Il Friuli Venezia Giulia è una regione dalle dimensioni medio/piccole, ma devo ammettere che, nonostante io sia un figlio autoctono di questa terra, alle volte riesce ancora a sorprendermi per la ricchezza di eccellenze vinicole e di terroir vocatissimi alla coltivazione della vite. Ci sono zone che non hanno bisogno di presentazioni perché sono conosciute da tutti gli appassionati del nettare dionisiaco. Ma ci sono anche tanti territori, dalle grandi potenzialità, che ottengono ottimi risultati, senza avere però quel riscontro mediatico che indiscutibilmente meriterebbero. Forse è tipico del dna dei friulani. Popolo laborioso e intraprendente che però non ama alzare la voce, preferisce parlare con i fatti. Questo, in una società che ha fatto dell’immagine e del marketing uno dei suoi cavalli da battaglia, molte volte non paga. L’azienda che sono andato a conoscere, posa le proprie radici in una microzona dei Colli Orientali del Friuli, che ha la fortuna di avere un terroir e un microclima di livello assoluto. Siamo a Rosazzo in località Oleis. Qui opera l’azienda vitivinicola Torre Rosazza, realtà che è sorella di un gruppo di otto aziende, con sedi in Friuli, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna e Lazio, a cui fanno capo le Tenute di Genagricola, ramo agricolo delle Assicurazioni Generali. Torre Rosazza viene acquisita nel 1974 dalle Generali con l’obbiettivo di farne un sito produttivo per vini di alta qualità. La zona è quanto di meglio si possa desiderare se si punta ad alti livelli di viticoltura. I terreni terrazzati sono caratterizzati da un’alternanza di marna e arenaria che in superficie si sgretola in frammenti scagliosi e via via in argilla finissima (la cosiddetta “ponka”, termine friulano che identifica la marna). Le Prealpi Giulie riparano la vite dalle fredde correnti del nord, mentre l’influenza benefica del mare (non molto distante in linea d’aria) crea microclimi particolarmente favorevoli a una viticoltura altamente qualificata. I vigneti sono disposti ad un’altitudine compresa dai 100 ai 250 metri sul livello del mare, con terrazzamenti sui dorsi delle colline. I canali di drenaggio, che sono stati realizzati, diventano indispensabili per far defluire le acque delle precipitazioni, improvvise ed eccessivamente abbondanti, che non riescono ad essere assorbite dal terreno e rischierebbero di erodere la collina.
La filosofia dell’azienda, punta ad ottenere vini di qualità lavorando scrupolosamente prima in vigna e poi in cantina. Selezione dei cloni più tipici e più adatti ad esprimere grandi vini. Alte densità d’impianto. Basse rese. Massima cura ed attenzione nelle lavorazioni di campagna. Sono questi gli elementi fondamentali del lavoro in vigna che ha come sua missione principale quella di portare in cantina uve sane e di primissima qualità. Qui bisognerà poi lavorare con scrupolo e attenzione in modo da ottenere vini buoni che sappiano anche emozionare. In cantina vengono usati contenitori d’acciaio e antiche botti in cemento. Quest’ultime, utilizzate in funzione delle caratteristiche di questo materiale. Infatti il cemento lascia moderatamente respirare ed ha una grande inerzia termica che può essere un vantaggio per certi periodi di conservazione del vino. Una sala con le barriques, usate quasi esclusivamente per i vini rossi, completa il quadro dei contenitori a disposizione. La squadra che regge le sorti produttive dell’azienda parte da Ennio Venuto responsabile in vigna. Enrico Raddi enologo in cantina. Luca Zuccarello, responsabile enologo di tutte le cantine del gruppo. Mario Zuliani, responsabile del progetto di sviluppo Torre Rosazza. Da molti anni l’azienda si avvale anche della consulenza del prestigioso winemaker Donato Lanati. A dare il proprio importante contributo per quanto riguarda la comunicazione e il marketing, Francesco Marchese, curatore anche dei contenuti del sito internet.
Dai 30 ettari di vigneti della tenuta, si producono circa 100mila bottiglie. Nella famiglia dei bianchi, troviamo il meglio della viticoltura friulana e internazionale. Il Tocai Friulano, la Ribolla Gialla, lo Chardonnay, il Pinot Grigio, il Sauvignon. Vini che vengono vinificati in acciaio, ed affinati per qualche mese sui lieviti. Si ottengono cosi prodotti freschi, dal variegato bagaglio aromatico, dove però non manca qualche nota più complessa. A completare la squadra dei bianchi, il Ronco Masiero, bland con due terzi di Pinot Bianco, un terzo di Sauvignon, uniti ad un’importante piccola percentuale di Picolit che rende più complesso e profumato questo ottimo uvaggio. Anche i rossi sono ottimamente rappresentati sia come quantità che come qualità. Vengono usati botti e barrique. Ma l’obbiettivo è quello di far prevalere la componente fruttata del vino, senza creare vini troppo pesanti. I legni vengono perciò usati con scrupolo, senza correre il rischio di andare a coprire la tipicità che dal vitigno vuole essere trasferita al vino. Vengono prodotti il Cabernet Sauvignon, il Cabernet Franc, il Merlot, il Refosco dal peduncolo Rosso, il Pignolo e una selezione di Pinot Nero imbottigliata con il marchio Ronco del Palazzo. Ci sono poi due selezioni che ci riportano alle antiche tradizioni bordolesi. Il Bandaros è un assemblaggio di Merlot e Cabernet Sauvignon, affinato per 24 mesi in barrique. Ma il fiore all’occhiello della produzione è l’Altromerlot. Nato negli anni ottanta, fu uno dei primi esempi in Friuli, di vinificazione ispirata al modello bordolese, con l’utilizzo di barrique, delle lunghe macerazioni e dei lunghi affinamenti. Ai tempi rappresentò un’innovazione nel modo di produrre un vino. Oggi, rappresenta un pezzo di storia dell’azienda, ma è un prodotto che ha mantenuto alti livelli di qualità, basti pensare che in vigna abbiamo rese di meno di un chilo di uva per vite.
Fra i vini dolci, oltre al Verduzzo, troviamo sua maestà il Picolit. Torre Rosazza possiede uno dei vigneti più estesi adibito alla coltivazione di questo raro vitigno. Più di quattro ettari che permettono di ottenere circa 2000 bottiglie in formato da mezzo litro. Le uve, vendemmiate in cassette, vengo portate in un fruttaio dove a temperatura e umidità controllata ha luogo il processo di appassimento. Dopo circa una sessantina di giorni, le uve vengo pigiate e diraspate e iniziano il loro processo di vinificazione, parte in acciaio e parte in legno. In bottiglia, dopo un lungo affinamento, potremo degustare un prodotto in grado di emozionare anche i palati più esigenti. Ho lasciato per ultimi, due prodotti che per la loro tipologia, in un’ipotetica scala di degustazione, sarebbero dovuto andare per primi. Ma ho voluto chiudere in modo allegro e frizzante parlando delle due nuove tipologie di spumante. La Ribolla Gialla, spumantizzata con il metodo Charmat, rimane in autoclave per più di 12 mesi sui propri lieviti, dando un vino che risalta per freschezza e aromaticità. Ma la vera chicca di casa Torre Rosazza è rappresenta dal Blanc di Neri Brut, primo spumante metodo classico da uve Schioppettino, conosciute anche con il nome di Ribolla Nera. La prima annata 2008 è stata messa in commercio all’inizio di quest’anno. Viene vinificato in bianco e una volta in bottiglia, vi resta per minimo 18 mesi. Dopo la sboccatura, potremo godere di uno spumante dal perlage lungo e persistente, dal colore dorato carico e dai profumi e sapori dolci e speziati. Un corpo e un’eleganza che si ritrovano solo nei grandi spumanti. Una scommessa vincente, perché da un vitigno autoctono del Friuli si è riusciti a produrre un buon spumante che in futuro potrebbe far parlare molto di sé. Come sempre accade nelle mie visite in cantina, si è fatto molto tardi senza che me ne accorgessi. Grazie ala professionalità e cortesia di Mario Zuliani, mio prezioso cicerone, ho avuto modo di conoscere un’altra bella realtà del panorama vitivinicolo regionale. Si sa. Quando si sta bene in un posto, si degustano buoni vini e si imparano nuove cose, il tempo passa via velocemente. E’ proprio vero. Il vino nasconde un potere magico che riesce sempre a darti nuove e forti emozioni.
DIALOGANDO CON MARIO ZULIANI
Mario Zuliani, classe 1964, enologo, ricopre dal 2007 il ruolo di responsabile del progetto di sviluppo Torre Rosazza. Dopo aver collaborato per 7 anni nell’azienda Rocca Bernarda di Ipplis e per 5 anni nelle tenute di Villanova di Farra, ha iniziato a lavorare per Torre Rosazza con il duplice obbiettivo di garantire una costante crescita qualitativa dei vini prodotti e al tempo stesso curare ed ottimizzare la parte commerciale.
L’ideale, penso, sarebbe fare dei vini che piacciano a te e parallelamente anche al consumatore finale. In un’azienda che fa parte di un gruppo. Con un’organizzazione gerarchica e con un piano di marketing e vendite studiato a tavolino, quanto riesci a restare fedele alla tua filosofia di produzione e ad incidere con le tue idee e il tuo lavoro nelle caratteristiche dei vini che producete? La nostra missione è quella di sfruttare al meglio le potenzialità che il territorio dei Colli Orientali sono in grado di offrire. In azienda, il nostro gruppo di lavoro ha una discreta autonomia, anche perché, il fare vino non può prescindere dal lavoro dell’uomo e dalle sue idee. Ovviamente dobbiamo avere un occhio di riguardo verso tutte le tematiche che riguardano i mercati e quindi la necessità di fare dei prodotti che abbiano un ottimo canale di vendita. Ma ribadisco che l’impronta principale deve essere quella del territorio e la filosofia di Torre Rosazza segue questo fondamentale principio.
I vostri vini sono protagonisti abituali delle varie guide di settore. Il Pinot Grigio, il Friulano, il Sauvignon e il Bandarós, hanno ottenuto recentemente alti punteggi da Wine Spectator, la rivista vinicola forse più diffusa al mondo. Ma quanto contano per te i giudizi delle guide e pensi che oggi siano ancora in grado di spostare gli equilibri e le vendite del mondo del vino come magari succedeva un tempo? Il mio auspicio e la mia speranza è che le guide, siano sempre fatte da uomini che abbiano competenza e completa neutralità di giudizio. L’obbiettivo deve essere quello di promuovere i vini meritevoli lasciando da parte le influenze che le grandi aziende, in maniera più o meno consapevole, riescono ad esercitare. Inutile negare che ricevere dei buoni punteggi fa sempre piacere. Com’è altrettanto inutile negare che i buoni risultati ottenuti nelle maggiori guide, aiutano a vendere il prodotto e al tempo stesso fanno avvicinare maggiormente il cliente all’azienda. Resta il fatto che per garantire la massima credibilità, alla base deve esserci la serietà delle commissioni giudicanti e bisogna evitare qualsiasi interferenza e pressione esterna, cosa che nel nostro gruppo non ci permettiamo mai di fare.
Partendo dal “fenomeno” Prosecco, per arrivare alle varie bollicine metodo classico, il consumo degli spumanti italiani è in continuo aumento sia in Italia che all’estero. Coinvolge appassionati di tutte le età, trovando ampie possibilità di abbinamento con il cibo e una nutrita schiera di appassionati fra le nuove generazioni. C’è soprattutto questo alla base della scelta che vi ha portato a produrre uno spumante charmat lungo su base Ribolla Gialla e un metodo classico da uve di Schioppettino? Si tratta principalmente di una scelta commerciale, legata all’aumento dei consumi di spumanti in Italia e all’estero. Con la Ribolla Gialla spumantizzata, abbiamo pensato di produrre un vino che potesse essere un po’ diverso dai prodotti attualmente in commercio. Uno spumante che potesse sfruttare le potenzialità di un vitigno che ha importanti componenti di struttura aromatica. Uno Charmat lungo, che nei 14 mesi che resta in autoclave, sia in grado di donare caratteristiche uniche a queste bollicine. Il Blanc di Neri è frutto invece di un’idea del nostro gruppo di lavoro. Un metodo classico che in assoluto non aveva mai avuto come protagonista lo Schioppettino. La speranza è quella di sentir parlare in futuro dei nostri spumanti, perché il Friuli ha tutte le carte in regola per produrre bollicine di alta qualità. Non sarà possibile avere grandi numeri, ma saranno comunque sempre prodotti di nicchia.
A proposito di Schioppettino. Ci sono già stati dei tentativi, anche discretamente riusciti, di spumantizzazione. Si era utilizzato però sempre il metodo Charmat. Come è nata l’idea di produrre un metodo classico con questa tipologia, e che prospettive future possono avere le bollicine di Schioppettino? L’idea è nata dal desiderio di produrre un “Blanc de Noir” da un nostro vitigno autoctono, lo Schioppettino, appunto, conosciuto anche con il nome di Ribolla Nera. Un prodotto di nicchia, con una struttura importante, che potesse puntare a una clientela selezionata. Sono sicuro che il futuro di questo spumante possa essere roseo e ricco di prospettive. Sarebbe bello che anche altre aziende decidessero di seguire la nostra strada, perché in questo caso sarebbe più facile promuove il prodotto al di fuori dei confini regionali.
Da tempo si parla della possibilità di creare una Doc Friuli riunendo sotto un’unica “bandiera” le produzioni vitivinicole del territorio. Questo, negli intenti, dovrebbe servire a unire le risorse e fare una promozione unica e di maggior impatto. Il Collio e il Carso però preferiscono mantenere la propria autonomia, ma nonostante tutto, il progetto potrebbe andare avanti con le restanti zone vinicole della regione. Qual è il tuo pensiero al riguardo di questa questione? Considero la costituzione della Doc unica per tutto il Friuli Venezia Giulia un passo inutile. Quello che invece dovrebbe essere fatto è un’ampia promozione del marchio della nostra regione e parallelamente cercare di far conoscere le bellezze e le potenzialità del territorio. Questo può essere fatto portando in giro per il mondo le eccellenze e tutti i nostri migliori prodotti. Una promozione mirata, ma che punti sulla qualità assoluta come mezzo di traino per tutto il territorio.
Qual è il vino che ti dà più soddisfazione? E’ una domanda alla quale faccio fatica a rispondere. Ci sono molti fattori che possono entrare in gioco, primo fra tutti le caratteristiche diverse fra le varie annate. Voglio parlare allora del futuro. Fra le nuove annate considero meritevoli di menzione il Sauvignon fra i bianchi, il Pignolo e l’Altromerlot fra i rossi. Se invece parliamo di vini dolci, come non parlare del Picolit, un prodotto nel quale ci mettiamo molta cura e dedizione e che rappresenta un vanto per la nostra azienda.
Qual è il complimento che ti fa più piacere quando si parla dei vostri vini? La soddisfazione più bella è constatare che il vino piace. Leggere negli occhi dei clienti una gioia sincera, che solo un’emozionante degustazione riesce a donare. Poi è bello girare fuori regione e vedere che anche in altri posti si bevono con soddisfazione i nostri prodotti.
Oltre a lavorare nei Colli Orientali, segui anche altre aziende del gruppo che si trovano dislocate in Piemonte, in Romagna e nel Lazio. Visto che hai la possibilità di avere un’ampia visione del panorama vitivinicolo da Nord al Centro dello stivale, qual è lo stato di salute del vino italiano in un periodo di grossa crisi per tutte le economie mondiali? Ritengo sia fondamentale che ogni zona si identifichi con una quantità ristretta di tipologie di vino, che rappresentino con la loro identità le diverse culture di ogni territorio. Anche a livello nazionale bisognerebbe creare un marchio “made in Italy” di maggior impatto con cui promuovere tutte le eccellenze e le tipicità. Penso che per sopravvivere nei mercati globali, questa sia l’unica strada da seguire. Oggi viviamo un periodo di crisi dove avviene una selezione naturale. Secondo me, solo chi saprà valorizzare il proprio territorio e le proprie eccellenze, potrà dire la sua e competere nei mercati garantendosi un futuro sereno.
Quali sono i progetti futuri dell’Azienda Torre Rosazza? Attualmente siamo impegnati nella promozione dei nostri spumanti. Stiamo portando avanti un progetto comune con altre aziende per la promozione della Ribolla Gialla, per permettere lo sviluppo e la crescita di questa tipologia. Inoltre stiamo ristrutturando i migliori siti dell’azienda, risistemando e impiantando nuovi vigneti. Tutto questo per ottenere vini di ancora maggiore qualità.
Vai al bar a fare colazione: caffè, brioche e un gratta e vinci. Da non crederci, hai vinto un milione di euro. Come cambia la tua vita e quali i sogni che vorresti realizzare? Il mio primo pensiero andrebbe al benessere della mia famiglia. Poi, egoisticamente parlando, questa vincita sarebbe una grande opportunità per poter degustare tutti i migliori e costosi vini del mondo assieme ai miei migliori amici.
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