CA’ DI RAJO – Azienda Agricola di Cecchetto Bortolo

Indirizzo: Via del Carmine, 22 – 31020 Frazione Rai di San Polo di Piave (TV)
Tel.: +39 0422 855885
Fax: +39 0422 805627
Sito: www.cadirajo.it
Email: info@cadirajo.it
laVINIum – 02/2022
La famiglia Cecchetto prosegue il cammino iniziato da nonno Marino con i nipoti Simone, classe 1985, Alessio (1990) e Fabio (1996) nell’unica frazione del Comune di San Polo di Piave, Rai.
È proprio con la terza generazione, all’inizio del 2000, che l’azienda ha fatto un importante passo avanti: da conferitori d’uva a produttori e imbottigliatori, seguendo in ogni suo aspetto l’intera filiera.
Nonostante il fenomeno Prosecco abbia visto moltiplicarsi in pochi anni i vigneti di Glera, a Ca’ di Rajo si continua a credere fermamente nei vitigni autoctoni come Raboso, Manzoni rosa (è loro il primo spumante da questo vitigno), Manzoni 6.0.13 e Tai, ai quali è lasciato uno spazio produttivo, piccolo ma fondamentale. Non solo, ma questa è una delle aziende che si è impegnata da sempre a conservare un metodo di coltivazione che sta progressivamente scomparendo, il “Bellussera”, ideato dai fratelli Bellussi a fine ‘800 per combattere la fillossera, che oggi non va d’accordo con i sistemi moderni meccanizzati, né con le densità minime di piante per ettaro ormai richieste in tutti i disciplinari.
Come funziona il Bellussera? Visto dall’alto ha una forma a raggiera, è composto da quattro viti sostenute da un palo, ciascuna di esse, una volta raggiunta l’altezza di piegatura (mediamente 2,50 metri), dà luogo a un cordone inclinato verso l’alto e orientato diagonalmente rispetto all’interfilare. La densità media è di circa 1800 ceppi/Ha, ben inferiore a quella utilizzata con i sistemi più moderni, ma ha alcuni vantaggi indiscutibili, come la perfetta esposizione solare e un pieno passaggio d’aria fra i filari, elementi che consentono di avere grappoli sempre asciutti e maturi al punto giusto; un sistema di coltivazione altamente sostenibile che non obbliga all’uso di macchinari per la potatura e la raccolta.
Le piante, che hanno superato felicemente i 70 anni di vita (ma alcune sono centenarie), danno luogo a uno dei fiori all’occhiello dell’azienda: il Raboso Notti di Luna Piena, Docg Malanotte del Piave. Raboso sta per “rabbioso”, probabilmente un termine che stava a indicare la scontrosità del vino, allora destinato principalmente a un consumo locale e nelle osterie. Oggi abbiamo a che fare con qualcosa di profondamente diverso, un sempre maggior numero di Cantine hanno lavorato per rendere il Raboso del Piave un eccellente vino, la sua ruvidezza è stata ampiamente risolta. I Cecchetto hanno puntato sull’appassimento delle uve sui graticci per quaranta giorni e sull’apporto del piccolo legno, ben dosato, in modo da donare al vino equilibrio, profondità, carattere.
Roberto Giuliani
09/2014
Le nostre impressioni di quattro anni fa su Ca’ di Rajo hanno trovato piena conferma nella degustazione di questi giorni, anzi, abbiamo la netta sensazione di un ulteriore passo in avanti. Si confermano non banali e di grande piacevolezza le tre versioni di Prosecco, in particolare la Cuvée del Fondatore dimostra come si possa fare un ottimo Prosecco senza residuo zuccherino (in ogni caso, nelle altre versioni, in azienda si utilizzano fruttosio e glucosio presente nel mosto). Non è facile all’interno di una denominazione così vasta e fortemente caotica, dove a grandi numeri produttivi si contrappone una qualità raramente elevata, riuscire a proporre dei vini che abbiano un proprio stile ed esprimano al meglio le caratteristiche della glera, la varietà da cui nasce il Prosecco.
C’è poi un bianco fermo, il Nina, ottenuto da incrocio Manzoni 6.0.13, una vendemmia tardiva che diventa ogni anno più buona.
Altro punto di forza, che dimostra come Simone Cecchetto stia centrando sempre meglio i propri obiettivi, sta nei vini rossi, soprattutto dove il raboso la fa da padrone, lo testimoniano il dinamico Sangue del Diavolo 2009 e l’intenso Notti di Luna Piena Riserva 2007.
Roberto Giuliani
05/2010
Sono esattamente 38 anni da quando Marino Cecchetto con sua moglie Palmira sono passati da mezzadri con la storica azienda Giol a fondatori e proprietari della Ca’ di Rajo a San Polo di Piave, nel trevigiano. Da allora la famiglia si è ampliata, sono subentrati il figlio Bortolo e sua moglie Sandra, poi il nipote Simone e infine Alessio e Fabio, ultimo nato in cui è riposto il futuro dell’azienda.
La cultura del vino, quindi, è parte integrante del vissuto dei Cecchetto, tramandata di padre in figlio e migliorata ad ogni cambio generazionale, grazie alle sempre maggiori conoscenze acquisite e ad una migliore efficienza tecnologica.
Le uve allevate sono quelle tipiche della zone del Piave, quelle a bacca bianca sono principalmente prosecco, incrocio Manzoni bianco, verduzzo, pinot bianco, pinot grigio, sauvignon e chardonnay, mentre a bacca rossa sono raboso (che si è rivelato a nostro avviso il fiore all’occhiello di questa realtà), cabernet franc, cabernet sauvignon e merlot.
Le linee di produzione sono sostanzialmente due, una “base” che prevede bianchi, spumanti e rossi da monovitigno, e una “Cru” riguardante le migliori selezioni aziendali. Noi abbiamo avuto modo di degustare sei diverse tipologie, con risultati per certi versi sorprendenti, poiché non è così frequente trovare una qualità media tanto elevata in queste zone.
Roberto Giuliani