Siena, viaggio lungo le Strade del Chianti
Come poche, la città di Siena vanta tradizioni, storia, arte, cultura e bellezza che si intrecciano continuamente dentro i chilometri di mura antiche medievali, annoverando i più grandi artisti e geni della terra, da Michelangelo a Giotto, da Dante a Galilei, dal Brunelleschi a Leonardo da Vinci, il maestro assoluto di tutti tempi.
“La meta è solo il pretesto” scriveva il famoso poeta greco Costantino Kavafis in “Itaca”, la meravigliosa poesia dedicata a chi ama viaggiare. La meta, in questo caso, è Siena e la quarta edizione di Sangiovese Purosangue, il bell’evento ideato da Davide Bonucci, presidente dell’associazione Enoclub Siena, col Comune di Siena ed il Patrocinio dell’Accademia dei Georgofili (ne avevo parlato qui).
Tra Palazzi storici, chiese e piazze di rara bellezza, il tempo sembra essere sospeso e regala insperate suggestioni. La famosa Piazza del Campo, teatro dello storico Palio, è il baricentro virtuoso su cui si affacciano antiche residenze medievali, lo splendido Palazzo Comunale, con l’altissima Torre del Mangia, i Magazzini del Sale e la meravigliosa Fonte Gaia. Intorno, corre sereno il centro storico tra palazzi d’epoca, strade ciottolose, chiese e monumenti storici, tra cui il Duomo, dedicato a Santa Maria Assunta, superba bellezza in stile gotico italiano, la Libreria Piccolomini,un monumento straordinario all’interno del Duomo, che custodisce il ricchissimo patrimonio librario raccolto da papa Pio II, completamente affrescata dal Pinturicchio, l‘Accademia Chigiana una delle accademie musicali più prestigiose e longeve del mondo.
Siena vanta anche una ricca tradizione enogastronomica, densa di gusto e sapori. La Compagnia dei Vinattieri è un ristorante-enoteca di grande fascino, con cantina aperta al pubblico e possibilità di degustazioni guidate, grande selezione di vini, anche al bicchiere, salumi e formaggi, tra cui il Pecorino di Pienza, nella splendida Val d’Orcia, di salumi, come il capocollo e la finocchiona di cinta senese ed il buristo, una grossa salsiccia di maiale, insaporita con uvetta e pinoli, oltre piatti della tradizione, come i pici, spaghettoni rustici a base di acqua, farina e olio, conditi con ragù di fegatelli di maiale e cinghiale, oppure con l’aglio della Valdichiana, donde i pici all’aglione. Di proprietà della famiglia Femfert, che ha, nel cuore del Chianti classico, a Castellina in Chianti, l’azienda vinicola Nittardi, il ristorante è condotto dal figlio maggiore, Léon Femfert che dal 1981 ha intrapreso un fortunato sodalizio con artisti di fama internazionale nell’interpretare, per ogni annata, bottiglie firmate dai più grandi nomi dell’arte moderna e contemporanea, non solo figurativa, da Mimmo Paladino a Gunter Grass, da Dario Fo a Yoko Ono e a tiratura limitata del Chianti Classico “Casanuova di Nittardi” (un Sangiovese in purezza molto profumato e persistente che trascorre 14 mesi in botti esauste).
Appena fuori, l’antica terra degli Etruschi, ricca di “clante” (acqua), ripartisce, tra panorami mozzafiato, filari di viti, alternati ad oliveti, castelli, antiche abazie, piccoli borghi medievali, verdi colline, le sue eccellenze storiche, artistiche ed enogastronomiche in circa 70.000 ettari distesi tra Firenze e Siena, che comprendono i comuni di Castellina in Chianti, Gaiole in Chianti, Greve in Chianti, Radda in Chianti e in parte quelli di Barberino Val d’Elsa, Castelnuovo Berardenga, Poggibonsi, San Casciano in Val di Pesa e Tavarnelle Val di Pesa.
Qui, tra vigneti e filari ordinati, composti anche da Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot ed una piccola parte di Petit Verdot, l’Azienda Agricola Tolaini ha una lunga storia da raccontare, che parte da questi luoghi in pieno dopoguerra per approdare in Canada, a Winnipeg, dove Pierluigi Tolaini, il fondatore, ha fatto fortuna nel settore dei trasporti su camion, iniziando a lavorare come autista. L’azienda, TransX, tra le più importanti, specializzata nel trasporto di cibi freschi e congelati, è stata venduta proprio di recente per rientrare in Italia e dedicarsi esclusivamente al “suo vino”, insieme alla figlia e con la collaborazione di uno dei massimi esperti dell’enologia mondiale, Michel Rolland, che ha completamente rinnovati i vigneti con cloni adeguati al territorio.
Lungo la strada del Chianti, nella piazza di Greve in Chianti, il baricentro ideale della lunga tradizione vitivinicola del Chianti Classico DOCG, (termine da Clante, appunto), campeggia la statua raffigurante un Gallo Nero, simbolo storico dell’antica Lega Militare del Chianti, che sottolinea lo speciale legame di questo territorio con il Chianti Classico, prodotto con uve Sangiovese per almeno l’80% (ma anche utilizzate in purezza).
Dal punto di vista enologico i due termini “Chianti Classico” e “Chianti” convivono, anche se, da quello storico-geografico, esiste invece solo il termine “Chianti”. Il termine Classico, in realtà, è davvero fondamentale, perché distingue il vino Chianti Classico dal vino Chianti: due DOCG differenti tra loro, con un disciplinare, una zona di produzione e un Consorzio di tutela diversi.
Già nel 1716, nell’area compresa tra le città di Firenze e Siena, il Granduca di Toscana Cosimo III fissò i confini della zona di produzione del vino Chianti. Nel 1924, a difesa del vino tipico del Chianti e della sua marca d’origine, nacque il Consorzio con il simbolo del Gallo Nero, alla cui denominazione, nel 1932, attraverso uno specifico decreto ministeriale, fu aggiunto il suffisso “Classico” per distinguere il Chianti prodotto nella zona di origine da quello prodotto al di fuori del territorio delimitato nel 1716.
Nel 1984 il Chianti Classico ottenne la DOCG (Denominazione d’Origine Controllata e Garantita), il riconoscimento più alto per i vini italiani di qualità e, nel 1996 il Chianti Classico divenne una DOCG autonoma. Successivamente, nel 2010 venne introdotto, a livello legislativo, il divieto di produrre vino “Chianti” nel territorio di produzione del Chianti Classico, tant’è che nel 2013 l’assemblea dei soci ha approvato una serie di modifiche al disciplinare di produzione che hanno dato l’avvio ad un vero e proprio riassetto della denominazione.
Il nome “Chianti “ appare, per la prima volta nella storia, in un documento della fine del XII secolo nell’archivio dell’antica Abazia di Badia a Coltibuono, sede dal 1051 di un’attiva comunità di monaci benedettini, dopo che il monaco Giovanni Gualberto ricevette in dono da potenti signori feudali locali la chiesa di San Lorenzo a Coltibuono purché costruisse un’annessa residenza per il clero ed un ospizio per i pellegrini.
Nei secoli, le numerose, spontanee donazioni di grandi proprietà, contribuirono al mantenimento dell’integrità della proprietà, dove i monaci, attenti studiosi e sensibili alla valorizzazione delle risorse offerte dalla natura, dettero nuovo impulso alla coltivazione delle terre in particolare alla vite e all’olivo, già praticate in questa zona dagli etruschi e dai romani fin dal 300 a.C., donde il nome Badia a Cultusboni, ovvero culto buono, buona cultura, buona agricoltura e buon raccolto. Si deve a loro anche l’introduzione della coltivazione dell’abete bianco e del castagno; specie arboree ancora presenti nei boschi che circondano l’abbazia. Accanto all’attività agricola si dedicarono agli studi, all’ospitalità e anche alla cura dei malati.
Dal 1846, Badia a Coltibuono è legata alla famiglia Giuntini/Stucchi-Prinetti, da considerarsi fra i pionieri del Chianti avendo investito in questa tenuta grazie ad una visione, energia e capacità manageriali dei suoi discendenti che l’hanno trasformata, oggi, in una moderna azienda. Furono fra i primi, infatti, ad imbottigliare e vendere, sul mercato nazionale ed internazionale, le migliori annate di Chianti Classico della tenuta, fino a quel momento conservate nelle antiche cantine dell’abbazia come riserva della famiglia.
Oggi l’Abazia, nel segno dell’antica vocazione di ospitalità, vanta stanze ed appartamenti d’epoca di grande fascino, affacciati sul bellissimo giardino all’italiana, un tempo vigna, tra dehors, fontane e paesaggi sereni, dove lo sguardo si posa, rapito. La colazione è con prodotti di qualità, torte e salati fatti in casa, con servizio accurato e cortese, in un’ampia sala a volte, deliziosamente affrescata. Seppur per il breve tempo del soggiorno, sembrerà di vivere un’esperienza fuori dal tempo in luogo dove, mille anni fa, i monaci, hanno lavorato a tutela del paesaggio, di boschi, di eremi, di cappelle e di prodotti della terra, come olio e vino, uno straordinario patrimonio tessuto nelle trame dei secoli, fra bellezza, storia e cultura.
Carmen Guerriero