico sciolto e piroclastiti s.l. con rari livelli tufitici e piccole pomici dell’areale del Greco di Tufo, o dall’appoggio delle stesse sopra argille, argille marnose e sabbiose, talora con gessi.
Nella fascia occidentale, i territori di S. Angelo a Scala e Summonte vedono la presenza di arenarie con intercalazioni di marne; quelli di Ospedaletto d’Alpinolo, Mercogliano e Monteforte Irpino delle stesse cineriti della fascia centrale, anche in appoggio su calcari.
Più articolata la fascia orientale: quelle stesse cineriti nei territori di Pratola Serra e Manocalzati riposano sopra argille e argille marnose, talora con gessi ed in quelli di Lapio e Atripalda sopra argille varicolori con intercalazioni lapidee, che rappresentano anche il solo litotipo presente nelle aree di Montefalcione, Parolise e S. Potito Ultra.
Nei territori di Salza Irpina e Sorbo Serpico, prevalgono nettamente argille marnose e sabbiose ed argille varicolori; in quello di S. Stefano del Sole, la successione litologica è caratterizzata da depositi detritici, che poggiano sopra argille, a loro volta a tetto di calcari. Depositi detritici e alluvionali affiorano a S. Lucia di Serino e, a tetto dei calcari, a S. Michele di Serino.
Orograficamente, l’assetto morfologico si caratterizza per la presenza e la prevalenza di un’estesa fascia collinare, interposta tra le pendici orientali dei rilievi del gruppo M. Vergine-Monti di Avella, a Ovest, e quelle occidentali del gruppo Terminio-Tuoro, a Est.
Il primo dà luogo a dorsali allungate in senso appenninico, le cime più alte delle quali si caratterizzano per presentare forme aspre sui versanti orientali e quote massime che decrescono verso Ovest/Nord-Ovest. Il secondo, che mostra pareti con le forme maggiormente tormentate sul versante occidentale, degrada più dolcemente verso Nord.
L’ampia fascia centrale presenta forme ben più dolci, in quanto modellata in sedimenti facilmente erodibili, che formano un insieme di colline, la quota più alta delle quali si aggira intorno ai 600 metri, con dislivelli rispetto ai fondovalle che raggiungono, al massimo, i 300 metri. L’altro elemento morfologico peculiare, la Piana di Serino, trova il limite occidentale in quelle colline; quello orientale si identifica con la fascia pedemontana del gruppo del Terminio-Tuoro.
Sotto il profilo idrogeologico, entro l’areale del Fiano di Avellino sono presenti (Aquino et alii, 2006) i seguenti complessi: alluvionale; piroclastico; conglomeratico; arenaceo-argilloso-marnoso; calcareo-marnoso-argilloso; argilloso e calcareo.
I terreni hanno profili giovani e immaturi e poggiano il più delle volte direttamente sui loro substrati pedogenetici, sia roccia dura e compatta sia rocce tenere argillose e sabbiose.
Lo scheletro è presente in misura modesta e formato da frammenti e ciottoli silicei o calcarei. Per contro, i terreni sono decisamente ricchi in argilla, che il costituente più importante, con concertazioni anche fino al 50% della terra fina; in molti casi la frazione argillosa è attenuata da sabbia e limo, presenti in misure notevoli per cui gran parte dei terreni dell’areale risultano argillosi o argillo-limosi (terreni pesanti), oppure sabbio-argillosi.
Reazione: prevalgono i terreni a reazione neutra e sub-alcalina con una punta di pH 8,02.
Calcare totale: in genere debole è la presenza di calcare, trattandosi di terreni formatisi in genere su sabbie plioceniche, su marne eoceniche e terreni neozoici.
Humus: generalmente modeste, con sostanza organica inferiore al 2% e azoto fra 0,5 e 2,46 g/kg.
Anidride fosforica assimilabile: sebbene il contenuto in fosforo totale è di norma bastevole a volte anche esuberante, in relazione alle rocce madri di origine, il contenuto in fosforo assimilabile è modesto, con tenori che variano da 21 a 70 mg/kg con medie superiori a 35 mg/kg.
In merito alla dotazione potassica, i terreni del Fiano di Avellino, qualunque sia l’origine, sono ben provvisti. I valori di ossido di potassio scambiabile è ricompreso tra 250-980 mg/kg con valori medi intorno a 450-500 mg/kg.
Prerogativa dei terreni è la ricchezza in magnesio scambiale con concentrazioni da 110 a 940 mg/kg. Questo elemento esplica un’azione fortemente positiva sull’attività vegetativa della vite, favorendo sia i processi di lignificazione sia le caratteristiche organolettiche del vino. Altrettanto buona dotazione di boro, rame, manganese e zinco.
La dotazione potassica dei terreni del Fiano di Avellino e irpini in generale, qualunque sia la loro origine, è abbastanza elevata. Si riscontrano valori di potassio totale, espresso in termini di K2O mai inferiori a 4,5-5,0 g/kg, con medie superiori ai 12 g/kg. Il contenuto di potassio scambiabile varia tra i 230 e 1000 mg/kh, con valori medi facilmente superiori ai 500 mg/kg. Nell’areale i terreni a maggior dotazione si riscontrano nell’areale di Lapio e Montefalcione.
Enologicamente l’elevato contenuto di argilla dei terreni del Fiano di Avellino ha influenza positiva sulla qualità delle produzioni, particolarmente durante i periodi di siccità estiva, consentendo una più regolare maturazione delle uve con un buon mantenimento dei livelli di acidità. Altrettanto positiva la ricchezza in potassio e magnesio scambiabile che conferisce ai vini intensità di profumi, buona struttura ed equilibrio.
▪Clima. Le condizioni termiche, idrometriche e anemometriche che caratterizzano l’areale sono pressoché ideali per un processo di maturazione caratterizzato da gradualità ed equilibrio tra tenore zuccherino e acidità, consentendo l’ottenimento di produzioni enologiche pregiate. Tale favorevole situazione è chiaramente dovuta alla posizione geografica e all’orografia del territorio.
L’andamento climatico sia dal punto di vista termico che delle precipitazioni è fortemente influenzato dai numerosi ettari di bosco che ricoprono i monti che caratterizzano l’ambiente circostante e che ne sfavoriscono il surriscaldamento. In generale, il clima invernale è rigido, non di rado ci sono precipitazioni a carattere nevoso, come il clima estivo è alquanto mite.
▪Temperature. Di numero molto elevato i giorni di sole, abbastanza frequenti le gelate primaverili, talvolta anche tardive. Molto pronunciate le escursioni termiche tra le temperature medie max e min. durante il periodo luglio-settembre.
▪Precipitazioni. Buona la piovosità che di solito nell’arco dell’anno raggiunge, anche se di poco i 1100 mm. La distribuzione delle piogge, si addensa nell’autunno-inverno concentrando ben oltre il 70% delle precipitazioni con un periodo estivo particolarmente asciutto con in media il 6% del totale delle precipitazioni.
▪Venti. I venti dominanti sono quelli meridionali e sudoccidentali, umidi e tiepidi. Per la sua ubicazione e la sua orografia, l’area ha una protezione verso i venti orientali mentre è esposta a quelli di origine tirrenica. Ne consegue che l’area è protetta dai venti freddi del quadrante Nord-Est, mentre nessun ostacolo è frapposto alle correnti umide dei quadranti occidentale e meridionale.
Fattori umani
La coltivazione della vite nell’area è antica e connessa alla presenza del fiume Sabato che attraversa le formazioni collinari che la caratterizzano e deriva il nome dal popolo dei Sabini, il cui eponimo era Sabus (cat. apd. Dyonis, II, 49; lib. VIII, 41) o Sabatini, una tribù dei Sanniti stanziatasi nel bacino del fiume Sabatus (Livio).
Nella zona di origine il Comune di Lapio, sito nelle colline a Est di Avellino a un’altitudine di 590 m. s.l.m., è ritenuto luogo che spiega la possibile origine «nativa» del vitigno come si reperisce anche in una pubblicazione del 1642 del frate Scipione Bella Bona dal titolo: «Ragguagli della Città di Avellino», nella quale l’autore, parlando dell’antica Avellino, racconta che presso i suoi confini esistevano tre castelli di cui uno a Monteforte, un altro a Serpico e il terzo situato nell’area agricola detta Apia (oggi Lapio) dove si produceva il vino chiamato Apiano.
Per questa DOP, la centralità produttiva e l’importanza vinicola del villaggio di Lapio è confermata da una nota del 5 novembre del 1592, indirizzato al capitano di Montefusco, capitale del Principato d’Ultra – coincidente in larga parte all’odierna Provincia di Avellino: «L’università ha ottenuto regio assenso, su la gabella del vino per far pagare 4 carlini per ogni soma che entra nella terra.
Ora molti particolari di Lapio portano il vino, ma non vogliono pagare perché dicono di venderlo al minuto. Il capitano li costringa al pagamento».
Testimonianza della presenza costante della vite quale sostentamento economico delle popolazioni locali è data dalla bibliografia che tratta dell’evoluzione sociale ed economica dell’area nel periodo a cavallo del medioevo e l’ottocento.
Nel XIX secolo l’attività vitivinicola dell’intera provincia, con una produzione superiore a un milione di ettolitri largamente esportati, e dell’area del Fiano di Avellino, sono l’asse economico portante dell’economia agricola degli anni e del tessuto sociale tanto da portare alla costruzione della prima strada ferrata d’Irpinia, da lì a poco chiamata propriamente «ferrovia del vino», che collegava i migliori e maggiori centri di produzione vinicola delle colline del Sabato e del Calore direttamente con i maggiori mercati italiani ed europei. In particolare nell’area del Fiano, ancora oggi, sono presenti le stazioni ancora esistenti di: Avellino e Lapio.
Contribuisce a far diventare l’area uno dei più importanti centri vitivinicoli italiani, l’istituzione della Regia scuola di viticoltura & enologia di Avellino che sarà l’artefice della diffusione del Fiano nell’hinterland di Avellino e in tutta l’area della media valle del Sabato.
La presenza della scuola, quale propulsore del progresso socio-economico, porterà la filiera vitivinicola avellinese a divenire una delle prime province italiane per produzione ed esportazioni di vino, principalmente verso la Francia, come le fonti dimostrano.
Di conseguenza si genera lo sviluppo di un forte indotto con lo sviluppo di officine meccaniche specializzate nella costruzione e commercializzazione sia di pompe irroratrici e attrezzature specialistiche per la viticoltura sia di sistemi enologici.
A livello scientifico la valenza tecnico-economica delle produzioni del Fiano di Avellino viene riconosciuto in tutti gli studi di ampelografia ed enologia succedutesi nel tempo.
Nel 1882 il direttore della Scuola enologica di Avellino Michele Carlucci, renderà pubbliche le «osservazioni fatte in 14 di
vinificazione in separazione dell’uva Fiano e i metodi di vinificazione per essa sviluppati in onore colla richiesta commerciale».
Nel 1956, l’Office international du vin pubblica integralmente lo studio ampelografico sul Fiano di Violante e Ciarimboli, i quali confermano: «è vino del vitigno coltivato nelle province meridionali e specialmente nell’avellinese fino dai tempi antichi».
Gli stessi autori, nel 1950, riferiranno che la produzione del Fiano è tra quelle che ha subito la maggiore contrazione dopo
l’invasione fillosserica e che la coltivazione del vitigno si è ridotta ad appena 2 ettari in coltura specializzata e 53 ettari in coltura promiscua con una produzione complessiva di circa 1000 quintali di uva. Gli stessi altrettanto evidenziano che la coltura è in progressiva contrazione e individuano la causa nella bassissima produttività del vitigno e della bassa resa per il vino (60-63%).
Nel 1970, in base ai dati del catasto viticolo, la superficie coltivata era di appena 17 ettari in coltura specializzata e 10 in coltura promiscua. Oggi la superficie coltivata a Fiano per la produzione a Fiano di Avellino di oltre 560 ettari per una produzione potenziale di 39.000 hl ed una effettiva di circa 23.000 hl con una resa uva/vino del 65-70%.
La forma di allevamento prevalente nel vigneto specializzato, dell’area in questione, è la spalliera, con potature a guyot e cordone speronato a ridotta di gemme per ceppo finalizzate all’ottenimento di uve dal potenziale enologico qualitativamente ottimo e ben equilibrato. Tale sistema, nell’ultimo trentennio, ha progressivamente soppiantato l’antico «Sistema avellinese». Il sesto d’impianto più frequentemente utilizzato per i nuovi impianti è di m. 2.40 × m. 1.00.
Relativamente alle forme di allevamento l’obiettivo della qualità, ha indotto i produttori a realizzare impianti ad alta densità e meccanizzabili e negli anni tali produzioni si sono modificate sempre più a favore della qualità, aumentando significativamente il numero di viti per ettaro e con una resa produttiva tra gli 80-100 ql/Ha.
Fattori storici
Di fondamentale rilievo i fattori storici-antropologici legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino Fiano di Avellino.
La viticoltura nell’area di produzione del Fiano di Avellino ha origini antichissime che risalgono alle popolazioni locali e successivamente all’arrivo di colonizzatori romani i quali diedero primo impulso alla millenaria coltivazione della vite nell’antico Sabazios e delle popolazioni native locali.
Antico vitigno meridionale, la cui coltivazione risale all’epoca romana. Si ritiene originario della zona di Lapio, sulle colline a Est di Avellino anticamente chiamata Apia.
Il frate Scipione Bella Bona, nel 1642, nei suoi «Raguagli della Città di Avellino», scriveva: «In detti tempi in tre luoghi tre castelli per difesa della lor città teneuano l’Auellinesi, uno doue è hora Monteforte; onde fu poi edificata la terra, e quasi da quei primi secoli di pace; l’altro nel Monte chiamato Serpico, doue parimente furono fatti edifici, e fatta Terra da per sé, nelli suoi tenimenti edificati S. Stefano, e Sorbo, come si disse; e il terzo, cue è ora l’Apia, vicino al Monastero di S. Maria dell’Angioli nel luogo detto gli Mormori. In quel luogo, e quasi in tutto il territorio d’Avellino si produceva il vino detto Apiano, do’ Gentili Scrittori lodato, e tanto in detto luogo, quanto in questa città sin hora vi si produce, e per corrotta fauella chamato Afiano, e Fiano; il nome d’Apiano, dall’Ape, che se mangianolluve, gli fu dato».
Così il termine «Fiano» deriverebbe da «Apiana», uva già conosciuta e decantata dai poeti latini. Tale termine avrebbe subito modificazioni nel tempo, trasformandosi in «Apiano» prima, «Afianti» poi e, successivamente «Fiano».
Fonti fanno risalire l’origine del termine «Apiano» dall’area agricola «Apia», l’odierna Lapio; come pure si fa rilevare che la parola «Apiano» può derivare da «Api», tenendo conto della facilità con cui le api, attratte dalla dolcezza degli acini, attaccano il grappolo.
Se l’antica Lapio era il principale centro di produzione, Montefusco rappresentava il mercato più importante, in quanto era capitale del Principato Ultra ed era direttamente interessato alla costruzione della via che unisce la Puglia alla Campania. Una conferma risale al 5 novembre 1592 in una nota indirizzata al capitano di Montefusco: «L’università ha ottenuto Regio assenso su la gabella del vino per far pagare carlini 4 per ogni soma che entra nella terra. Ora molti particolari di Lapio portano il vino, ma non vogliono pagare perché dicono di venderlo al minuto. Il capitano li costringa al pagamento, non siano molestati per l’acquata da essi ottenuta aggiungendo acqua alle vinacce non del tutto premute, da servire per uso di famiglia; su questa non è imposta gabella alcuna».
Anche nella prima metà del XII secolo il vino Fiano era già molto apprezzato. Infatti nel registro di Federico II, nell’epoca in cui fu a Foggia, c’è un passaggio in cui vengono riportati gli ordini per l’acquisizione di tre carichi di vini: il Greco e il Fiano.
Documenti risalenti al XIII secolo, fanno rilevare l’ordine impartito da re Carlo II d’Angiò al proprio commissario, Guglielmo dei Fisoni, di trovare 1600 viti di Fiano da spedire a Manfredonia, al fine di piantarle nelle proprie tenute.
B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico
L’orografia collinare del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, orientati a Sud-Est/Sud-Ovest, e localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole all’espletamento equilibrato di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta.
Nella scelta delle aree di produzione vengono privilegiati i terreni con buona esposizione adatti a una viticoltura di qualità.
La millenaria storia vitivinicola dell’area di produzione del Fiano di Avellino, iniziata in epoca antica e portata al rango di
vera attività socio-economica con l’avvento dell’Impero romano, è attestata da numerosi manoscritti e fonti storiche, è la fondamentale prova della stretta connessione e interazione esistente tra i fattori umani, la qualità e le peculiari caratteristiche del vino «Fiano di Avellino».
Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizioni tecniche di coltivazione della vite e le competenze enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate e affinate, grazie all’indiscusso processo scientifico e tecnologico.
C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B)
I vini di cui il presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, che ne dà una chiara individuazione e tipizzazione legata all’ambiente pedo-climatico.
In particolare i vini Fiano di Avellino presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate in tutte le tipologie, mentre al sapore e all’odore si riscontrano aromi armonici e gradevoli del vitigno di origine e delle relative tecniche di vinificazione quale evidenza dell’interazione vitigno-ambiente-uomo.
Per il Fiano di Avellino si individuano quattro «terroir» di elezione dove le caratteristiche varietali del vitigno Fiano si esprimono, seguendo un comune filo conduttore, con accenti e sfumature peculiari a seconda di altimetria, esposizioni e composizione dei terreni.
◈ Lapio: si ottengono vini ricchi di struttura in gradi di esprimere doti non comuni di acidità e mineralità. La spiccata connotazione aromatica, poi, fa sì che i vini Fiano di Avellino ottenuti in queste zone assomiglino non di rado a veri e propri vini di montagna.
◈ Summonte: terreni difficili da lavorare. I vini offrono concentrazione, potenza con corredo fruttato e poco minerale. Vini potenti e dotati, ripeto, di un notevole corredo fruttato.
◈ Montefredane: collina argillosa e cretosa che esalta le note minerali che caratterizzano vini di ottima longevità ormai dimostrata. Fascia collinare a Est di Avellino non può identificarsi con un solo comune essendo numerosi i centri interessati alla produzione. Qui i terreni sabbiosi regalano note tipiche di nocciola tostata che richiamano un carattere affumicato di origine non minerale. Vini pronti nel medio periodo.
Il Fiano di Avellino rappresenta la punta di diamante dell’enologia bianca meridionale: acidità e finezza sono le due caratteristiche che lo rendono appetibile per la grande massa dei consumatori mentre gli appassionati lo apprezzano per la sua incredibile propensione all’invecchiamento.
La tradizione viticola di questa area in Provincia di Avellino ha radici profonde e consolidate da un notevole e continuo apporto tecnico-scientifico e da un impegno esemplare dei produttori che, con costanti risultati colturali e tecnologici di rilievo, hanno contribuito a migliorare la qualità e a diffondere e a far affermare i vini Fiano di Avellino sui mercati nazionali e internazionali.

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

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