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Bellissima serata, ieri sera, in una ghiacciata, ma come sempre splendida, (almeno per me che ci sono nato e la amo profondamente) Milano, per festeggiare, come si conviene, l’ingresso in società, nelle case e soprattutto nelle cantine delle persone che se lo possono permettere, del mitico Champagne Clos du Mesnil Krug, di cui è da poco iniziata la commercializzazione dell’annata 1995. Serata simpaticissima e non solo per la qualità suprema, ça va sans dire, del Clos du Mesnil, 16 mila bottiglie di un Blanc de Blancs memorabile, proveniente da un vigneto di 1,85 ettari, un clos circondato da muretti in pietra, posto nel cuore del villaggio di Mesnil-sur-Oger, nella Côte des Blancs. Un grande vino bianco con bollicine, dalla vinosità e dalla complessità strepitose e ancora giovanissimo, anche se già in splendida forma (minerale, agrumato, profumi di miele, marzapane, mandorle, gusto lunghissimo e pieno), all’assaggio (in verità ne abbiamo copiosamente bevuto) di oggi. E’ stata una di quelle serate da ricordare, riuscita in ogni suo aspetto, soprattutto per la geniale trovata del team operativo Krug Italia, ovvero quel goloso di Leo Damiani, responsabile all’interno della Marchesi Antinori (distributrice nel nostro Paese di questo grande Champagne), nonché l’agenzia di pubbliche relazioni e comunicazione Grazia Lotti (posso dirlo senza timore di piaggerie? la numero uno nel campo delle p.r. relative al vino operanti oggi in Italia), di organizzare l’evento in uno spazio personalissimo, ovvero in un vero e proprio paradiso dei ghiottoni. Non il solito ristorante, o il salone di un grande hotel, sono stati difatti la cornice della presentazione, per un numero limitato di happy few uniti dall’amore per Krug, bensì, quella fonte di ogni delizia, quell’autentico bengodi che è, in via Spadari al numero 9, ad un centinaio di metri da Piazza del Duomo, il mitico Peck, gastronomia, salumeria, formaggeria, macelleria, enoteca, e chi più ne ha più ne metta. La trovata geniale è stata decidere di ambientare la presentazione del Clos du Mesnil 1995, in orario serale, dalle 20.30 in poi, proprio all’interno del negozio, collocando alcuni tavoli tra gli ampi banconi che sciorinano ogni ben di Dio, e consentendo a noi intervenuti, grazie alla disponibilità dei fratelli Stoppani che hanno accolto la proposta, di toglierci lo sfizio, dopo una prima mise en bouche, effettuata con copiose flute di Krug “normale” e una serie di gustose tartine, canapé, stuzzichini, “tapas” fredde e calde, di spilluzzicare, alcuni solerti e professionali banconieri a nostra disposizione, quel che ci garbava tra i salumi ed i formaggi esposti. E’ stato divertentissimo, (e sarebbe curioso mostrare le fotografie che ritraggono direttori di giornali, esperti giornalisti del vino, editori, eleganti redattrici, importanti direttori editoriali, prendere à la volée dai piatti le fette via via tagliate…), sperimentare la capacità del Clos du Mesnil 1995 di abbinarsi meravigliosamente ed indifferentemente, con vero spirito democratico, perfetto savoir faire e uso di mondo, al culatello e al prosciutto crudo, ma anche alla mortadella e al salame di Varzi, ad una squisita bresaola di manzo (e non di zebù) home made, ovvero curata in tutte le fasi in casa Peck, alla coppa e alla pancetta. Norcinerie prelibate e “delizie da perdere la testa” davvero… Ed è stato altrettanto sfizioso, ed in perfetta sintonia con lo stile Krug, dopo aver gustato, seduti ai tavoli, un ottimo risotto, anzi, “un Signor Risotto”, come recitava coraggiosamente, ma alla fine avendo ragione, il menu, e dopo aver fatto una visita ai sotterranei del negozio, ai laboratori e ai depositi dove decine di persone quotidianamente tengono alto il blasone Peck, lavorando nel segno della più alta qualità, preparando, elaborando, stagionando, conservando, cucinando e confrontandosi con materie prime scelte di ogni genere (e durante la visita qualche gourmand a 360 gradi, complice il ripetersi delle flutes, evocava scenari da Grande abbuffata ferreriana…), lustrarsi nuovamente gli occhi. Ovvero farsi prendere da un completo imbarazzo davanti a due altri mega banconi, quelli dei formaggi, questa volta, dove concedersi “Capricci di cacio” e sperimentare, muovendosi tra Fontina, Bettelmatt, Pecorino, Gongorzola, Roquefort, Stilton, Bitto, Maccagno rosso (formaggio che proviene dalle colline biellesi, una vera rivelazione), Montasio, Mascarponi e ricotte, Parmigiano super stagionato e mille altre cose casearie ancora, il perfetto aplomb del Clos du Mesnil. Il suo fare un figurone, ed essere perfettamente a proprio agio, senza una piega o una difficoltà, anche nell’abbinamento alle casearie delizie. Proprio come impeccabile, anzi impeckabile, aristocratico, signorile, ma perfettamente alla mano, senza birignao ed inutili smancerie, senza darsi quelle arie che potrebbe legittimamente permettersi, visto il suo blasone, era stato a confronto con le maialesche creazioni. Certo, un filo d’imbarazzo, le persone normali, quale io e larga parte dei colleghi presenti ci consideriamo, anche se fortunate (ad esempio per il privilegio di partecipare a serate del genere…), l’abbiamo provato. E non per il venir meno alle norme del bon ton che prevedono l’uso di coltello e forchetta, e non l’acchiappo, godurioso, con le sole dita della mano, di fettine di norcinesche prelibatezze. O per le chiacchiere in libertà che, agevolate dallo scorrere allegro del Clos du Mesnil, venivano favorite, in un clima dove tutti sembravamo essere uniti dal culto di Bacco… Qualche sgranamento d’occhi e un filo di perplessità, pur consapevoli di trovarci da Peck, uno dei templi mondiali della haute qualité gastronomica, e non dal simpatico salumaio sotto casa, l’abbiamo provata, riprendendoci dal nostro alato entusiasmo e ritornando con i piedi per terra, tra i comuni mortali, osservando, meravigliosamente disposti su un lungo bancone, al centro del negozio, primizie e scelti prodotti dell’orto e del frutteto provenienti da tutto il mondo. Perfetti per soddisfare le voglie e gli sfizi della “sciura” impellicciata, del ricco goloso, del rampante in cerca di emozioni, i quali, incuranti delle stagioni, a gennaio vogliono concedersi il piacere di gustare frutti che, da noi, cresceranno, gelo permettendo, solo tra pochi mesi. Magnifiche, a vedersi, le ciliegie provenienti dalla Nuova Zelanda, ma autenticamente da mutuo il prezzo, 55 euro (avete letto bene) al chilogrammo, belle e profumate le pesche, non mi ricordo se cilene o argentine, a soli ventidue euro per mille grammi. Ed il discorso potrebbe continuare, in un vero clima da peck-cati di gola, con dei minuscoli sottilissimi cornetti provenienti dal Kenya, proposti ad euro 28, e per il resto della frutta e verdura esposta che riusciva, puntualmente, ad essere molto, ma molto più cara, anche rispetto ai prezzi del verduraio più esclusivo in cui ci fosse precedentemente capitato di mettere piede. Ma una volta ripresi da questo passeggero stordimento, da questa sottile vertigine, perché, signori miei, i dané sono sempre dané, anche in quel paese della Cuccagna, in quell’Eldorado della gola che è Peck, complice un’ennesima bottiglia di Clos du Mesnil, stappata per un brindisi finale, per darci appuntamento alla prossima occasione “krugesca” (o “krughiana”?), per ribadire di essere stati bene insieme, per compiacerci di essere stati qui e non altrove, per indulgere in “auto-coccole”, o semplicemente perché il piacere di bere Krug non ha mai fine, siamo tornati a sognare, a veleggiare a qualche decina di centimetri dal suolo, a dimenticare quella realtà fatta di cose antipatiche, contingenti, fastidiose, spiacevoli, con le quali ognuno di noi deve forzatamente fare i conti. Ma amici miei, non è già un miracolo, una mirabilia, l’incantesimo operato da uno straordinario Champagne, l’averci consentito, per alcune ore, di sognare, di dimenticare polemiche, contrapposizioni e quotidiane “incazzature”, per sentirci beatamente immersi in un universo à la Baudelaire, dove tutto é “luxe, calme et volupté“?
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