Mufasa ha ruggito ancora. Ed ha graffiato profondamente!
Ho preso in prestito questa figura mitica dei cartoni animati, perché mi sembra confacente alla circostanza: data la sua grande saggezza, il “vecchio” carismatico monarca, sotto il cui regno c’era solo armonia e giustizia tra gli animali delle Terre del Branco, è sempre prodigo di consigli e di insegnamenti, sempre pronto ad indicare la strada maestra e sempre pronto a difendere le scelte di principio; con la consueta coerenza e statura morale.
Alla presentazione della guida Slow Wine di sabato 24 ottobre, al Teatro Verdi di Montecatini Terme, Carlo Petrini, ancora una volta, ha incarnato questa nobile figura.
Solo lui, dall’alto del suo carisma, poteva trattare alcuni argomenti in modo così diretto e franco; e poi, l’energia e la motivazione che ha profuso in tutti i presenti era palpabile ed il lunghissimo applauso finale ne è stato testimone. Molti produttori si sono sentiti gratificati dalle sue parole, che, più del premio, hanno giustificato il viaggio.
E’ utile ricordare a distanza di un mese alcuni tratti del convegno; per la valenza e per l’intensità di alcune affermazioni.
DATI DELLA GUIDA
Il simbolo della Chiocciola viene assegnato a quelle cantine che interpretano al meglio i valori di Slow Food dal punto di vista organolettico, territoriale ed ambientale.
La Bottiglia indica i produttori capaci di esprimere un’ottima qualità per ciascuna delle etichette presentate; la Moneta è il simbolo assegnato a quelle aziende che presentano un buon rapporto qualità-prezzo delle bottiglie recensite.
I Vini Slow, oltre ad essere ottimi dal punto di vista organolettico, riescono ad esprimere caratteri legati a territorio, storia e ambiente; i Grandi Vini, eccellenti sotto il profilo organolettico, e i Vini Quotidiani, ottimi anche per il loro prezzo contenuto (non più di 10 euro in enoteca).
Menzionate anche le cantine che offrono ristoro (con una Pentola) e quelle che danno ospitalità per la notte (con una Chiave).
Slow Wine 2016, Storie di vita, vigne, vini in Italia
Curatori: Giancarlo Gariglio e Fabio Giavedoni; oltre 250 i collaboratori!
1088 pagine
1917 cantine recensite
23.000 vini degustati
188 Chiocciole
174 Bottiglie
132 Monete
252 Vini Slow
156 Grandi Vini
246 Vini quotidiani
456 aziende con possibilità di ospitalità e ristoro
704 cantine che offrono lo sconto del 10% sull’acquisto dei vini presentandosi con una copia di Slow Wine
Il convegno di presentazione della guida, moderato da Fabio Giavedoni, si è avvalso degli interventi di rappresentanti del mondo dei media.
Tema del convegno: Vino e Media – oltre i soliti noti. Un racconto lungo tutta la penisola tra produttori, cantine e territori.
Introduce il tema Gaetano Pascale, presidente Slow Food Italia, con affermazioni molto incisive. Oggi più che mai, bisogna lavorare per acquisire e formare una coscienza ecologica; coniugare il beneficio economico e la sostenibilità ambientale, soprattutto con una coscienza ecologica.
Bisogna fare attenzione al fatto che il beneficio economico proviene dalla competizione; ed allora bisogna andare oltre la competizione economica, perché quest’ultima presuppone che il benessere di qualcuno sia a scapito del benessere di qualcun altro.
Probabilmente il termine giusto da utilizzare deve essere, invece, “cooperazione”: la cooperazione ci dà la possibilità di essere più efficaci e di costruire beni più duraturi.
La cooperazione, l’innovazione e la preparazione dei produttori hanno permesso al mondo del vino di diventare punto di riferimento per tutta l’agricoltura.
Due esempi: la convivenza pacifica fra grandi produttori ed il variegato mondo della piccola produzione è resa possibile dalla cooperazione, che è diventata identità della produzione. Un altro aspetto è rappresentato dall’innovazione dei processi, che nel mondo del vino è avvenuto, ma non nell’agricoltura. Perseguendo la strada tracciata dal mondo del vino, l’intero comparto agricolo dovrebbe fare un salto di qualità e smetterla di essere fornitore di materie prime per la grande industria alimentare, assumendo, invece, il ruolo di essere il fornitore del nostro cibo quotidiano.
E Slow Food sarebbe lieta di assistere ed accompagnare questo processo di trasformazione.
Giancarlo Gariglio, co-curatore della Guida Slow Wine, ha ricordato e letto a tutti i presenti i punti faticosamente tracciati nel documento Manifesto di “Vignerons d’Europe 2009“, che si può consultare →qui.
Il manifesto nacque dalla collaborazione diretta di tutti i vignerons convenuti, fu oggetto di molte mediazioni e limature prima di essere tradotto in sei lingue ed essere poi emesso. E fu un grande momento di comunicazione del vino, accompagnato da vari film di ottimo valore e diffusione; basta ricordare “Sideway”, “Un’ottima annata”, “Mondovino”. La comunicazione del vino vive oggi una fase di stanca, surclassato dal cibo, con una spettacolarizzazione quasi “pornografica”, presente in molte trasmissioni televisive.
Di contro il vino guadagna le prime pagine dei media solo in due occasioni, ambedue negative:
la prima è legata agli scandali: Sauvignon e Asti spumante, per citare le ultime due.
La seconda è legata all’ingresso di alcuni personaggi nel mondo del vino e indicati con il termine “Vignaioli VIP”: Vespa, D’Alema, Al Bano, Gianna Nannini, Sting, ecc. Dopo il danno, la beffa: sfruttano la loro potenza mediatica per portare avanti l’immagine del loro vino, non quella del territorio!
L’esigenza di rivedere alcune pratiche per come comunicare meglio il vino si pone in maniera forte.
La guida Slow Wine si propone, quindi, di “raccontare” i territori, le vigne, i produttori soltanto dopo un’accurata visita in azienda.
L’intervento di Gad Lerner (giornalista e scrittore) è stato introdotto con una domanda provocatoria di Fabio Giavedoni: “Perché non ti hanno invitato alla riunione dei Vignaioli VIP: non sei abbastanza vignaiolo o non sei abbastanza VIP“?
“Prima di tutto perché sono un po’ sfigato rispetto a quelli lì; e in secondo luogo, non ho il loro stesso enologo.”
“Naturalmente, ovviamente – continua Lerner – il mio nome non c’è vicino al mio vino, presente in guida: quando, ormai tanti anni fa, abbiamo iniziato questa avventura entrando in società con il “vignaiolo” vero, non ci siamo posti il problema del nome, perché già c’era. Ed oggi che il vignaiolo è rimasto lo stesso ed io faccio meno televisione, non credo proprio che un intenditore possa avvicinarsi con più facilità al mio vino solo perché ci sarebbe scritto il mio nome“.
“Prima di tutto bisognerebbe chiedersi perché lo fanno?“.
Probabilmente è un ritorno ad un antico retaggio per definire uno status sociale di prestigio: attraverso il fatto di avere il proprio vino, si “comunicava” implicitamente che quel signore aveva le terre. Per queste persone, invece, si tratta come di una riappropriazione: si tratta di persone che vogliono diventare più importanti.
“E’ ovvio che ci sia una inconciliabilità tra la natura del vostro lavoro del fare il vino e la comunicazione dei mass media così come è organizzata oggi. E’ inconciliabile la velocità espositiva della televisione e dei giornali con la meravigliosa e faticosissima lentezza con cui si produce un vino“.
L’ostacolo della inconciliabilità si può superare in un solo modo: i produttori devono diventare loro stessi i comunicatori del proprio vino, andando nelle enoteche e frequentando tutti quegli eventi dove il loro vino è esposto e raccontando anche le sensazioni e le esperienze accumulate negli anni; tutte cose che nessuno altro può fare al loro posto. E non è un caso quando si parla della somiglianza tra il vino e chi lo fa.
Luciano Pignataro (giornalista e wine blogger) Le guide e la comunicazione del vino in generale non possono e non devono essere confinate ad una breve descrizione delle caratteristiche organolettiche (di chi tiene sempre il naso nel bicchiere), che è sicuramente uno dei parametri di valutazione di un vino, ma devono essere raccontate anche tutte le pratiche di vigna e di cantina; perché ogni anno, vuoi per la diversità delle annate, vuoi per l’evoluzione tecnica, c’è sempre qualcosa che è cambiato nella produzione di un vino.
Già, il progresso tecnologico e la voglia compulsiva di apparire nelle prime posizioni tra i media più “acceduti”, specie quando si ricorre all’utilizzo di strumenti che “aiutano” nell’ascesa: questa accelerazione pone dei grossi problemi; bisognerebbe fondare “Slow Word”.
Internet ha portato molti lati positivi (viva la democrazia: tutti possiamo dire la nostra).
La notizia non deve essere manipolata e la fondatezza va sempre verificata, come da manuale del professionista. Purtroppo, però, non tutti, contestualmente alla recensione, dichiarano (come sarebbe deontologicamente corretto) se hanno preso soldi dal produttore, se vendono vini o se hanno società di comunicazione. Conta molto la reputazione dell’organizzazione di cui si fa parte, specie se affermata, o essere dei professionisti ritenuti universalmente seri. I contenuti sono sempre determinanti.
A Paolo Pellegrini (giornalista e critico enogastronomico), viene chiesto di commentare la notizia secondo cui D’Alema, avendo riscosso un buon successo a Londra per la presentazione del suo vino, ha dichiarato “… scalzeremo i francesi da quel mercato!”.
“Informazione e comunicazione sono due cose diverse“.
Parlare dei soliti noti, probabilmente, non è un danno, perché comunque si parla di vino. “Difficilmente, invece, si parla sui quotidiani di un vino a produzione molto limitata, quindi poco diffuso, perché i lettori non lo troverebbero in commercio“.
E’ stato molto temerario a fare questa affermazione, anche se é scontata e tacitamente osservata da tutti; il solco scavato tra informazione (tipicamente quella dei quotidiani) e comunicazione non era stato tracciato abbastanza profondamente visto che ha incontrato la disapprovazione rumorosa della sala. “Bisogna comunque ringraziare questo mondo che ci mette sempre la faccia ed al quale, in un certo senso, siamo tutti debitori“.
In conclusione: l’informazione può essere anche distorta dal sensazionalismo, però, probabilmente, non fa danni.
Tocca al mondo del vino, invece, “comunicarsi” sfruttando tutte le varie forme di diffusione esistenti oggi; quasi tutte accessibili a prezzi modici.
Carlo Petrini (presidente Slow Food) si è rivolto soprattutto ai produttori presenti.
A proposito dei “vignaioli VIP”, ha detto: “… ne riparleremo quando Vespa produrrà melanzane e D’Alema produrrà carote!”
Generalmente l’elemento principalmente preso in considerazione per una qualsiasi azienda è l’immagine e l’aspetto economico. Non è così: questo è un paradigma che va rivoltato. Non avete scelto questa attività solo per fare i soldi, ma, soprattutto, per passione e spesso la condividete con tutta la famiglia; vi siete fatta su misura una azienda che amate come i vostri figli e quando la presentate il fine ultimo non può essere quello di fare i soldi.
O, perlomeno, fare i soldi è uno strumento NON il fine di questo lavoro. L’economia ed il business devono rappresentare il mezzo con cui raggiungere il fine ultimo: la qualità della nostra vita, del nostro lavoro, per vivere meglio insieme a chi ha permesso di ottenere tali successi; le persone che collaborano con voi, vanno trattate con il dovuto rispetto, bisogna evitare lo sfruttamento più o meno palese della manodopera; non fa onore a quei produttori che fanno finta di non sapere che tipo di trattamento viene riservato a chi lavora le proprie vigne; bisogna combattere il “caporalato” praticato in modo sistematico nelle aree agricole, poiché questo è un sistema di sfruttamento dei lavoratori.
Voi avete il dovere morale di fare un buon vino! Fare un buon vino per chi lo compra e lo consuma non deve essere ridotto al solito “dare e avere”, ma deve riempirvi di orgoglio e dignità per aver prodotto qualcosa di buono!
I “vecchi” hanno tutti il dovere di trasmettere le conoscenze accumulate alle generazioni future, conferendo loro anche la responsabilità di condurre l’azienda di famiglia e, con questa, anche il diritto di sbagliare; ma rimanergli amorevolmente accanto. I giovani di oggi però devono essere colti ed educati, amare il proprio territorio e conoscerlo a fondo, dovranno essere gli intellettuali della terra, rimanere quanto più fedeli all’agricoltura di tradizione, lavorare per rafforzare fortemente l’economia locale: nessuno può essere forte nel mondo se non è forte a casa sua.
Credo che la strada giusta sia proprio l’onestà; la promozione può essere fatta in tanti modi, ma mostrare quello che siete, senza strutture preconfezionate a tavolino; è sicuramente il messaggio più importante da trasmettere, raccontando semplicemente chi siete. E non abbandonatevi mai a considerazioni trionfalistiche come quelle di D’Alema (“adesso capisco perché non ha avuto una carriera politica brillante!”).
In Agricoltura le trasformazioni sono necessariamente lente, ma inevitabili. Dobbiamo rispettare la nostra terra; essa non deve essere spremuta e, se gli diamo i giusti tempi biologici, ci ripagherà. Dobbiamo fare tutto questo con grande responsabilità sociale, altrimenti ben difficilmente consegneremo alle prossime generazioni una speranza di vita dignitosa!
“E ricordatevi: le parole, quando non sono seguite da fatti coerenti, non contano niente!”
Dopo il convegno, oltre mille vini erano pronti alla degustazione, curata nei minimi particolari e con la professionalità che li contraddistingue, dai sommelier della FISAR.
L’unica raccomandazione che ci hanno impartito prima della degustazione, è stata quella di non cedere all’assaggio delle famose acque delle Terme Tettuccio: sono diuretiche e lassative!