Sessant’anni di Rubesco Lungarotti
Il “Rubesco”, Rosso di Torgiano Doc, vino storico dell’azienda Lungarotti, viene prodotto sin dal 1962, la sua composizione è cambiata nel corso degli anni, pur rimanendo il Sangiovese il vitigno principale che, negli ultimi anni ha aumentato la sua quota nel blend.
Le uve per la sua produzione provengono da un vigneto situato tra i 200 ed i 300 metri d’altitudine, su suoli di medio impasto, più sciolto nella parte più alta e con sottosuolo calcareo.
La densità d’impianto sino all’annata 1992 era di 3.300 ceppi/ettaro, con sistema d’allevamento a doppio Guyot, successivamente, con il rinnovo degli impianti, si è passati alla potatura a Cordone speronato e la densità d’impianto è stata portata a 4.000 ceppi/ettaro, nelle ultime annate, già dal 2009 per la verità, il Cordone speronato è diventato doppio ed i sesto d’impianto varia dai 4.000 ai 5.000 ceppi/ettaro.
Il suo sistema d’affinamento non è invece mai cambiato, si sono infatti sempre utilizzate botti di rovere di Slavonia da 50 ettolitri.
In occasione del suo 60° anniversario -come sopra specificato la sua prima annata risale al 1962- l’azienda Lungarotti ha organizzato, martedì 31 maggio, durante l’Anteprima Torgiano, una degustazione verticale, riservata alla stampa, di sei annate di questo vino.
LUNGAROTTI
L’azienda Lungarotti è certamente tra le più conosciute nel panorama vitivinicolo italiano, sebbene vi si producesse vino ed olio da oltre 200 anni, è con Giorgio Lungarotti che inizia la sua fama.
Nel 1936 Giorgio si laurea in agraria con una tesi sulle tecniche vinicole, quindi inizia sin da subito ad occuparsi dell’azienda di famiglia e la trasforma in una moderna realtà, per quanto riguarda la parte prettamente agronomica, impianta nuovi vigneti specializzati, prevalentemente con vitigni autoctoni ed in pochi anni i vini da lui prodotti ottengono prestigiosi riconoscimenti.
Scomparso Giorgio nel 1999, l’azienda, che ora dispone di 250 ettari a vigneto (230 a Torgiano e 20 a Montefalco) viene gestita dalle figlie Chiara e Teresa, dalla moglie Maria Grazia e dai nipoti Francesco e Gemma che si sono suddivisi i compiti.
Il MUVIT
Il Museo del Vino dio Torgiano (MUVIT) è un altro fiore all’occhiello della Lungarotti, inaugurato nel 1974 è uno dei più importanti musei dedicato al vino del mondo.
Nelle sue 20 sale si trovano oltre 3.000 oggetti dedicati al vino, reperti archeologici, attrezzature utilizzate nel passato, documenti storici, contenitori di varie epoche.
In pratica si tratta di una tappa obbligatoria per chi vuole conosce a fondo il percorso del nettare di Bacco.
Ma passiamo ora alla degustazione del Rubesco:
S’è iniziato con l’ultima annata in commercio, ovvero la 2019, dove il vino è frutto di un blend tra Sangiovese (90%) e Colorino (10%), fermentazione in vasche d’acciaio ed affinamento per un anno in botti da 50 ettolitri e per altrettanto tempo in bottiglia.
Il colore è rubino purpureo, luminoso, con unghia violacea. Al naso si colgono sentori di frutto rosso speziato, ciliegia matura, legno dolce, note balsamiche.
Fresco alla bocca, pulito, succoso, con un bel frutto, spezie dolci, bella la trama tannica e buona la sua persistenza.
Un salto di dieci anni nel passato e siamo all’annata 2009, la composizione del vino è leggermente diversa, con una minor percentuale di Sangiovese e l’utilizzo del Canaiolo: Sangiovese (70%), Canaiolo (20%) e Colorino (10%). Vinificazione ed affinamento sono le stesse del precedente vino.
Il colore, ovviamente cambia, qui siamo su un granato, di buona profondità. Al naso si presenta pulito, balsamico, elegante, con un bel frutto rosso e note dolci. Mediamente strutturato, fresco, con bella trama tannica e buona vena acida, buona la sua persistenza su note di succosità.
Passiamo ora all’annata 2000, Sangiovese (70%) e Canaiolo (30%) la sua composizione, che troveremo anche nei vini delle annate precedenti, vinificazione ed affinamento non cambiano.
Dal colore granato profondissimo. Intenso al naso, dove le note terziarie la fanno da padrone, vi si colgono sentori di cuoio, di cioccolato alla menta, ma con un frutto rosso maturo ancora ben presente, balsamico ed elegante.
Anche in questo caso la struttura non è massiccia e rende assai più facile la beva, ancora molto bello il frutto che si integra con le note speziate, buona la sua vena acida e lunga la persistenza. Elegante.
Con l’annata 1992 ci spostiamo nel secolo scorso, quel che cambia è il periodo d’affinamento del vino, dopo i 12 mesi di botte da 50 ettolitri s’è infatti affinato in bottiglia per “alcuni anni”.
Trent’anni per un vino sono molti e si vedono già dal colore, granato di discreta intensità con unghia aranciata. Buona la sua intensità olfattiva che s’esprime su sentori di cuoio e fiori appassivi, note balsamiche e nuovamente eleganza. Discreta la sua struttura, cosa comune a tutte le annate assaggiate, elegante e fresco, con buona trama tannica e grande equilibrio complessivo, frutto dolce, buona la sua persistenza.
Se dovessimo scegliere un unico vino tra quelli assaggiati sarebbe questo.
Un balzo nel decennio precedente con l’annata 1981, fermentazione in vasche d’acciaio ed affinamento per un anno in botti da 50 ettolitri e per altrettanto tempo in bottiglia.
Il colore è granato di buona intensità con unghia mattonata. Ci ripetiamo con la media intensità olfattiva e con la grande eleganza, vi cogliamo fiori appassiti e frutto ancora bel presente. Un naso notevole, probabilmente il migliore della batteria. Succoso e di medio corpo, con bella vena acida e tannini ancora in evidenza, lunga la sua persistenza su sentori di radici.
L’ultimo vino che andiamo ad assaggiare è dell’annata 1979, dopo i 12 mesi di botte da 50 ettolitri s’è affinato in bottiglia per “alcuni anni”.
Il suo colore è granato profondo, l’unghia aranciata. Intenso ed elegante al naso, con frutto ancora ben presente, spezie dolci e note balsamiche.
Discretamente strutturato, asciutto, con tannini ben presenti, accenni speziati-pepati, lunghissima la sua persistenza su sentori di bastoncino di liquirizia.
Lorenzo Colombo