Il Cesanese del Piglio è l’unica Docg “rossa” del Lazio, ma soprattutto la denominazione che prima di ogni altra ha puntato sulla ricerca e sperimentazione, ha lavorato sodo per parecchi anni su un vitigno, il cesanese appunto, tutt’altro che facile. Negli anni ’70 ricordo molto bene il periodo in cui mi dilettavo con amici ad andare per cesanese, prevalentemente nell’areale romano di Affile ed Olevano, raramente sconfinavamo nel Frusinate tra Piglio ed Anagni. I vini di Olevano erano quasi totalmente dolci o in versione amabile, in qualche raro caso abboccata, ma trovare un Cesanese di Olevano Romano secco era un’impresa, anche perché non era proprio il massimo: rustico, alcolico, acidulo. Anche per questo si facevano con un bel residuo zuccherino. Ma veniamo ai nostri giorni, al 28 aprile 2012, data in cui si è svolta la terza edizione di “Rosso Cesanese“, a cura del Comune di Anagni, Strada del Vino Cesanese e Consorzio di Tutela Cesanese del Piglio, in cui sono state presentate le nuove annate di Cesanese del Piglio e di Affile. Non avendo potuto partecipare alle due edizioni precedenti non posso fare alcun termine di paragone, pertanto i miei commenti nascono esclusivamente dal contesto attuale.
Invidiabile la location della manifestazione, il bellissimo Palazzo Comunale di Anagni: l’enorme Sala della Ragione era dedicata ai banchi d’assaggio, mentre la più riservata Sala del Consiglio ha accolto una quarantina di giornalisti italiani ed esteri, “coccolati” dalla delegazione AIS di Frosinone. Abbiamo degustato (alla cieca) un totale di 35 campioni così suddivisi: Cesanese del Piglio 2010 (7 base e 15 Superiore) e 9 Superiore Riserva 2009, 2 Cesanese di Affile Superiore 2010 e 2 Riserva 2009. la presenza dei vini di Affile, dunque, non è certo sufficiente per farsi un’idea di quello che può offrire questa denominazione; intanto però è entrata a fare parte del gioco, speriamo che in futuro ci sia una maggiore affluenza di produttori. Passiamo alla fase pratica. Le degustazioni…qui non posso fare a meno di dire che non mi aspettavo una percentuale così elevata di campioni di botte, ben 12 su 35, oltre ad alcuni ancora in affinamento in bottiglia (e quindi non nelle condizioni ottimali). A chi giova? Ai produttori no, ai giornalisti nemmeno, al mercato? Neanche, visto che i giudizi bloccano la situazione nel suo momento peggiore. Sentire vini scomposti, imprecisi, a volte difettosi, non è di nessun aiuto ed è anche ingiusto nei confronti di chi ha lavorato, faticato, dato tutto per fare un vino che possa dargli qualche soddisfazione. Allora perché rovinare un’occasione del genere per la fretta di un giudizio sommario e di immettere sul mercato vini che sono solo un’ipotetica promessa?
Non so, confesso che io provo un certo disagio, trovo che il vino meriti un maggiore rispetto, proprio perché dietro c’è il lavoro di anni, l’impegno fisico ed economico di persone che attraverso quel vino si presentano e contano di guadagnare il necessario per poter continuare. Il Cesanese del Piglio può offrire di meglio, ma bisogna dargli tempo! E’ vero, da noi nel Lazio non c’è un’esperienza di lunga data, questo è uno dei rarissimi eventi in cui vengono coinvolti giornalisti provenienti da più parti, ed è solo alla sua terza edizione. Ma quello di presentare i vini in anteprima è un malcostume generalizzato, anche se chi è abituato a farlo da molti anni ha imparato almeno ad evitare i campioni da botte o appena imbottigliati. Se andiamo a guardare bene, però, molti vini ancora oggi vengono imbottigliati apposta per le anteprime, con una bella botta di solforosa più il viaggio, a volte di parecchi chilometri. Ora capite bene che dare valutazioni su questi vini è ingiusto e riduttivo, potrei, come ha fatto ►Carlo Macchi, affermare che i vini base risultano migliori dei Superiore e persino di qualche Riserva, perché le mie impressioni sono state le stesse, ma sono certo che questo dipenda dal fatto che più la materia è complessa (magari ha anche fatto legno) e più il tempo breve la penalizza. Lasciamo perdere la differenza dovuta alle due annate – la 2010 è sicuramente migliore della 2009 – ma fra base e superiore non è possibile che nel 90% dei casi vinca il base, qualcosa non torna! E’ evidente che c’è una penalizzazione dovuta ai tempi di maturazione dei vini. Ecco perché urge ripensare a questi eventi, fondamentali, ma fatti tenendo conto più dei vini che del mercato. Il mercato non è stupido, dietro ci sono gli uomini, a nessuno dispiace l’idea di acquistare i vini quando sono effettivamente buoni. Credo che l’idea di una “sessione parallela”, in cui si verifichino le annate già in commercio, possa essere un buon inizio. Ma a mio avviso non basta. Perché sprecare cartoni di bottiglie per presentare qualcosa che non è ancora in grado di testimoniare le potenzialità di quei vini? Io spero che qualcuno inizi a pensarla diversamente, tenendo conto anche del fatto che le aziende hanno necessità diverse, magari si trovano in una zona dove i vini hanno bisogno di più tempo, e cominci a promuovere eventi “per il vino” e non “per il mercato” o “per le guide”.
Detto questo, qualche parola sui vini la voglio comunque spendere, citando quelli che mi hanno maggiormente convinto. Il campione n. 17, che non mi ha stupito scoprire essere l’Hernicus di ►Coletti Conti, è un gran bell’esempio di Cesanese del Piglio Superiore, ha la materia e la profondità per dimostrarlo, fra l’altro uno dei pochi dove ho persino sentito il giaggiolo (davvero scarsi i vini con espressioni floreali). Meno “volume”, nel senso di complessità, un po’ più indietro nella composizione dei profumi, ma piacevolezza di beva più che convincente, invece, per il Romanico, sempre di ►Coletti Conti, Non mi è dispiaciuto l’Agape di ►Petrucca e Vela, anche se in questo caso ho dovuto provare una seconda bottiglia, a dimostrazione che i campioni da botte sono sempre a rischio. Non male anche il Colleforma di ►Giovanni Terenzi, austero con una bella materia fruttata. Molto indietro ma lascia ben sperare il Casal Cervino di Emme-Vigneti Massimi Berucci, grazie ad una materia solida e convincente. Fra i base ho trovato convincenti il Campo Novo di ►Casale della Ioria, il Colleticchio di ►Corte dei Papi (olfattivamente uno dei più intriganti) e l’Othello di ►Casale Verde Luna. Molto interessante il Superiore Riserva 2009 di ►Marcella Giuliani (non siamo parenti…), un’interpretazione in chiave moderna riuscita, senza cadute su facili internazionalismi. Il limitato numero di campioni di Cesanese di Affile non mi consente una valutazione generale, ma debbo dire che tutti e quattro i campioni si sono rivelati piacevoli e ben fatti, fra questi ho particolarmente apprezzato la Riserva Capozzano 2009 della ►Cantina Formiconi.
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