Polenta concia e Freisa del Monferrato
Questa ricetta, lunga nella cottura ma semplicissima nell’esecuzione, è l’ideale in certe giornate gelide invernali come piatto unico. Preparazione ricca di calorie da smaltire, sciando o facendo attività fisica all’aperto. Per compensare la mancanza di vitamine completate il pasto con una bella insalata mista (cuori di carciofi freschi, privati delle spine e del fieno e tagliati sottilissimi, mele Grammy “non sbucciate” e anche queste tagliate finissime, sedano bianco a rondelle e liberato dai filamenti, cimette di cavolfiore lessate, patate viola lessate e tagliate a tocchetti senza sbucciarle, qualche gheriglio di noce. Conditela con un’emulsione di olio extravergine di oliva, aceto bianco, pepe bianco macinato al momento, mezzo cucchiaino di senape e sale quanto basta, agitata a lungo in un vasetto chiuso con il coperchio e mescolata poi delicatamente con le verdure.
La pietanza (per 6 persone)
2,5 litri d’acqua del rubinetto
500 grammi di farina per polenta (a vostro gusto fioretto, taragna, bramata, integrale)
200 di toma stagionata
300 grammi di toma semi-stagionata
200 grammi di burro
2 cucchiai di olio extravergine di oliva
1 manciata di sale grosso
Portate a ebollizione l’acqua con il sale in una pentola alta (se aveste un paiolo sarebbe meglio).
Quando sobbolle, cioè cominciano a venire in superfice le bollicine e la pentola “freme”, aggiungete i due cucchiai di olio e.v.o. e cominciate a versare la farina per polenta, lentissimamente e mescolando l’acqua in senso orario con un lungo cucchiaio di legno per evitare la formazione di grumi.
L’olio serve a non fare schizzare gocce di polenta fuori dalla pentola e per non fare attaccare la preparazione al fondo e ai bordi della pentola.
Mescolate a fuoco bassissimo, ma continuamente, per cinque minuti. Aggiungete i due formaggi privati della crosta e tagliati a pezzettini.
Amalgamateli bene alla polenta in cottura, rimestando a lungo, sempre in senso orario, con il cucchiaio di legno. Continuate a rimestare, a fuoco bassissimo, per 40 minuti.
Deve risultare morbida, non la classica polenta da contorno, ma bella soda… una polentina!
Aggiungete il burro a tocchetti e continuate a rimestare per altri 5 minuti fino al suo scioglimento completo.
Spegnete il fuoco, coprite la pentola e lasciate riposare qualche minuto.
Al momento d’impiattare, rimestate vigorosamente la polenta, suddividetela nei piatti che vanno portati in tavola quando il burro e la parte grassa del formaggio saranno emersi dalla polenta.
Si mangia con il cucchiaio da minestra e fate molta attenzione perché scotta tantissimo in bocca.
Per le persone particolarmente golose: è possibile aggiungere fettine di gorgonzola morbidissimo sopra la preparazione quando è già nel piatto, oppure formaggio grana stagionato 24 mesi. Eviterei però i formaggi piccanti, essendo una preparazione cremosa, saporita ma con ingredienti tipici “delle terre alte”.
Il vino Freisa del Monferrato “La Bernardina” dell’azienda agricola Giulio Accornero & Figli
Immagino che Fulvia storcerà un po’ il naso per l’abbinamento che sto proponendo, ma penso che potrebbe perdonarmi se andasse a goderselo sul posto, a Vignale Monferrato. Anche lei avrà senz’altro un brutto ricordo delle nefaste vicende delle dissennate sovrapproduzioni di cui quest’uva generosissima ha sofferto molto fino al recente passato, ma dovrà riconoscere che è ritornata magnifica oggi grazie alla caparbietà di alcuni produttori con la testa sul collo, che hanno sempre privilegiato la qualità.
Mi sono innamorato di questo vino quando stavo a Torino, ai tempi dell’Università, quando spopolava soprattutto nella tipologia vivace con i tomini „elettrici” in salsa verde di una vecchia osteria che c’era nei pressi del teatro Gobetti o con la finanziera dell’intramontabile Trattoria della Posta a Sassi. Nella versione ferma denotava invece una marcata durezza, poco apprezzata per la verità nonostante l’evidente potenziale, tanto che in un convegno del 2003 a Roatto il prof. Gerbi (docente alla Facoltà di Agraria di Torino) suggeriva di realizzarne una tipologia addirittura con il “governo” all’uso toscano: in pratica proponeva di lasciar fermentare soltanto la maggior parte delle uve pigiate, mentre una parte minore (circa un quinto), andava raccolta e messa ad appassire oppure lasciata surmaturare un po’ sulla pianta per essere pigiata e aggiunta una settimana dopo.
Come in tutte le cose ci sono i pro e i contro e non è detto che la verità stia nel proporre vini piacioni, cioè non si può prostituire un vitigno ad ogni nuova moda e/o per inseguire i mercati esteri. Il Freisa ha una forte personalità e può raggiungere il successo soltanto in sintonia con il suo carattere e cioè in purezza e comunque in abbinamento a quei piatti rustici che rende superbi e che bisogna continuare a trasmettere alle nuove generazioni, come fa Fulvia.
Per me non è stato per niente facile accettare allora una realtà come i Freisa in versione tranquilla e sì che ne ho assaggiati tanti, a partire da quelli di Cavallotto, Saccoletto, Scarpa e Vajra, scoprendo che il mio gusto personale non si adeguava a quella benedetta tipologia. Accetto però volentieri, perché in fondo la sfida mi diverte, un derby casalingo tra i buscianti Freisa dai ribollenti spiriti d’osteria del mio cuore e quelli passati, ma sapientemente, in legno per diventare più raffinati e da ristorante, anche perché il vitigno possiede sia i tannini da orticaria con note succose e amarognole sia gli intensi profumi di fragole e more. Ovvero: l’esuberanza, più che l’armonia, è la vera dote del Freisa e ha dalle innumerevoli sfaccettature, tanto che quest’uva tanto bonaria e generosa avrà ancora da sorprenderci.
Ce lo vedo proprio bene con la polenta concia questo Monferrato Freisa “La Bernardina”. Quello del 2014 è rosso porpora molto intenso e luminoso con riflessi granata. Facile da bere, è pimpante, ruspante, vispo e senza fronzoli, tanto pieno d’energia che libera immediatamente un bouquet di fragole, amarene, ribes rosso, more e mirtilli. Ricorda anche la viola, anche se fra note leggermente selvatiche, ma su un fondo straordinariamente vinoso che esalta lo speziato, il pepe nero e una mineralità carica di buona terra bagnata e grafite da fucile. In bocca è fresco e conferma il fruttato succoso e polposo e dona piacevolezza e vivacità alla materia terrosa e ai tannini ben addomesticati, ma non è molto lungo e un bicchiere tira l’altro con facilità.
Proviene dalla vigna “La Bernardina” della tenuta di Cascina Cima (Ca’ Cima) coltivata a vite fin dal 1897 da ben 5 generazioni e passata di mano in mano dal fondatore Bartolomeo al figlio Giuseppe, poi al nipote Giovanni Battista e a suo figlio Giulio, scomparso a gennaio del 2015, che ha saputo resistere con un coraggio da leone all’abbandono delle campagne degli anni 60, fino a Ermanno che è l’attuale titolare con la moglie Mariuccia e si era impegnato nella tenuta già dagli anni 80 del secolo scorso (non gli piaceva fare il secchione a scuola, come il fratello Massimo venuto a mancare nel 2004). Si sente la mano moderna e ferma che oggi insiste nella coltivazione rigorosamente biologica dei poco più di 22 ettari di proprietà senza l’uso di fertilizzanti chimici né diserbanti, con impiego di concimi naturali e di prodotti non dannosi all’ambiente per una difesa fitosanitaria naturale dei terreni. Si tratta in gran parte di vigne di Barbera, anche se a noi vagabondi novaresi interessano forse di più quei 2 soli ettari che danno un eccellente Grignolino (storico), ma vi assicuro che si sono rivelati una vera zona d’elezione del Freisa.
Questo Freisa è prodotto infatti fin dal 1980, con vendemmie che vanno dai primi di ottobre fino quasi alla fine di ottobre, rese per ettaro intorno ai 50 ettolitri, fermentazione di 7 giorni a 28 °C e vinificazione tradizionale sulle vinacce per 10 giorni tra 18 e 22 °C, dopo la malolattica va ad affinarsi per 6 mesi in vasche inox e almeno altri 2 in vetro. Tenore alcolico non indifferente, intorno al 13%. È consigliabile anche con la bagna cauda, il cardo gobbo e la tartara di bue tritata finemente a coltello, per restare con la tradizione, ma se promettete di non sparare sul pianista oserei aggiungere perfino il merluzzo al verde e le acciughe sotto pesto.
Azienda Agricola Accornero & Figli
Via Ca’ Cima 1, 15049 Vignale Monferrato (AL)
Теl. 0142.933317, Fax 0142.933512
sito www.accornerovini.it, e-mail info@accornerovini.it