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Le Vecchie Vigne, un bene da rispettare e valorizzare

Tappi

Una delle culture che mi hanno sempre affascinato è quella degli Indiani d’America. Fatti passare, dall’uomo bianco, come un popolo selvaggio, le loro tribù erano invece esempio di pensiero liberale e democratico. Sempre attenti a preservare un equilibrio ecologico che mirasse a conservare e non sfruttare le risorse naturali, vivevano in perfetta sintonia con la natura. Nessuno di loro si considerava padrone del territorio, perché la terra andava rispettata in quanto era fonte di ricchezza e di vita per la tribù. Un posto di assoluto rilievo e rispetto nella scala sociale lo avevano i vecchi. Essi tramandavano le tradizioni, la storia e la cultura del loro popolo, erano quindi una fonte inesauribile di saggezza e conoscenza da mettere a disposizione per i più giovani.
Gli Indiani d’America si sono estinti, ma l’opera del “civile” uomo bianco ci consegna oggi un pianeta malato, iper sfruttato, che ci sta mandando continui segnali d’ insofferenza, ma al momento solo pochi hanno capito che se non verrà variata la rotta intrapresa, le conseguenze per le generazioni future potrebbero essere disastrose. Ecco perché argomenti come tutela ambientale, salvaguardia del territorio e sistemi di produzione eco-sostenibili, trovano sempre una porta aperta nei miei pensieri.

Gaetano Saccoccio, Mario Zanusso, Primoz Lavrencic

Va da se che non poteva non suscitarmi grande interesse la serata organizzata da Gaetano Saccoccio, di www.naturadellecose.com e da Gianluca Castellano, maestro di cantina del due stelle Michelin “Agli Amici” di Godia. L’evento, una sorta di simposio enogastronomico, aveva come titolo “Le radici ancestrali del Friuli, sentinelle dell’habitat” e metteva a confronto cinque viticoltori friulani con nove dei loro vini prodotti da vigne ancestrali.

Marco Perco

Padrone di casa quel Marco Perco dell’azienda “Roncus” di Capriva che da sempre ha creduto nel valore delle vecchie vigne, diventate etichetta prestigiosa del suo vino di punta. Le altre aziende protagoniste dell’evento sono tutte piccole realtà, dai grandi valori etici, che oltre a credere nelle potenzialità dei vecchi vigneti, sono da sempre vicine ad argomenti come rispetto ambientale e viticoltura eco-sostenibile, e ne hanno fatto elemento imprescindibile del loro modus operandi. I protagonisti della serata, oltre a Marco Perco di “Roncus”, sono stati Mauro Mauri di “Borgo San Daniele (Cormons)”, Mario Zanusso, I Clivi (Corno di Rosazzo), Kristian Keber con i suoi circa 2 ettari di vigneto ereditati dal nonno in quel di Medana nel Collio sloveno, Federica Magrini e Lorenzo Mocchiutti con “Vignai da Duline (San Giovanni al Natisone)”.
Fuori programma, ma altrettanto graditi, il vino e l’olio Tergeste di Rado Kocjančič (Dolina-Trieste) e la presenza di Primož Lavrenčič della “Tenuta Burja” dalla valle di Vipava in Slovenia. I racconti dei protagonisti della vigna e i loro vini, in abbinamento con la gastronomia del territorio, hanno permesso di ampliare le conoscenze dei presenti, sul ruolo e l’importanza che possono avere i vecchi vigneti, se ritenuti patrimonio da salvaguardare e non visti come lavoratori poco produttivi e quindi scarsamente redditizi.
Quando si parla di valorizzare e comunicare le proprie eccellenze, i francesi sono sempre qualche passo più avanti di noi, inutile negarlo. Per loro, l’indicazione di vecchie vigne in etichetta rappresenta un valore aggiunto, da rivendicare con orgoglio. Una comunicazione mirata porta poi anche benefici in termini di valore di mercato.
Da noi c’è ancora poca cultura in materia, e solo pochi e lungimiranti produttori hanno capito l’importanza di preservare il patrimonio genetico tramandatoci dalle generazioni passate. Le vecchie vigne hanno solo un unico grande difetto: producono poco. Ecco perché non trovano l’interesse di chi pensa solo alla produttività e le ritiene poco utili alla causa del mercato globale del vino.

Kristian Keber e Mauro Mauri

A cavallo fra gli anni 70-80, con la fine della mezzadria, vennero espiantati i malandati vigneti a coltura promiscua per far posto a nuovi impianti, fatti senza cura, con l’unico obiettivo di massimizzare la produttività. Ma le vecchie vigne, molte volte figlie di un’accurata selezione massale, sono capaci di dare risultati straordinari. La parola chiave che identifica il loro operato è: equilibrio. Le piante vecchie sanno autogestirsi in termini di vigore, produttività, attività radicale. Tendono a mantenere un bilanciamento tra risorse impiegate per l’attività vegetativa e quelle accumulate.
È da questo equilibrio che nascono i frutti migliori, più armonici nelle loro diverse componenti (acidità, polifenoli, zuccheri), e quindi, almeno potenzialmente, capaci di dare i vini più complessi, interessanti ed equilibrati. Inoltre l’apparato radicale delle viti più anziane è assai espanso, e ciò consente l’accumulo di riserve preziose, minerali e altri componenti che poi finiscono nel grappolo, senza contare che radici estese permettono di resistere meglio alla siccità e garantiscono un’autoregolazione della pianta in caso di eccessive piogge. Se si parla di accumulo di risorse, bisogna anche ricordare che le piante più longeve sono dotate di un’ingente quantità di legno maturo, autentico organo di stoccaggio di amidi e zuccheri, anch’essi prezioso nutrimento per il grappolo. C’era molta curiosità quindi nel vedere se tutta questa teoria avrebbe trovato delle conferme durante la degustazione.

Antipasti

Le potenzialità dei vini prodotti con vigne vecchie è stata a mio parere evidente soprattutto in quelli dell’annata 2014, che tutti ricordiamo come una delle più piovose e difficili degli ultimi decenni. I vini hanno mantenuto, oltre alla attesa freschezza e acidità, una struttura e un equilibrio che con viti giovani sarebbe stato difficile raggiungere. Nei vini di annate più vecchie si è potuto notare soprattutto tanto equilibrio, segno tangibile di come l’esperienza di viti che hanno decine e decine di vendemmie alle spalle, riesca a limare le spigolosità e criticità di ogni singola annata, regalando freschezza, complessità e longevità anche a vini con qualche anno sulle spalle.
Ovviamente non vogliamo dire che il vino buono si faccia solo con le viti vecchie. Anche le viti giovani, se opportunamente seguite e coccolate possono dare grandi risultati. L’esuberante gioventù necessita però di maggiori cure e attenzioni da parte del viticoltore, mentre le viti vecchie sono in grado di badare maggiormente a se stesse.
In conclusione, quando parliamo di vigne vecchie, dobbiamo farlo come fosse valore aggiunto in un quadro generale che deve sempre puntare alla qualità e al rispetto della terra. Non deve essere visto come una moda, o come utile strumento di marketing.
È compito anche degli organi di comunicazione essere testimoni e divulgatori del lavoro di chi crede veramente in questo progetto, lavorando non solo per se stesso, ma anche per lasciare un’importante eredità a chi verrà dopo di lui, perché la missione di ognuno di noi dovrebbe essere quella di lasciare ai nostri figli un mondo migliore, o perlomeno non peggiore di quello che abbiamo ereditato.

Bottiglie in degustazione

LA DEGUSTAZIONE

Malvasia 80 anni 2014 – I Clivi
Malvasia Istriana da vigneti di più di 80 anni. Note floreali e agrumate. Grande sapidità e freschezza. Solo acciaio. EQUILIBRATO

Friulano La Duline – Vignai da Duline
Dai 2 ettari in cui si trovano i vigneti più vecchi, corpo, mineralità e lunga persistenza. GUSTOSO

Pinot Bianco 2014 – Roncus
Pinot Bianco, trova in queste zone la sua eccellenza. Floreale e fruttato al naso. Fresco e minerale. L’affinamento “sur lie” per 18 mesi dona setosa rotondità. ELEGANTE

Morus d’Alba 2013 – Vignai da Duline
Blend con un 65% di Malvasia che dona calda aromaticità e speziatura e il restante 35% di Sauvignon di collina che porta struttura e mineralità. PERSONALITA’

Arbis Blanc 2010 – Borgo San Daniele
Friulano, Chardonnay, Pinot Bianco e Sauvignon per un vino che vuole parlare di fiori ed erbe aromatiche. Struttura, mineralità e persistenza. SINFONIA DI AROMI

Vecchie Vigne 2008 – Roncus
Aroma, e sapidità della Malvasia a integrarsi perfettamente con il Tocai Friulano e la Ribolla Gialla, che donano un vino dalla grande struttura e lunga persistenza aromatica. LA POTENZA DELLE VECCHIE VIGNE

Collio Bianco 2001 – Keber
Tocai Friulano in prevalenza, poi Ribolla Gialla e Malvasia. Corposo, intenso e complesso. La spalla acida lo rende ancora godibilissimo con una totale armonia in tutte le sue componenti. PERSISTENZA INFINITA

Brazan 140 mesi 2001 – I Clivi
Un Tocai Friulano al 95% (restante Malvasia) che si affina in solo acciaio per 140 mesi. Espressione del territorio che regala complessità ma con una buona acidità che ne fa un vino scorrevole e bevibilissimo. SORPRENDENTE

Brda 2012 – Keber
Il Collio Bianco del versante sloveno. Prevalenza di Ribolla Gialla, poi Malvasia e Tocai Friulano che permettono a Kristian di seguire il suo sogno personale, sulle orme dei grandi “maceratori” di Ribolla Gialla. CORAGGIOSO

Burja Bela 2010 – Burja
Riesling Italico,Ribolla e Malvasia. Fruttato, intenso e minerale. La persistenza e l’equilibrio ci vogliono far ricordare che le vecchie vigne si trovano anche fra le roccie della valle di Vipava. RIVELAZIONE

Brezanka 2009 – Rado Kocjancic
Quindici varietà a bacca bianca con vitigni che risalgono a un centinaio di anni fa. La prevalenza di Malvasia, Vitovska e Glera ne fanno un vino ricco e opulento figlio del suo territorio di origine. ROMANTICO

Stefano Cergolj

Stefano Cergolj

Perito informatico ai tempi in cui Windows doveva essere ancora inventato e arcigno difensore a uomo, stile Claudio Gentile a Spagna 1982, deve abbandonare i suoi sogni di gloria sportiva a causa di Arrigo Sacchi e l’introduzione del gioco a zona a lui poco affine. Per smaltire la delusione si rifugia in un eremo fra i vigneti del Collio ed è lì che gli appare in visione Dionisio che lo indirizza sulla strada segnata da Bacco. Sommelier e degustatore è affascinato soprattutto dalle belle storie che si nascondono dietro ai tanti bravi produttori della sua regione, il Friuli Venezia Giulia, e nel 2009 entra a far parte della squadra di Lavinium. Ama follemente il mondo del vino che reputa un qualcosa di molto serio da vivere però sempre con un pizzico di leggerezza ed ironia. Il suo sogno nel cassetto è quello di degustare tutti i vini del mondo e, visto che il tempo a disposizione è sempre poco, sta pensando di convertirsi al buddismo e garantirsi così la reincarnazione, nella speranza che la sua anima non si trasferisca nel corpo di un astemio.

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