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Frei Gigante vinho branco 2014 Cooperativa Vitivinícola da Ilha do Pico

La viticoltura nelle isole Azzorre

L’arcipelago portoghese delle Azzorre non è soltanto una famosa meta turistica, ma è un piccolo paradiso naturistico che comprende nove isole situate nell’Oceano Atlantico sulla rotta fra Lisbona e New York. Dal XV secolo in queste terre, che sono state create nella notte dei tempi dalle eruzioni di 1.766 vulcani (di cui 9 ancora attivi), si coltiva anche la vite e si fa del buon vino, un po’ a São Miguel e a Terceira, ma soprattutto nell’isola di Pico. Sono stati i Francescani a piantarvi i primi vigneti con vitigni provenienti, sembra, dalla Sicilia, affiancati più tardi anche dai Domenicani e dai Gesuiti. Sul finire del XVIII secolo sono stati invece i coloni portoghesi a piantare Verdelho, Arinto e Terrantez e poi sono arrivati i rossi bordolesi e gli ibridi americani. Il Verdelho dell’isola di Pico si è costruito una fama maggiore degli altri perché la sua versione liquorosa è stata la più esportata in tutto il mondo, dal Brasile all’Inghilterra. Ne sono state trovate centinaia di bottiglie anche a San Pietroburgo nel 1917, durante gli assalti ai palazzi dei potenti nel corso della Rivoluzione d’Ottobre.
Anche in quest’isola, come a Pantelleria, le viti sono coltivate molto basse per sfruttare il calore riflesso dal terreno, ma le minuscole vigne o, addirittura, le singole piante sono protette da muretti a secco, in pietra di roccia basaltica, disposti a scacchiera fino alle scogliere a picco sul mare. È una vera marea di “currais”, un reticolato di fazzoletti di terra che a Terceira, essendo un po’ più grandi, si chiamano “curraletas”. I venti, infatti, provengono dall’oceano con una forza incontrastata e, rasentando e sferzando le onde, diventano molto salati, perciò le loro prepotenti folate, se non ci fossero barriere, flagellerebbero violentemente le piantine e ne brucerebbero le foglie. Inoltre, queste pietre, così preziose per la loro difesa, fanno anche da volano termico degli sbalzi quotidiani di temperatura, rilasciando dopo il tramonto quel calore che hanno assorbito di giorno dal sole e rinfrescando un po’ le viti nella prima mattinata, quando ricomincia il caldo.
Per la viticoltura si tratta dunque di un terroir dal microclima specifico, dove anche l’eccezionale umidità dell’atmosfera atlantica interagisce con il calore sul livello zuccherino naturale delle uve. Nel 2004, L’Unesco ha classificato 3.078 ettari dei vigneti dell’isola di Pico come Paesaggio Protetto di Interesse Regionale della Cultura del Vino e ne ha posti 987 sotto la sua tutela come Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Fino all’ultimo decennio del secolo scorso, però, erano apprezzati soltanto i vini liquorosi, mentre i vini secchi erano giudicati piuttosto come grossolani. Dai primi anni ’90, in seguito alle sperimentazioni dell’agronomo Ernesto Emilio Andrade Ferreira (oggi presidente della direzione della Cooperativa Vitivinícola da Ilha do Pico, sorta nel febbraio del 1950), sono stati però introdotti dei nuovi vitigni e sono stati selezionati dei cloni più nobili di quelli tradizionalmente coltivati fino a quel momento.
L'enologa Maria da Conceição Rocha Alvares     Gli enologi, nello spirito di questo importante progetto di rinnovamento, erano riusciti finalmente anche a conquistare il consenso dei vignaioli associati per proporre d’investire in quelle innovazioni tecnologiche che hanno migliorato molto la qualità dei vini. Un esempio fra tutte è la tecnologia del freddo in alternativa alla tradizionale tecnica di fortificazione dei vini, diffusa ancora oggi con successo nella vicina Madera, che aggiunge al mosto l’alcool derivato dalla canna da zucchero per bloccarne la fermentazione e favorirne la stabilizzazione e poi lo sottopone a forti oscillazioni termiche allo scopo di conservare il vino durante i lunghi viaggi in nave.
Questa svolta epocale, dal 1994 ha prodotto una serie di nuovi vini da tavola bianchi e rossi accanto ai vini di qualità VLQPRD, il Lajido Licoroso secco e il Lajido Reserva dolce che dal 1997 sono a denominazione d’origine DO “Pico”. Nel 2003 è nato il primo buon vino tipico bianco, il Frei Gigante, dal nome del monaco che viene ricordato come il pioniere della vitivinicoltura nelle Azzorre e l’anno dopo la vinificazione delle uve dei circa 220 vignaioli associati è stata affidata alle cure dell’enologa Maria da Conceição Rocha Alvares, una donna dalla preparazione tecnica straordinaria che ha messo la sua impronta nelle novità proposte al mercato.
Qualche anno fa avevo già degustato (e mi era piaciuto) il Frei Gigante vinho regional Açores del 2007. Il successo crescente di questo tipo di vino ha indotto la cooperativa a dedicargli ulteriori cure in vigna e in cantina, affiancando alla versione di base anche la superior e la garrafeira fino a meritargli la DO “Pico”. Ma non sparate sul pianista che, piuttosto di ampliare il fronte delle degustazioni ad altri vini o alle altre versioni, ha preferito concentrarsi nel confronto tra quella di base di oggi, che è DO, con quella di allora, che era IG.
Frei GiganteIl Frei Gigante vinho branco 2014 deriva anch’esso da uve di Arinto in prevalenza (90%), con aggiunte di Verdelho e Terrantez, tutte provenienti da vigne coltivate ad alberello sui suoli vulcanici intorno a Madalena, Bandeiras, Candelaria e São Roque a meno di 100 metri di altitudine sul mare. Raccolta e selezione manuali, pressatura soffice, fermentazione in parte in botti di rovere americano e in parte in acciaio inox, tutti i vari passaggi esclusivamente per gravità, dunque niente pompe, ma un trattamento delicato che influisce non poco sulla freschezza del vino che, dopo l’assemblaggio, è stato imbottigliato e affinato per altri sei mesi.
Tenore alcolico 13,5%. Colore paglierino carico dai riflessi dorati. Bouquet piacevole, con aromi dalle note decisamente minerali, di miele e di frutti tropicali (ananas, melone, pompelmo). In bocca è di buona struttura, ricca di estratto, con un’acidità vivace, un buon equilibrio e un finale di una certa soavità e dolcezza. Alcool 13,5%. È meglio servirlo a 8-10 ° C dopo aver stappato la bottiglia con alcuni minuti di anticipo. Ideale con i crostacei e i molluschi, specialmente con le patelle di scoglio grigliate, fritte o crude, accompagna bene gli spiedini di cernia e gamberi, la piovra cotta nel vino bianco e il pescato del giorno cotto nel sale, ma non è male con le carni bianche e i formaggi a pasta non proprio bianca, ma ancora morbida.

Mario Crosta

Cooperativa Vitivinícola da Ilha do Pico
Avenida Padre Nunes da Rosa, 29 9950-302 Madalena, isola di Pico nelle Azzorre (Portogallo)
tel. +351.292.622262, fax +351.292.623346
sito www.picowines.net
e-mail geral@picowines.net

Mario Crosta

Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del settore gomma-plastica in Italia e in alcuni cantieri di costruzione d’impianti nel settore energetico in Polonia, dove ha promosso la cultura del vino attraverso alcune riviste specialistiche polacche come Rynki Alkoholowe e alcuni portali specializzati come collegiumvini.pl, vinisfera.pl, winnica.golesz.pl, podkarpackiewinnice.pl e altri. Ha collaborato ad alcune riviste web enogastronomiche come enotime.it, winereport.com, acquabuona.it, nonché per alcuni blog. Un fico d'India dal caratteraccio spinoso e dal cuore dolce, ma enostrippato come pochi.

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