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Valle d’Itria Bianco d’Alessano Alture 2021

Degustatore: Andrea Li Calzi
Valutazione:
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Data degustazione:
02/2025


Tipologia: IGT Bianco
Vitigni: bianco d’alessano
Titolo alcolometrico: 12,5%
Produttore: PAOLOLEO
Bottiglia: 750 ml
Prezzo medio: da 12 a 15 euro


Continua il nostro viaggio all’insegna dei vitigni autoctoni pugliesi mediante la linea Alture di Cantine Paololeo. L’azienda è ubicata in provincia di Brindisi all’interno del comune di San Donaci. Questa volta è la cultivar bianco d’Alessano a rapire la nostra curiosità. Occorre forse spiegare che non ci troviamo davanti ad un vino rosso? Scherzi a parte il suddetto varietale è allevato principalmente in Valle d’Itria, la stessa che dà il nome all’IGP che mi appresto a degustare. Paolo Leo, titolare dell’omonima cantina avviata concretamente nel 1999, crede nel potenziale dei suoi vigneti, nelle peculiarità dei suoli dove le viti affondano le proprie radici. Il tipo di terreno eluviale, calcareo-argilloso, dà vita a vini ricchi, mediamente strutturati e – soprattutto nel caso della linea Alture – dotati di freschezza e una % d’alcol particolarmente contenuta. Vini che incontrano il gusto di chi li produce (nella fattispecie il nostro protagonista) e dei mercati attuali che, ai muscoli-corpo-peso specifico, prediligono: slancio, vitalità, persistenza e soprattutto bevibilità.
Veniamo dunque al Valle d’Itria Bianco d’Alessano Alture 2021. Ho apprezzato molto la scelta di Paolo di presentare un vino con due anni sulle spalle, affinché possa raccontarne l’evoluzione. Il suddetto vitigno autoctono pugliese a bacca bianca pare provenga proprio dalla Valle d’Itria; è largamente diffuso nelle Murgie meridionali ed in particolare del comune di Martina Franca, in provincia di Taranto. Lo troviamo spesso accanto all’uva verdeca e ad altri vitigni locali, anche se ultimamente qualche cantina sta iniziando a vinificarlo in purezza. In vigna l’azienda Paololeo adotta una resa è pari a 4.500 piante per ettaro e 1,8 kg di uva per pianta. Ci troviamo a 350 metri sul livello del mare e la vendemmia viene solitamente svolta tra la fine di settembre e la prima decade d’ottobre. L’uva sosta una notte in cella frigo con temperature sotto lo zero (criomacerazione pellicolare di 20 ore), viene diraspata e pigiata, segue una breve macerazione a freddo ed una successiva pressatura soffice delle vinacce. Il vino affina tre mesi in serbatoi di acciaio prima dell’imbottigliamento.
Paglierino con riflessi oro antico in parte dati dall’affinamento, mostra struttura e un buon estratto. Il naso si apre a suggestioni fruttate di pera Williams, pesca tabacchiera e rintocchi floreali di biancospino e acacia; con lenta ossigenazione effluvi balsamici e lieve smalto. Evolve di continuo. Anche in bocca mostra carisma e la giusta persistenza. Ritrovo un sorso spigliato, salino e ricco di profondità; il tutto in totale assenza d’alcol percepito. Una bella scoperta. Anche in questo caso il prezzo è davvero sbalorditivo. Quattro chiocciole abbondanti. Crudi di pesce e dadolata di verdure croccanti di stagione.

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